Ecco uno di quei testi di fine ottocento che, in quanto propugnano, con l'arma appuntita dell'ironia, la critica alla democrazia parlamentare, sono ritenuti da parecchi studiosi una delle naturali fucine dei fascismi. Trovandovi citato, anche se di sfuggita, Max Nordau, l'accusa si potrebbe trovare impreziosita dalle generiche deplorazioni della cultura raccogliticcia dell'autore il quale, dal suo canto pensava bene di deliziare il lettore con piccanti classici dell'erotismo e impagabili descrizioni dell'ipocrita borghesia dei suoi tempi -oltre che a schierarsi a fianco dei libertari!

Octave Mirbeau

lo sciopero degli elettori

Una cosa mi colpisce prodigiosamente –oserei dire che mi stupefà- ed è che nel preciso momento in cui scrivo, dopo le innumerevoli esperienze, dopo gli scandali quotidiani, possa ancora esistere nella nostra cara Francia (come dicono alla commissione bilancio) un elettore, un solo elettore -questo animale irrazionale, inorganico, allucinante- che acconsenta a distogliersi dai propri affari, dai propri sogni o piaceri, per votare a favore di qualcuno o qualcosa. Quando si rifletta per un solo istante, tale sorprendente fenomeno non è fatto per sconcertare le più sottili filosofie e confondere la ragione? Dov’è il Balzac che ci darà la fisiologia dell’elettore moderno? e lo Charcot che ci spiegherà l’anatomia e la mentalità di questo incurabile demente ? Lo aspettiamo.

Capisco che un truffatore trovi sempre degli azionisti, la Censura dei difensori, l’Opèra-Comique dei dilettanti, il Constitutionnel degli abbonati, Carnot dei pittori che celebrino il suo ingresso rigido e trionfale in una città della Linguadoca (…) Ma che un deputato o un senatore, o un presidente di Repubblica, o chiunque tra tutti gli strani burloni che reclamano una funzione elettiva, quale che sia, trovi un elettore, vale a dire l’essere non sognato, il martire improbabile che vi nutra col suo pane, vi vesta con la sua lana, vi ingrassi con la sua carne, vi arricchisca col suo denaro, con la sola prospettiva di ricevere, in cambio di questa prodigalità, delle bastonate in testa, dei calci nel didietro, quando non siano colpi di fucile nel petto, in verità tutto ciò supera le nozioni già parecchio pessimiste che fin qui mi ero fatto dell’umana stupidità in generale, e della stupidità francese in particolare, il nostro caro ed immortale sciovinismo !

Beninteso, qui parlo dell’elettore avvertito, convinto, dell’elettore teorico, di colui che immagina, povero diavolo, di agire da libero cittadino, di dispiegare la propria sovranità, di esprimere le sue opinioni, di imporre –ammirevole e sconcertante follia- programmi politici e rivendicazioni sociali; e non dell'elettore "che se la dà" e che se ne sbatte, di colui che nei "risultati della sua onnipotenza" vede solo una bisboccia alla pizzicheria monarchica o uno spasso al vino repubblicano. La sua peculiare sovranità è di ubriacarsi a spese del suffragio universale: E’ nel vero, poiché questo solo gli importa, e del resto non si cura. Sa quel che fa. Ma gli altri ?

Ah ! sì gli altri ! I seri, gli austeri, il popolo sovrano, (…) per quanto ostinati, orgogliosi, paradossali, com’è che non si sono da molto tempo scoraggiati e vergognati del loro operato ? Come può accadere che si incontri da qualche parte, anche in fondo alle lande perse di Bretagna, persino nelle inaccessibili caverne delle Cevenne e dei Pirenei, un buonuomo così stupido, così irragionevole, così cieco rispetto a ciò che vediamo, così sordo a quanto diciamo, da votare azzurro, bianco o rosso, senza che nulla l’obblighi, senza che lo si paghi o che lo si faccia ubriacare ?

A qual barocca sensazione, a quale misteriosa suggestione obbedisce quel bipede pensante, dotato, si pretende, di una volontà, e che se ne va, fiero del proprio diritto, sicuro si compiere un dovere, deporre in un’urna elettorale qualsiasi una scheda qualsiasi, poco importa il nome scrittovi sopra ?…Cosa deve dirsi, tra sé e sé, che giustifichi o soltanto spieghi quell’atto stravagante? Che cosa spera? Perché, alla fin fine, per consentire a darsi dei padroni avidi che lo spolpano e lo bastonano bisogna che si dica e che speri qualcosa di straordinario che noi non sospettiamo. Bisogna che, attraverso potenti deviazioni cerebrali , le idee di deputato corrispondano in lui a idee di scienza, di giustizia, di dedizione, di lavoro e di probità (…)

Eppure lungo i tanti secoli da che il mondo dura, che le società s’evolvono e susseguono, simili l’un l’altra, un solo fatto domina ogni storia: la protezione per i grandi, l’annientamento per i piccoli. Egli non arriva a comprendere di avere una sola ragion d’essere storica, vale a dire pagare un mucchio di cose di cui non godrà mai e morire per delle combinazioni politiche che non lo riguardano affatto.

Che gli importa che sia Tizio o Caio a chiedergli i soldi e sequestrargli la vita, dal momento che è obbligato a privarsi dei primi e a dare l’altra? Ebbene, no ! Tra i suoi ladri e carnefici, lui ha delle preferenze, e vota per i più rapaci e feroci. Ha votato ieri, voterà domani, voterà sempre. Le pecore vanno al macello. Non si dicono niente, loro, e niente sperano. Ma almeno non votano per il macellaio che le ucciderà, e per il borghese che le mangerà. Più bestia delle bestie, più pecora delle pecore, l’elettore nomina il proprio carnefice e sceglie il proprio borghese. Ha fatto delle Rivoluzioni per conquistarne il diritto.

* * *

O buon elettore, inesprimibile imbecille, povero diavolo! se, invece di farti prendere nelle assurde tiritere che ogni mattino ti sciorinano, per un soldo, i giornali grandi e piccoli, azzurri o neri, bianchi o rossi, e che sono pagati per aver la tua pelle; se, invece di credere alle chimeriche lusinghe con cui si accarezza la tua vanità, con cui si circonda la tua penosa sovranità da straccione, se, invece di fermarti, eterno babbeo, davanti alle pesanti frodi dei programmi; se leggessi talvolta, in un angolino, Schopenhauer e Max Nordau ,due filosofi che la sanno lunga su te e i tuoi padroni, forse impareresti cose utili e stupefacenti. E forse, dopo averli letti, saresti meno pressato a rivestirti di un’aria grave e di un abito nuovo per correre poi verso le urne omicide dove, qualunque nome tu deponga, tu scegli in anticipo il nome del tuo più mortale nemico. (…)

Soprattutto ricorda che l’uomo che sollecita i tuoi suffragi è perciò stesso, un disonesto, poiché in cambio della situazione e della fortuna verso cui lo spingi, egli ti promette un mucchio di cose meravigliose che non ti darà e che, d’altronde, non ha il potere di conferirti. L’uomo che innalzi non rappresenta né la tua miseria, né le tue aspirazioni, proprio nulla di te; rappresenta solo le proprie passioni e i propri interessi, contrari ai tuoi.(…) Quindi rientra a casa, buonuomo, e fa lo sciopero del suffragio universale. Non hai niente da perderci, te lo garantisco; e per un certo periodo ciò potrà divertirti. Presso la tua porta, chiusa ai postulanti di elemosine politiche, osserverai svolgersi la bagarre, fumando silenziosamente la pipa.

E se esiste, in un luogo ignorato, l'onest’uomo capace di governarti e amarti, non rimpiangerlo. Sarebbe troppo geloso della sua dignità per mischiarsi alla lotta fangosa dei partiti, troppo fiero per ricevere da te un mandato che tu accordi soltanto al cinico audace, all’insulto e alla menzogna.

Te l’ho detto, buonuomo, rientra a casa e fa sciopero.

"Le Figaro", 28 novembre 1888

(trad. di Jean Montalbano)