SGUARDI

di Cucciolo

Mi resi subito conto di essere io la nota stonata. Capii ben presto di dover cambiare aria, per non compromettere tutto e per non sfinirmi, così me ne andai. Ho vissuto anni ed anni in esilio da tutto, e non mi manca la mia casa, non mi manca mia madre che pur mi ha amato e mi ama più di se stessa, non mi manca mio padre, il mio padre sognatore realista, angelo depresso. Non mi mancano tutte le mie cose, non le ho più, tutto venduto e dimenticato,ma mi manca uno sguardo. Si, un fragile sguardo carico di passione repressa, un duello d’occhi, un timido sorriso e due gote che s’arrossiscono in fretta. L’unica cosa di cui non posso più fare a meno sei tu, e ti sorprendo una risata leggera e amorosa sul viso ad inarcare le guance rosee e a socchiudere gli occhi profondi come l’universo. Io tornai per riprenderti, ma forse troppo tardi perché la tua bocca fosse ancora mia, forse troppo presto, troppo, sto troppo male adesso e il mio esilio purtroppo ricomincerà. Dovrei tagliare questa barba, segno della mia trascuratezza nei giorni di profonda riflessione sulla mia condizione interiore. Mi hanno fatto delle domande e mi sono sentito a disagio nel ritrovarmi a parlare sempre di te, non me ne rendevo conto. Ogni pensiero converge verso la tua immagine, verso la tua persona e non c’è possibilità di sfuggire a questo meccanismo perverso che mi fa venire qui davanti a te stamattina a dirti che non me ne frega niente del mondo, di crescere, di essere responsabile, che mi fa dire di volere solo te e poi il vuoto. E ti porterei lontano difendendoti da ogni cattiveria, da ogni brutto pensiero o ricordo. Ti darei tutto, mentre la radio sussurrava la nostra canzone d’ amore. Ma tu, tu mi passasti la mano tra  i capelli pieni di gioventù e mi dicesti che saresti potuta essere mia madre, che ero un bravo ragazzo, ma solo un ragazzo. Piansi, non capii e tu mi rendesti il cappotto che prima io poggiai sulle tue spalle scoperte e fredde. Non doveva finire così, non poteva finire. E ti vidi allontanare, fino a sbiadire, fuori dal mio campo visivo e i miei occhi diventarono miopi. La radio continuava a cantare e fu tardi per dire qualsiasi cosa, uscii e non ti trovai più, neppure a casa tua. Vagai per la città ma non c’eri più, fuggevole visione. Mi sentii mancare, poi stetti meglio. Mi solcasti l’anima per sempre, mi tagliasti la faccia con le lacrime di un addio mai pronunciato ed un dolce dispiacere ad amareggiarmi gli occhi, due gocce di vetro. Tornai a casa, e la nostra canzone, l’ultima, risuonava ancora nell’aria, placai il volume e la foga d’amore della musica, la radio mi parlava ancora di te…