Charles de Jacques

"Detective": le sorelle Papin, Violette Nozières ...

Non senza ragione, la critica francese esalta in Joseph Kessel (1898-1979) il giornalista piuttosto del romanziere - a fronte peraltro di una produzione cospicua e continuativa. Figlio di ebrei russi, nato in Argentina, Kessel cominciò ad imparare il francese soltanto dopo i dieci anni. A Parigi divenne ciò nondimeno redattore de "Le journal des debats" e, dopo aver partecipato alla Grande Guerra come pilota di aeroplani volando fino in estremo oriente, fu apprezzato come uno dei grandi reporter degli anni Venti, con servizi in ogni parte del mondo e uno stile che rammentava Cendrars. Alla fine di quel decennio, fu convocato da Gaston Gallimard che gli propose la direzione d'un nuovo settimanale - di concezione del tutto eccentrica per le tradizioni della casa editrice - che si sarebbe dovuto occupare di cronache giudiziarie. Si racconta anche che fu invece Kessel a proporre all'editore la nuova testata, dopo aver ricevuto a sua volta un'identica proposta da parte di Louis Labarthe, un "investigatore privato", poi autore di Pépé le Moko, che una rivistina del genere aveva effettivamente fondato, facendola malamente campare per qualche tempo. In ogni modo Kessel si trovò a capo di questa nuova impresa. La rivista si sarebbe chiamata "Détective" e durò fino alla vigilia della nuova guerra mondiale. Nelle sue memorie, Simone de Beauvoir ricorda: "compravo spesso "Détective" che a quel tempo se la prendeva volentieri con la polizia e i benpensanti".

Esce oggi, curata da Renato Poletti, una piccola antologia di questo pezzo di archeologia "trentista" (Detective, Meridiano Zero, 2001). Poletti, dovendo fare i conti con lo spazio (ci avviciniamo comunque alle trecento pagine), ha un po' sacrificato la bella carrellata di "grandi firme" che la rivista poteva esibire (Francis Carco, Pierre Mac Orlan, Georges Simenon …) affidandosi prudentemente alla ricostruzione di alcuni "casi". Obbligata che sia, la scelta risulta comunque oculata. Si comincia con Landru, un assassino che - ricordi della Beauvoir a parte - con molto acume Céline riteneva essere "un benpensante". Si procede poi con Peter Kurten (il "mostro di Dusserdolf") e le sorelle Papin -il cui caso (domestiche presso una facoltosa famiglia, maciullarono la padrona di casa e sua figlia) suggerì un articolo giovanile a Jacques Lacan (su "Minotaure") ed è all'origine di Le serve di Jean Genet. Si leggono inoltre i casi del "trio infernale" (capitanato da un triestino naturalizzato francese), di Tony "le tuer" ("il caso del baule di Brighton", in Inghilterra), de "l'affaire Stavisky" e di Eugene Weidmann (l'ultima esecuzione pubblica in Francia, 1939). Ma il posto d'onore spetta a Violette Nozières, attorno alla quale si mobilitarono in massa i surrealisti.

La Nozières venne accusata di aver avvelenato, la sera del 23 agosto 1933, il padre e la madre. Scandalizzata, l'opinione pubblica non fu tuttavia compatta. L'accusa partì dalla madre, sopravvissuta, mentre del padre - macchinista incaricato ai treni speciali della Presidenza della Repubblica - emerse durante il processo la notizia di ripetuti attacchi incestuosi nei confronti della figlia. I surrealisti colsero l'occasione per prendersi gioco dell'ipocrita rispettabilità della famiglia. Con il contributo di diciassette fra loro (poesie di Breton, Char, Eluard, Henry, Mesens, Moro, Péret, Tzara; disegni di Arp, Brauner, Dali, Ernst, Giacometti, Jean, Magritte, Tanguy; copertina di Man Ray) uscì a Bruxelles (editions Nicolas Flamel, 1933) un opuscolo (44 pagine) in difesa dell'assassina. Così E.L.T. Mesens: "Non si guida la figlia come un treno / Nella repubblica modello / Papà Noziéres …" … "Noi non siamo in tanti con te / Ahimè Violette / Ma delle nostre ombre faremo processione / Per atterrire i tuoi giustizieri / Nel tribunale del corpo umano / Condanneremo i signori con cappello e bombetta / A portare in capo cappelli di piombo". E Péret: "Babbo / Babbino mio mi fai male / diceva / Ma il babbo che sentiva il fuoco della sua locomotiva / poco più sotto dell'ombelico / violentava / nel capanno del giardino / tra i manici di vanghe che l'ispiravano…".

 

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