STORIA DEL BORGO |
In questa pagina: |
- NASCITA DEL BORGO
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BORGOTICINO: pezzi di storia
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VENTI
DI GUERRA
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LA STRAGE DEL 13 AGOSTO 1944
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13 agosto 1944 -
Strage di Borgo Ticino
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NELL’OMBRA DI UNA PIAZZETTA
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NASCITA DEL BORGO |
A poche migliaia di metri in linea d'aria dalle ultime acque del
Lago Maggiore e dalle prime del fiume Ticino, a dominare da ovest
tutta la piana che circonda quella fascia del lago, si staglia una
verde collina, ancor verde di boschi e pochi campi, sorge un piccolo
paese: Borgo Ticino.
Da alcuni ritrovamenti archeologici indicano a Borgo Ticino la
presenza di insediamenti risalenti al IX VII secolo a.C. nelle zone
di Gagnago e della Madonna delle Grazie (Civiltà di Golasecca).
Sempre nella frazione di Gagnago era posto un "castrum romano",
attestato anche dalla toponomastica (via Campo Militare, via Cascina
dei Cesari).
Borgo Ticino nasce intorno all'anno 1190 per volere del comune di
Novara che edificò un borgo franco sovrastante il castello ed il
villaggio fortificato di Lupiate - importantissimo insediamento
militare oggi scomparso situato nei pressi della Madonna delle
Grazie di Borgo Ticino - per contrastare il potere dei conti di
Biandrate e dei Da Castello, nobili che in quelle terre
avevano il cuore dei loro possedimenti.
Dapprima il nome del nuovo borgo fu Borgo di Lupiate, nella seconda metà
del Duecento il nome mutò in Borgo Ticino.
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Entrato a far parte del dominio del ducato di Milano, venne dato in
feudo nel 1413 ai Visconti e nel 1447 ai Borromeo, che lo tennero
fino al XVIII secolo.
Nel 1718, un censimento svoltosi sotto la breve sovranità
austriaca calcolava la popolazione in 1159 abitanti. Nel 1814 la
popolazione del borgo ammontava a 1535 abitanti. In questo anno, in
coincidenza con il passaggio dei poteri dopo la caduta di Napoleone,
si verificò un assalto al Municipio e le carte dell'archivio vennero
disperse e bruciate. Poi la storia del borgo si confuse con quella
più generale del territorio e del Paese.
Nel corso del 1900 Borgo Ticino, come altri comuni della zona,
conobbe un periodo di crisi, dovuto alla perdita di peso
dell'agricoltura collinare, manifestatosi anche attraverso una forte
emigrazione verso l'estero; la popolazione perciò diminuì dai 2701
abitanti nel 1901 ai 1717 del 1936.
Dopo il 1945 si ebbe una forte ripresa demografica in seguito
all'immigrazione dal Veneto e dal Sud; nel giro di soli 20 anni la
popolazione superò abbondantemente quella del 1901.
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BORGOTICINO: pezzi di storia.
Nel
tentare di ricostruire parte della storia del nostro Borgo, ho ripreso gli
articoli del calendario di Borgo Ticino che la biblioteca comunale, dopo una
accurata ricerca, ha realizzato e pubblicato nel 2005.
Il
territorio di Borgo Ticino è stato abitato fin dai tempi preistorici: lo
dimostrano numerosi ritrovamenti archeologici risalenti alla Civiltà di
Golasecca e databili tra il IX e il VII secolo a.C.; tali reperti sono stati
rinvenuti prevalentemente nella zona pianeggiante tra Borgo Ticino e
Castelletto, non lontano dalla Madonna delle Grazie. In epoca romana un Castrum
romano sorgeva nell’attuale frazione di Cagnago: l’esistenza del castrum,
dipendeva dal municipium di Plumbea (Pombia), è confermata dagli scavi ed
attestato anche dalla toponomastica ( via Campo Militare, Cascina dei Cesari).
Borgo
Nuovo di Ticino nasce intorno al 1190 come borgo franco, libero da obblighi nei
confronti del feudatario, probabilmente per trasferimento della popolazione di
Lupiate, centro situato tra la Cicognola e la cascina Beati di Castelletto. Tra
il Duecento e il Trecento il nuovo borgo (che ben presto viene chiamato
semplicemente Borgo Ticino) si governa in modo autonomo, pur subordinato al
comune di Novara, ed acquista una certa importanza: si sviluppa un mercato
frequentato dagli artigiani novaresi appartenenti alle Corporazioni (Paratici)
dei calzolai e dei ferrai. Lo sviluppo dall’artigianato è confermato anche dalla
presenza di un monastero femminile delle Umiliate. E’ a questo periodo che
risalgono le due croci in pietra che fino a pochi anni fa si trovavano ancora
all’inizio e alla fine del paese: testimonianze della fede dei borgoticinesi, ma
anche, presumibilmente, in uno scampato pericolo in occasione di una pestilenza
o di una guerra.
Le
“Consegne dei beni ecclesiastici” del 1347 indicano la presenza a Borgo Ticino,
parte del vicariato di Oleggio, di ben quattro chiese: S.Maria (la
parrocchiale), S. Maria di Luciate (sul luogo dell’attuale Madonna delle
Grazie), S. Michele (oggi scomparsa, anche se il toponimo persiste), S. Zeno o
Zenone (di cui restano poche pietre). Nel 1312, nel corso delle lotte tra le
famiglie novaresi dei Tornelli da una parte e i Brusati e i Cavallazzi
dall’altra, viene distrutto il castello di Cagnago. Esso fu successivamente
ricostruito dai Visconti, dei quali rappresentò un punto di forza, grazie alla
sua posizione dominante verso il Ticino e il lago Maggiore. Oggi rimangono solo
poche tracce ui muri di alcune abitazioni.
Nel 1413
il territorio di Borgo Ticino viene dato in feudo a Lancellotto ed Ermes
Visconti e nel 1447 passa ai Borromei, che lo terranno fino al XVIII secolo. Nel
1450, un censimento indetto dal Duca di Milano Francesco Sforza attesta la
presenza di 125 focolari (=abitazioni), con una discreta produzione di carni e
vino. E’ di questo periodo l’Oratorio di Maria Vergine Addolorata, un ampio
edificio che poteva contenere più di trecento persone, e che forse proprio per
questo fu successivamente trasformato in rifugio per gli appestati: di qui il
nome Lazzaretto, che ancora oggi ne rimangono i ruderi.
Sempre nel
XV secolo è una delle più belle immagini sacre presenti in paese: La vergine in
trono con il bambino (Madonna del Latte) situata in via Castellazzo.
Intorno
alla metà del Cinquecento svolge la sua attività una delle figure più illustri
della storia borgoticinese, il sacerdote Antonio Cerruti, nato nel 1506 circa,
che pubblicò diverse raccolte di poesie in latino, di varia intonazione:
satiriche, amorose, politiche, scherzose.
La Novara
Sacra dell’arcivescovo di Novara C. Bascapè, scritta sulla base delle
osservazioni svolte durante le minuziose visite pastorali da lui condotte,
attesta che, all’inizio del Seicento, a Borgo Ticino vi erano due parrocchie, i
luoghi erano ricoperti da boschi che davano un notevole reddito in legna da
fuoco trasportata a Milano attraverso il Ticino.
Risale
all’inizio del Seicento al ricostruzione del Santuario della Madonna delle
Grazie, che il Bascapè aveva giudicato bisognoso di ampi restauri. Nel corso del
Seicento è stato costruito l’Oratorio di Sant’Anna alla Campagnola, così come
quello della B.V. Annunziata a Cagnago; entrambi gli edifici peraltro sono stati
ampiamente rimaneggiati nei secoli successivi. E’ datata 1681 la bellissima
immagine votiva situata in via Santa Caterina che raffigura una Vergine con il
bambino.
Nel 1718
un censimento svoltosi sotto la breve sovranità austriaca calcola la popolazione
in 1159 abitanti. Nel corso del secolo la popolazione crebbe fino ad arrivare
nel 1814 a 1535 abitanti. E’ in quel periodo che la Chiesa parrocchiale viene
abbellita e arricchita. In coincidenza con il passaggio dei poteri dopo la
caduta di Napoleone, anche a Borgo Ticino si verificano sommosse: il municipio
viene assaltato e le carte dell’archivio comunale sono disperse e bruciate. Nel
corso dell’Ottocento il paese tocca il suo momento di maggior splendore: la
popolazione cresce fino ad arrivare ai 2701 abitanti del 1901; si sviluppano
manifatture tessili (filatoi, tinteggiature di cotone e di fustagni); i commerci
ricevono un notevole incremento dalla costruzione della ferrovia Novara-Arona,
inaugurata il 14 giugno del 1855; Borgo Ticino diventa capoluogo di mandamento,
sede di pretura, del tribunale di giudicatura e dell’ufficio delle Regie
Gabelle.
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VENTI
DI GUERRA
La fame non era l'unico disagio che la popolazione dovette
sopportare durante la Grande Guerra, e per molti non fu certo il più
grave.
Il combattimento di trincea e le strategie degli assalti frontali di
fucile e baionetta con cui quel conflitto era combattuto,
soprattutto da parte italiana, costavano la vita ogni anno a
centinaia di migliaia di soldati.
In quel numero erano compresi anche uomini di Borgo Ticino, e non
poteva essere altrimenti essendo i fanti reclutati soprattutto tra i
contadini.
Fu il dramma per molte famiglie: in una lettera del 24 luglio 1917,
il Sindaco di Borgo Ticino chiedeva l'esonero dal servizio di prima
linea per il militare Guazzoni Giuseppe, perché la sua famiglia
aveva già perso sul campo due dei suoi cinque figli.
La fine della guerra lasciò il Paese in uno stato di miseria e
povertà. Tre anni di sacrifici, di fame e di morti, avevano portato
alla rovina economica, il costo della vita era alle stelle, e si
crearono così anche le condizioni per quello scontro sempre più
violento tra socialisti e fascisti che si sviluppò, nonostante non
fosse che un piccolo paese di campagna, anche per le vie di Borgo
Ticino con episodi di violenza ed intimidazione.
Il periodo più cupo però fu quello della Repubblica Sociale e della
Resistenza.
Quasi tutti gli abitanti erano perlopiù impegnati come operai o
impiegati in industrie che producevano materiale bellico per i
nazifascisti come la Siai Marchetti di Sesto Calende e la CANSA.
Anche gli uomini in età di leva erano quindi esentati dal servizio
al fronte. Ciò però non bastava per vivere tranquilli.
I boschi che circondano Borgo Ticino erano il nascondiglio ideale
per le formazioni di partigiani che operavano nella zona.
Alla Cascina Bindellina di Conturbia aveva sede la brigata
garibaldina Serva-dei e, sempre a Conturbia, alla Cascina Virginia
la brigata Nello delle formazioni Matteotti ed alla Cascina Nuova vi
era un campo della X Rocco, altra brigata garibaldina. Questo
comportava continui pericoli per gli abitanti dei comuni vicini che
spesso venivano coinvolti nel sostegno ai partigiani e nelle azioni
nazifasciste contro i ribelli.
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LA STRAGE DEL 13 AGOSTO 1944
La guerra c'era, non v'era dubbio. I soldati tedeschi, le truppe
fasciste, le camicie nere i drappelli armati erano ovunque,
perlustravano, si aggiravano inquisitori per paesi e campagne, gli
echi dei bombardamenti aerei degli scontri della guerriglia si
sentivano chiaramente anche qui per le vie del piccolo borgo. Eppure
nonostante ciò il paese era stato, fino all'estate del '44, diciamo
così risparmiato dagli effetti più nefasti del conflitto: gli
scontri armati avvenivano altrove, qualche scaramuccia forse, ma di
formazioni partigiane nelle loro case non se ne nascondevano, se non
qualche piccolo gruppo occasionalmente, cosicché nazisti e fascisti
riservavano poche attenzioni. Questo, dicevamo, fino all'estate del
'44.
Il mese d'agosto di quell'anno,
nel mattino di una domenica di festa, un convoglio tedesco fu
attaccato da una formazione partigiana al San Michele, una località
vicina al confine tra Borgo Ticino a Varallo Pombia e che comprende
quel lembo di terra che unisce il borgo al comune di Divignano.
Fu un rapido scambio di colpi di mitragliatore tra i militi nazisti
ed i ribelli, così come venivano chiamati, italiani. Nulla di più,
ma quattro soldati tedeschi rimasero gravemente feriti, se vi
fossero state perdite tra i partigiani non ci è dato di sapere.
Era il 13 agosto del 1944, una giornata di festa, dicevamo, poiché
stavano cominciando i Festeggiamenti per la Patrona del Paese, la
Madonna Assunta. Era una bella domenica di sole, calda e
spensierata, per quanto potesse definirsi spensierato un giorno di
guerra. Al dopolavoro si stava svolgendo una gara di bocce quando
con gran fragore, erano circa le due del pomeriggio, arrivarono a
bordo di autocarri i soldati della SS naziste ed i militi della X
Flottiglia Mas. Si sparpagliarono i soldati armati per le vie di
Borgo Ticino, entrando nelle case e cacciando a forza le persone che
vi trovavano, in gran parte donne vecchi e bambini, lungo le strade
del paese con lo scopo di radunare tutti in piazza.
La legge della rappresaglia nazista imponeva che per ogni soldato
tedesco ucciso venissero giustiziati dieci italiani. Militari
germanici uccisi nell'operazione compiuta al mattino dai partigiani
non ve ne furono, ma quattro tedeschi erano stati feriti ed uno di
loro versava in gravi condizioni. Il capitano Krumer, che comandava
l'azione di rappresaglia
delle SS, decise che per ogni soldato tedesco ferito tre giovani
italiani dovessero morire, più uno, poiché tra i feriti uno era
particolarmente grave.
I giovani, tutti sotto i trent'anni, vennero scelti a caso tra la
folla terrorizzata tenuta in ostaggio nella piazza. Nessun controllo
della loro identità venne fatto; da un promemoria a Mussolini
inviato dalla Prefettura sappiamo che tra i giustiziati figurava
anche un simpatizzante fascista, reduce dalla Russia e ferito di
guerra, ed alcuni operai della Siai Marchetti di Sesto Calende.
Dallo stesso promemoria apprendiamo che il comandante Ungarelli
della X Flottiglia Mas, presente, non riuscì che a sottrarre due
camicie nere alla fucilazione, tale era la rabbia dei tedeschi.
Di fronte alla popolazione disperata i tredici giovani italiani
furono fucilati contro il muro della farmacia, quell'edificio che
ancora oggi si affaccia ad est della piazza Martiri. Uno si salvò
per un caso che può dirsi un miracolo, si chiamava Piola Mario.
Le vittime furono così dodici, si chiamavano: Virginio Tognoli,
Francesco Tosi, Nicola Narciso, Giovanni Fanchini, Cerutti Franco,
Benito Pizzamiglio, Alberto Lucchetta, Luigi Ciceri, Rinaldo
Gattoni, Andes Silvestri, Olimpio Parachini, Giuseppe Meringi. I
loro nomi sono incisi sulla lapide che ricorda nel punto della
fucilazione in piazza Martiri quest'eccidio. Cacciando la
popolazione dal paese i tedeschi prima di andarsene minarono due
case facendole esplodere e molte altre le diedero alle fiamme.
Era il 13 agosto 1944, il giorno più nero della recente storia di
Borgo Ticino.
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TRATTO DA "BORGO TICINO E DIVIGNANO:storie di gente scorci di memoria"
E da "PERCORSI STORIA E DOCUMENTI ARTISTICI DEL NOVARESE" della provincia di Novara
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NELL’OMBRA DI UNA PIAZZETTA
Borgoticino, 24 marzo 1945 - Caduto:
Romano Della Vecchia, Giuseppe Rinolfi
Nella
trattoria ‘del Monferrato’, in borgata San Martino di Novara,
nasce uno dei primi centri della resistenza al fascismo
immediatamente dopo l’8 settembre. La trattoria è condotta dalla
famiglia Della Vecchia, già nota per la sua avversione al fascismo,
ed è per tale motivo che nei locali si trovano ben presto riuniti
vecchi antifascisti e giovani che non vogliono servire né fascisti
né i loro alleati nazisti.
Tambussi, i Bazzani di Ponticello,
‘Pietro’ Angelo Fornaia, Secondo Ubezio, Mario Avendo, Mario Paglino,
Mario Colombo, L. Nicola, gli stessi figli giovanissimi dell’oste,
Romano e Celsina e Aldo Da Milano (un carissimo amico dell’autore
del libro, Cap. Massara, con cui viaggiava da Novara ad Omegna per
insegnare nelle scuole industriali e commerciali della cittadina del
Cusio), sono fra i primi organizzatori del GAP che negli ultimi
giorni di lotta assume la denominazione di ‘Brigata Della Vecchia’.
Il
GAP opera in città e nel circondario, a Romentino, a Trecate, a
Galliate, a Cameri e in tutta la Bassa Novarese, ed ha ovunque delle
squadre formate dai giovani del luogo, renitenti alla leva fascista.
Il giovane Romano lavora al reparto calco dell’Istituto Geografico
De Agostini e impegna le sue ore libere nel rischioso compito di
staffetta prima del GAP e poi del Fronte della Gioventù che ha in Da
Milano e in Osvaldo Baggiani due dei più vivaci animatori. Romano
continua nella duplice attività di lavoratore e di staffetta fino
agli ultimi giorni di febbraio ’45, poi, venendo a sapere che i
fascisti lo ricercano, nei primi giorni di marzo, in compagnia di
Celsina, raggiunge Caltignaga, si reca a Cavaglio d’Agogna e,
infine, ad Agrate Conturbia dove si unisce ai garibaldini di un
reparto della ‘X Rocco’ che opera nella zona. ‘Saetta’ è il nome di
battaglia che assume Romano Della Vecchia.
Saetta
stringe subito amicizia con Athos, un partigiano che non è alle
prime armi, "con baffi, pizzetto e una lunga capigliatura… un
cinturone ed una bandoliera con vari oggetti appesi: un pugnale, una
borraccia, una bussola, un binocolo, un borsetto di cuoio, un pezzo
di ferro da cavallo e altre cose meno identificabili…e la pipa in
bocca. Athos ha pure uno sten che, appena può, pulisce a dovere
mettendo olio nella molla che muove la massa battente e nel
meccanismo che la libera quando viene premuto il grilletto..". Athos
è sempre informato di quanto avviene nelle altre zone, è generoso e
pronto ad unirsi alle pattuglie che partono per un’azione, è anche
"un inquieto, un girovago notturno.. si reca spesso a Borgoticino..
molti lo hanno notato".
La
sera del 24 marzo, Athos chiede ai due amici, Saetta e Folgore, di
accompagnarlo e due amici non si fanno pregare anche perché sono
curiosi di conoscere il motivo di quelle scappate notturne.
Ma il girovagare notturno di Athos non è sfuggito anche qualche
spia.
Il cielo è coperto, la sera è assai buia e proprio "quella sera,
nell’ombra di una piazzetta (di Borgoticino) li aspetta
un’autoblindo. I tre la vedono troppo tardi, solo un momento prima
di essere abbagliati dalle fiamme della mitragliatrice….". Folgore
riesce, con abilità e tanta fortuna, a sfuggire sia alla morte che
alla cattura; Athos e Saetta cadono, colpiti a morte.
Il triste annuncio della morte dei due partigiani viene riferito al
comandante Luciano Raimondi (‘Nicola’) proprio mentre lo stesso
Comandante ricorda ai più giovani compagni che "le spie sono il
nostro maggiore pericolo perché ti colpiscono alla schiena."
La morte di Athos e di Saetta i garibaldini della ‘X Rocco ‘ se "la
portano intorno come una cosa amara."
A.N.P.I Novara
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13 agosto
1944 - Strage di Borgo Ticino
Rapporto del Nucleo dei
Carabinieri di Borgo Ticino al Pretore di Borgomanero in data 12
febbraio 1947 (volume V, foglio 33) in atti nel processo contro
Junio Valerio Borghese e altri, Corte di Assise di Roma, 21-22
gennaio 1949:
" Il 13 agosto, verso le ore 14
giunsero in Borgo Ticino reparti delle SS, tedesche e della X Mas,
tutti provenienti da Sesto Calende, fu bloccato il paese. Armati di
mortai, mitragliatrici, armi automatiche portatili di ogni genere e
di autoblinde, portarono, con la minaccia delle armi e mediante
sparatorie intimidatrici, tutti gli abitanti sulla piazza denominata
" Dei Martiri ". Ammalati, invalidi, bambini, donne, vecchi, tutti
furono costretti a raggiungere la piazza.
Ultimato il feroce rastrellamento, la popolazione tenuta a bada
(ecco la partecipazione) dalle armi dei nazisti e della X, venne
arringata da un interprete che comunicò agli astanti l'ordine del
comandante tedesco, Capitano Krumhar, di effettuare una rappresaglia
perchè nella zona erano stati feriti tre nazisti. Bisognava dare
alle fiamme il paese onde impedire il ricovero e l'assistenza ai
partigiani. Venne ingiunta una taglia di 300.000 lire a titolo di
risarcimento; vennero scelti tra la folla 13 giovani, che furono
schierati al muro. Si incassò la taglia, ma venne ugualmente
schierato il plotone di esecuzione (Krumhar dirà all'udienza: "i
quattrini non bastano pel sangue-tedesco ").
Dopo un'attesa che tenne tutta la popolazione in stato di disperata
angoscia, le 13 vittime caddero tutte sotto il piombo delle armi
naziste; solo uno visse miracolosamente all'eccidio, il giovane
Piola Mario.
l morti furono:
1) Cerutti Cesare, di 18 anni;
2) Ciceri Luigi, di 23 anni;
3) Fanchini Giovanni, di 26 anni;
4) Lucchetta Aiberto, di 22 anni;
5) Meringi Giuseppe, di 19 anni;
6) Pizzamiglio Benito, di 22 anni;
7) Silvestri Andes, di 29 anni;
8) Tosi Francesco, di 30 anni;
9) Parracchini Olimpio, di 28 anni;
10) Nicola Narcisio, di 23 anni;
11) Gattoni Rinaldo, di 22 anni;
12) Tonioli Cesare, di 28 anni.
Dopo l'eccidio la popolazione venne
buttata fuori dell'abitato, percossa e braccata; i nazisti e quelli
della X Mas (questi ultimi al comando del capitano Ungarelli) si
dettero a rapinare, incendiare e distruggere ogni cosa. Nella
serata, i familiari dei caduti tentarono di ricuperare le salme e
poter dare loro onorata sepoltura, ma non fu possibile; l'ordine era
di lasciarli sul posto fino all'indomani.
Prima di iniziare le devastazioni e gli incendi la soldataglia della
X Mas in combutta coi tedeschi, commise rapine di maiali, animali da
cortile, biancheria, biciclette, radio, riserve alimentari di ogni
genere, liquori, oggetti preziosi, valori correnti, il tutto per una
quantità ingentissima.
I danni materiali ascendono grosso modo a parecchie diecine di
milioni. I tedeschi appartenenti alle S.S. erano al comando del
Capitano Krumhar e gli italiani, della X Mas, erano al comando del
tenente Ungarelli. Essi furono gli esecutori e gli organizzatori
della strage ". |
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