La realizzazione del Sé
"Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito d i Dio discendere come una colomba e venire su di sé. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: 'Questi è il Figlio mio, il prediletto: in lui ho posto il mio amore'. Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: 'Se tu sei Figlio di Dio, di\rquote che queste pietre diventino pane'. Ma egli rispose: 'Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio'. Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del Tempio e gli disse: 'Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù, sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra'. Gesù gli rispose: 'Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo'. Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: 'Tutte queste cose io ti darò se, cadendo ai miei piedi, mi adorerai'. Allora Gesù gli rispose: 'Vattene, satana! Sta scritto: il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto'. Allora il diavolo lo lasciò ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano".
(Matteo III, 16-17; IV, 1-11)
"Quando Siddhartha sostò per adagiarsi sotto un grande albero di banyan, stava scendendo la notte. Si sedette nella posizione del loto e disse: 'Non mi scioglierò da questa posizione in terra, fin quando non sarò giunto a compiere ciò che devo compiere'. Nella prima veglia della notte vide le proprie vite passate, con tutte le nascite e le morti. Provò le gioie e le pene di tutti gli esseri viventi. Vide che ogni cellula del proprio corpo conteneva tutto ciò che è nel cielo e sulla terra. Nella seconda veglia della notte trascese la rete della nascita e della morte, realizzò la pace interiore e l'onniveggenza. Allora il demone Mara scatenò contro di lui gli angeli del male. I dieci legami interiori si presentarono tutti: il desiderio dei sensi, la lussuria, il dubbio, l'ignoranza, la fede cieca, il desiderio di fama, la presunzione, l'odio, l'orgoglio, l'egoismo. Ma Siddhartha non vacillò e disse: 'Se anche l'universo intero fosse pieno di demoni e ciascuno possedesse quale arma una Montagna Cosmica, essi non potrebbero nemmeno torcermi un capello e meno ancora colpirmi a morte'. Nella terza veglia Siddhartha contemplò il processo del divenire e vide che gli esseri soffrono perché non comprendono che partecipano della stessa natura di tutti gli esseri. Vide che il fondamento della morte è la nascita. Il fondamento della nascita l'esistenza. L'attaccamento è il fondamento dell'esistenza. L'avidità è il fondamento dell'attaccamento. Il fondamento dell'avidità è la sensazione. Il fondamento della sensazione il contatto. Gli organi sensoriali sono il fondamento del contatto. Il corpo-mente è il fondamento degli organi sensoriali. Il fondamento del corpo-mente è la coscienza e il fondamento della coscienza è il corpo-mente. La coscienza è condizionata da predisposizioni mentali, che determinano l'esistenza e dipendono dall'ignoranza. Siddhartha vide che questi dodici anelli della catena del divenire sono interconnessi reciprocamente e in ogni anello si trovano gli altri undici. Vide che non vi è alcun sé separato, dalla vetta dell'esistenza in giù, e che l'ignoranza soggiace a tutti e dodici gli anelli della catena. Guardando in profondità fino all'interdipendenza di tutti i fenomeni l'ignoranza può essere superata. Superata l'ignoranza sono trascese la nascita, la morte e ci si libera dalla sofferenza. Vide che la sofferenza affonda le radici nell'ignoranza e comprese che Mara e le sue schiere non sono che illusione. Così riconobbe il dolore, l'origine del dolore, il suo annientamento e la via che conduce alla liberazione. In quel momento della quarta veglia, quando venne l'alba, Siddhartha realizzò lo stato che non conosce alterazioni e l'onniscienza. L'ignoranza era stata vinta e sorridendo il Buddha disse tra sé: 'Carceriere, ora ti conosco. Per quante esistenze mi hai tenuto prigioniero di nascita e morte? Ma ora vedo il tuo vero volto e d'ora in avanti non potrai più costruire altre prigioni attorno a me'".
(Udana I,1-3; Dhammapada 153-54; Buddhacarita-kavya Sutta di Asvaghosa, canto XIII e XIV; Thich Nhat Hanh, Vita di Siddhartha il Buddha, cap. 18)