Giornalista liberale, Armando Zanetti diresse, fra il 1924 e il 1925, "Rinascita liberale" con Adolfo Tino. Esule antifascista, pubblicò a Bruxelles un libro sull'emigrazione politica italiana (1932). A Cassis, in Provenza, mise mano a Il nemico (1938) che uscì in traduzione francese a Ginevra nel 1938. Il libro venne poi pubblicato in italiano per i tipi del giornale liberale "L'opinione", a Roma, nel 1944. Constava di quattro parti divise in trentatré capitoli. Qui proposta vi è parte del primo.

Armando Zanetti

il nemico

I peggiori nemici dell'uomo sono gl'idoli che egli stesso si crea: gli dei, i tabù, i miti, le paure.

Nessun tiranno in carne ed ossa è capace della centesima parte dei delitti che i suoi servitori commettono, e i suoi schiavi subiscono per il mito dell Autorità dello Stato.

La divinità del Prestigio, il tabù del Territorio, la paura dell'Aggressione sono all'origine delle più orribili carneficine, recenti attuali e prossime.

L'uomo contemporaneo, in Europa specialmente; l'uomo del dopoguerra, aviatore-motociclista-mitragIiere; l'uomo che vola a cinquecento chilometri 1'ora e va domando una dopo l'altra tutte le forze della natura; l'uomo che si vanta dinamico, amorale, areligioso -il quasi superuomo che non ha mai letto Nietzsche- è un animale particolarmente sprovvisto di senso critico e di capacità d'orientamento, disposto ad accettare qualunque mito e qualunque autorità esteriore e particolarmente incline a tutte le forme di rimbecillimento collettivo.

Ha il, masochismo della disciplina. Come i santi della Tebaide si flagellavano nel deserto, come i mistici del Medio Evo si maceravano nelle penitenze e nei digiuni, così questo santo modernissimo, che non saprebbe rinunciare al minimo dei suoi comodi e dei suoi divertimenti, prova una voluttà frenetica nel rinunciare a essere se stesso, a pensare con la sua testa, a vivere a modo suo; per inquadrarsi, per essere come gli altri, per standardizzarsi, per "obbedire".

Incredulo, vuole adorare qualchecosa: un uomo, un'insegna, un emblema, una sigla -Hitler, la bandiera, il fascio, 1'U.R.S.S.-; scettico, ama ripetere senza discriminazione frasi fatte, gesti collettivi. Ha la passione della parata e dell'uniforme; ha il feticismo del gagliardetto e del distintivo. E quando non ha il fanatismo della politica, ha quello dello sport. Dotato d'una vivace intelligenza meccanica, sempre' pronto a fabbricare una macchina, a perfezionarla, a maneggiarla, a ripararla, si comporta come un imbecille nei problemi essenziali della sua libertà e della sua felicità.

Ha, si direbbe, l'orrore della solitudine, che l'obbligherebbe a pensare; chiede allo Stato, all'autorità, al partito, al sindacato, alla radio, all'auto, al jazz, una verità, una norma, un orario, una ragion di vita che non sia individuale; la sua delizia è farsi spersonalizzare e meccanizzare…

…riduzione, fino all'annullamento, del terreno proprio dell'iniziativa e della personalità individuale; socializzazione integrale della vita fino alla schiavitù, volontaria o forzata, dell'individuo, fino all'assorbimento dell'Uomo in una massa sempre più standardizzata e sottomessa a un'autorità unica e anonima, divenuta fine a se stessa.

Annullamento dell'Uomo, sola realtà, in omaggio a un idolo mostruoso, senza testa e senza nome (anche se provvisoriamente si chiami "duce" o "Fuehrer") ma dalle mille braccia o piuttosto dalle mille ventose: sottomissione integrale e suicida al Nemico che minaccia di distruggere senza residuo possibile ogni forma di civiltà umana.

Il Nemico è lo Stato.