le voci che corrono

Alberto Ongaro

>Alberto Ongaro, il segreto dei Ségonzac, Piemme, 2000

"Di Venere o di Marte non si sposa e non si parte, né si dà principio all'arte. Alberto Ongaro, sfidando il fato, sceglie proprio un venerdì per dare inizio alla sua arte. Comincia difatti di venerdì (13, per giunta) il segreto dei Ségonzac, il nuovo romanzo dello scrittore veneziano. E comincia con un giovane uomo, Philippe Ségonzac, che parte a cavallo in un giorno da lupi, tra tuoni, fulmini e grandine, lasciando Parigi per andare a trovare il padre che vive nella regione della Marna. Siamo nella seconda metà del '700 e Philippe, che si è appena laureato in medicina, ha in mente, dopo aver salutato il padre (che è un celebre maestro di scherma), di imbarcarsi su una nave come medico di bordo per dar sfogo alla sua sete di avventura. Ma il destino (è o non è un venerdì tredici?) ha deciso diversamente. Philippe non lo sa ma qualcuno (due loschi individui per l'esattezza, ex pirati che hanno deciso di tentare una carriera criminal-mondana in terraferma) lo sta pedinando. L'agguato scatta proprio nei pressi della Marna in piena. Phìlippe, colpito da una pallottola alla tempia, cade in acqua e sembra ormai spacciato..."

"E' un grande romanzo questo, una sua sola pagina contiene tante invenzioni narrative quante di solito si trovano in un anno intero di produzione romanzesca lorda nazionale. Ongaro ha qualcosa dei re di una volta, è munifico, ricchissimo, nobile di sentimenti, nel suo inchiostro scorre sangue blu. Ed è malinconico perché sa come tutti i maestri dell'avventura (cioè della letteratura) che il segreto del mondo è un brutto segreto, che il cuore ha luce di tenebra. Questo scrittore, che incanta e diverte, sa, come Sheherazade, che si racconta un po' per gioco, ma molto di più per non morire. Per questo si dette principio all'arte narrativa".

Antonio D'Orrico, "Sette" - "Il Corriere della Sera", 16/11/00

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"Un quadro incompiuto che, nel prologo, innesca il meccanismo dell'investigazione romanzesca. E poi, via al galoppo sui sentieri dumasiani dell'avventura di cappa e spada, con un occhio al cinema e l'altro al feuilleton ottocentesco, ma travasato nel Settecento libertino: non a caso nel complotto apparentemente indecifrabile tessuto contro il protagonista Philippe Sègonzac compare un certo Giacomo Casanova, avventuriero veneziano e amante in carica della bella e nobile strega che è l'anima nera della congiura.

Alberto Ongaro, antico sodale di Hugo Pratt come sceneggiatore di fumetti, autore di titoli fortunati, dal delizioso La taverna del doge Loredan a La partita (premio Campiello), potrebbe essere definito il Pérez-Reverte italiano. Ma sarebbe un anacronismo. Se si vuole rispettare la cronologia bisogna piuttosto dire il contrario. Ossia che l'autore del Club Dumas e del Maestro di scherma è un Alberto Ongaro spagnolo. Entrambi vengono dal mondo del giornalismo, entrambi amano immergersi in atmosfere avventurose che stanno tra Salgari e I tre moschettieri. La differenza, semmai, è data proprio dal deciso tropismo dello scrittore veneziano per il Settecento più libero e spregiudicato".

Roberto Barbolini, "Panorama", 16/11/00

 

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