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Lettere e contributi
L'esempio di San Martino
di Maria Antonina Lauro Caruso
Il nostro paese, fin dalle sue origini, ha voluto la
denominazione ed ha proclamato suo Protettore il Santo che
l'aveva sollevato dalle tristi vicende storiche.
Da semplice villaggio, divenuto ben presto importante centro
civile e religioso, San Martino - oltre al famoso
Castello - comprendeva numerose chiese e monasteri.
L'estesa "Vallis Salinarum", fino all'arrivo dei
Normanni, per intercessione del Santo era stata risparmiata
dalle efferate invasioni nemiche.
La fede, che muove le montagne, aveva operato il miracolo.
Anche l'odierna crisi sociale, caratterizzata dalla violenza e
dal crollo dei valori, sembra abbia trovato da noi un baluardo
di difesa proprio all'ombra del campanile. Là, dove si
custodiscono la venerata effigie del Santo e la Sua preziosa
reliquia, risiede la nostra salvezza. Ma qual è il segreto di
tanto privilegio?
"Verba movent, exempla trahunt" (le parole scuotono ma
gli esempi trascinano): un'eloquente risposta ci giunge dalla
suggestiva immagine dell'inclito Santo che c'invita nella nostra
Chiesa. Si tramanda - a proposito - che la statua lignea, opera
dello scultore di Varapodio don Francesco De Lorenzo,
raffigurante il Santo Cavaliere nell'atto di dividere il proprio
mantello con un povero, fosse così cara all'autore da provocare
la sua morte al momento del distacco. L'eccezionale esempio di
carità verso il prossimo ha, in ogni tempo, ispirato artisti e
poeti.
Dalla vita del Santo ogni fedele può desumere le sue norme di
condotta morale e civile. Martino - infatti - si presenta sempre
come uomo umile e generoso, coraggioso e leale, giusto e sereno,
che predica o prega e opera guarigioni.
Quando faceva parte della guardia imperiale nelle alae
scolares, come ufficiale aveva a disposizione uno schiavo.
Ma egli lo considerava un fratello, sedeva a tavola con lui e lo
serviva quando era stanco.
Al generale che lo tacciò di vile alla richiesta di lasciare
l'esercito, Martino sostenne che all'indomani si sarebbe
presentato solo e disarmato davanti al nemico protetto soltanto
dal segno della Croce. Così fece e quando i barbari lo videro
inviarono emissari a chiedere la tregua.
Narra Sulpicio Severo che nel visitare il Monastero di
Marmoutier, dove Martino esercitava la sua opera
pastorale, fu colpito dalla letizia che regnava tra i monaci.
Sempre secondo detto discepolo che ne ha scritto la Vita, sul
finire dell'autunno del 397 - dopo aver superato l'ottantesimo
anno di età, Martino si recò a Candes per mettere pace
fra i chierici litigiosi. Nel ripartire, però, si sentì venir
meno e chiamò a sé i fratelli per avvertirli della morte
imminente. Tutti si rattristarono e tra le lacrime dicevano:
"Perché, o padre, ci abbandoni? A chi ci lasci, desolati
come siamo? Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi ci
difenderà dai loro morsi, una volta colpito il pastore?".
Martino si associò a quel pianto, ma il Signore l'attendeva in
Cielo.
In quel luogo spirò l'8 novembre e l'11 successivo venne sepolto
a Tours. La sua tomba - fin d'allora - divenne meta di
pellegrinaggio, il suo nome si diffuse dappertutto e migliaia di
paesi lo scelsero come Patrono.
Maria Antonina Lauro Caruso
Domenica 29 luglio 2001 - a S. Martino di Taurianova
(Reggio Calabria) - nella Chiesa Parrocchiale di Maria SS.
della Colomba è giunta una reliquia di S. Martino,
Vescovo di Tours, Patrono dell'omonimo paese. Il frammento
osseo, dono del Vaticano, custodito in un'artistica apposita
urna, dopo una suggestiva cerimonia officiata dal Vescovo della
Diocesi di Oppido M. - Palmi Mons. Luciano Bux, è stato
riposto in una teca sotto la statua del Santo.
Il servizio della maestra M. Antonina Lauro si riferisce,
appunto, all'eccezionale evento.
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