La stampa quotidiana di Roma nel 1944

 

A Roma,come in tutta l’Italia, la caduta del fascismo aveva portato un primo capovolgimento nel campo della stampa,frustrato  dall’occupazione tedesca che seguì l’annuncio dell’armistizio.

Il regime di “città aperta” di cui usufruì Roma da allora fino alla liberazione ebbe un certo significato nel campo dell’attività militare, ma non implicò la minima tolleranza nel campo dell’attività politica. Tuttavia malgrado il clima di repressione durissima, si moltiplicarono le pubblicazioni clandestine, molte delle quale dettero luogo a nuove pubblicazioni nella Roma liberata.

Anche nel campo della stampa Roma rappresentò una svolta importante nella traiettoria politica alleata.

Le città del sud, compresa Napoli devastata, non erano state che balbettii che non si possono paragonare al caso romano né per il numero né per le ripercussioni delle pubblicazioni.

Gli alleati erano coscienti del fatto che Roma era la prima capitale che avevano liberato e dove la guerra non aveva danneggiato in modo particolare un ricco sistema informativo. Roma sarebbe diventata lo specchio dove il resto dell’Italia avrebbe verificato le loro vere intenzioni, in modo molto più chiaro che in passato.

Gli alleati non erano ancora entrati nella città quando i tedeschi praticamente l’avevano già abbandonata. In quei momenti, ancora di incertezza, malgrado la scarsità di carta e le interruzioni di energia elettrica, Roma fu inondata di giornali.

La mattina di domenica 4 giugno a Roma uscì un solo quotidiano, il Messaggero.

Nel pomeriggio di quella domenica entrarono a Roma i primi avamposti alleati. L’occupazione della città fu completata il giorno seguente. In quella data uscirono per la prima volta non clandestinamente alcuni quotidiani : “Il Risorgimento liberale”, “l’Italia libera” e “Il Popolo”.

Martedì 6 Giugno rappresenta il momento di massima espansione della stampa romana. Quel giorno uscirono diversi quotidiani : “Avanti!”, “L’unità”, “Ricostruzione”, “Il Tevere”.

Nei giorni successivi furono pubblicati altri quotidiani come “Libera stampa” , “Corriere dello Sport” e “Italia Nuova”, e di particolare importanza “La voce repubblicana”, organo del partito repubblicano.

Il “Corriere di Roma” (Quotidiano d’informazione a cura del PWB) veniva invece elaborato da un gruppo di giornalisti italiani sotto la supervisione alleata e come capo redattore responsabile Arrigo Jacchia che presto diventò direttore.

In questo quotidiano vi si pubblicavano tutti i comunicati delle autorità alleate. Mantenne sempre un tono di neutralità nelle dispute politiche italiane, anche se ovviamente esprimeva il punto di vista alleato.

Benché i quotidiani tradizionali della città, come era successo dopo il 25 Luglio 1943, fossero usciti martedì 6 giugno 1944 con nuovi direttori e dichiarazioni di democrazia, gli alleati presero la decisione di sopprimerli come misura preventiva.

Gli alleati presero provvedimenti anche rispetto ad altri quotidiani. In data 13 giugno il tenente colonnello Munro, in qualità di Press Chief PWB , Italy, inviò una lettera al PRB nella quale rendeva nota la sospensione delle seguenti pubblicazioni : “Il quotidiano”, “la voce repubblicana”, “Italia Nuova”, “La ricostruzione” e “La voce del popolo”.

Nello stesso documento figurava un’altra lista di quotidiani a proposito dei quali si commentava che se avessero continuato ad essere pubblicati si sarebbe dovuti ricorrere alle misure opportune.

La lista comprendeva “Bandiera rossa” che non fu mai quotidiano, avendo pubblicato solo due numeri, ed altri che in quella data non si pubblicavano già più. Solo due avevano continuato ad uscire : “Il corriere dello Sport” e “Il tempo”.

Possiamo stabilire che la tiratura dei quotidiani romani tra Giugno e dicembre del 1944 corrispondeva alle seguenti cifre :

 

Corriere di Roma   ………………………………………………180.000

Avanti! ……………………………………………………………  42.000

L’Unità …………………………………………………………… 40.000

Il popolo …………………………………………………………   23.000

Italia Libera ……………………………………………………    28.000

Ricostruzione ……………………………………………………  23.000

Risorgimento Liberale …………………………………………   23.000

Italia Nuova ……………………………………………………… 10.000

Il tempo …………………………………………………………… 25.000

Voce repubblicana ………………………………………………  20.000

Quotidiano ………………………………………………………   13.000

Corriere dello sport………………………………………………   2.000

 

 

Il PWB e l’APB centrale si insediarono nei locali dell’ex Ministero della cultura popolare. Dopo i primi giorni, una volta stabilizzatasi la situazione, a Roma venivano pubblicati dodici quotidiani contro i sette di prima della liberazione.

Dopo le prime incertezze, a Roma gli alleati iniziarono a impostare seriamente un programma politico più definito per l’Italia. Il secondo governo Badoglio, già costituito dal CLN, dopo la liberazione della capitale venne sostituito dal governo Bonomi. Effettivamente il ritiro di Vittorio Emanuele III dalla scena politica, come convenuto, e il passaggio delle funzioni di Capo di stato in qualità di Luogotenente del Regno al principe Umberto, provocarono le dimissioni formali di Badoglio.

Nella  Roma occupata il movimento di resistenza aveva già dimensioni tali da dover essere preso seriamente in considerazione, ma l’offensiva estiva per la prima volta mise in contatto diretto gli alleati con la resistenza armata e organizzata del centro-nord.

Lionel Fielden, direttore del PRB e membro dell’APB fin dalla sua fondazione, come lui stesso segnala, redasse un memorandum che è di importanza capitale per capire la svolta nella politica dell’informazione alleata in Italia. Dato che a Roma esisteva un importante e solido apparato informativo, con più di seicento giornalisti “che lavoravano regolarmente o irregolarmente”, Fielden considerò che l’imposizione di sei quotidiani dei partiti del CLN era una misura artificiale e in contraddizione con l’idea della libertà di stampa.

Fielden aveva una visione caotica della stampa romana in quel periodo. La sua critica seguiva fondamentalmente tre indirizzi.

In primo luogo criticava la situazione di monopolio concessa di fatto ai sei quotidiani del partito del CLN., quando i lettori per più di cinquant’anni erano stati abituati a dei “giornali familiari” la cui pubblicazione era stata proibita, il che supponeva fra l’altro “togliere il posto di lavoro a molti giornalisti, impiegati, compositori e tipografi che avrebbero reagito naturalmente contro i giornali imposti”. Era quindi favorevole alla ripresa di pubblicazioni come “La Tribuna” , “Il giornale D’Italia” e “Il Messaggero”, ma sebbene ciò fosse stato deciso nella riunione dell’APB del 15 giugno 1944 non venne poi messo in pratica.

In secondo luogo, Fielden criticava il numero eccessivo di giornali.

In terzo luogo , notava che l’epurazione nel campo della stampa non era stata efficace.

Come soluzione proponeva due tipi di intervento. Da una parte “un’epurazione completa e accurata dei giornalisti”, e dall’altra che la “libertà di stampa si affermi sulla base dei propri meriti”. La Federazione Stampa avrebbe dovuto essere l’organismo responsabile dell’epurazione.

Fielden riteneva che seguendo questo orientamento gli alleati avrebbero potuto far sì che in Italia si creasse una stampa onesta e loro favorevole. I suoi principi non furono seguiti alla lettera , ma dall’occupazione di Roma in poi si ispirarono senza dubbio in gran misura la politica alleata nel campo dell’informazione, in particolare la sua idea di libertà di stampa intesa come libertà di mercato.

Nel gennaio 1945 gli alleati avrebbero ceduto buone parte delle loro competenze in materia di stampa nell’Italia liberata, pertanto fin dall’estate del 1944 erano cominciati i preparativi per affrontare la nuova situazione. Il 1° Agosto venne creata la Commissione stampa, presieduta dal direttore generale della stampa Rossigni, per sostituire l’APB. Le trattative tra la commissione e l’APB emergono in numerosi documenti dove, sebbene siano di carattere generale, appaiono molteplici riferimenti alla stampa romana che rappresentava il banco di prova più vicino.

Si può attribuire senz’altro alla famiglia reale il tentativo di pubblicare a Roma un quotidiano e un settimanale monarchici. Il generale Adolfo Infante intervenne personalmente nella pratica inviando delle lettere rispettivamente al maggiore Fielden e all’avvocato Armando Rossigni, e una terza con copie delle altre due all’ammiraglio Stone. Raccomandava vivamente che si prendesse in considerazione la richiesta di pubblicazione del quotidiano “Democrazia” e del settimanale “L’indipendente”. Il primo era stato sollecitato fra l’altro dall’Unione Monarchica e doveva raggiungere, secondo Infante, una tiratura di 50.000 copie; il secondo invece era stato sollecitato dal gruppo diretto dal prof. Mancuso.