le voci che corono

Gore Vidal (1925-2012)

“Non mi piacciono i necrologi. In genere costringono chi li scrive a parlare bene del morto, cioè non sono sinceri, quali che fossero le sue qualità. Meno che mai mi piace scriverne quando chi se n’è andato era un mio amico, e caro.

Ne parlo, in morte, per ricordare le cose più importanti che ha scritto. Per me Gore Vidal è stato l’equivalente, nel secolo XX, di quello che fu Alexis de Tocqueville nel XIX. Se quest’ultimo descrisse la nascente democrazia americana, Gore Vidal è stato il più lucido,
acuto, implacabile analista della sua fine. Per meglio dire, della sua trasformazione in “impero”. …”

Giulietto Chiesa, “il Fatto”, 2 agosto 2012

 

“…Gore Vidal è considerato uno dei giganti della letteratura americana, come Norman Mailer e Truman Capote. Capace di un'acuta osservazione della realtà, Vidal con i suoi romanzi, racconti e saggi ha sempre offerto una visione non convenzionale e audace del mondo. A soli 22 anni, nel 1948, aveva cominciato a suscitare scandalo con il suo romanzo «La Statua di Sale», suscitando critiche non proprio entusiastiche della stampa americana, per avere affrontato apertamente il tema dell'omosessualità. …”

“Corriere della Sera”, 1 agosto 2012

 

“Ho l'impressione che in Italia Gore Vidal sia noto o semi-noto per le ragioni sbagliate. «Il difensore della causa dei gay». Certo, ma come tanti altri. «Lo sceneggiatore di Ben Hur!». E allora? Tanto varrebbe commemorare le sue comparsate in Gattaca, o in b-movies tremendi come 110 e lode, al fianco di Joe Pesci. Erano divertimenti, nient'altro; o, le sceneggiature, un modo per fare soldi. Che cosa, allora? I romanzi? In realtà, neanche quelli. Vidal era un romanziere eccellente, ma ha avuto la sfortuna di appartenere alla generazione di Updike, Roth, Bellow, Mailer.

Nel confronto, Vidal soccombe. Inoltre, ha avuto l'ambizione di riportare in vita il romanzo storico, un genere che, per quanto gestito con maestria (e Vidal era un maestro del genere), ha poche chances di produrre il Grande Romanzo o il Grande Romanziere: il mondo di oggi è troppo più interessante di qualsiasi passato. Di fatto, più di Giuliano (tarda antichità) o dell'Età dell'oro (Usa, anni Trenta e Quaranta), a restare sarà probabilmente un geniale romanzo di costumi contemporanei come Myra Breckinridge: sesso e glamour nella Hollywood degli anni Sessanta.

Vidal non era un accademico, non era affiliato a questa o quest'altra rivista, era un democratico che correva da solo (anche come candidato alle elezioni), anche in urto con i dirigenti del partito; la sua stessa decisione di vivere gran parte dell'anno in Italia, a Ravello, lo ha in certo modo allontanato dai suoi compatrioti. E non erano molti quelli disposti ad ascoltare con mente serena le sue critiche agli Stati Uniti anche dopo l'11 settembre. «Il signor Vidal non ama il suo Paese», gli rimprovera la neocon Midge Decter, guadagnandosi questa risposta: «Povera Midge. Ma certo che amo il mio Paese. Dopotutto, sono il suo attuale biografo. Ma dato che ci stiamo dicendo le cose come stanno, devo comunicarti che non amo molto il tuo Paese, che è Israele». Non un carattere facile, non una posizione facile; ma è a questa e a quello che si deve quel senso di straordinaria libertà che si avverte leggendolo: le sue opinioni non erano mai scontate perché non erano mai il riflesso né di un'ideologia né di un'appartenenza.”

Claudio Giunta, “Sole24ore”, 5 agosto 2012