Jean Montalbano

sfumature del nero:

Patrick Raynal tra Nizza e Natchez

L’esordio italiano di Patrick Raynal avvenne, se non ci inganniamo, con Sosta d’emergenza (Granata Press 1984), polar secco e laconicamente goodisiano quanto basta ad equilibrare le dichiarate simpatie dell’autore per i collaudati nomi della grande narrazione anglosassone (London, Stevenson, Chandler…un poco fuori ruolo come governatori dei destini minori di sconfitti e delusi post-sessantottini). Un piccolo mondo del midi che Raynal, come altri suoi colleghi ospitati nella "Serie Noire" da lui diretta da un decennio, conosce per averlo frequentato: abbandonata la militanza gauchiste, la scrittura ha salvato un altro ex-maoista da quelle derive e dissipazioni che fermentano in Cercando Sam, adesso pubblicato da Einaudi (con una scolastica e pedante nota sul blues di Massimo Carlotto, ma a questo la serie, davvero nera, einaudiana ci aveva già abituato, vedi la postfazione di Cacucci a Jim Thompson). Molto più romanzo stradaiolo che poliziesco o noir, qui il maturo narratore, dopo l’abbandono della moglie e il suicidio dell’amico Michel, vende la libreria che da ultimo è stata il suo mondo e, con le ceneri dell’amico e i soldi pressati nella stessa urna, parte per gli USA sulle tracce di Sam, il terzo uomo del gruppo di ex-rivoluzionari, ora musicista rock-blues ma soprattutto il più disinvolto con le maglie dei codici. E’ l’occasione per verificare sul campo ciò che resta dei miti venerati da lontano; e dunque New York serve giusto per smaltire il jet-lag. L’inchiesta punta decisamente al Sud, verso Memphis, New Orleans e le macerie di ciò che un tempo fu, Beale Street, la Louisiana francofona e il blues del delta (con un cameo di R.L.Burnside): occasione per toccare una miseria che non risparmia neppure i ricordi, prima di risalire accelerando verso quel Montana dove le milizie pare tengano in ostaggio l’amico Sam. Non più costretto a registrare sparizioni e rimpianti, il racconto può mostrare felicemente altri debiti: il Jim Harrison di Un buon giorno per morire o l’enorme James Crumley (adombrato, pare, nell’investigatore privato Crumb, gran consumatore di alcol e pasticche). Sciolto da rimpianti consolatori, sempre in agguato nei reportages europei sul "profondo sud", il lungo addio di Raynal si confronta con la novità e lo scandalo che agli occhi di un europeo colto e progressista rappresentano i movimenti indipendentisti con le milizie armate, la libera circolazione delle armi, la supremazia ariana e tutto il bric-a-brac neonazi. In bilico tra indagine e trip, il viaggio non può quietarsi nemmeno nel ricongiungimento fra amici, anzi, puntando verso la California ed il Messico, invoca come tappa finale, tenendo fede al patto dei giovani anni, lo spargimento delle ceneri di Michel presso il vulcano che domina la Cuernavaca di Malcolm Lowry. Esito catastrofico forse intuibile: dichiarando di preferire la trilogia nera di Malet alle avventure di Nestor Burma, Raynal sembra aver scelto per i suoi "piccoli eroi" un destino di ripetizione : ma l’autodistruzione del Console e il mezcal sono ancora parola di salvezza per una generazione di sconfitti ?

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