David B. Kopel e Michael S. Brown

la febbre proibizionista

Cosa hanno in comune pistole, droghe e alcol? Tutte queste cose sono facilmente trasportabili, tenute in gran conto da alcuni, disprezzate da altri e se ne può fare abuso. Ognuna di esse è stata o è oggetto di sanzioni sociali. Sulla soglia del nuovo millennio, con un nuovo presidente che promette di ridurre i danni inintenzionalmente causati dal governo, è giunta l'ora che l'America impari alcune lezioni sugli effetti del proibizionismo. Un esperimento, grande quanto folle, di proibizione dell'alcol venne messo in pratica dal 1920 al 1933. I tremendi risultati sono ben documentati. Lì nacque la malavita organizzata nella sua forma moderna. Una cultura del bere basata sul vino e sulla birra venne rimpiazzata da un'altra fondata su gin e altri liquori pesanti. Il numero di omicidi volò alle stelle, così come la corruzione nella polizia. Le intercettazioni divennero una nuova tecnica di mantenimento dell'ordine pubblico e le corti inventarono scuse grazie alle quali era possibile per la polizia aggirare il quarto emendamento. La guerriglia tra bande dovuta alla proibizione dell'alcol generò la richiesta di restrizioni ai diritti garantiti dal secondo emendamento. Gli sforzi tesi a eliminare le pistole non ebbero successo, ma il possesso di mitragliatrici venne reso più arduo dal National Firearms Act. Fino ad allora, gli americani potevano liberamente comprare, vendere e possedere mitragliatrici. Così era stato nei sette decenni precedenti, e questo apparentemente non aveva causato alcun problema prima che l'alcol fosse proibito.

La proibizione della droga, che ebbe origine nel 1911 con l'Harrison Narcotics Act, prosegue ancora oggi e fornisce un eccellente esempio di come funziona il proibizionismo nei tempi moderni. In nome della tutela della gente, la guerra alla droga ha portato a un ingigantimento dei poteri del governo in molti campi. La separazione, una volta insormontabile, tra polizia e forze armate si è sgretolata. Le nostre prigioni sono strapiene di persone condannate per crimini legati alla droga, ma ottenere droghe è più facile che mai. Nuovi termini come "perquisizione delle cavità corporee", "ingresso senza bussare", "racial profiling" e "fermati e salta" sono entrati nel nostro vocabolario. Il termine "guerra" alla droga non è una semplice metafora, ora che le squadre speciali (che vennero originariamente create per liberare ostaggi) eseguono nottetempo raid mortali in casa di innocenti. Dall'undicenne ucciso a Compton, California, al quarantacinquenne padre di nove figli ammazzato a Denver, fino al pastore protestante di 70 anni freddato a Boston, il numero di persone assassinate nel nome della "guerra alla droga" continua a crescere. Naturalmente, nessuno dei dipendenti del governo responsabili degli omicidi ha ricevuto nulla più che un buffetto sulla guancia. E i raid proseguono giorno dopo giorno, grazie alle bugie o alla memoria malata di qualche tossicodipendente, criminale violento e altri "informatori confidenziali" che vengono pagati per fornire dei capi d'accusa che vengono raramente verificati prima che le squadre speciali irrompano dalla finestra. Le norme sulla confisca dei beni, intanto, hanno trasformato il lavoro della polizia in una specie di pirateria legalizzata. Le leggi che consentono alle forze dell'ordine di tenere per sé i beni sequestrati spesso contribuiscono a scegliere gli obiettivi dei raid antidroga. Difficilmente una giurisdizione richiede che una persona sia di provata colpevolezza perché il governo possa requisire i suoi averi. La corruzione della polizia è un problema costante. Le bande criminali si sono sviluppate grazie alla proibizione della droga, esattamente come fecero negli anni venti. Contrabbandieri e gangster letteralmente devono il proprio sostentamento alla guerra alle droghe.

Sta diventando dolorosamente chiaro che la cura è peggiore del male. Vi sono persone che sembrano non avere ancora imparato nulla dalla proibizione dell'alcol o delle droghe e vorrebbero che noi conoscessimo anche le gioie della proibizione delle armi. Questi sono segnali che indicano che verranno impiegate le solite tattiche controproducenti, a partire dal sequestro delle automobili se il loro proprietario vi teneva un'arma da fuoco. Alcuni dei peggiori abusi da parte delle forze del governo negli ultimi anni sono stati causati proprio da violazioni tecniche e senza vittime della legge sulle armi. Per esempio, il Batf (l'Ufficio per l'alcol, il tabacco e le armi da fuoco) sosteneva che i Davidiani (a Waco) possedessero delle mitragliatrici senza aver pagato la necessaria tassa federale né aver compilato la relativa richiesta. Così un caso dovuto all'eventuale evasione di meno di 10.000 dollari ha condotto a un'aggressione con tanto di elicotteri, fucili mitragliatori e granate. Tutto questo, contro un edificio con 76 abitanti, i due terzi dei quali erano donne e bambini.

I mezzi di informazione hanno giocato un ruolo fondamentale, esagerando in maniera drammatica gli effetti nocivi dell'abuso di droghe, e ignorando quasi del tutto il modo in cui il crimine e la violenza vengono influenzati dalla proibizione della droga. Il discorso dei media a proposito del problema delle armi è assai simile. Le storie relative a un cattivo uso delle armi da fuoco vengono sbattute in prima pagina, ma si assiste a un virtuale oscuramento sulle vicende positive di autodifesa armata o sul fatto che le leggi repressive contro le armi portano a più alti livelli di crimine e violenza. Le persone che non condividono la guerra contro le droghe né quella alle armi impiegano lo stesso termine, "conseguenze inintenzionali", per indicare il fatto che leggi più restrittive portano paradossalmente a una crescita di crimine e violenza. Vi sono siti internet che sembrano quasi l'uno la copia dell'altro, fatta eccezione per il fatto che esprimono preoccupazione per la corruzione, la mancanza di senso della responsabilità e i crimini violenti nelle differenti agenzie al servizio del governo. Questi gruppi sono isolati a ciascuna estremità dell'arco politico, ma il loro comune interesse è evidente. Quanti si oppongono alla disastrosa guerra contro le droghe e coloro che avversano la montante guerra alle armi stanno cominciando a confrontarsi. Gli attivisti tendono a ignorare le differenze ideologiche e considerano il loro comune interesse, prendendo così parte a quella che Grover Norquist chiama la "coalizione lasciateci-in-pace". Oggi come oggi, i due più importanti bacini di crescita del Libertarian Party sono gli ex Repubblicani contrari alla guerra alle armi e gli ex Democratici ostili alla guerra alle droghe. Anche all'interno dei due partiti, Repubblicano e Democratico, si stanno alzando sempre più voci contro i terribili danni causati dal proibizionismo. Per comprendere che la proibizione non funziona, non è necessario apprezzarne l'oggetto. Un liberal può anche pensare che le cose andrebbero meglio se le pistole non fossero mai state inventate, e ciò nonostante capire che il proibizionismo farà crescere la violenza armata (perché solo i criminali avranno le armi da fuoco) e porterà a una pesante limitazione dei diritti garantiti dal quarto emendamento e di altre libertà civili per tutti, e non solo per possessori di armi. Al contrario, un conservatore può maledire il giorno in cui a una persona è venuto in mente di fumare una foglia di cannabis, e può desiderare l'estinzione della pianta della coca. Malgrado tutto questo, però, è ancora in grado di rendersi conto che la proibizione della droga non può fermare gli abusi di stupefacenti, ma solo ferire i diritti di tutti - distruggendo le vite e le libertà di quelle persone che detestano le droghe.

Forse alcuni politici intraprendenti capiranno questa naturale alleanza e la prenderanno a cuore per promuovere la propria carriera, come ha già fatto il governatore del Minnesota Jesse Ventura. I politici repubblicani hanno pagato il rispetto nei confronti dell'idea di un governo ridotto e meno intrusivo, ma sono restii ad affrontare le potenti lobby dei dipendenti del governo il cui lavoro dipende dalla guerra alla droga. Non è possibile dire quanto sucesso l'alleanza politica a favore della libertà e contro il proibizionismo potrebbe mietere, poiché è avversata da molti politici che custodiscono gelosamente il potere del governo. Assai più di quanto accadeva dieci anni fa, gli Americani si prendono ogni giorno maggiore coscienza del fatto che il governo imperiale è nudo: questa è la ragione per cui George Bush ha potuto vincere le elezioni pur auspicando una riforma della previdenza sociale, e per cui la gente sta cominciando a mettere in dubbio le premesse su cui si fonda il monopolio governativo sull'istruzione. Forse alcuni dei rappresentanti istituzionali più noti tra qualche tempo saranno proprio quelli che, nei prossimi anni, avranno saputo conquistare la notorietà grazie al coraggio di dire in pubblico ciò che molti altri politici ammettono per ora solo in privato: che il proibizionismo è un fallimento.

"National Review", 4 gennaio 2001

(trad.: Carlo Stagnaro)

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