LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

PERSONAGGI

LA CITTADINANZA ONORARIA DI SAVIGLIANO A GABRIELE GALATERI

Si riporta qui di seguito l'intervento che Luigi Botta ha effettuato il 18 luglio 2003, nella sala del Consiglio comunale di Savigliano, in occasione della consegna ufficiale della cittadinanza onoraria della città a Gabriele Galateri

È bello sfogliare un registro, indagare un manoscritto, scoprire un inedito e sapere con certezza che quando si incontra il proprio cognome, quando si raccoglie l'indicazione di personaggi che sono riconducibili alle medesime generalità, quelli sono, senza l'ombra di un errore, i propri antenati. Sono pochi, certamente, a permetterselo. A Savigliano, oggi, di sicuro, una sola famiglia, quella dei Galateri. Una famiglia che da oltre un millennio segue in parallelo, con maggiore o minore intensità, maggiore o minore partecipazione, le vicende della nostra comunità. Una presenza attenta, modesta, silenziosa, rispettosa, mai invadente. Una presenza che c'è, è determinante, ma non si fa sentire. Sono i documenti, sui quali si scoprono i nomi e cognomi di coloro che ci hanno preceduto -prima ancora dei libri di testo- a raccontarcelo.

Così è un sacerdote Galateri, padre Mauro, a battezzare il 9 maggio 1729 Chiara Maria Felice, figlia dell'illustrissimo conte Carlo Antonio, appartenente al nobile casato di Suniglia, padrino un altro Gallateri, il signor Filippo, e madrina altra Galateri ancora, la cavaliera Dionisia. Una circostanza di famiglia, vissuta in inconsueta intimità, lontano dai facili entusiasmi di una Savigliano ben disposta ad accogliere comunque con riverenza ed attenzione quanto la nobiltà illuminata sapeva proporre od imporre. Medesima circostanza l'anno prima, il 19 gennaio, per la nascita di Giuseppe Stanislao, o l'anno dopo, il 21 ottobre, per il battesimo di Orsola Caterina, o l'anno successivo ancora, il 27 dicembre, per l'analoga cerimonia religiosa destinata a Giuseppe Giovanni Vincenzo, o quattro anni dopo, il 21 ottobre 1733, quando lo stesso padre Mauro battezza Giulio Cesare Galatero. I registri manoscritti di parrocchia, in questo come in altri casi analoghi, documentano cerimonie familiari, con celebrante, padrini e madrine rigorosamente appartenenti ad un ristretto nucleo di parentela. Per cinque battesimi, che in cinque anni rappresentano una sicura continuità dinastica.

Un'intimità, questa, che non sempre appartiene ad altri casati saviglianesi. Meno antichi, sicuramente di nobiltà acquisita e forse, a quell'epoca, meno rappresentativi. Ma molto più presenti nella quotidianità dei pubblici offici. Un sistema di vita. Un modo di confrontarsi con la propria terra e con gli uomini che stanno intorno.

Considerazioni, queste, che altri, prima di me, hanno fatto e che appaiono evidenti nelle pagine a stampa dei testi che riguardano la nostra città. Il Turletti, nella sua poderosa opera bio-bibliografica, racconta genericamente di un centinaio di Galateri. Per una ventina di essi non esita ad approfondirne le vicende storiche. Considera la famiglia -numericamente parlando- seconda solo alla stirpe copiosissima dei Tapparelli, che nelle molteplici ramificazioni del Maresco, di Lagnasco, di Genola e di Fossano riesce forse a mettere in fila mille e più persone che traggono origine dal capostipite Chiaffredo, che per primo pose piede in territorio saviglianese. Il Novellis, nel documentare la storia dei Galateri, non esita a ricordarne una trentina, soffermandosi in particolare sulle qualità militari espresse da molti di essi. Scrive, senza molta convinzione, di uno stipite, certo Galileo, capo ghibellino nella nostra città, vissuto nel dodicesimo secolo. Ma è certo, così come altri storici poi approfondiranno, che la presenza dei Galateri debba considerarsi, sotto questo od altro nome, coeva all'origine stessa del «locus savillianum».

E da Savigliano è premiata, in tempi di governo cittadino già sottoposto a regole statutarie, con l'onore della propria residenza urbana in area privilegiata, dirimpetto al palazzo municipale, quasi a testimoniare, su una piazza che ancora deve connotarsi ed in una città che in quel momento patisce incredibili lotte fratricide, il ruolo di controllo -indiretto, non politico- che la famiglia deve assumere nei confronti della «res pubblica». Un controllo incrociato, ad ampia partecipazione. I Sarmatorio con residenza a destra, i Tapparelli a sinistra, più distanti, i Del Sole, gli Oggeri, i Beggiami ed i Della Chiesa poco oltre, i Cravetta ed i Taffini, seppure in altra epoca, ancor più lontani. I Santa Rosa, a quel tempo, ancor non esistevano.

Lotte intestine, non sempre trasparenti, caratterizzano la convivenza di più nobiltà che offrono anime e comportamenti diversi al giudizio della gente e che, in perfetta buona fede, danno il loro contributo alla crescita della città. Il monumento di piazza Vecchia che ricorda la figura di Santorre Santa Rosa non a caso volta le spalle alla residenza urbana dei Galateri. Lì viene collocato con singolare stratagemma, ma l'azione è la conseguenza di un potere forte che la famiglia del Palazzo assume con tre personaggi chiave -Santorre, Teodoro e Pietro- che in mezzo secolo riescono ad imporre alla città ed al governo subalpino una linea che avversa, a distanza ravvicinata ma in tempi anche diversi, la presenza vigorosa di un fedelissimo di casa Galateri, Gabriele Maria, uomo di fiducia di casa Savoia, tutto d'un pezzo, che da Alessandria si schiera coi regnanti e contrasta con determinazione proprio lo spirito che anima l'evolversi delle cose e che i Santa Rosa cercano di interpretare al meglio.

Uomo rispettabilissimo ed amato, benefattore e filantropo, Gabriele Maria. Dalla residenza di Braidabella dona molto del suo alla città. Ricompare improvvisamente, un secolo dopo, perché fa comodo, per un giudizio fortemente critico quando un altro Galateri, il conte Annibale, ha la podestà (primo nella storia della famiglia) della città di Savigliano ed offre la sua competenza per una crescita della quale ancor oggi noi godiamo i benefici. È la politica ed il conflitto di potere, in questo caso, ad animare una disfida storica che il tempo ha già codificato ma che i contrasti locali non hanno ancora «digerito», o meglio cercano di far resuscitare. Mentre un libro cerca di far chiarezza, un altro va esaurito e si ristampa. Una polemica durissima. Che non lascia il segno, oggi. Ma che all'epoca prelude all'abbandono del posto di comando, per amore della città e dei suoi concittadini, da parte del podestà conte Annibale.

Un amore che continua ancora nel tempo e che si concretizza, dopo la disponibilità offerta nel corso dei secoli da decine e decine di Galateri residenti, non ultimo il conte Teofilo con le sue donazioni, con la presenza assidua, ieri, del generale di Corpo d'Armata Angelo Maria, del quale mi va di ricordare la grande passione per le nostre cose e l'attenzione talvolta esasperata verso una saviglianesità che appartiene a chi vive altrove. Un amore che continua con l'attaccamento, oggi, di Gabriele e Marco Galateri, che pur appartenendo ad una generazione che della nostra città potrebbe soltanto più avere il ricordo, hanno scelto invece di sottoscrivere un simbolico atto di fedeltà e passione al libero Comune dei loro avi.

luigi botta

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PER APPROFONDIRE L'ARGOMENTO

LA FAMIGLIA GALATERI

UNA CITTADINANZA PER GABRIELE GALATERI

LA MOZIONE CHE RICHIEDE LA CITTADINANZA ONORARIA

Il documento del 1833 che Luigi Botta ha donato a Gabriele Galateri in occasione della consegna della cittadinanza onoraria del Comune di Savigliano. È un omaggio che la popolazione saviglianese fece ad un antenato dell'attuale presidente di Mediobanca, un antenato che portava il suo stesso nome: Gabriele Maria Galateri. Fedele alla casa regnante, era stato ufficiale in Russia, al servizio dello Zar, e successivamente, in Piemonte, per conto dei Savoia, aveva coperto l'ìincarico di governatore e comandante generale della città di Alessandria. La circostanza del documento è quella della decorazione dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata.

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