Carlo Romano

Adorno e Berg

 

Theodor W. Adorno - Alban Berg: SII FEDELE. Corrispondenza 1925-1935. Archinto, 2016

L'8 settembre del 1933 Adorno scriveva a Berg: "Ho visto a Berlino un vecchio film muto di Pabst intitolato Büchse der Pandora, e anche così stravolte, le due parti di Lulu mi hanno fatto un'enorme impressione. Il testo è un colpo di genio e si accorda in modo incredibile con la sua musica". Le parti in questione sono i due drammi di Franz Wedekind che raccontano di una ragazza (Lulu, appunto) che in un crescendo di depravazione finisce prostituta e vittima di Jack lo Squartatore. Quando Berg morì l'opera (Lulu) non era ancora conclusa (la portò a termine un altro compositore e fu presentata al completo diversi decenni dopo). Per quanto il musicista (come del resto Adorno) fosse rimasto impressionato dai testi di Wedekind (anni prima aveva anche assitito a una conferenza di Karl Kraus sul tema) la sua vera fissazione letteraria fu un'altra.

Nel 1925, quando comincia la corrispondenza con Adorno, Alban Berg presentava, accolto da una serie di non cercate ovazioni, Wozzeck. Berg apparteneva al circolo di Schoenberg e compariva fra i diffusori del nuovo verbo compositivo e sonoro della dodecafonia. Adorno ne scrisse subito con entusiasmo, mentre Schoenberg rimase alquanto freddo davanti all'opera del discepolo. Più tardi Adorno avrebbe osservato che Schoenberg era geloso dei successi di Berg, mentre quest'ultimo invidiava i fiaschi dell'altro.

Il lavoro traeva origine da un testo di Georg Büchner, che in realtà aveva lasciato un dramma incompiuto e frammentario (una storia di uxoricidio e follia) che Berg conobbe attraverso la versione ultimata da Emil Franzos, poi giudicata arbitraria da alcuni filologi che intitolavano l'opera Woyzeck. A Berg, Adorno scrisse che "quello che Lei ha messo in musica e che resta intramontabilmente bello non può essere migliorato da nessuna filologia, né, si spera , rovinato dai professori" (la storia avrebbe ad ogni modo dato ragione a quest'ultimi).

Nella corrisponenza fra i due Wozzeck appare come una sorta di filo conduttore inframmezzato dalle riflessioni filosofiche dell'uno, dai resoconti degli incontri dell'altro e dalle osservazioni estetiche di ambedue. Curata da Henri Lonitz questa corrispondenza è stata tradotta in italiano da Roberto Di Vanni e porta un'ampia nota di Paolo Petazzi.

“Fogli di Via”, novembre 2016