Igor Nomad

analfabetismi (questioni relative a Debord, Paseyro, Robin)

“J’ai beaucoup admiré votre Éloge de l’analphabétisme, qui va tant choquer ta canaille instruite du jour. Et j’y ai beaucoup appris. Je n’avais pas encore pensé à reconnaître, dans l’alphabétisation forcée, cette même tendance à la totale dépossession de chaque communauté et de l’ensemble des peuples, que l’économie et l’État modernes ont fait triompher universellement. En somme, un cadeau aussi captieux que l’obligation de la voiture pour tous, ou la représentation politique. Et pourtant, timeo Danaos et dona ferentes.

 

Là-dessus, et comme dans la pure prévision d'Armand Robin, le nouvel analphabétisme a surgi en tant que malheur supplémentaire. J’ai encore connu un bon nombre d’analphabètes intelligents. Mais ils avaient appris à parler dans une compagnie de Gitans, un village de Kabylie, une ville d’Espagne. Cela ne pourra plus s’apprendre sur une autoroute, ou devant un récepteur de télévision. Désormais le complet ou demi-analphabète sera seul; et perdu dans une impénétrable forêt de mensonges.

 

Ne doit-on pas voir une correspondance du même genre entre le mouvement de disparition sociale des domestiques et le rapide affaiblissement de l’idée que n’importe quel livre publié ne pourra avoir un intérêt éventuel que si l’auteur l’a écrit lui-même, à partir d’observations qu’il a lui-même rassemblées et jugées? Mais simultanément chacun serait censé devoir être à présent personnellement capable de conduire un véhicule, ou de passer au four à micro-ondes les savoureux produits de l’usine agro-alimentaire”.

 

Questo interessante brano è tratto da una lettera (del 31 ottobre 1989) di Guy Debord a Ricardo Paseyro, autore di Éloge de l’analphabétisme, à l’usage des faux lettrés pubblicato nello stesso anno. Nella lettera viene nominato Armand Robin, amico e traduttore francese di Paseyro, la cui “pura previsione” si legge nel testo della seguente poesia (il cui titolo è Le programme en quelques siècles):

 

“On supprimera l’Âme
Au nom de la Raison,
Puis on supprimera la raison.

On supprimera la Charité
Au nom de la Justice,
Puis on supprimera la justice.

On supprimera l’Amour
Au nom de la Fraternité,
Puis on supprimera la fraternité.

On supprimera l’Esprit de Vérité
Au nom de l’Esprit critique,
Puis on supprimera l’esprit critique.

On supprimera le Sens du Mot
Au nom du sens des mots,
Puis on supprimera le sens des mots.

On supprimera le Sublime
Au nom de l’Art,
Puis on supprimera l’art.

On supprimera les Écrits
Au nom des Commentaires,
Puis on supprimera les commentaires.

On supprimera le Saint
Au nom du Génie,
Puis on supprimera le génie.

On supprimera le Prophète
Au nom du Poète,
Puis on supprimera le poète.

On supprimera l’Esprit
Au nom de la Matière,
Puis on supprimera la matière.

Au nom de rien on supprimera l’homme;
On supprimera le nom de l’homme;
Il n’y aura plus de nom;
Nous y sommes.”

Armand Robin mi appare ancora ottimistico, certe volte, ma forse sbaglio.

 

Ricardo Paseyro, poeta a sua volta, era stato protagonista di una prolungata polemica con Pablo Neruda (si vedano La palabra muerta de Pablo Neruda e Mito y verdad de P. Neruda, quindi in francese Le mythe Neruda), per impedire che gli venisse assegnato il premio Nobel (per esempio facendone conoscere le poesie in omaggio a Stalin e a Mao). 

 

Debord dichiara di ammirare molto Paseyro, e ricorda di aver incontrato alcuni “analfabeti intelligenti” (l'espressione, che suona come un ossimoro - ma non lo è -, implica una vasta platea di analfabeti o semi-alfabeti non particolarmente intelligenti e una più numerosa “canaille instruite” di altrettanto scarsa o mediocre intelligenza ed infine una piccola schiera di illuminati, senza voler esaminare la connotazione negativa del termine canaille impiegato da Debord, che richiederebbe un supplemento di interpretazione).

 

Debord dice di apprendere da Paseyro che l'alfabetizzazione è un regalo maligno dei tempi moderni, come l'automobile per tutti o la democrazia parlamentare. Cosa si impara davanti a un televisore (oggi forse si chiederebbe davanti a Youtube)?

Se Debord ne era certo, e poiché certamente aveva fama di essere radicale, cioè estremista, nelle sue valutazioni, noi possiamo dopo un quarto di secolo chiederci se le conseguenze dell’alphabétisation forcée (un “nouvel analphabétisme”) siano davvero un danno supplementare e uno spossessamento ulteriore.

Certamente l'alfabetizzazione è funzionale alle condizioni di vita modificate dallo sviluppo dell'economia (che rivendica il diritto/dovere di ciascuno ad essere capace di condurre un autoveicolo o di impostare i programmi di una lavatrice o di un forno a microonde). Vorrei segnalare qui Carlo M. Cipolla che forse era stato tra i primi ad analizzare i rapporti tra alfabetizzazione e sviluppo economico (“Istruzione e sviluppo. Il declino dell'analfabetismo nel mondo occidentale” - l'edizione originale in inglese è del 1969).

Il discorso di Debord che sembra tanto contrario alla modernità mi sembra che si imperni piuttosto sulla impenetrabile foresta di menzogne (“impénétrable forêt de mensonges”) nella quale gli appare smarrita l'umanità contemporanea.

Ecco di seguito alcune sentenza che è assai improbabile che Paseyro non avesse davanti agli occhi nella stesura del suo testo.

Per esempio Michel de Montaigne rammentava che “un'ignoranza da analfabeti e un'ignoranza da dottori” causano dei guasti che la seconda sa nascondere alle coscienze ingannate sebbene siano spesso incorreggibili.

Un'altra osservazione che marca un'impronta indelebile nella storia della Chiesa cattolica e dei popoli è quella di Agostino che “Dio si conosce meglio nell'ignoranza” (De ordine). Qui almeno un doppio significato si apre nell'opzione tra la profondità abissale e il mezzo di governo. Schopenhauer che dice che “le religioni sono figlie dell'ignoranza, e non sopravvivono a lungo alla madre” (Parerga e paralipomena) sembra anticipare (o “educare”) Nietzsche. La madre dell'ignoranza pare comunque in buona salute.

Di certo l'ignoranza perfetta è quella che ignora se stessa e di quest'ultima parla Debord. Il Goethe postumo delle Massime e riflessioni aveva saputo antivedere che “non c'è niente di più terribile di un'ignoranza attiva”; c'è da chiedersi se avesse previsto i talkshow e gli spettacoli di intrattenimento televisivi e la coalizione di sensazionalismo mediocre e di ignoranza istruita che vi si esibisce ad elevamento delle masse.

Nietzsche in Verità e menzogna in senso extramorale scriveva: “Che cos'è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane”.

Nella foresta di menzogne si innalzano le “metafore usuali”, che consentono di “mentire tutti insieme in uno stile vincolante per tutti”. Nietzsche in Verità e menzogna in senso extramorale fondava la sua estetica, Debord. attraversate le foreste simboliche che da Baudelaire conducono alle avanguardie storiche, trovata in Éloge de l’analphabétisme la menzogna invincibile (“impenetrabile”), torna all'assiologia.

A proposito dell'analfabetismo funzionale (quello che designa l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana) in Italia, Tullio De Mauro ci fa sapere che il 71 per cento della popolazione italiana si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà, mentre soltanto il 20 per cento possiede le competenze minime “per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana”.

Pare che buona parte degli italiani non riesca a comprendere un testo scritto non particolarmente complicato. Simonetta Fiori su La Repubblica del 29 marzo 2013 in un articolo dal titolo I nuovi analfabeti, in seguito allo svolgimento di “test di prose literacy predisposti dall'inchiesta All (Adult Literacy and Life Skills), un progetto di ricerca internazionale che ha sondato le competenze degli adulti tra i 16 a i 65 anni in sette paesi: Bermuda, Canada, Italia, Norvegia, Svizzera, Usa e Messico”, riportava che il 5 per cento degli italiani non capisce quanto scritto sul foglio illustrativo (il “bugiardino”) dei farmaci, la metà  non è in grado di discernere le informazioni su un foglio di istruzioni e mostra una competenza alfabetica molto modesta, al limite dell'analfabetismo, ed  il 33 per cento denuncia un possesso della lingua molto limitato. “E le cose non vanno meglio nell'esecuzione dei calcoli matematici e nella lettura di grafici o tabelle: anche in quest'ambito l'80 per cento degli italiani fa molta fatica”. Si deve notare che la fascia di età indagata è quella produttiva, quindi la ricerca non riguarda gli anziani, cioè quelli che si può presumere essere meno scolarizzati (l'analfabetismo vero, cioè la mancata istruzione, in Italia ancora negli anni Cinquanta era piuttosto ingombrante – e qualcuno ricorda la celebre trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” condotta da Alberto Manzi).

“La verità sta nel profondo” - Veritas est in puteo - riportava Diogene Larzio a proposito del pensiero di Democrito. Quindi si dovrà interrogare il “popolo profondo” (l'espressione appartiene a di D'Alema e nel 2008 gli serviva per dividere gli elettori tra quelli meglio informati - cioè quelli che leggono i giornali e votano il partito giusto - e gli altri) per interpretare questa sorta di resistenza passiva  all'alfabetizzazione. Una sorda opposizione, che forse è solo pigrizia e forse no, che colloca gli italiani in una poco invidiata posizione. Tullio De Mauro sostiene che siamo al di sotto di qualsiasi standard: “tra i Paesi considerati, bisogna arrivare in classifica allo Stato del Nuevo Léon, in Messico, per trovarne uno più malmesso di noi”.

Il celebre linguista aggiunge che “negli altri Paesi esistono degli eccellenti sistemi di educazione permanente. Da noi siamo a zero”, dunque anch'egli non può che riconoscere nella “relazione che si intravede tra la stagnazione dell’economia italiana - dell’economia dal punto di vista della produttività ma anche dal punto di vista della redditività dei capitali - e la stagnazione della crescita e delle capacità culturali del nostro Paese” il cuore del problema (quest'ultima citazione è, come le precedenti, tratta dall'intervista di Bruno Simili per il n.6 del 2012 della rivista il Mulino). Ma così si torna al punto di partenza e d'altra parte Debord si riferiva ad un altro tipo di analfabetismo: un analfabetismo istruito che non sa interpretare i segni del dominio (al quale anche i faux lettrés (Paseyro) o la canaille instruite (Debord) sono, come tutti, assoggettati).

L'analfabetismo di ritorno, per quanto in generale sia da contenere e limitare perché tendenzialmente controproducente per “l’économie et l’État modernes”, può risultare conveniente e di fatto viene sfruttato dai gestori dei flussi mediatici in situazioni e periodi che si devono considerare temporanei o in ogni caso limitati. Mentre sto scrivendo (9 ottobre 2013) è stata diffusa una nuova  statistica Ocse sulle capacità alfanumeriche della popolazione attiva nei paesi sviluppati (compresa l'Italia) che relega l'Italia ancora in fondo alla graduatoria (De Mauro di nuovo intervistato come esperto dell'argomento).

Riassumendo: sono tre le tipologie di analfabetismo nominate, quello primario, di coloro che non hanno mai imparato a leggere e a scrivere  (contrastato abbastanza efficacemente grazie a programmi specifici come quello cubano denominato  “Yo sí puedo” grazie al quale quasi 6 milioni di persone in 30 paesi, tra cui Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Argentina, Messico, Guatemala, Brasile, Egitto e Guinea-Bissau sono state alfabetizzate e in maniera simile in Venezuela in seguito alla missione Robinson), quello di ritorno, di coloro che hanno dimenticato ciò che avevano appreso a scuola, ed infine quello di cui parla Debord e che riguarda la massa degli spettatori che subisce ed interiorizza le forme visibili di un potere di cui non conoscerà mai le direttive e i segni segreti se non, a cose fatte, come ipotesi storica. Orientarsi nella “foresta di menzogne” è arduo, come riconosceva l'illuminato Debord dei Commentarii, perché il potere sedicente democratico si fa sempre più opaco (e pure coloro che dichiarano di aver scoperto altre verità rispetto a quelle divulgate rischiano, nella proliferazione di teorie stravaganti su trame segrete a proposito dei più disparati fatti, di confondere ulteriormente un pubblico sempre più disorientato).

Forse la Ortese saprebbe districarsi, a suo modo, cioè complicando tutto in un mistero favoloso, nella questione dell'analfabetismo e di un popolo che se ne lascia sedurre.