Jean Montalbano

sulla persistenza del mumbo-jumbo

Spesso, è stato notato, usiamo il termine “guru” solo perché “ciarlatano” è troppo lungo.

Non sappiamo se la signora Ciampi abbia risistemato le stanze del Quirinale seguendo le regole feng-shui, al numero 10 di Downing Street pare lo si sia fatto. Che una coppia di avvocati laburisti al vertice del potere britannico ricorra a questa ed altre documentate scappatoie per arginare il proprio disorientamento, al nostro autore (Francis Wheen, Come gli stregoni hanno conquistato il mondo, ISBN, 2005) appare come una dimissione ed una resa della ragione illuminista se non dell’intelligenza tout court.

Gli “stregoni” (così, individualizzato, è reso il mumbo-jumbo nella traduzione italiana di quella che appare una disomogenea raccolta di testi) che si sarebbero insediati ai posti di comando, sono quei semplificatori, riduzionisti e “carismatici” (al cui prestigio vacillante nel disincantato mondo weberiano corre in  soccorso la potenza mediatica) che, voltando colpevolmente le spalle alla complessità ragionevole dell’Illuminismo, anzitutto destino dei colti, hanno tradito la ricerca problematica per l’abbraccio sonnecchiante delle potenze invisibili e della dozzinale soluzione misterica.

Certo la “terza via” teorizzata da Giddens ed adottata da Blair pare qualcosa tra la “seconda venuta” e la “quarta dimensione”, le antiche truffe finanziarie sono spacciate per “nuovi paradigmi” estranei alla solidità dei vecchi, onesti e poco creativi bilanci aziendali ma addebitarne il successo, come il ritorno massiccio degli “angeli”, al “decostruzionismo” francese di cui si beffò Sokal sarebbe eccessivo. La posa da maestrina del biografo di Marx e collaboratore di Private Eye  lo porta talvolta a soffermarsi su gaglioffi e bidonisti ingigantendone donchisciottescamente i profili: il suo illustre precedente è il giornalista Charles Mackay  (padre contestato di quella Marie Corelli che dello spiritualismo vittoriano fu nome di primo piano) autore a metà ottocento del classico Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds. Non si tratta tanto di aggiornare i “trucchi” acchiappa-creduloni quanto di diagnosticare l’indebolimento di quelle procedure che da Bacone in poi hanno lastricato le buone intenzioni della conoscenza scientifica: sono il riconoscimento e la presa d’atto, da parte di una ragione indebolita e friabile, del diverso e della differenza che portano ad insegnare il creazionismo accanto a Darwin, come opzione tra le molte; è il postmoderno relativismo interpretativo, come ricaduta terra terra dell’idolatria del commento, che consiglia ai politici di dubbia vocazione di non scegliere la ragione per catturare gli zeloti votanti premoderni.

Effetti che non sarebbero stati possibili se i fatti (la solida realtà) e le gerarchie di ciò che veramente conta, scrive Wheen, non fossero sovente sepolti sotto il diluvio di interpretazioni equivalenti, ultimo esito del soggetto riflettente. Sottolineando somiglianze verbali dell’area anglosassone, l’autore punta sullo slittamento del termine “Enlightenment” dal significato di Illuminismo a quello vagamente mistico-spiritualista di Illuminazione, sicché il libro diventa a volte una pedante teoria, a tratti lunga e fuori bersaglio, dei tradimenti consumati da una parte dell’élite intellettuale e politica dell’occidente.

Una volta i chierici tradivano, adesso delirano. Sarebbe questa  la novità ?

Assumendo una concezione del Rischiaramento rintracciabile forse solo nei libri è facile elencare esempi del voltafaccia che avrebbe portato al potere, con più frequenza, tutto quanto è oscuro e torbido. Ma addebitando solo agli ultimi decenni quanto è tentazione di sempre, Wheen fa torto alla propria perspicacia che, pur avendo buon gioco nella raccolta di aneddoti, resta abbagliata e incantata dall’assunto di partenza che nel pensiero del settecento vede un punto irrinunciabile e troppo univocamente definito.

(Esiste anche un “Illuminismo dei  Rosacroce” e se le spiegazioni irrazionali cadono sotto il sarcasmo dell’autore, ricordiamo che il nostro storicista Ernesto de Martino parlando di ricorrenti crisi della presenza, al di fuori dell’ambito strettamente etnologico, si accostò con ben altro piglio a simili fenomeni).

Volendo vedere date fatidiche dove sono solo miserabili coincidenze, il 1979 (anno mirabile per la Thatcher e Khomeini) si colorerebbe di un dramma che muove al riso chi non si lascia incantare dal ritorno dei valori vittoriani, propugnati dalla lady di ferro, e dall’insana voglia  coranica di un prete vendicativo.

È agevole ricordare che gli ultimi presidenti statunitensi citano con reverenza l’Apocalisse giovannea mentre Thomas Jefferson la bollava come “farneticazioni di un maniaco” o che new age e new economy vanno a braccetto, ma non è da ieri che l’irrazionalità si allea con l’avidità dei finanzieri nella miscela di management e misticismo accomunando negli stessi disastri l’Enron ed alcuni strani fondi d’investimento: oggi il potere è afrodisiaco (ma il proverbio siciliano è più efficace), i ricchi sono sexy, ma da millenni  i legami personali con grandi somme di denaro danno l’illusione dell’intelligenza (un’esperienza non riservata soltanto agli italiani degli ultimi anni, come si vorrebbe nell’appendice). Da qui a sospettare di ogni infamia il libero mercato ce ne corre.

Wheen misura l’estensione dell’abbandono della razionalità dall’aumento degli oroscopi sui quotidiani “seri” ma dovrebbe ricordare il motto di Hegel sulla lettura del giornale come sostitutivo della preghiera mattutina e dunque…Il fatto è che, se, come scriveva nel settecento il nostro Pietro Verri, “le nebbia e il mistero servono all’impunità di pochi e alla miseria di molti”, ora è la critica stessa ad essere presa nei prodigi dello spettacolo.

“Dove sono i Voltaire e i Mencken di una volta ?”, pare sospirare l’autore constatando che la ragione è sulle difensive sia come ideale che come realtà e rammaricandosi del minor peso che l’esame e la prova razionali hanno sulla bilancia che li oppone alle paure irrazionali.

Una volta smesso di giurare sul sano tomismo, il volgo, argomenta Wheen, passa direttamente all’ X-Files dixit senza sfogliare l’Enciclopedia Britannica, cui poco giova mettersi in rete: ma sottolineando, e lamentandosene, l’irragionevole pletora di rapimenti da parte di alieni (il 2% degli americani dice di esserne stato “vittima”) egli non vuole limitarsi, come altri di lui più lievi, a stupirsi del gran traffico celeste compatendo il super lavoro dei controllori aerei.

Lo consoli un detto definitivo capace di mettere tutti d’accordo: che gli uomini impazziscono in gregge ma rinsaviscono singolarmente.