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                                                               HOME  La "STORIA"  Commenti&Chat  Dicono Di Noi  NEWS  Marco Perrone!! 

 

LA STORIA

 

In questa sezione la professoressa Gaetanina Villanella ci racconta la storia del laboratorio teatrale.

 

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Allora, inizio con il dire che, i testi contenuti in questo file si riferiscono al sito creato da uno degli studenti per il laboratorio. Non è un sito ufficiale, ma uno spazio nostro in cui raccogliere testi immagini, chiacchierare ... e per il quale mi è stato richiesto recentemente di scrivere (a puntate) la storia del laboratorio teatrale.

Sono molto felice di questa iniziativa.

 

LABORATORIO TEATRALE INTEGRATO

 (prima puntata)

 

Ho sempre pensato che, nella scuola, tutti gli studenti dovessero avere la possibilità di esprimersi al di fuori e al di là della cornice delle varie discipline; questo perchè ciascuno di noi ha bisogno, come si suol dire, di “essere protagonista”: non tanto su di un palcoscenico ma della propria vita, e per esserlo deve avere la possibilità e la capacità di “manifestarsi”. Non si tratta soltanto dell’espressione dei vissuti personali, così importanti nell’adolescenza, ma proprio di quel lato artistico che in molti di noi si evidenzia durante l’infanzia (o che risiede, riposto, nei nostri sogni), per venire poi dimenticato o messo da parte... Come se il bisogno di esprimersi e di manifestarsi in senso artistico (pensiamo ai graffiti dei cosiddetti “primitivi”, alla danza, alla nascita stessa del teatro e della poesia...) non fosse una imprescindibile necessità umana. In una società in cui la cultura dei “media” sembra diffondere e sottolineare la spettacolarità, in realtà i modelli che vengono proposti risultano sempre uguali, incentrati su un protagonismo dell’uomo/donna della strada che, però, esclude qualsiasi ricerca, riflessione, progetto (salvo quello di restare sotto il riflettore, recitando il ruolo di se stesso e, spesso, recitandolo veramente “da cani”).

 Perciò, quando all’inizio degli anni Novanta l’allora Provveditorato agli Studi promosse i progetti relativi all’ “Educazione alla Salute” degli studenti, prevedendo anche un piccolo finanziamento, non mi sembrò vero!Per “salute psicofisica” (soprattutto degli studenti, ma anche dei docenti) si intendeva la capacità di interagire armoniosamente nell’ambito della comunità scolastica, sviluppando le proprie potenzialità, anche espressive. Difatti illustri esperti in campo pedagogico (vi risparmio i riferimenti scientifici) sostengono che una favorevole situazione di tipo affettivo ( = sentirsi ‘bene’) sia strettamente legata all’apprendimento: questo, soprattutto in età evolutiva, non può prescindere da quella; perciò lavorare in funzione della libertà d’espressione e per la creazione di un contesto educativo favorevole in termini socio-affettivi è proprio uno dei compiti della scuola.

 Come insegnante ho promosso la nascita di gruppi e iniziative teatrali un po’ dappertutto; ma dodici anni fa, l’idea di poter fondare un vero e proprio laboratorio teatrale: di vederlo, cioè, riconosciuto come attività progettuale e laboratoriale continuativa e costante nella mia scuola mi affascinò. Dopo avere verificato la disponibilità dell’istituto, la collega Ida Cipriani ed io ci qualificammo seguendo un corso insieme ad altri docenti e  studenti di scuola superiore. Poi elaborammo e diffondemmo un questionario per individuare le attività che, a detta degli stessi studenti, potevano essere più utili. Iniziativa, questa, che ripetemmo anche in seguito, sia per doverosa trasparenza delle scelte, sia per tacitare dubbi e critiche. Una volta individuata nel teatro una delle iniziative portanti del G.L.E.S. (“gruppo per l’educazione alla salute”), ci attivammo subito per chiedere i fondi e trovare un regista-attore, un professionista del mondo dello spettacolo che ci salvasse dal rischio di realizzare il solito spettacolino scolastico, autogratificante e tranquillizzante per primi della classe e insegnanti benintenzionati.

 Fu così che ci informammo nel quartiere e, grazie alla “dritta” di una collega, conoscemmo Marco Perrone.

(fine della prima puntata)

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(seconda puntata)

 

Carissimi ragazzi, rieccoci con la seconda puntata:

 Marco ... Si presentava già allora com’è ora ... IMPONENTE in tutti i sensi: alto e “grande” di corpo e di spirito. Ancora si stava laureando, già scriveva e recitava da tempo (tra l’altro è anche lui un ex del laboratorio teatrale del Liceo Morgagni, che poi ha diretto per più di vent’anni). Molto giovane (eh, eh ... allora eri giovane, caro mio ... ! ), ma già determinato, idee chiarissime, sicuro di sè e altamente professionale, “duretto” all’occorrenza ma ... (a detta di tutti, e proprio di tutti) ... sostanzialmente  MORBIDOTTO: non per nulla con noi si firma da anni “anonimo regista paffutello”.Se non fosse stato ... così com’è, non so come avremmo fatto. Dopo avere fagocitato gli allora rappresentanti degli studenti, riuscimmo a rastrellare uno sparuto gruppo di autentici temerari disposti a recitare e incominciammo gli incontri pomeridiani. Per un po’ “ci scaldammo” improvvisando,  piuttosto “fantozzianamente”, alcune scenette a tema divisi in gruppi ... saranno stati tre, al massimo quattro gruppi, visto che eravamo quattro gatti. Poi passammo alla realizzazione di “Questione di Gita o di Morte”, replicato in occasione del decennale (maggio 2003).Il copione, come tutti gli altri finora, è di Marco Perrone, modificato e integrato “strada facendo”dal gruppo. E’ la drammatica storia di una scolaresca scalcagnatissima che si trova in gita dalle parti di Pompei insieme ad una non meglio identificata, insopportabile professoressa.

 Poiché le strade della costiera amalfitana sono, come si sa, piuttosto ripide e tortuose e dato che la suddetta scolaresca si prodiga per “animare”  ulteriormente il viaggio, capita che il pullman si scontri frontalmente con un camion carico di ... ortaggi. Mentre la prof. si salva e ne esce fresca come una rosa, tutti i ragazzi, invece entrano in COMA profondissimo, e così avviene una cosa davvero molto ...  profonda: ciascuno rivive gli eventi cruciali della vita, i problemi e i conflitti del quotidiano, il rapporto con i genitori ecc. ... in chiave ONIRICA. Naturalmente gli adulti si preoccupano: a parte la solita prof., quel trombone del primario, alcune “veline” in camice da infermiera e una “unità di terapia intensiva” che manco nei gironi danteschi, vi sono una quantità di parenti! Tutti costoro, approfittando dell’incoscienza (per una volta NON metaforica ma reale) dei pargoli, affliggono i poveretti scaricando su di essi le proprie personali manie, follie e paranoie e scatenando in essi rabbia, sconforto, autentici INCUBI! Finché tutti i ragazzi, disperati, non invocano la MORTE. Il problema è che questa arriva davvero, con tanto di saio nero, faccia a teschio e falce. I ragazzi naturalmente ci ripensano subito, ma ... che fare?Per fortuna la prof., tanto per fare una cosa nuova, scambia la Morte per la madre di uno studente “somaro”, poi lei e il medico, trascinati dalla retorica e tanto per fare una cosa nobile, affermano di essere pronti ad immolarsi in nome della salvezza dei pargoletti ... I quali non se lo fanno dire due volte: in quattro e quattr’otto convincono la Morte (che già rosica) a scambiare le loro vite con quelle della prof. e del primario. Lei accetta e così i ragazzi, guariti, possono andarsene finalmente a Pompei, naturalmente a piedi.              

 La messa in scena di questo amatissimo testo è sempre stata un po’ più problematica. La prima volta è stato perchè era, appunto, la prima volta, cioè il primo spettacolo realizzato. Grazie all’organizzazione prussiana di Ida Cipriani e del team della vicepresidenza di allora, potemmo portare tutte le classi a  teatro, a piedi e a turno: eravamo riusciti ad affittare, molto vicino alla scuola, un teatro parrocchiale (che poi non ha più voluto saperne di noi,  a quanto pare).Il preside (Giuseppe Gatto) era una persona seria, severa e meritevole. Non doveva (e non poteva) capitare NULLA: l’imperativo categorico era “Ok, John? – Ok, Mary!”Ricordo il patema (di tutti, salvo forse Marco). Era qualcosa di più della paura di andare in scena: ci stavamo giocando la prosecuzione del laboratorio negli anni successivi!Ci stavamo anche giocando la faccia!Andò tutto benissimo e ne restammo frastornati persino noi. Allora facevo l’insegnante di sostegno e avevamo un bel laboratorio attrezzato: così fui io a costruire la falce della Morte, che si ruppe durante la prima delle tre repliche e venne nondimeno “rappecettata” e usata per le altre due:  alla fine sembrava uno scacciamosche!Infatti, dopo altri deboli tentativi, in seguito Marco mi “bypassò” come trovarobe e decise che agli arredi, ai costumi e quant’altro avrebbero provveduto gli studenti, eventualmente con un rimborso della spesa (che quindi doveva essere contenutissima).

 La seconda volta era quella del decennale e, per una serie di ragioni, era il caso di “rifondare” il laboratorio, diventato nel frattempo “integrato” (e cioè arricchito dalla presenza di alcuni studenti in situazione di disabilità: uno cominciò a partecipare fin dal secondo anno, altri, con disabilità psichica, si aggiunsero a partire dal terzo). Ci trovavamo al “Nuovo Teatro San Raffaele” (zona Trullo), dove abbiamo messo in scena almeno otto spettacoli, e tuttavia l’organizzazione del decennale, l’articolo sul periodico monteverdino “Quattro passi”, l’invito all’Assessore Masini (del nostro Municipio)  ... e quant’altro ... , ci impegnarono moltissimo. In occasione del decennale invitammo i precedenti interpreti, cioè i primi temerari interpreti (che poi hanno partecipato anche ad altri spettacoli, si sono diplomati e nel frattempo sono diventati trentenni!).

 C’erano tutti: ADRIANO, MARCO, FRANCESCA, GIORGIA, LAURA, SABRINA ...perfino FABIONE e CICCIO! Adesso non ricordo tutti i nomi ma me li sono sempre sentiti vicinissimi!E in platea ce n’erano altri, tantissimi altri ... !Quando abbiamo intonato l’ormai storica canzone : “La fine della scuola è già arrivata ...”, ci siamo tutti “sciolti” ... ma ci siamo subito ripresi e ci siamo messi a cantare sempre più forte (anche la platea).Che cosa volevamo dire, ... e dirci? Poi siamo andati a farci una pizza, un po’ straniti ma felici, laboratorio vecchio e giovane, amici e supporters vari ... Non è più capitato da allora, ma chissà ...?Quanti studenti avranno partecipato in tutti questi anni?Io non ho tenuto il conto, ma uno approssimativo lo possiamo fare: dodici anni (escluso quello in corso che è il tredicesimo), con un minimo di ventidue partecipanti (salvo il primissimo anno, non ne abbiamo mai avuti di meno, semmai di più) ed una media di dieci ragazzi  che fanno più spettacoli (loro permanenza media nel laboratorio: diciamo tre anni), senza contare gli ex alunni, che per un po’ tornano anche dopo il diploma (per uno, due , anche tre anni)  ... quanto fa in tutto?

 Con questo “compitino”, vi lascio per un altro po’.

Alla prossima. 

(fine della seconda puntata)

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