LA STORIA
In questa sezione la professoressa Gaetanina Villanella ci racconta la storia del laboratorio teatrale.
.............. Allora, inizio con il dire che,
i testi contenuti in questo file si riferiscono al sito creato da uno degli
studenti per il laboratorio. Non è un sito ufficiale, ma uno spazio nostro in
cui raccogliere testi immagini, chiacchierare ... e per il quale mi è stato
richiesto recentemente di scrivere (a puntate) la storia del laboratorio
teatrale. Sono molto felice di questa
iniziativa. LABORATORIO TEATRALE INTEGRATO
(prima puntata) Ho sempre pensato che, nella
scuola, tutti gli studenti dovessero avere la possibilità di esprimersi al di
fuori e al di là della cornice delle varie discipline; questo perchè ciascuno di
noi ha bisogno, come si suol dire, di “essere protagonista”: non tanto su di un
palcoscenico ma della propria vita, e per esserlo deve avere la possibilità e la
capacità di “manifestarsi”. Non si tratta soltanto dell’espressione dei vissuti
personali, così importanti nell’adolescenza, ma proprio di quel lato artistico
che in molti di noi si evidenzia durante l’infanzia (o che risiede, riposto, nei
nostri sogni), per venire poi dimenticato o messo da parte... Come se il bisogno
di esprimersi e di manifestarsi in senso artistico (pensiamo ai graffiti dei
cosiddetti “primitivi”, alla danza, alla nascita stessa del teatro e della
poesia...) non fosse una imprescindibile necessità umana. In una società in cui
la cultura dei “media” sembra diffondere e sottolineare la spettacolarità, in
realtà i modelli che vengono proposti risultano sempre uguali, incentrati su un
protagonismo dell’uomo/donna della strada che, però, esclude qualsiasi ricerca,
riflessione, progetto (salvo quello di restare sotto il riflettore, recitando il
ruolo di se stesso e, spesso, recitandolo veramente “da cani”). Perciò, quando all’inizio degli
anni Novanta l’allora Provveditorato agli Studi promosse i progetti relativi
all’ “Educazione alla Salute” degli studenti, prevedendo anche un piccolo
finanziamento, non mi sembrò vero!Per “salute psicofisica” (soprattutto degli
studenti, ma anche dei docenti) si intendeva la capacità di interagire
armoniosamente nell’ambito della comunità scolastica, sviluppando le proprie
potenzialità, anche espressive. Difatti illustri esperti in campo pedagogico (vi
risparmio i riferimenti scientifici) sostengono che una favorevole situazione di
tipo affettivo ( = sentirsi ‘bene’) sia strettamente legata all’apprendimento:
questo, soprattutto in età evolutiva, non può prescindere da quella; perciò
lavorare in funzione della libertà d’espressione e per la creazione di un
contesto educativo favorevole in termini socio-affettivi è proprio uno dei
compiti della scuola. Come insegnante ho promosso la
nascita di gruppi e iniziative teatrali un po’ dappertutto; ma dodici anni fa,
l’idea di poter fondare un vero e proprio laboratorio teatrale: di vederlo,
cioè, riconosciuto come attività progettuale e laboratoriale continuativa e
costante nella mia scuola mi affascinò. Dopo avere verificato la disponibilità
dell’istituto, la collega Ida Cipriani ed io ci qualificammo seguendo un corso
insieme ad altri docenti e studenti di scuola superiore. Poi elaborammo e
diffondemmo un questionario per individuare le attività che, a detta degli
stessi studenti, potevano essere più utili. Iniziativa, questa, che ripetemmo
anche in seguito, sia per doverosa trasparenza delle scelte, sia per tacitare
dubbi e critiche. Una volta individuata nel teatro una delle iniziative portanti
del G.L.E.S. (“gruppo per l’educazione alla salute”), ci attivammo subito per
chiedere i fondi e trovare un regista-attore, un professionista del mondo
dello spettacolo che ci salvasse dal rischio di realizzare il solito
spettacolino scolastico, autogratificante e tranquillizzante per primi della
classe e insegnanti benintenzionati. Fu così che ci informammo nel
quartiere e, grazie alla “dritta” di una collega, conoscemmo Marco Perrone. (fine della prima puntata)
........................................................................................................................................................................................................................................ (seconda puntata) Carissimi ragazzi, rieccoci con
la seconda puntata: Marco
... Si presentava già allora com’è ora ... IMPONENTE in tutti i sensi: alto e
“grande” di corpo e di spirito. Ancora si stava laureando, già scriveva e
recitava da tempo (tra l’altro è anche lui un ex del laboratorio teatrale del
Liceo Morgagni, che poi ha diretto per più di vent’anni). Molto giovane (eh, eh
... allora eri giovane, caro mio ... ! ), ma già determinato, idee chiarissime,
sicuro di sè e altamente professionale, “duretto” all’occorrenza ma ... (a detta
di tutti, e proprio di tutti) ... sostanzialmente MORBIDOTTO: non per nulla con
noi si firma da anni “anonimo regista paffutello”.Se non fosse stato ... così
com’è, non so come avremmo fatto. Dopo avere fagocitato gli allora
rappresentanti degli studenti, riuscimmo a rastrellare uno sparuto gruppo di
autentici temerari disposti a recitare e incominciammo gli incontri pomeridiani.
Per un po’ “ci scaldammo” improvvisando, piuttosto “fantozzianamente”, alcune
scenette a tema divisi in gruppi ... saranno stati tre, al massimo quattro
gruppi, visto che eravamo quattro gatti. Poi passammo alla realizzazione di “Questione
di Gita o di Morte”, replicato in occasione del decennale (maggio 2003).Il
copione, come tutti gli altri finora, è di Marco Perrone, modificato e integrato
“strada facendo”dal gruppo. E’ la drammatica storia di una scolaresca
scalcagnatissima che si trova in gita dalle parti di Pompei insieme ad una non
meglio identificata, insopportabile professoressa. Poiché le strade della costiera
amalfitana sono, come si sa, piuttosto ripide e tortuose e dato che la suddetta
scolaresca si prodiga per “animare” ulteriormente il viaggio, capita che il
pullman si scontri frontalmente con un camion carico di ... ortaggi. Mentre la
prof. si salva e ne esce fresca come una rosa, tutti i ragazzi, invece entrano
in COMA profondissimo, e così avviene una cosa davvero molto ... profonda:
ciascuno rivive gli eventi cruciali della vita, i problemi e i conflitti del
quotidiano, il rapporto con i genitori ecc. ... in chiave ONIRICA. Naturalmente
gli adulti si preoccupano: a parte la solita prof., quel trombone del primario,
alcune “veline” in camice da infermiera e una “unità di terapia intensiva” che
manco nei gironi danteschi, vi sono una quantità di parenti! Tutti costoro,
approfittando dell’incoscienza (per una volta NON metaforica ma reale) dei
pargoli, affliggono i poveretti scaricando su di essi le proprie personali
manie, follie e paranoie e scatenando in essi rabbia, sconforto, autentici
INCUBI! Finché tutti i ragazzi, disperati, non invocano la MORTE. Il problema è
che questa arriva davvero, con tanto di saio nero, faccia a teschio e falce. I
ragazzi naturalmente ci ripensano subito, ma ... che fare?Per fortuna la prof.,
tanto per fare una cosa nuova, scambia la Morte per la madre di uno studente
“somaro”, poi lei e il medico, trascinati dalla retorica e tanto per fare una
cosa nobile, affermano di essere pronti ad immolarsi in nome della salvezza dei
pargoletti ... I quali non se lo fanno dire due volte: in quattro e quattr’otto
convincono la Morte (che già rosica) a scambiare le loro vite con quelle della
prof. e del primario. Lei accetta e così i ragazzi, guariti, possono andarsene
finalmente a Pompei, naturalmente a piedi. La
messa in scena di questo amatissimo testo è sempre stata un po’ più
problematica. La prima volta è stato perchè era, appunto, la prima volta, cioè
il primo spettacolo realizzato. Grazie all’organizzazione prussiana di Ida
Cipriani e del team della vicepresidenza di allora, potemmo portare tutte le
classi a teatro, a piedi e a turno: eravamo riusciti ad affittare, molto vicino
alla scuola, un teatro parrocchiale (che poi non ha più voluto saperne di noi,
a quanto pare).Il preside (Giuseppe Gatto) era una persona seria, severa e
meritevole. Non doveva (e non poteva) capitare NULLA: l’imperativo categorico
era “Ok, John? – Ok, Mary!”Ricordo il patema (di tutti, salvo forse Marco). Era
qualcosa di più della paura di andare in scena: ci stavamo giocando la
prosecuzione del laboratorio negli anni successivi!Ci stavamo anche giocando la
faccia!Andò tutto benissimo e ne restammo frastornati persino noi. Allora facevo
l’insegnante di sostegno e avevamo un bel laboratorio attrezzato: così fui io a
costruire la falce della Morte, che si ruppe durante la prima delle tre repliche
e venne nondimeno “rappecettata” e usata per le altre due: alla fine sembrava
uno scacciamosche!Infatti, dopo altri deboli tentativi, in seguito Marco mi
“bypassò” come trovarobe e decise che agli arredi, ai costumi e quant’altro
avrebbero provveduto gli studenti, eventualmente con un rimborso della spesa
(che quindi doveva essere contenutissima). La seconda volta era quella del
decennale e, per una serie di ragioni, era il caso di “rifondare” il
laboratorio, diventato nel frattempo “integrato” (e cioè arricchito dalla
presenza di alcuni studenti in situazione di disabilità: uno cominciò a
partecipare fin dal secondo anno, altri, con disabilità psichica, si aggiunsero
a partire dal terzo). Ci trovavamo al “Nuovo Teatro San Raffaele” (zona Trullo),
dove abbiamo messo in scena almeno otto spettacoli, e tuttavia l’organizzazione
del decennale, l’articolo sul periodico monteverdino “Quattro passi”, l’invito
all’Assessore Masini (del nostro Municipio) ... e quant’altro ... , ci
impegnarono moltissimo. In occasione del decennale invitammo i precedenti
interpreti, cioè i primi temerari interpreti (che poi hanno partecipato anche ad
altri spettacoli, si sono diplomati e nel frattempo sono diventati trentenni!). C’erano tutti: ADRIANO, MARCO,
FRANCESCA, GIORGIA, LAURA, SABRINA ...perfino FABIONE e CICCIO! Adesso non
ricordo tutti i nomi ma me li sono sempre sentiti vicinissimi!E in platea ce
n’erano altri, tantissimi altri ... !Quando abbiamo intonato l’ormai storica
canzone : “La fine della scuola è già arrivata ...”, ci siamo tutti “sciolti”
... ma ci siamo subito ripresi e ci siamo messi a cantare sempre più forte
(anche la platea).Che cosa volevamo dire, ... e dirci? Poi siamo andati a farci
una pizza, un po’ straniti ma felici, laboratorio vecchio e giovane, amici e
supporters vari ... Non è più capitato da allora, ma chissà ...?Quanti studenti
avranno partecipato in tutti questi anni?Io non ho tenuto il conto, ma uno
approssimativo lo possiamo fare: dodici anni (escluso quello in corso che è il
tredicesimo), con un minimo di ventidue partecipanti (salvo il primissimo anno,
non ne abbiamo mai avuti di meno, semmai di più) ed una media di dieci ragazzi
che fanno più spettacoli (loro permanenza media nel laboratorio: diciamo tre
anni), senza contare gli ex alunni, che per un po’ tornano anche dopo il diploma
(per uno, due , anche tre anni) ... quanto fa in tutto? Con questo “compitino”, vi
lascio per un altro po’. Alla prossima. (fine della seconda puntata)
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