Massimo Bacigalupo

Willa Cather e il professore: la ricerca delle radici arcaiche

I turbamenti della mezza età e il contrasto fra un mondo sociale artificioso e la libertà degli spazi aperti, fisici e mentali, sono argomento di uno dei romanzi più felici dell’americana Willa Cather, La casa del professore, di

cui Giano Editore pubblica una nuova finalmente integrale e precisa versione italiana (trad. Monica Pareschi, pp. 285, €16). L’accompagna una postfazione di Eudora Welty, un’altra gustosa e fine scrittrice statunitense recentemente scomparsa quasi centenaria, che offre un’immagine complessiva di Willa Cather e della sua “casa del romanzo”, la house of fiction di cui parlava Henry James.

     Nata in Virginia nel 1873, la Cather aveva trent’anni meno di James ed era una coetanea di Gertrude Stein e Sherwood Anderson. Con la Stein condivideva l’indipendenza, la scafatezza, e il lesbismo, ma “Miss Cather” non fece una bandiera e un tema alluso ed eluso dell’omosessualità: mise al centro di molte opere personaggi femminili ribelli al destino del matrimonio, ma capaci di provvedere a se stesse e affermarsi, non diversamente dalla scandalosa Sorella Carrie di un altro coetaneo, il socialista Theodore Dreiser. Ma da James, anch’egli del resto lambito dall’omossessualità, la Cather apprese la lezione dell’oggettivazione, della fedeltà alla vocazione dello scrittore, del contenimento dell’io autobiografico, oltre a riprenderne il tema del rapporto America-Europa. E proprio in questo  La casa del professore il protagonista, Godfrey St. Peter, pensa spontaneamente a un romanzo giovanile di James, L’americano, e ai suoi temi etici quando si sente stretto alla gola da troppe piccole ingiustizie e meschinerie che gli avvengono intorno, nella famiglia che gli pare sempre più nel corso della vicenda una trappola da cui vorrebbe liberarsi.

           St. Peter ha 52 anni, l’età della Cather nel 1925 quando pubblicò La casa del professore, e ha scritto un’opera fondamentale in più volumi sugli Avventurieri spagnoli in Nord America. Vive sul Lago Michigan in una cittadina universitaria, Hamilton, rispettato ma non più di tanto dai colleghi (che vogliono un’università più manageriale) e dagli studenti (scandalizzati dal suo scetticismo in materia di scienza e religione: la scienza, dice agli studenti, ha solo reso la nostra vita un po’ più comoda, tutto qui). Non diversi i suoi rapporti con i familiari: la bella ma superficiale moglie Lillian, abbastanza convinta della propria superiorità sociale, e le figlie Rosamond e Kathleen con i rispettivi generi. In tanti anni di insegnamento St. Peter ha avuto un solo allievo eccezionale, Tom Outland, uno “straniero misterioso” giunto dal Nuovo Messico con una borsa piena di antichi vasi precolombiani che ha studiato storia sotto la guida di St. Peter ma soprattutto si è dedicato alla fisica, scoprendo la formula di un gas e brevettandola prima di arruolarsi impulsivamente nel 1914 e morire in Francia.

      Outland si era fidanzato con Rosamond St. Peter e l’aveva lasciata erede per testamento. Quando Rosamond sposa l’esuberante Louie Marsellus, questi commercializza l’invenzione di Outland e ne ricava una fortuna, il che rende Rosamond più supponente e intollerante nei confronti della sorella, sposata a un giornalista, e delle fisime del padre. St. Peter ha appena vinto un grosso premio per i suoi Avventurieri, e si è costruito una nuova casa più comoda e bella, ma esita ad abbandonare il suo vecchio studio in soffitta. Così finite le lezioni e gli impegni famigliari, egli si può nascondere nel suo stanzino con i modelli che erano serviti per fare i vestiti alle figlie, a scrivere e pensare.

         La Cather diceva che in un romanzo ci deve essere il materiale di molti buoni racconti, e in effetti questo breve La casa del professore contiene numerose trame secondarie ognuna delle quali potrebbe svilupparsi. Per esempio c’è un altro professore, Crane, che ha collaborato all’invenzione di Outland ed è in difficoltà e vuole intentare un processo per ottenere una parte dei proventi, cosa che St. Peter gli sconsiglia dicendogli che sarà più facile ottenere un compromesso dal cordiale Marsellus.

     In un romanzo precedente, Il canto dell’allodola (1915), che meriterebbe una traduzione, Cather aveva tentato la narrazione a tappeto, che non lascia nulla inesplorato e dice tutto su tutti. Era la storia di una giovane della frontiera che scopre la sua vocazione musicale e riesce a farsi mandare a studiare a Chicago e a emergere fino a divenire un’acclamata interprete di Wagner, sfuggendo anche alla Scilla di un matrimonio d’amore. Cather aveva concepito una passione sia per Wagner che per una cantante e questa storia di un’ascesa (appunto alla Sorella Carrie, ma meno violenta) ne era l’ispirato prodotto.

      Ma da questa esperienza verista Cather apprese che la sua era un’arte di selezione, come quella di James, e tornò alle narrazioni episodiche con La mia Antonia, la storia del Nebraska della sua infanzia che le diede la fama, e che è lungi dall’essere tutto la storia della ragazza boema Antonia, la fa apparire e sparire. Ora, nella Casa del professore, abbiamo un personaggio maschile (come poco dopo in un altro grande successo di Cather, La morte giunge per l’Arcivescovo), circondato da donne che non lo lasciano in pace, anche se la vecchia sarta Augusta gli offre il sostegno del suo buon senso discreto e della sua conoscenza del rito cattolico, spiegando - lei al professore - che il Magnificat “è stato composto dalla Beata Vergine”, e Godfrey si sofferma a pensare sull’espressione curiosa, come se Maria si fosse messa al tavolino a comporre le sue parole di ringraziamento. Ed Augusta praticamente salva la vita a Godfrey e lo lancia verso un futuro dopo la sua crisi di identità di cui questo romanzo è l’ottima messa in scena.

         Quando Lillian, Rosamond e Marsellus partono per un lussuoso viaggio in Francia, St. Peter recalcitra e resta nella sua vecchia casa a vedersela con il passato e il presente, soprattutto con il fantasma di Outland che ha “lasciato ricchi doni” ed è scomparso nel nulla. La seconda parte del romanzo, narrata in prima persona, è il racconto che Outland ha fatto a suo tempo al professore sulle proprie vicende. Anche lui proviene da una zona rurale e si è mantenuto con lavori occasionali e ha avuto il desiderio di studiare, incoraggiato da un prete e dall’amico Roddy, un vero personaggio di buon duro alla Clint Eastwood che Tom ha aiutato dopo una pericolosa vincita di poker. Tom e Roddy formano un’altra coppia felice libera dalle pastoie del matrimonio convenzionale, e passano un’estate a pascolare una mandria in Nuovo Messico presso una meravigliosa Mesa che nessuno ha mai scalato.

     Qui Tom addentrandosi in un canyon giunge a scoprire intere città precolombiane perfettamente conservate costruite sotto il ciglio di grandi caverne e impara ad amare quei progenitori misteriosamente scomparsi e ne raccoglie le tracce. Con i soldi di Roddy va a Washington cercando di interessare qualcuno alla scoperta, ma viene ignorato e deriso. E’ il solito contrasto fra la vera America del West, dove si respira un’aria cristallina, e i miasmi della politica e della corruzione della capitale. Quando Tom torna in Nuovo Messico lo attende un’altra brutta sorpresa che porterà alla fine della grande amicizia con Roddy e in qualche modo alla sua morte.

     La Cather aveva già parlato delle civiltà precolombiane del Sud Ovest in Il canto dell’allodola, facendone lo sfondo di una epifania della protagonista. Qui la rivelazione ha di nuovo un ruolo centrale, come di un nucleo della coscienza sepolto e riportato alla luce, una sorta di Fonti del Clitumo dell’America, il segno della diversità e unicità del destino americano, che pure si collega attraverso quei popoli di artisti pacifici al meglio della cultura del vecchio mondo: Firenze, Atene. Outland comunica questa rivelazione a St. Peter e dà anche a lui la fortuna, perché il libro sugli Avventurieri spagnoli deve molto a una ricognizione sui luoghi che essi percorsero compiuta da St. Peter sotto la guida dell’amico. E ora St. Peter deve interrogarsi sul senso della sua vita, diviso fra questa visione e conoscenza del sé e dell’altro, e l’inevitabile attrito delle storie e persone che lo circondano. “Guadagnando e spendendo sprechiamo il nostro potere” diceva il poeta. St. Peter si sente vecchio, pronto a morire. Vedrà il lettore se e come uscirà da questo vicolo cieco.    

        Cather è notevole per il suo contenuto ottimismo, per la sua serenità di artista, che non presenta un mondo manicheo e non condanna nessun personaggio, anche se certo ne preferisce alcuni. In questo è simile a un altro poeta quasi coetaneo, l’esteta Wallace Stevens. Ma la Cather aveva anche la sua visione delle Mesa e delle civiltà rupestri. Nel 1929, quattro anni dopo La casa del professore, arrivava nel Nuovo Messico, a Taos, l’asciutta e sensuale Georgia O’Keeffe, che farà in pittura per quei paesaggi ciò che Willa Cather ha fatto nelle sue opere straordinariamente nitide: classiche.

Il Manifesto-Alias”, 29 novembre 2003