le voci che corrono

Jonathan Lethem*

 

 

> J. Lethem , Testadipazzo, Tropea, 2001

> J. Lethem, L'inferno comincia nel giardino, Minimum Fax, 2001

 

Storie frullate

… i suoi romanzi rispettano una griglia tradizionale, in questo caso quella del giallo, distorta e deformata da un elemento disturbante che vi si sovrappone e la rende dunque più appetitosa a onnivori palati letterari. In Testadipazzo è il tourettismo a rendere inedita la storia dall'impianto rigoroso: il buon Lionel, nato e vissuto in un orfanotrofio, viene arruolato da un piccolo boss di Brooklyn, Frank Minna, per lavoretti di media entità.

Un giorno Minna viene trovato accoltellato in un cassonetto e i suoi uomini, i ragazzini ormai diventati adulti, dovranno scoprire chi è l'assassino del loro amatissimo capo. Lionel vestirà i panni di un improbabile investigatore, fino al sorprendente finale, attraverso peripezie che vedono, tra l'altro, amori impossibili e amplessi comici e una stangata niente male alla cultura new age. Tutto è raccontato in prima persona, e dunque sobbalzi, tic, convulsioni verbali, accelerazioni e rallentamenti semantici. Onore e gloria a Laura Grimaldi, che ha saputo perfettamente rendere in italiano lo stile convulso scelto da Lethem, che negozia una nuova forma di comunicazione tra letteratura e malattia …

Così Lethem scrive di scrittura, analizza l'analisi, descrive le descrizioni, racconta i racconti.

Tutto nasce dal contatto di ambiti differenti di cui Lethem registra reazioni chimico-verbali con partecipazione quasi accorata. Decostruzione e demistificazione sono anche la chiave interpretativa della raccolta delle sette short novels di L'inferno comincia nel giardino.

Più allucinati di Testadipazzo, i racconti privilegiano quel surrealismo divulgativo di cui si è parlato a proposito di Federico Fellini. E l'indulgenza a lasciar andare l'immaginazione nelle più sconfinate praterie dell'assurdo, talvolta, per paradosso, scopre un po' troppo il gioco che vi si nasconde dietro: quello di un romanzier-prestigiatore che ama talmente le parole da usarle premendo il pulsante random del suo computer cerebrale per scuotere, commuovere, disturbare, colpire. Anche se nel racconto Cinque scopate c'è uno scambio di frasi che candideremmo a migliore battuta dell'anno. "Sai qual è la fregatura maggiore dell'essere atei?". "Mi arrendo". "Non hai nessuno a cui parlare mentre vieni".

 

Antonio Mancinelli, “Il Diario”, 24 agosto 2001

http://www.diario.it

 

* Figlio di un pittore e di una militante della sinistra radicale, Jonathan Lethem è nato a New York nel febbraio 1964. È cresciuto leggendo Calvino e la Highsmith, Dostoevskij e Ray Bradbury. A vent’anni si è ritrovato sulla West Coast a lavorare fra gli scaffali di una libreria. In California scrive i suoi primi romanzi e fa l’esperienza di un breve matrimonio con una scrittrice. Con il romanzo Motherless Brooklyn (Testadipazzo), un omaggio commosso alla sua Brooklyn (riscoperta nel 1996, quando è tornato a viverci) travestito da detective story, Lethem è arrivato al successo. Nel corso della sua carriera è stato autore di decine di racconti e articoli apparsi su quotidiani e riviste (“Isaac Asimov Science Fiction Magazine”, “McSweeney’s”, il “New York Times”, fra gli altri). E’ fiction editor, insieme a Rick Moody, della rivista letteraria “Tin House”. Ha curato un curioso Vintage Book of Amnesia in cui ha raccolto il meglio della letteratura contemporanea sul tema dell’amnesia. Attualmente vive fra Brooklyn e Toronto (ha sposato una giovane produttrice cinematografica canadese.