Come ad altri noti tardo vittoriani anche a Gissing (1857-1903) è toccato l’azzardo d’essere sfiorato dalla vicenda di Jack lo Squartatore; vi ha giocato la sua conoscenza del sotto-mondo e frequentazione dei bassifondi londinesi e, particolarmente, della prostituzione, pur se, con puntiglio, qualcuno ha ricordato che al culmine degli sventramenti lo scrittore si trovava all’estero. Curiosamente, lo stesso Orwell, nello scritto postumo qui riportato, risalente al 1948, accenna alla  misoginia (negata dalla Woolf) e allo spirito di rivalsa, da giovane colto ma spiantato, tirati in ballo ogniqualvolta  si tracci l’identikit dell’eroe negativo di quei torbidi; egli concorda nell’alta considerazione per New Grub Street, del 1891 ( ora pubblicato dall’editore Fazi ) ma  pare subire le suggestioni di quella prosa spesso torrenziale solo piegandole a interessi ed urgenze del proprio tempo. Se in quelle pagine vi sono la spietata presentazione del lavoro alla catena editoriale (o delle fattezze repulsive della vita comune) e della triade soldi, sesso e status a dar concretezza ad un dibattito altrimenti astratto, sull’altro piatto sta la visionarietà febbrile che, oltre gli slums, proietta Gissing in una classicità, di rovine, ormai inattingibile. Sarà questo il tono inimitabile del capolavoro, a noi più vicino, Sulle rive dello Ionio, tradotto in Italia presso la EDT.

George Orwell

George Gissing

    All’ombra della bomba atomica non è facile parlare con fiducia di progresso. Comunque, una volta supposto che nel giro di una decina d'anni non saremo fatti a pezzi, ci sono parecchi motivi, e  i romanzi di George Gissing sono tra questi, per pensare che l’epoca presente è parecchio meglio di quella passata. Se George Gissing fosse ancora vivo, sarebbe più giovane di Bernard Shaw, e tuttavia la Londra di cui scrisse pare lontana quanto quella di Dickens. È la Londra avvolta nella nebbia ed illuminata dal gas degli anni ottanta, una città di ubriachi puritani, dove abiti, architettura e mobili avevano raggiunto il fondo della bruttezza, e dove era quasi normale per una famiglia operaia di dieci persone abitare in una sola stanza. Nel complesso Gissing non scrive sugli abissi della povertà, ma si leggono con pena le sue descrizioni della vita dell’umile classe media, tanto evidentemente fedeli nella loro desolazione, senza avvertire che abbiamo compiuto sensibili progressi rispetto a quel mondo vestito di nero e retto dal denaro di solo sessanta anni orsono.

Ogni cosa di Gissing – eccetto forse uno o due libri scritti al termine della vita – contiene passaggi memorabili, e nessuno che gli si accosti per la prima volta può far peggio che cominciare da In the Year of the Jubilee. È un peccato, in ogni caso, consumare della carta per ristampare due delle sue opere minori quando il libri con cui andrebbe ricordato sono e sono stati per anni del tutto indisponibili. The Odd Women, per esempio, è divenuto un tipico libro fuori stampa. Ne possiedo una copia, in una di quelle piccole edizioni scadenti con copertina rossa che fiorirono prima della guerra del 1914, ma è la sola copia che abbia mai visto o di cui abbia sentito parlare. New Grub Street, il capolavoro di Gissing, non sono mai riuscito a comprarlo. Quando l’ho letto, è stato in copie macchiate di minestra prese a prestito da biblioteche circolanti: lo stesso per Demos, The Nether World ed un paio d’altri. Per quanto ne sappia, soltanto The Private Papers of Henry Ryecroft, il libro su Dickens, e A Life’s Morning, sono stati recentemente pubblicati. Comunque, i due ora ristampati meritano la lettura, specialmente In the Year of the Jubilee, che è il più squallido e dunque il più caratteristico.

Nella sua introduzione Mr William Plomer nota che “generalmente parlando, i romanzi di Gissing trattano di soldi e donne”, e Miss Myfanwy Evans  dice qualcosa di molto simile introducendo The Wirlpool. Si potrebbe, ritengo, ampliare la definizione e dire che i novels di Gissing sono una protesta contro la forma di autotortura che va sotto il nome di rispettabilità. Gissing era uno uomo studioso, forse civilizzato in eccesso, innamorato dell’antichità classica, che si sentiva intrappolato in un freddo, fumoso paese protestante dove era impossibile stare a proprio agio senza una spessa imbottitura di denaro tra sé ed il mondo esterno. Dietro il suo tono rabbioso e dolente s’avverte la percezione che gli orrori della vita nell’Inghilterra tardo vittoriana fossero in gran misura non necessari. Il sudiciume, la stupidità, l’abiezione, la povertà sessuale, la dissolutezza nascosta, la volgarità, le cattive maniere, l’atteggiamento di censura – queste cose erano superflue, poiché il puritanesimo di cui erano una reliquia non sosteneva più la struttura della società. Gente che avrebbe potuto essere felice, senza perdere in abilità, scelse invece di essere triste, inventando tabu insensati con cui terrorizzare sé stessa. Il denaro era una seccatura non solo perché senza di esso si era alla fame; più importante era che se non ne possedevi parecchio – diciamo un 300 £ l’anno- la società non ti permetteva di vivere con un certo agio o almeno serenamente. Le donne erano un impiccio poiché ancor più degli uomini credevano nei tabu, ancora asservite alla rispettabilità anche quando l’avevano offesa. Soldi e donne erano perciò due strumenti con cui la società si vendicava sul coraggioso e sull'intelligente. A Gissing sarebbe piaciuto avere un poco più di denaro per sé  e qualcun altro, ma non era d’altra parte molto interessato a quella che ora chiameremmo giustizia sociale. Egli non ammirava la classe lavoratrice in quanto tale, e non credeva nella democrazia. Voleva parlare non tanto per la moltitudine, quanto per l’uomo d’eccezione, l’uomo sensibile, isolato tra i barbari.

In The Odd Women non c’è singolo personaggio importante la cui vita non sia rovinata dall’avere pochi soldi o dall’averli troppo tardi nella vita, o dalle pressioni di convenzioni sociali che sono ovviamente assurde ma non possono essere messe in discussione. Un’attempata zitella ricompensa con bevute una vita inutile; una ragazza carina sposa un uomo abbastanza vecchio da poter essere suo padre; un modesto maestro rimanda il matrimonio con la donna amata fino a quando entrambi sono di mezza età e inariditi; un uomo di buon cuore è infastidito a morte dalla moglie; un uomo straordinariamente intelligente e vivace sciupa la possibilità di un matrimonio avventuroso e ricade nella futilità; in ciascun caso la ragione ultima del disastro sta nell’obbedire al codice sociale accettato o nel non avere abbastanza denaro per aggirarlo. In A Life’s Morning un tipo onesto e dotato va verso la rovina e la morte perché ritiene impossibile attraversare una città senza un cappello. Il suo cappello vola fuori dal finestrino mentre viaggia in tram, e lui non avendo soldi a sufficienza per comprarne un altro, si appropria indebitamente del denaro dell’impiegato, il che dà inizio ad una serie di disastri. Questo è un esempio interessante dei cambi di prospettiva che possono improvvisamente far sembrare ridicolo un potente tabu. Oggi, se in qualche maniera sei riuscito a perdere i pantaloni, preferiresti prendere i soldi di un altro piuttosto che camminare in mutande. Negli ottanta del secolo scorso, nel caso di un cappello, la necessità sarebbe parsa ugualmente forte. Persino trenta o quaranta anni fa, anzi, gli uomini col capo scoperto per le strade venivano fischiati. Poi, per motivi poco chiari, il non portare cappello divenne cosa rispettabile, e oggidì la peculiare tragedia narrata da Gissing – del tutto plausibile in quel contesto – sarebbe pressoché impossibile.

Il più impressionante libro di Gissing è New Grub Street. Per uno scrittore di professione è un libro sconvolgente e scoraggiante, perché si occupa tra l’altro di quella malattia professionale molto temuta che è la sterilità. Senza dubbio il numero di scrittori che improvvisamente perdono la capacità di scrivere non è grande, ma è una calamità che può colpire chiunque in qualsiasi momento, come l’impotenza sessuale. Gissing, naturalmente, la collega ai suoi temi abituali – soldi, pressione dei codici sociali, e ottusità delle donne.

Edwin Reardon, giovane romanziere – ha appena abbandonato il posto d’impiegato non appena raggiunto un incerto successo con una sola opera- sposa una donna affascinante e all’apparenza intelligente, con un suo piccolo reddito. Qui, ed in pochi altri passi, Gissing fa quel che ora sembra una curiosa osservazione e cioè che è difficile per un uomo colto ma non ricco riuscire a sposarsi. Reardon sembra farcela, ma il suo amico meno fortunato, che ancora vive in una soffitta e si mantiene con lavoretti da insegnante mal pagati, deve accettare il celibato come cosa naturale. Se riuscisse a trovare una moglie, ci viene detto, potrebbe trattarsi soltanto di una ragazza dei bassifondi non istruita. Donne sensibili e appena raffinate non affronteranno la povertà. E qui si nota di nuovo la differenza tra quel tempo e il nostro. Senza dubbio Gissing è nel giusto quando nei suoi libri insinua che le donne intelligenti siano animali molto rari, e se uno vuole sposarsi una donna intelligente e bella, allora la scelta si restringe ancora di più, secondo una ben nota regola aritmetica. È come trovarsi a scegliere solo tra albini, e albini mancini per di più. Ma quel che risulta dal modo in cui Gissing tratta l’antipatica eroina, e certe altre donne, è che all’epoca l’idea di finezza, raffinatezza, persino intelligenza, nel caso di una donna, era difficilmente separabile dall’idea di status sociale superiore e di costosi ambienti circostanti. Il genere di donna che uno scrittore avrebbe voluto sposare era anche il tipo di donna che avrebbe evitato di vivere in una soffitta. Quando Gissing scrisse New Grub Street ciò era probabilmente vero, e si potrebbe, penso, altrettanto giustamente sostenere che oggi non è vero.

Non appena sposatosi, a Reardon risulta evidente che la moglie è solo una sciocca snob, il tipo di donna in cui il “gusto artistico” funziona come copertura per la competitività sociale. Sposando un romanziere lei ha pensato di sposare qualcuno che diverrà rapidamente famoso diffondendo gloria riflessa su di lei. Reardon è un intellettuale scrupoloso, riservato, il tipico eroe alla Gissing. È stato intrappolato in un mondo costoso, pretenzioso in cui sa di non potersi mantenere, e i suoi nervi cedono quasi subito. La moglie, naturalmente, non ha la più pallida comprensione di cosa si intenda per creazione letteraria. C’è un passaggio terribile – terribile, almeno, per chiunque si guadagni da vivere scrivendo – in cui lei calcola il numero di pagine che sarebbe possibile scrivere giornalmente, e quindi il numero di romanzi che il marito, presumibilmente, sarebbe in grado di sfornare ogni anno, con la riflessione che, tutto sommato, non è poi un lavoro così faticoso. Nel frattempo Reardon è ridotto al silenzio. Giorno dopo giorno siede al tavolino; nulla succede, nulla avviene. Alla fine, in pieno panico, confeziona un po’ di spazzatura; il suo editore, dal momento che il precedente libro di Reardon ha avuto successo, lo accetta dubbiosamente. Dopo di che è incapace di produrre qualcosa che anche alla lontana sembri pubblicabile. È finito. La cosa triste è che se solo potesse ritornare al suo impiego e celibato, tutto si sistemerebbe. Il giornalista incallito che alla fine sposa la vedova di Reardon lo riassume accuratamente definendolo il tipo di uomo che, dipendesse da lui, scriverebbe un libro abbastanza buono ogni due anni. Ma, naturalmente, non dipende da lui. Non può ritornare al vecchio impiego, e non può rassegnarsi a vivere con i soldi della moglie: la pubblica opinione, agendo tramite la moglie, ne aggrava l’impotenza portandolo infine alla tomba. La maggior parte degli altri personaggi letterari non è più fortunata, e le difficoltà che li assediano sono ancora oggi le stesse. Ma è perlomeno improbabile che il disastro centrale del libro accadrebbe ora in quel modo o per quelle ragioni. C’è qualche probabilità che la moglie di Reardon sarebbe considerata pazza, e che lui avrebbe meno scrupoli nel piantarla se gli rendesse la vita intollerabile. Una donna di tipo abbastanza simile si nota in The Whirlpool nel personaggio di Alina Frothingham. Per contrasto ci sono le tre Miss Frenches in The Year of Jubilee che rappresentano l’emergente piccola borghesia – una classe che, secondo Gissing, stava impadronendosi di denaro e potere che non era preparata ad usare – e che sono sorprendentemente volgari, chiassose, petulanti e immorali. A prima vista le donne con comportamenti “ladylike (signorili)” e “unladylike (indegne di una signora)” di Gissing sembrano tipi animali differenti se non opposti, e questo pare invalidare la sua tacita condanna del sesso femminile in generale. Il legame di congiunzione tra di loro, in ogni caso, è che tutte sono di vedute miserevolmente limitate. Anche quelle dotate di spirito e brio, come Rhoda in The Odd Women (un primo interessante esemplare della Nuova Donna) non riescono a pensare in termini più generali e non possono allontanarsi da norme preordinate. In cuor suo Gissing pare ritenere che le donne siano inferiori per natura. Desidera che siano meglio educate, ma d’altra parte non vuole che abbiano quella libertà di cui certamente farebbero cattivo uso. Tutto sommato nei suoi libri le donne migliori sono quelle che si mettono in disparte e restano in casa.

Sono diversi i libri di Gissing che non ho mai letto, non essendo riuscito a metterci le mani sopra, e tra questi è incluso sfortunatamente Born in Exile, per alcuni è il suo libro migliore. Ma sulla sola base di New Grub Street, Demos, e The Odd Women sono pronto a sostenere che l’Inghilterra ha prodotto pochi migliori romanzieri. Ciò suona forse come affermazione avventata fino a che non si consideri quel che si intende con romanzo (“novel”).  La parola “novel” è usata solitamente per coprire quasi ogni tipo di storia – L’asino d’oro, Anna Karenina, Don Chisciotte, L’Improvvisatore, Madame Bovary, Le miniere di re Salomone o qualsiasi cosa preferiate – ma ha pure un senso più ristretto per indicare qualcosa di difficilmente esistente prima del diciannovesimo secolo e fiorente soprattutto in Russia e Francia. Un romanzo, in tal senso, è una storia che cerca di descrivere esseri umani credibili,  e – senza usare necessariamente la tecnica del naturalismo – di mostrarli spinti da motivazioni comuni e non meramente sottoposti a sfilze di improbabili avventure. Un vero romanzo, aderendo a questa definizione, conterrà pure almeno due personaggi, forse più, descritti dall’interno e sullo stesso livello di plausibilità – che, in effetti, esclude i romanzi scritti in prima persona. Se si accetta questa definizione, diviene evidente che il romanzo non è una forma artistica in cui l’Inghilterra abbia svettato. Gli scrittori comunemente ricordati come “grandi romanzieri inglesi” sono presi nel dilemma tra l’essere veri romanzieri o veri inglesi. Gissing non era scrittore di racconti picareschi, o comici, o di commedie, o di libretti politici: era interessato agli esseri umani individuali, ed il fatto di potere trattare simpateticamente differenti atteggiamenti motivazionali, e di trarre una storia dal loro scontro, lo rende pressoché eccezionale tra gli scrittori inglesi.

Certamente non c’è molto di quel che solitamente chiamiamo bellezza, né  molto lirismo, in situazioni e personaggi da lui immaginati, e ancor meno nella trama della scrittura. La sua prosa, infatti, è spesso sgradevole. Eccone due esempi:

Né con impunità lei poteva abituarsi a vagare in regioni proibite, per quanto fermamente si risolvesse a tenersene lontano. (The Whirlpool)

L’inettitudine delle donne inglesi non istruite in tutto ciò che riguarda il loro abbigliamento è un fatto su cui non serve dilungarsi. (In the Year of the Jubilee)

In ogni modo, egli non commette gli errori che contano. È sempre chiaro cosa intende, non scrive mai “per impressionare”, sa come bilanciarsi tra recit e dialogo e come rendere verosimile un dialogo senza accentuare il contrasto con la prosa che lo circonda. Una mancanza molto più seria del suo inelegante modo di scrivere è la ristrettezza del sua gamma d’esperienze. Egli conosce solo pochi strati della società e, a dispetto di un’intensa comprensione della pressione delle circostanze sul personaggio, non pare avere molta nozione delle forze politiche o sociali. Il suo modo di vedere è blandamente reazionario, per mancanza di previdenza piuttosto che malvolere. Essendo stato costretto a viverci in mezzo, ha osservato la classe lavoratrice come costituita da selvaggi, e così dicendo cercava d’essere intellettualmente leale; egli non vide che erano capaci di migliorarsi se avessero avuto migliori opportunità. Ma, dopo tutto, quel che si chiede a un romanziere non è la profezia e parte del fascino di Gissing è nel fatto che appartiene inconfondibilmente al proprio tempo, sebbene il suo tempo lo trattasse malamente. Lo scrittore inglese più vicino a Gissing sembra essere il suo contemporaneo, o quasi contemporaneo, Mark Rutherford. Se semplicemente si elencano le loro salienti qualità i due uomini appaiono diversissimi. Mark Rutherford era scrittore meno prolifico di Gissing, meno determinatamente romanziere, scrisse in miglior prosa, i suoi libri appartengono meno riconoscibilmente ad un dato tempo, e di vedute era un riformatore sociale ma, soprattutto, un puritano. Eppure c’è una sorta di ossessiva somiglianza, probabilmente spiegabile col fatto che entrambi mancano di quella disgrazia degli scrittori inglesi che è il “sense of humour”. Una certa aria di depressione e isolamento è comune ad entrambi. Ci sono, naturalmente, passaggi divertenti nei libri di Gissing, ma egli non pare preoccuparsi granchè di farsi una risata, manca di slancio verso il burlesco. Tratta tutti i personaggi importanti più o meno seriamente, e con uno sforzo di compartecipazione. Ogni romanzo conterrà inevitabilmente figure secondarie meramente grottesche oppure osservate con una certa ostilità, ma c’è come dell’imparzialità, e Gissing ne è più dotato di gran parte degli scrittori inglesi. Ed un punto a suo favore è che non aveva intenti morali molto forti. Aveva certo una profonda ripugnanza verso la bassezza, la vacuità e la crudeltà della società in cui viveva, ma era interessato a descriverla più che a cambiarla. Solitamente nei suoi libri non c’è nessuno da indicare come malvagio, e pure quando ce n’è uno esso non viene punito. Nella trattazione della sfera sessuale Gissing è sorprendentemente schietto, considerando il tempo in cui scriveva. Non è che scriva della pornografia o esprima approvazione verso la promiscuità sessuale, ma semplicemente vuole affrontare la realtà. La legge non scritta della prosa inglese, la legge che l’eroe e l’eroina di una narrazione dovrebbero essere vergini al momento di sposarsi, nei suoi libri è disattesa, almeno per la prima volta dai tempi di Fielding.

Come parecchi scrittori inglesi successivi alla seconda metà dell’ottocento, Gissing non poteva immaginare destino più desiderabile dell’essere scrittore o signore agiato. La dicotomia tra l’intellettuale e il non colto già esisteva, ed una persona in grado di scrivere un romanzo serio non poteva immaginarsi del tutto soddisfatto della vita di un uomo d’affari, o di un soldato, o di un politico, o altro. Gissing non voleva nemmeno, almeno consciamente, essere il tipo di scrittore che era. Il suo ideale, piuttosto malinconico, era possedere un reddito personale e vivere in una confortevole casetta in campagna, preferibilmente scapolo, dove nuotare tra i libri, specialmente i classici greci e latini. Forse avrebbe realizzato l’ideale se non avesse fatto in modo di finire in prigione subito dopo aver vinto una borsa di studio a Oxford: perciò trascorse la vita in quel che gli apparve un lavoro da scribacchino, e una volta finalmente raggiunto il punto in cui smettere di scrivere a comando, quasi subito morì, all’incirca quarantacinquenne. La sua morte, descritta da H.G. Wells  nel suo Experiment in Autobiography, fu un gesto della sua vita. I trenta romanzi, o quasi, che produsse tra il 1880 e il 1900 erano, per così dire, trasudati da lui durante la lotta per quell’agiatezza che mai godette e che di poco vantaggio gli sarebbe stata se l’avesse posseduta: perché è difficile credere che il suo temperamento si adattasse davvero ad una vita da studioso. Forse la spinta naturale dei suoi doni in ogni caso l’avrebbe forzato prima o poi a scrivere romanzi. In caso contrario, dobbiamo essere grati al gesto di giovanile follia che lo allontanò da una confortevole carriera borghese e lo spinse a divenire cronista della volgarità, della miseria e dell’insuccesso.