Tre quasar a braccetto

Per la seconda volta in assoluto dal 2007, tre giovani ricercatori italiani dell’Università dell’Insurbia, Emanuele Farina (29 anni), Carmen Montuori (27 anni), Roberto Decarli (31 anni) e Michele Fumagalli (28 anni), della Princeton University, hanno scoperto un tripletto di quasar, ossia un sistema di tre buchi neri supermassivi vicinissimi tra loro. La scoperta è straordinaria perché è raro avvistare tre quasar così vicini: la possibilità è di una su un miliardo. Lo studio dal titolo “Caught in the Act: Discovery of a Physical Quasar Triplet” verrà pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society do Oxford. Cosa sono i quasar? Sono degli oggetti molto distanti da noi e che emettono un’energia talmente potente da superare di gran lunga quella di molte galassie. Si trovano al centro delle galassie e e si pensa che il motore che li alimenta sia un buco nero super massiccio. Quando i quasar formano un sistema, questi sono tenuti insieme dalla gravità. In questo caso potrebbero essere il risultato di una collisione di galassie. È molto difficile osservare un sistema a tre quasar: il team guidato da Farina è stato capace di individuare questa struttura, chiamata QQQ J1519+0627, situata 9 miliardi di anni luce dalla Terra e risalente a quando l’Universo aveva solo un terzo della sua età attuale. «Esiste un enorme catalogo del cielo, lo Sloan Digital Sky Survey, che permette di avere immagini in 5 bande di un quarto del cielo. Andando a vedere il colore degli oggetti, ovvero le emissioni delle bande di questi oggetti, è possibile scegliere i migliori candidati a essere catalogati come quasar. Quindi analizzando lo spettro di luce proveniente da questi oggetti abbiamo effettivamente capito che si trattava di quasar, anzi di un tripletto», ha spiegato a MediaInaf Farina, primo autore dello studio. Farina spiega che i sistemi multipli «si formano per via gerarchica; le grandi masse di materia oscura si scontrano, diventando sempre più grandi e formando gli attuali cluster. In questo caso il sistema è il risultato dell’interazione di tre grossi aloni di materia oscura che si stanno scontrando».Farina conferma che è improbabile l’esistenza di altri sistemi simili o addirittura di sistemi con più di tre quasar: «Già tre è un evento eccezionale, perché il nocciolo della questione è che i quasar hanno una vita molto breve, nell’ordine del milione di anni. In questo caso ne abbiamo trovati tre attivi nello stesso momento», fenomeno raro in cui non è facile imbattersi. Due dei quasar si trovano a una distanza più ravvicinata rispetto all’altro: il sistema potrebbe essere stato innescato dall’interazione dei due quasar adiacenti, continua Farina. «I due più vicini stanno interagendo fra di loro formando una coppia. L’altro oggetto sembra si stia avvicinando alla coppia per interagire. I tre sono comunque abbastanza vicini da farci pensare che facciano parte della stessa struttura ancora invia di formazione».Grazie ai risultati ottenuti da questo studio, i ricercatori potranno approfondire le ricerche sui quasar: «Non si sa bene come si accendono questi oggetti – conclude Farina – ma è possibile che negli scontri tra galassie si verifica la caduta di materiale verso la zona centrale che provoca l’accensione dei quasar».Questa ricerca si è basata sulle osservazioni raccolte a La Silla con il New Technology Telescope dello European Southern Observatory (ESO) e al Calar Alto Observatory con il telescopio 3.5m del Centro Astronomico Hispano Aleman. 13/03/2013 MEDIA INAF

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Una fabbrica di stelle all'alba dell'Universo

E’ la galassia più attiva e prolifica dell’Universo, si chiama HFLS3 e si trova a 12,8 miliardi di anni luce da noi. Gli astronomi di un gruppo internazionale di ricerca, utilizzando una serie di telescopi sparsi su tutta la Terra, hanno scoperto che questa galassia primordiale produce l’equivalente di 3000 stelle simili al Sole all’anno, una cifra che supera di circa 2000 volte la produzione stellare nella Via Lattea. E’ insomma un esempio da record di quel tipo di galassie primordiali studiate da un’equipe di astronomi alla guida del nuovo telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), che proprio oggi avevano annunciato i loro risultati. Ma si trova in un’altra zona del cielo. HFLS3 è così distante che la vediamo com’era quando l’Universo aveva solo il 6% dell’età attuale (13,7 miliardi di anni). Si tratta di una galassia massiccia con un grande “serbatoio” di gas, la materia prima per la formazione di nuove stelle, e polvere cosmica, di cui sono ghiotte le stelle neonate. Questo nuovo studio ha raccolto dati e dettagli mai studiati prima per una galassia così lontana. Per determinare con precisione la distanza e le caratteristiche di HFLS3 si sono resi necessari ben 12 telescopi internazionali, sia di terra che orbitanti: la lista comprende telescopi ottici, a infrarossi, radio telescopi. Un importante contributo è stato dato dal Very Large Array (VLA) nel Nuovo Messico, utilizzato per ottenere maggiori informazioni sul gas e sulle onde radio emesse dai resti di stelle massicce ormai spente. Dai dati raccolti si evince che la galassia contiene un totale di stelle pari a circa 40 miliardi di volte la massa del Sole, più gas e polveri stellari per circa 100 miliardi di masse solari. “Questa galassia è la prova che 880 milioni di anni dopo il Big Bang si è verificata una rapida e intensa formazione di stelle”, ha detto Dominik Riechers, della Cornell University. Con queste nuove immagini i ricercatori hanno dato quindi una “sbirciatina” a uno dei momenti cruciali dello sviluppo delle prime galassie. Chris Carilli, chief scientist dell’Osservatorio Nazionale di Radio Astronomia (Stati Uniti) ha spiegato che la maggior parte delle informazioni sono state ottenute grazie all’utilizzo del VLA, osservando le emissioni radio del monossido di carbonio. Le tecniche usate dal team di ricerca permetteranno di scoprire nel futuro dettagli sempre più precisi sulla formazione delle prime galassie nei primi anni di vita dell’Universo. Questi studi saranno possibili grazie al lavoro combinato di VLA ed ALMA, entrambi radiotelescopi: il primo si occupa principalmente del gas freddo e delle emissioni radio di queste galassie; ALMA, invece, aiuterà i ricercatori analizzando il gas più caldo e la polvere cosmica. 17/04/2013 MEDIA INAF