le voci che corrono

Francesco Biamonti

Un anno fa, il 17 ottobre, moriva Francesco Biamonti, autore di quattro romanzi tutti editi da Einaudi (in primavera uscirà l’inedito “il silenzio”) … Di Biamonti pubblichiamo l’intervista rilasciata ad alcuni studenti del Liceo “A.Aprosio” di Ventimiglia nel 1996 …

Ci può dare una definizione del suo stile?

“Non spetta a me definirlo, i francesi hanno parlato di lyrisme aride, un lirismo che non porta da nessuna parte, senza speranza né consolazione”.

Perché i suoi personaggi sono sempre solitari?

“Perché la solitudine è una condizione dell’uomo che s’infrange raramente. L’uomo fa sempre dei monologhi, non riesce mai, o quasi mai, a dialogare. La solitudine è la condizione umana per eccellenza”.

L’ulivo, per lei, ha un valore simbolico?

“Sì, anche simbolico, pero è, soprattutto, un valore di vita, di una vita e di una civiltà millenarie che si stanno estinguendo”.

Attribuisce una funzione fondamentale alla donna, come Dante o Montale?

“La donna è l’angelo cosmico-salvifico, ma è anche un viaggio verso la morte, la sua bellezza rimanda all’al di là, è un mezzo, quindi, o un’occasione per andare “oltre” ma anche una terribile dannazione …”.

Ha dei contatti con altri letterati contemporanei?

“Di contatti ne ho tanti ma sporadici e talvolta ironici. Contatti seri no, non m’importa niente degli altri”.

Ha avuto un’infanzia e una giovinezza serene?

“Serena? Come si fa a dire serena l’infanzia, è un’età da abolire ed anche la giovinezza “…voisive jeunesse / tout le temps servile, / par delicatesse / je perdasi ma vie.”.

 

Ha una visione della vita negativa o positiva?

“Né positiva né negativa, soltanto realistica, e poi anche la realtà è difficile da conoscere e da definire. Non ho una visione che possa definirsi in termini affettivi o sentimentali; la vita è un’apparizione fra due nulla”.

Quali sono i suoi passatempi, ama viaggiare?

“Sì, amo viaggiare per impoverirmi, per spogliarmi di ciò che non è necessario, non per arricchirmi, non per conoscere ma per disconoscere e ribadire l’idea che il mondo è tutto uguale e non serve a niente viaggiare”.

 

Ha dei sogni nel cassetto? Nutre delle speranze nei giovani?

Non ho sogni nel cassetto. Io sono anarchico-individualista e non credo nei giovani. Forse, però, in loro c’è un’esigenza di ritornare a domande intimistiche, non credono più nel sociale, nel politico e questo per me è positivo sempre che arrivino alla forza dell’interiorità”.

 

Francesco Improta,La stampa – ttL”, 19 ottobre 2002