Giuliano Galletta

Alain Robbe-Grillet (1922-2008)

«Balzac è morto!». Con questo grido di battaglia Alain Robbe-Grillet, scomparso domenica all’età di 85 anni - ha guidato la pattuglia del “nuovi romanzieri” francesi Sollers, Simon, Serraute, Leiris, in un certo senso anche il sommo Beckett, che a partire dagli Cinquanta hanno rivoluzionato l’idea stessa di narrazione, adeguandola ai tempi nuovi dell’età dei consumi, della società dello spettacolo e del villaggio globale.

In realtà Balzac avevano già cominciato a seppellirlo i grandi della prima metà del Novecento: Joyce, Kafka, Proust, Gide, Musil e, in Italia, Pirandello e Svevo. Erano stati loro a superare per primi l’idea del grande romanzo “realista” che aveva segnato in modo indelebile l’immaginario europeo dell’Ottocento. Non che già nel secolo precedente non ci fossero i prodromi di una crisi (basti pensare a Flaubert), ma ancora nel secondo dopoguerra il modello trionfante, in Francia principalmente, ma in tutta Europa, era proprio quello balzachiano a tal punto consolidato da coincidere con la nozione stessa di romanzo. un canone che aveva quasi caratteristiche di “naturalità” pur essendo un modello culturale come tanti altri ed è proprio Robbe-Grillet a porre la questione, anche come teorico, in modo definitivo.

«Robbe-Grillet ha motivato questo punto di vista con un ragionamento che mi è sempre parso molto limpido e semplice» spiega Edoardo Sanguineti, l’autore italiano forse più vicino all’esperienza del nouveau roman, «si è chiesto cioè come era possibile parlare ancora di romanzo “ben fatto”, organicamente strutturato secondo modelli precostituiti, dopo che abbiamo letto Joyce, Proust, Kafka. Si è così costruita una sorta di anti- linea romanzesca che è appunto una linea di anti-romanzo». Non è detto che la domanda che Robbe-Grillet si poneva più di cinquant’anni fa non sia valida ancora oggi, e in effetti girando per le librerie capita spesso di chiedersi perché mai si continuano a scrivere certi romanzi.

Nato a Brest a nel 1922 Robbe-Grillet è stato accompagnato tutta la vita dall’accusa di ”incomprensibilità”, spesso lanciata da chi non aveva neppure sfiorato i suoi libri. Anche Alberto Moravia, per esempio, sosteneva, autorevolmente, la stessa tesi in un’intervista degli anni Ottanta: «Il nouveau roman tende a fare un’operazione di scomposizione dei piani di durata. È un modo quasi di composizione cubista. “Le voyeur” di Robbe-Grillet è un libro scritto nel modo in cui dipingeva Picasso: piani sovrapposti. I volumi sono sovrapposti, e i tempi sono incastrati uno sull’altro. I tempi non hanno la logica dell’orologio, ma del fattuale. Perciò, il nouveau roman spesso alla fine, nei suoi risultati estremi, diventa incomprensibile e illegibile, proprio perchè non si può scrivere un poema in prosa di trecento pagine». Robbe-Grillet non ha mai smentito la sua fama di trasgressore, non solo delle regole del romanzo o del cinema, ma anche della società letteraria. Chiamato nel 2004 nell’Olimpo dell’Academie Francaise, che ha dato l’annuncio ufficiale della sua morte, in realtà non vi entrò mai. Prima, infatti, si era rifiutato di indossare il tradizionale abito accademico verde degli Immortali, poi aveva chiesto che il suo insediamento non avvenisse in una seduta pubblica; la situazione era così bloccata ad mesi e la sua poltrona resterà per sempre vuota.

Fra i romanzi più celebri Le gomme (1953), Il voyeur (1955), La gelosia (1957), Nel labirinto (1959). Quindi il saggio Per un nuovo romanzo (1963), il manifesto della “Scuola dello sguardo” in cui si teorizza il rifiuto della forma tradizionale del romanzo. Il nuovo doveva sostituire il vecchio: basta, appunto, con il romanzo alla Balzac, con lo scrittore che regna sulla sua creazione, eternamente, mentre invece l’arte è un gioco di forme e di linguaggio, «una rimessa in questione permanente, un rinascimento perpetuo». Lasciò un segno anche al cinema, utilizzando la stessa tecnica dei suoi romanzi: la capacità delle immagini di porre sullo stesso piano realtà e mondo onirico, il rifiuto dell’introspezione psicologica per una fenomenologia degli oggetti. Scrisse dialoghi e sceneggiatura di L’anno scorso a Marienbad di Alain Resnais (1961), e diresse dieci film tra cui Trans-Europ-Express, L’uomo che mente e Slittamenti progressivi del piacere. Fra reale ed immaginario è anche un romanzo autobiografico, Lo specchio che ritorna (1985).

Di formazione scientifica Robbe-Grillet ha lavorato come ingegnere agronomo nel territori d’ Oltremare francesi fino al 1951. Dal 1955 al 1985 è consulente letterario delle Edition de Minuit. Nell’autunno scorso aveva pubblicato Le roman sentimental, un titolo beffardo per una storia in cui si susseguono scene di sado-masochismo e di pedofilia. Lo scrittore aveva usato una specie di linguaggio classico che ai critici aveva ricordato De Sade e di Restif de la Bretonne. Il volume era apparso in libreria impacchettato nel cellofan, con le pagine ancora da rifilare al taglierino, per non farlo sfogliare. Recensendo Le roman sentimental, il settimanale L’Express l’aveva definito di una «crudeltà e un’amoralità assoluta», parlando di «sequenze nauseabonde e indescrivibili». L’estrema provocazione di un grande vecchio della cultura europea per il quale la letteratura non ha mai avuto il ruolo di tranquilizzante pacificatrice delle coscienze, ma sempre e soltanto l’ambizioso obiettivo di saggiare i limiti della condizione umana.

“Il secolo XIX”,  19 febbraio 2008