Charles de Jacques

obsolescenza situazionista

Da quando la Francia ha scoperto in Debord il "grande autore classico", il corrosivo critico della società, il raffinato polemista e "l'Adorno" che le mancava, c'è stato un susseguirsi di servizi giornalistici, di novità , di ristampe e di complicazioni editoriali che fa quasi pensare al disperato tentativo di riuscire a piazzare ancora una volta sul piedistallo della civiltà il faro che, più di chiunque, ha sempre preteso di tenere illuminato con la "chiarezza" della lingua e la brillantezza delle maniere. Esce oggi da Fayard (intanto che Denoel ristampa la monografia di Anselm Jappe) il secondo volume del carteggio di Debord (Correspondance, volume II) che tocca un periodo (1960-1964: anni di fratture ma anche di incertezze) cruciale per lui e l'adorata creatura, l'Internazionale Situazionista - a sua volta investita della responsabilità di restituire al paese un po' delle soddisfazioni ottenute a suo tempo col Surrealismo. Ad allungare il conto del narcisismo provvede inoltre l'album illustrato col quale Laurent Chollet sotto la dizione de L'insurrection situationniste (ed. Dagorno) accorpa provos, controcultura, punk e movimenti radicali italiani degli anni settanta come se tutto avesse preso a vivere da un complotto mondiale organizzato a Parigi. Ma qualcosa sta evidentemente cambiando se "Libération" ha voluto titolare la sua recensione al nuovo volume della Correspondance*, con un gioco di parole indubbiamente felice, "La satiété du spectacle" (Edouard Waintrop, 22 febbraio) - tantopiù che un altro libro uscito da poco in Francia, si chiama Contre l'Internationale situationniste. Quest'ultimo raccoglie tutti gli scritti di Isidore Isou su Debord e i situazionisti (Editions Hors commerce, pref. di Marc Partouche) ma il "messia lettrista", tra i tanti critici possibili, è decisamente il meno attendibile - quantunque il libro non sia affatto da ritenere inferiore nell'interesse alle lettere del suo antico e sedizioso discepolo. Lo stesso si può dire delle cadenze autobiografiche impresse da Gérard Guégan in Ascendent sagittaire (ed. Parenthèse), dove il rinvio astrologico allude alle edizioni (Le Sagittaire per l'appunto) cui l'autore, assieme a tre amici, aveva dato vita negli anni settanta, dopo essere stato il primo gauchiste a blandire Gerard Lebovici e a convincerlo di fondare le edizioni Champ libre, poi prese in mano da Debord. A giudicare dall'attività editoriale, se dunque qualcosa sta cambiando non è certo il numero delle pubblicazioni. Altre ne potremmo peraltro citare, come, ad esempio, il volume autobiografico di Jean-Michel Mension Le temps gage (Noesis). Mension aveva rilasciato due anni fa una eruttante intervista a Gerard Berreby intorno ai suoi rapporti con Guy Debord all'epoca dell'Internationale Lettriste. Si apprendono adesso maggiori dettagli della sua infanzia proletaria (il padre sindacalista, la madre conosciuta dai poliziotti come "la vergine rossa") e soprattutto - dopo le avventure di Saint Germain des Près - sulla lunga militanza trozschista (la Ligue communiste révolutionnaire, lo pseudonimo di Alexis Violet usato sulle pubblicazioni del gruppo, la devozione a Hubert Krivine, gemello di Alain, il capo dei trozschisti francesi e figura di spicco durante il maggio 1968). I suoi rapporti con Debord sono però questa volta ridotti all'osso, poche paginette, il tempo necessario per rivendicare la paternità di una scritta sui muri parigini diventata celebre, "ne travailler jamais!", in genere accreditata al situazionista. Torna sul proscenio anche Raoul Vaneigem, che interrompendo la sua (in fondo banale) ricognizione dei movimenti ereticali, riprende con nuova fermezza, in Déclaration des droits de l'etre humain (ed. le Cerche-Midi), le tematiche di opere ormai vecchie come Le livre des plaisirs. "La storia delle libertà accordate agli uomini" dice Vaneigem alludendo a un totalitarismo economicista, "non ha smesso di confondersi, a tutt'oggi, con la storia delle libertà accordate dagli uomini all'economia".

*il primo volume (1957-1960) è stato pubblicato nel 1999, sempre da Fayard. Altra corrispondenza debordiana, quella con Jean-François Martos (autore di un canonico libro di storia situazionista) era stata pubblicata l'anno prima (Le fin mot de l'histoire, 1998).

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