Saverio Zuffanti

maffettonetica

All'inizio dell'anno Laterza pubblicava La filosofia morale di Piergiorgio Donatelli, giovane contrattista all'Università La Sapienza, già autore per gli stessi tipi di Wittgenstein e l'etica. Se il libro aveva carattere di riepilogo - come imponeva la natura della collana dove appariva, la "biblioteca essenziale" - non seguiva per questo un puro e semplice percorso cronologico. Né la divisione per temi, problemi e teorie si adagiava sulle abituali fattezze della divulgazione. La trattazione era viceversa imperniata sui nodi attuali della riflessione morale e soltanto in condizioni - per così dire - di necessità, si addentrava nel terreno delle più classiche connessioni filosofiche. Si aveva dunque un libro sull'etica (di divulgazione, è il caso di ripetere, per quanto eminente fosse) dove si parlava molto poco di Aristotele o Kant e dove non si parlava affatto di San Tommaso o dei letterati moralisti.

Per questa sua impostazione di attualità, dobbiamo riconoscere che il libro di Donatelli ci è stato molto utile, indispensabile potremmo tranquillamente confessare, nell'affrontarne un altro uscito qualche mese dopo, Etica pubblica di Sebastiano Maffettone, edito da il Saggiatore. Di questo autore abbiamo talvolta apprezzato le qualità giornalistiche ma gli scritti raccolti in questo libro ci hanno causato diversi intoppi, non tutti dovuti ai nostri momenti di svogliatezza.

Maffettone è napoletano ed ha avuto modo di dire di aver tratto da questo evento (l'esser di Napoli) "una lezione indelebile". "Per schierarmi contro quello che c'era e non andava" - siamo al succo di questa lezione - "avevo così da essere antiantiilluminista". Quello di combattere gli avversari dell'illuminismo - i sostenitori di un volontarismo irrazionale e nichilista che vede quali protagonisti di una filosofia "alla moda" - è da sempre il suo progetto filosofico, perseguito, c'è da credere, con rigore ed onestà. Ma sappiamo fin troppo bene per esperienza di lettori (non certo di "filosofi") che una posizione anti-antilluministica non è di per sé una garanzia di chiarezza, anche se in genere ci evita le insidie di un linguaggio tutto allusivo o di pretesa "poeticità".

Le nostre difficoltà con questo libro sono iniziate praticamente subito. Anche un primo capitolo esplicitamente ricognitivo, "etica alla fine del secondo millennio", ha preso a funzionare (per noi ovviamente, altri lettori più specialisti l'avranno facilmente tracannato come un bicchier d'acqua) in quanto eravamo memori (e se non lo eravamo la memoria siamo andati a rinfrescarla) della lettura del libro di Donatelli. Un capitolo dedicato a Robert Nozick l'abbiamo invece paradossalmente trovato interessante senza averne in effetti capito l'assunto. Tutto questo dà conto innanzitutto dei nostri limiti, ma ci induce anche a riflettere su qual tipo di esperienza sia la lettura (e, in un certo senso, su qual tipo di esperienza siano le "esperienze") che in questo caso non siamo comunque stati indotti - come capita - a interrompere.

Nell'ormai lontano 1984, Maffettone - che oggi insegna alla LUISS di Roma - aveva pubblicato Verso un'etica pubblica. Il nuovo libro fa dunque seguito a una vecchia preoccupazione. L'"etica pubblica" del titolo è per l'autore il rapporto di moralità che deve reciprocamente interessare gli individui e le istituzioni. Maffettone si occupa perciò di etica del pubblico servizio non meno che di etica delle imprese - e poi di diritti umani, bioetica, comunicazione ecc. - ed è interessato più alle ragioni del pluralismo che a quelle della conflittualità, per cui l'intervento della ragione è creativo nel momento in cui stabilisce dei limiti e dei vincoli (di tolleranza) all'azione, si tratti di scienza o di mercato. A suo dire (e rifacendosi a Rawls) questo è ciò che va chiamato "liberalismo critico". "La soluzione basata sul mercato", dice, "non deve far riferimento a un modello puramente liberista". Il pensiero di Maffettone propende perciò a risolvere la libertà nella democrazia. "Etica pubblica" è alla fine un sinonimo di quest'ultima.

In una recensione di Sergio Moravia a Etica pubblica ("Corsera", 3 luglio 2001) abbiamo letto che "Maffettone, e alcuni suoi amici , stanno elaborando strumenti sempre più sofisticati per cogliere anche questa dimensione individuale-soggettiva dell’Umano entro il più ampio contesto della polis etico-politica", il che ci ha lasciato alquanto imbarazzati. Lo stesso imbarazzo che abbiamo adesso nel cercare di spiegare come siamo riusciti ad arrivare all'ultima pagina del libro. E proprio non ci riusciamo. A volte è il periodare che riesce a ipnotizzarti, a volte i temi prevalgono sul periodare, altre volte si sceglie per noia - o perché non si ha niente di meglio sottomano - di arrivare fino alla fine; capita anche di andare avanti soltanto per fare il conto delle cose che ti dividono da qual che leggi. Forse abbiamo pensato che "etica pubblica" fosse un altro modo di dire "pubblica decenza" (e in un certo senso effettivamente lo è) così da aver rincorso qualche argomento pruriginoso accorgendoci troppo tardi che non ce n'era l'ombra. Sta di fatto che non siamo riusciti a capire quali siano gli "strumenti sempre più sofisticati" di cui ha parlato Sergio Moravia. Peggio per noi.

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