Pubblichiamo di seguito, da “il Giornale” del 23 settembre 1999, una non troppo vecchia recensione di Carlo Romano (ma vecchia lo è sufficientemente per essere archiviata) dedicata ad alcuni libri di soggetto presleyano.

 

Carlo Romano

Elvis, gli officianti e Nixon

Cinque anni fa usciva negli Stati Uniti un libro che Bob Dylan non esitava a definire “senza pari”. Era dedicato alla prima metà della vita di Elvis Presley, specialmente agli anni della sua ascesa artistica, fra il 1954 e il 1958. Si intitolava L’ultimo treno per Memphis (edizione italiana Tarab). L’autore, Peter Guralnick, grazie a una precedente impresa storiografica, Soul Music, era da collocare fra coloro che, a diverso titolo, avevano dato senso allo studio della musica popolare e del suo riemergere, universalmente propiziato dall’avvento del rock and roll. Al limite fra la dettagliata cronologia e la scrupolosa adesione narrativa, il libro si poneva a un tempo come scrittura fortemente privata (“è il mio Elvis, non la storia di Elvis”) e intrepido tentativo di conferire obiettività a un tema altrimenti abbandonato all’aneddotica.

 

Quanto questo elemento sia dominante nella maggior parte degli approcci biografici è noto ai lettori di tutto il mondo, si tratti di articoli di giornale, saggi sulla stampa specializzata o volumi più o meno attendibili. E’ in effetti difficile resistere alla tentazione di declinare al grottesco le tante fissazioni di Presely in fatto di gusto, di panini riempiti all’inverosimile di burro d’arachide o di micidiali intrugli a base di stupefacenti. Sono comunque pochi gli artisti che abbiano guadagnato un culto postumo paragonabile al suo. Negli Stati Uniti c’è chi parla già da anni di una vera “religione” e al problema è stato dedicato un libro, Reflection of the Elvis Faith di John Strausbaugh. Fra i devoti di questa nuova fede sembra che siano tenute in gran conto le veglie periodicamente organizzate da un prete cattolico, John McArthur, ma, a giudizio di Strausbaugh, gli officianti autentici di questo strambo culto sarebbero nientemeno che i vari “replicanti” che si sforzano di impersonare il defunto re del rock. In Italia, dunque, la copertura “pastorale” sarebbe assicurata perlomeno da Little Tony, il che in fondo è una garanzia di serietà.

 

Un aspetto rilevante della nuova fede è poi costituito dagli “incontri ravvicinati” con Elvis, i quali possono essere sia individuali – come quello di Louise Welling, di Kalamazoo, Michigan, che lo incontra passeggiando – sia collettivi – come quello, letteralmente corale, avvenuto in un locale della Louisiana dove tutti gli avventori lo hanno riconosciuto in un anonimo cantante salito sul palco. Di questi “avvistamenti” si è peraltro occupato anche Raymond Moody Jr, l’autore dei famosi best seller sulla “vita oltre la vita” e una loro cospicua collezione si trova in The Elvis fightins di Peter Eicher.

 

Ritrovare equilibrio, spessore interpretativo e finezza psicologica su argomenti controversi, e trattati per lo più abusivamente, come quello del ruolo dei genitori o quello del famigerato colonnello Parker, è stato possibile soprattutto a partire dalla dettagliata ricerca di Guralnick. Il seguito, conclusivo, de L’ultimo treno per Memphis, col titolo Careless love, per le edizioni Little, Brown and Co., è uscito finalmente oggi negli Stati Uniti. Anche qui, trattando di anni difficili, guardati con scarsa indulgenza da molti degli stessi estimatori di Presley (dal servizio militare alla morte) le qualità di Guralnick consentono di apprezzare qualcosa che somiglia molto da vicino alla verità. Episodi come quello dell’incontro, favorito da Spiro Agnew, col presidente Nixon (nel corso del quale Elvis ricevette in omaggio una Colt) vengono, ad esempio, descritti in modo tale che, senza nascondere l’umorismo intrinseco alla situazione, si percepisce la complessità del cantante piuttosto che la balordaggine di cui molti restano convinti.

 

Il giornale”, 23 settembre 1999