Durata dei processi

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Durata dei Processi e Certezza della Pena
Le cause dei veri mali della giustizia italiana
Proposte concrete per intervenire
 Documento di Elio Veltri

La eccessiva durata dei processi e l’incertezza della pena costituiscono i problemi più gravi e irrisolti della giustizia dei cittadini.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha già comminato all’Italia 276 condanne, per una somma di 17 milioni di euro, a causa della lentezza dei processi e dei danni che la giustizia provoca ai cittadini. Dopo l’entrata in vigore della legge Pinto (24-3 2001) che trasferisce alle Corti di Appello il giudizio sui ricorsi dei cittadini, dalla Corte Europea ne sono stati trasferiti 12 mila e sono state già comminate 700 condanne al Presidente del Consiglio e al Ministro della giustizia.

Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha lamentato che la legge Pinto: “non prevede misure acceleratorie delle procedure e che la sua applicazione presenta il rischio di aggravare il sovraccarico delle Corti di Appello”. In effetti, i dati forniti  in seguito, dimostrano che la preoccupazione era giustificata. In questo lavoro mi occupo del processo penale, la cui durata è un po’ inferiore al processo civile e a quello tributario, per le seguenti ragioni:

-colpisce la pubblica opinione e influenza il livello di fiducia dei cittadini nella giustizia;

-c’è di mezzo la carcerazione preventiva e la carcerazione che dà esecuzione alla pena;

-quando riguarda persone eccellenti diventa un metro di valutazione dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e della qualità della democrazia;

-riguarda la criminalità organizzata e mafiosa;

-interessa una serie di reati odiosi  che provocano allarme sociale

-riguarda reati che incidono sul sistema finanziario dei gruppi e delle singole aziende, e determinano lo spostamento del confine dall’economia legale verso l’economia criminale: per questa ragione una recente legge fatta approvare da Bush punisce il falso in bilancio e il conflitto di interesse con pene severe e con la confisca dei beni dell’imputato e dei familiari;

Per capire come vanno le cose riporto alcuni dati contenuti nella relazione del Procuratore Generale della Cassazione Favara letta all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2002:

 I procedimenti penali definiti nel periodo 1 luglio 2000 - 30 giugno 2001 sono diminuiti da 7 a 6 milioni; le pendenze sono rimaste invariate con 5’5 milioni di processi; la durata media dei processi è aumentata da 1451 giorni del 2000 a 1491 giorni del 2001, dei quali, un terzo, sono impegnati per l’Appello. Ma questa è la durata teorica perché non tiene conto dei tempi dei passaggi da un giudice a un altro, delle impugnazioni al tribunale del riesame, dei rinvii della Cassazione, delle motivazioni delle sentenze.

In realtà un processo penale dura mediamente10 anni e se sono previsti più capi di imputazione e molti imputati anche di più.

Il che significa che il processo perde ogni carattere di garanzia e la giustizia, diventa ingiusta e persecutorio. Infatti, se l’imputato è innocente la sua vita diventa un inferno. Se è colpevole, ma ha già scontato la carcerazione preventiva, si è inserito nella società, al momento della condanna definitiva, dopo molti anni dalla data del delitto, può essere un’altra persona  e gli crolla il mondo addosso. I processi lunghi sono utili solo agli imputati ricchi e colpevoli, in grado di pagare bravi avvocati i quali li difendono dal processo perché non si arrivi a sentenza e intervenga la prescrizione.

Le cause di questa situazione che tutti denunciano, ma che nessuno vuole risolvere - dal momento che proposte serie per ridurre drasticamente i tempi dei processi non ce ne sono, anzi, quelle approvate nella scorsa legislatura e quelle che si stanno approvando, allungano i tempi- sono insite nella struttura del processo attuale previsto dal codice di procedura penale e sono aggravate dalle leggi approvate. Per capire ricordiamo entrambe:

Le procedure   previste dal codice sono le seguenti:

Indagini preliminari, esame e decisione del Gip, udienza preliminare, primo grado di giudizio, appello, cassazione, tribunale di sorveglianza per l’esecuzione  della pena. Questo è l’iter per i processi nei quali fila tutto liscio e l’imputato viene giudicato da 14 giudici, ma in genere, soprattutto per i processi che vedono imputati grandi criminali e persone importanti, i tempi si allungano e i giudici possono essere anche molti di più.

L’allungamento dei tempi è anche determinato dalla legislazione falsamente garantista approvata, perché i proponenti non si sono mai posto il problema di coniugare garanzie ed efficienza, né di salvaguardare le vittime e la società. Ricordo che nella scorsa legislatura sono state approvate a larga maggioranza, con il voto dell’Ulivo e del Polo, molte leggi che hanno favorito la difesa “ dal processo” anziché la difesa “ nel processo” e che vanno sottoposte a verifica attenta se si vuole mettere mano a nuove riforme.

Esse riguardano:

Abuso di ufficio,

Patteggiamento in Cassazione (detta anche legge Dell’Utri),

Modifica delle Intercettazioni telefoniche,

Riforma dell’articolo 513 del codice di procedura penale;

Valutazione della prova; 

Modifica della custodia cautelare o legge Simeone, 

Riforma della legge riguardante i reati contro la pubblica amministrazione, 

Incompatibilità tra Gip e Gup, 

Competenze penali al giudice di pace, 

Legge sui testimoni e sui pentiti di mafia e sulla confisca dei beni, 

Giusto processo.

Credo di averne dimenticata qualcuna perché la produzione legislativa è stata enorme. 

La difesa dal processo, la dilatazione dei tempi e la prescrizione dei reati, utilizzando alcune di queste leggi, come nei processi di Milano, viene conseguita attraverso una serie di strumenti previsti dal codice:

Concessione delle Attenuanti Generiche che oramai non si negano a nessuno, a cominciare dal Presidente del consiglio, il quale, utilizzandole, è uscito dal processo sul Lodo Mondadori con una motivazione assurda, dal momento che gli sono state concesse proprio perché ricopre la carica di Presidente del consiglio. Il che significa che un reato come la corruzione, che per un uomo pubblico dovrebbe costituire un’aggravante, per Berlusconi ha costituito un’attenuante

Le attenuanti, diminuiscono la pena, accorciano i tempi di prescrizione del reato e la favoriscono. Per esempio: in presenza di un reato di corruzione, con le attenuanti il termine di prescrizione diventa di 5 anni e con la proroga si può arrivare a 7 anni e mezzo. Se l’azione penale era stata avviata nel 1991 il reato era già prescritto prima di iniziare le indagini. In un caso come questo si buttano via anni di lavoro e con essi il denaro dello Stato.

          Noi proponiamo che le attenuanti generiche per i reati contro la pubblica amministrazione e per i reati finanziari vengano abolite.

      Le leggi approvate inoltre, sono sbagliate perché con il vecchio processo a rito inquisitorio le istruttorie erano lunghe e i dibattimenti brevi, per cui i termini di prescrizione erano lunghi all’inizio e la proroga non poteva superare la metà. Con il rito accusatorio le indagini preliminari sono brevi e i dibattimenti molto lunghi, come dimostrano i processi Berlusconi-Previti a Milano. Per cui la prescrizione, sottolinea Davigo, incide sul dibattimento o sulle impugnazioni e quindi sull’esito del processo che magari si avvia alla conclusione.

Nullità e inutilizzabilità: la nullità di un atto determina la nullità degli atti che dipendono da esso. Pertanto, per fare un esempio, se è nullo un interrogatorio perché non è stato avvertito per tempo il difensore, è nullo il rinvio a giudizio. Le nullità non obbligano gli imputati e i difensori a segnalarle: anzi, magari le segnalano nella fase avanzata del processo cosi ottengono la prescrizione del reato.

Rinvio per legittimo impedimento dell’imputato e del difensore: poiché i giudici sono pochi a causa delle incompatibilità introdotte, le aule scarseggiano, i calendari dei dibattimenti prevedono tempi lunghi per cui, in genere, un processo non si rinvia al giorno dopo ma di un anno e cosi il tempo della prescrizione corre. Il caso più clamoroso è quello dell’onorevole Previti, il quale grazie alle leggi approvate e che spesso ha suggerito lui stesso e al conflitto di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionale, voluto dalla presidenza della Camera, è riuscito ad allungare di due anni i tempi dei processi che lo riguardano.

Sciopero degli avvocati: in alcune regioni gli avvocati hanno paralizzato per mesi un pubblico servizio come la giustizia, con iniziative che di fatto hanno sabotato la celebrazione dei processi.

Incompatibilità previste riguardanti la composizione dei collegi: cambiando un solo componente del collegio giudicante è necessario ripetere tutti gli atti istruttori già fatti. Se gli imputati sono in carcere e decorrono i termini, escono.

Incompatibilità del Gip: il Gip deve avere fatto per due anni il giudice del dibattimento penale e può svolgere le sue funzioni per 6 anni. Soprattutto nei piccoli tribunali sostituirlo per fare andare avanti le indagini è davvero difficile.

Incompetenza del pubblico ministero: può essere chiesta dall’imputato e dal difensore.

Come Si vede, tutte le modifiche legislative favoriscono i cavilli procedurali, la difesa dal processo e la prescrizione. Inoltre va tenuto presente che nel processo gli unici tempi rispettati sono quelli delle indagini preliminari nelle mani dei pubblici ministeri. Tutti gli altri tempi sono aleatori.

Prescrizioni e Impugnazioni

Non può esservi né certezza, né effettività della pena, se non vi è prima ancora, certezza ed effettività del processo penale (Vittorio Grevi). Sempre secondo Grevi, dal momento che in Costituzione non esiste alcuna “copertura” dell’Istituto della prescrizione, non può seriamente parlarsi di un diritto costituzionale dell’imputato alla prescrizione. Per cui si può giungere a dubitare della stessa legittimità dell’attuale disciplina della prescrizione del reato in quanto oggettivamente in contrasto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dall’articolo 112 della Costituzione. 

Lo stesso autore invita a distinguere tra la prescrizione del reato e la prescrizione del procedimento “disciplinando in modo differenziato i due diversi fenomeni oggi sovrapposti e confusi nell’unica disciplina dell’istituto della prescrizione del reato” e ricorda che la disciplina è rimasta inalterata a partire dal codice Rocco mentre il processo è cambiato. Infatti,  la prescrizione del reato ha senso perché se è passato molto tempo dalla notizia di reato o addirittura non è stata registrata nessuna notizia di reato e nessuna indagine giudiziaria è stata avviata, significa che sono cadute le ragioni della punizione. Per quanto riguarda il procedimento, far decorrere i tempi della prescrizione dopo che l’azione penale è stata avviata e magari si è di fronte a una condanna in Appello, la prescrizione diventa vero e proprio sabotaggio della giustizia.

Pertanto noi proponiamo che dal momento del rinvio a giudizio devono essere interrotti i termini di prescrizione.

Giusto processo e ragionevole durata

I capisaldi del giusto processo previsto dall’articolo 111 della Costituzione sono:

il contraddittorio tra le parti;

la ragionevole durata del processo;

l’oralità

Prima di esaminarli ricordo  la contraddizione che il giusto processo, ispirato al sistema accusatorio anglosassone, non ha risolto, per cui nel nostro sistema accusatorio rimane il diritto al silenzio, mentre nel processo anglosassone chi parla prima diventa testimone, deve parlare in dibattimento e deve dire la verità. Da noi, Il diritto al silenzio riguarda imputati che prima hanno parlato di fronte al pubblico ministero, hanno accusato altre persone e poi si sfilano dal processo o perché hanno patteggiato la pena o perché ritengono più conveniente non ripetere le accuse e tacere. Inoltre riguarda gli imputati di reato connesso i quali possono avvalersi, come ha fatto recentemente il Presidente del consiglio, della facoltà di non rispondere. In questo modo chi tace diventa di fatto arbitro del processo rispetto alla difesa e all’accusa.

Soffermiamoci ora sulla “ Ragionevole durata del processo”. Essa diventa una petizione di principio se le garanzie da funzioni essenziali del processo diventano garanzie contro il processo (Antonio Favara).

La logica del rito accusatorio previsto dall’articolo 111 della Costituzione sarebbe produttiva se il 90% dei processi si risolvesse con riti alternativi. Per facilitarne l’estensione Marcello Maddalena ha proposto di estendere e rendere pubblico il rito abbreviato e Gherardo Colombo di estendere il patteggiamento con dichiarazione di colpevolezza.

Ma se non vogliamo aspettare la riforma dei codici, che al punto in cui siamo, con tutte le modifiche che hanno subito, è senz’altro necessaria, la strada obbligata per ottenere una “ ragionevole durata” dei processi è quella di mettere mano ai tre gradi di giudizio e al sistema delle impugnazioni.

Per queste ragioni noi proponiamo la riforma dell’Appello che è in palese contraddizione con l’articolo 111 della Costituzione.

Nell’Appello, infatti, non esiste né oralità né contraddittorio delle parti. Come dice il procuratore generale Favara,  “l’Appello è cartaceo”, perché il processo si fa sulle carte come nel vecchio rito inquisitorio. Infatti, nei paesi europei a rito accusatorio e negli Stati Uniti, l’Appello di fatto non esiste e il primo grado conclude il processo perché scatta l’esecuzione della pena. Nel nostro ordinamento l’imputato condannato anche in Appello rimane in attesa di giudizio della Cassazione, il cui ruolo è stato stravolto perché è diventato il terzo grado di merito. Inoltre, l’Italia, in Europa, è l’unico paese nel quale sono possibili tutte le impugnazioni senza filtri. 

La Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo  non prevede l’Appello. In Inghilterra solo il 3% dei processi va in Appello e il giudice avverte l’imputato che la richiesta la fa a suo rischio e pericolo nel senso che se si dimostra che non esistono le condizioni somma la pena precedente a quella dell’Appello. In tutti i paesi di Common Law le cose si svolgono allo stesso modo. In Belgio e in Francia per i reati puniti con la pena superiore a 5 anni non c’è l’Appello, ma solo il ricorso in Cassazione. In Germania con una pena superiore a 1 anno il tribunale, su richiesta del pubblico ministero, può chiedere che il condannato sconti la pena immediatamente.

La riforma che noi proponiamo può prevedere due possibilità:

La eliminazione dell’Appello;

La limitazione a pochi casi ben definiti come previsto dalla proposta di legge Veltri e altri (Atto camera n.5583: modifiche al titolo II del libro nono del codice di procedura penale, in materia di Appello), unica presentata nelle ultime legislature, della quale linkiamo il testo che contiene due condizioni essenziali:

l’Appello è ammissibile se si dimostra a) che c’è stata una mancata assunzione di prove oppure b) se sono sopravvenute nuove prove. Inoltre nella proposta sono previste alcune condizioni che l’appellante deve rispettare: l’assenza non motivata al processo determina l’inammissibilità dell’Appello.

 Nei paesi con rito accusatorio, d’altronde, l’istituto della contumacia non è previsto. La proposta poi prevede che in Cassazione  non si procede se l’appellante non si presenta alla polizia del luogo nelle 48 ore precedenti. Infine, il giudice di Appello, se conferma la sentenza e la pena non è inferiore a 5 anni, dispone una misura cautelare se ritiene che esista pericolo di fuga.

L’inammissibilità dell’Appello naturalmente riguarda anche la richiesta del PM.

Alle obiezioni secondo le quali è rischioso modificare i tre gradi di giudizio perchè  in Appello vengono modificate molte sentenze la risposta è la seguente:

Il più delle volte si tratta di  modifiche della pena che può risolvere il processo di primo grado condotto in maniera più accorta e responsabile, come sarebbe, se si eliminasse l’Appello;

l’Appello spesso serve per la concessione di attenuanti; manca la garanzia fondamentale del contraddittorio tra accusa e difesa e il dibattimento.

D’altronde, prevedendo l’articolo 111 al comma 7 sempre l’ammissione del ricorso in cassazione, messo in discussione dalla stessa Bicamerale che rinviava alla legge ordinaria, è necessario bloccare prima la decorrenza dei termini di prescrizione.

In conclusione: le garanzie non possono essere usate contro il processo sabotandolo. Oggi gli avvocati che lo fanno se ne vantano. I vecchi penalisti, ricordava Cordero, erano insofferenti ai cavilli procedurali e volevano entrare subito nel merito del  processo. Oggi un processo può entrare nel merito dopo 3-4 anni e se la proposta Pittelli in discussione in Parlamento, che prevede l’impugnazione immediata di fronte alla Cassazione, dovesse essere approvata, stabilendo una forte sinergia con la legge Cirami, i processi che vedono imputati eccellenti non iniziano più, oppure fanno il giro d’Italia e si fermano dove l’imputato trova il giudice di suo gradimento.

Esecuzione della pena e garanzie per le vittime e per la società.

Cesare Beccarla ha scritto che :” Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso ella sarà tanto più giusta e tanto più utile. Uno dei più gran premi dei delitti è la crudeltà della pena e l’infallibilità di essa”. Beccaria aggiungeva che le pene devono essere “ certe e miti”. Il Procuratore generale Favara, invece dice che nel nostro paese manca l’effettività della pena soprattutto nella fase di esecuzione. Almerighi ( Micromega) ricorda che  essendo il provvedimento cautelare impugnabile presso lo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare e/o presso il tribunale del riesame e, a sua volta, quest’ultimo presso la Cassazione, se il meccanismo delle impugnazioni viene rinnovato ogni 15 giorni, in sei mesi si saranno pronunciati 120 magistrati se il provvedimento è del GIP e 136 se il provvedimento è stato emesso da un giudice collegiale. 

Sempre Almerighi ricorda,che in una anno sono stati scarcerati per decorrenza dei termini 20997 imputati, tra i quali, a Milano, Antonio Schettino, mafia del nord, condannato per 59 omicidi.

In Italia, vengono condannate più persone che in Inghilterra, ma vanno in galera il 30%, mentre nel Regno Unito va in carcere l’85%. Inoltre il 93% dei condannati dei tribunali italiani non va in carcere. I cittadini italiani vanno   in carcere durante il processo ed escono dopo una sentenza di condanna.Il numero dei detenuti è inferiore a quello degli USA, Nuova Zelanda, Canada,  Spagna, Portogallo, Regno Unito, Francia.

Molto significativa è la composizione della popolazione carceraria: i detenuti stranieri sono oltre 17 mila e i tossicodipendenti circa 16 mila. Il 31% dei condannati sconta pene entro tre anni, il che significa che per difficoltà economiche, mancanza di buoni avvocati, difficoltà burocratiche, questi cittadini vanno in carcere perché non utilizzano la legge Simeone che prevede misure alternative in presenza di condanne fino a tre anni di carcere. Inoltre, l’età della maggioranza dei detenuti è inferiore a 40 anni. Insomma, il carcere è diventato il luogo di espiazione della pena dei poveretti e degli emarginati, mentre coloro che pur commettendo reati gravi, possono prendere buoni avvocati, lo evitano.

Un’ultima questione riguarda la sospensione condizione della pena concessa in base alla mera mancanza di precedenti penali dell’imputato per cui, da strumento di recupero del condannato diventa atto di rinuncia alla punizione.

In conclusione, l’avere messo sotto accusa e processato parte significativa della classe dirigente per corruzione e per altri reati gravissimi, ha fatto passare il nostro paese come uno Stato di polizia. Invece i fatti e i numeri dicono che il nostro sistema penale è uno dei meno severi dell’occidente per numero di denunce, arresti, mitezza delle pene e numero di detenuti. Nel contempo illegalità, corruzione e criminalità mafiosa non hanno riscontro in nessun altro paese dell’Unione. Il nostro sistema si accompagna al perdonismo e non esiste mai, come dice Galante Garrone, un rapporto certo tra delitto e castigo. Il nostro sistema favorisce la cultura e la pratica della illegalità, viola il principio della legge uguale per tutti, mette in crisi i rapporti tra i cittadini e la giustizia e quindi tra i cittadini, le istituzioni e la democrazia.

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Si ringrazia l'Associazione "Democrazia e Legalità" - http://www.democrazialegalita.it 

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