Bianconiglio
e Gegeniglia |
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febbraio 2012: un giro scalda-cuore sulla mia Strada del Cuore |
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Pochi chilometri ed eccomi a Morimondo, noto per la grande Abbazia cistercense del XII secolo: lo raggiungo per la strada che corre in mezzo ai pioppi ed alle robinie, tra avvallamenti del terreno e argini (vedete che non è così piatta, la pianura Padana?) e mi fermo per fare due passi: il paese è silenzioso e solo qualche altro turista della domenica mattina percorre il selciato, ammiro la linea elegante dell'Abbazia, peccato che la luce non sia ideale, sento che dall'interno si levano canti, deve esserci la Messa quindi non entro per non disturbare, scatto qualche immagine e riparto.
Dopo Morimondo la SS526 inizia a regalare qualche piega, alcune modeste ed alcune più decise, facendo supporre un possibile passato di viottolo di campagna che si snodava tra le risaie e finiva in qualche aia, finché non è stato ricoperto da un velo di asfalto. Ancor oggi la strada sembra infilarsi nei portali delle grandi cascine per svoltare seccamente a destra o sinistra e costeggiare tutto il perimetro delle corti.
A destra e sinistra solo coltivazioni di pioppi (da inviare alle cartiere) e risaie ancora asciutte, bisognerà aspettare ancora qualche mese per vedere il verde far da padrone al posto del marrone, quasi nero, della terra umida dissodata. Supero Besate e Motta Visconti, con le loro frazioni, fino a giungere a Bereguardo, dove lascio la 526 svoltando a destra, verso il campo sportivo ed il cimitero, percorro il lungo viale Ticino, quello della prima foto, dritto come un fuso tra due file d'alberi, alla fine del quale un cartello ammonisce "Curve pericolose" (ve l'avevo detto)... ed io mi ci tuffo, in queste curve che conosco e che non ritengo pericolose per alcuno con un minimo di senno, curve che corrono nel bosco che contorna il fiume qua e là rotto da una radura dove si erge, scheletrico metallico albero, un traliccio dell'alta tensione, fino ad arrivare al Ponte di Barche. Tutte le capanne ed i chioschi dei bar e dei noleggiatori di canoe sono chiusi, siamo ben lontani dai mesi in cui questo tratto di fiume richiama famiglie alla ricerca di una spiaggia a costo quasi zero. Il fiume è basso, metà delle chiatte sono adagiate sulla ghiaia, il ponte è quasi una cresta di stegosauro, con il suo secco su-e-giù specie alle estremità.
Adesso che sono passato dalla sponda sinistra a quella destra del Ticino, il trucco per arrivare a Pavia lungo l'argine è semplice: tenere sempre la sinistra! Verso Zerbolò la strada incrocia diverse rogge colme d'acqua cristallina, sempre tra qualche mese le rane gracideranno prima di finire nei risotti dei ristoranti della zona. Zerbolò, paese agricolo peraltro senza alcuna attrattiva, è quasi sacrilegamente attraversato in pieno centro da un viadotto dell'autostrada Milano-Genova, che corre in rilevato prima e dopo il paese, e lo taglia in due. Meglio godersi l'intreccio di rogge nei pressi del cimitero.
Svoltando sempre a sinistra ai bivii della strada principale (ma senza andare nei viottoli, neh?) si arriva finalmente all'argine del fiume, il nastro d'asfalto corre ad alcuni metri sopra i campi a ridosso del fiume, e l'azzurro dell'acqua si fa più vicino. Percorro questa strada con un filo di gas, fino a intravedere tra gli alberi la sagoma della cupola del Duomo di Pavia, ammirando di più gli arabeschi che i trattori hanno lasciato nei resti delle coltivazioni dell'anno passato (cosa sarà, grano?). Arrivo a Pavia dalla parte di Borgo Ticino, il quartiere che è il primo ad allagarsi quando il fiume diventa intemperante, percorro la strada acciottolata che piega a destra del Ponte Vecchio per andare ad ammirarlo in tutta la sua eleganza prima di infilare la sua struttura coperta e ornata di capriate. Proprio entrando in Borgo Ticino il contakm compie un altro giro "quattro zeri" segnando 40.000 che, sommati ai 99.999,9 raggiunti nel 2008 durante le vacanze in Francia, totalizzano 140.000 km percorsi: la sto usando troppo poco, questa moto...
La mattinata volge al termine
ma, prima di riprendere la strada di casa, attraverso Pavia fino ad
arrivare alle chiuse leonardesche, che permettevano alle chiatte di
superare il dislivello tra il Ticino e il Naviglio Pavese: ora il
naviglio scorre placido e si getta nel Ticino cadendo da tre serie
di chiuse. Risalgo il Naviglio lungo le Alzaie prima e i viali dopo,
fino a raggiungere la SS35 che sale verso il capoluogo, resisto alla
tentazione di svoltare verso la Certosa, limitandomi ad ammirare da
lontano le policromie del tetto. A Binasco lascio la noiosa statale
che regala qui e là solo qualche vecchio ponte pedonale in ferro sul
Naviglio e piego per una stradina secondaria che ben conosco e che
mi porterà a Zibido San Giacomo e quindi a Trezzano sul Naviglio..
ormai sono a un passo da casa e l'appetito si fa sentire, ma la cosa
ben più importante è stata il placare questa fame di libertà,
serenità, danzando su due ruote e un motore, fame che per diversi
motivi (prima il clima pessimo, poi un'influenza in quei pochi
giorni in cui il clima era migliorato, ecc..) durava ormai dallo
scorso ottobre... adesso si ricomincia !!!
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