“Dunque Lorenza gli aveva chiesto di accompagnarla in
macchina in Riviera (…) Belbo aveva acconsentito, folgorato
dall’idea di passare una domenica al mare con lei.
Erano andati in quel luogo, non sono riuscito a capire esattamente
dove, forse vicino a Portofino (…) Lorenza aveva fatto la sua
commissione mentre Belbo aspettava in un bar, e poi aveva detto che
potevano andare a mangiar pesce in un posto proprio a picco sul
mare.
Da questo momento la storia si frammentava (…) Erano andati in
macchina sinché si poteva, poi avevano proseguito per quei sentieri
liguri lungo la costa, fioriti e impervi, e avevano trovato il
ristorante. Ma appena seduti, sul tavolo accanto al loro avevano
visto un cartellino che lo riservava per il dottor Agliè.
(…) Avevano abbandonato il ristorante (…) Avevano raggiunto la
macchina e Belbo aveva detto che tanto valeva tornare a Milano. No,
gli aveva detto Lorenza (…) guarda che bella giornata, tagliamo
attraverso l’interno, dev’essere delizioso, raggiungiamo
l’Autostrada del Sole e andiamo a cena nell’Oltrepo’ Pavese.
Ma perché nell’Oltrepo’ Pavese, ma che cosa vuol dire attraverso
l’interno, c’è una sola soluzione, guarda la carta, dobbiamo puntare
sui monti dopo Uscio, e poi valicare tutto l’Appennino, e far sosta
a Bobbio, e di lì si arriva a Piacenza, sei matta, neanche
Annibale con gli elefanti. Non hai il senso dell’avventura,
aveva detto lei, e poi pensa a quanti bei ristorantini troviamo su
quelle colline. Prima di Uscio c’è Manuelina, che ha dodici stelle
sulla Michelin, tutto il pesce che vogliamo.
Manuelina era pieno, con una fila di clienti che guatavano i tavoli
dove stava arrivando il caffè. Lorenza aveva detto non importa,
salendo di qualche chilometro si trovano altri cento posti meglio di
questo. Avevano trovato un ristorante alle due e mezzo, in un borgo
infame che a detta di Belbo anche le carte militari si vergognavano
di registrare, e avevano mangiato pasta scotta condita con carne in
scatola (…) Dopo Uscio avevano tentato un passo, e attraversando un
paesino che sembrava di essere la domenica pomeriggio in Sicilia e
al tempo dei Borboni, un grande cane nero si era parato attraverso
la strada come se non avesse mai visto un automobile (… … …) Belbo
era ripartito e aveva superato cinicamente il centro più vicino,
Lorenza malediceva tutti gli animali di cui il Signore aveva lordato
la terra dal primo al quinto giorno compreso, e Belbo era d’accordo,
ma si spingeva a criticare anche l’opera del sesto giorno, e forse
anche il riposo del settimo, perché trovava che era la domenica più
maledetta che mai gli fosse capitata.
Avevano iniziato a valicare l’Appennino, ma mentre sulle carte
sembrava facile, ci avevano messo molte ore, avevano saltato Bobbio,
e verso sera erano arrivati a Piacenza (…)”
E il resto, un
gustoso epilogo tragicomico di capitolo per il nostro povero
Jacopo Belbo, non ve lo cito: se volete sapere come finisce
la serata con Lorenza leggete “Il
pendolo di Foucault” di Umberto Eco.
Qualche giorno fa Giuseppe e Luana, con cui non uscivamo in
moto da un po’, ci avevano proposto un giro per questa
domenica senza peraltro proporci la destinazione. Al Bian
era venuta in mente una “classica” gita a Camogli passando
per la Val Trebbia, forse un po’ troppo pretenziosa per la
stagione marina (Camogli poteva essere un delirio) ma di
certo adatta al tratto montano…
La sera di ieri, sabato,
c’era stata una pizzata della “Compagnia allargata” alla
quale la spumeggiante Raffaella (che purtroppo non fa parte
di una coppia motomunita) aveva invitato urbi et orbi
e tra l’orbe presente c’erano i conoscenti-ormai-nuovi-amici
Luigi&Lorella e Giuseppe2&Anna, coppie entrambe motorizzate
con Varadero e NTX700: tra le varie chiacchiere della serata
è stato naturale estendere a loro l’invito alla gita. Così
la mattina dopo ci troviamo con G&L a casa loro alle 8.00 e
raggiungiamo L&L e G&A al puntello delle 8.30 al casello di
Melegnano. Scorrevole tratto autostradale fino a Piacenza
Sud… no, Piacenza Nord: siccome G&A tendono a restare
indietro anche a velocità codice allora abbandoniamo prima
l’autostrada, pezzettino di Via Emilia, attraversamento del
capoluogo e finalmente infiliamo la SS45 “di Val Trebbia”. |
La galleria
fotografica
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Alle 10 circa siamo a Bobbio,
anche questa classica sosta per i motard di queste lande: è
d’obbligo il caffè (Giuseppe2 si stava chiedendo quando ci sarebbe
stata la sosta-caffè) al bar all’angolo con la strada del Monte
Penice seguito da una passeggiata per il borgo che gli altri non
avevano mai visto, compreso l’attraversamento del bel ponte sul
fiume. Tra una cosa e l’altra stiamo fermi quasi un’ora e mezza e ci
aspetta il tratto più tortuoso, assolutamente ben riassunto dalle
impressioni di Belbo che lo aveva percorso in senso inverso:
“neanche Annibale con gli elefanti”… beh, noi lo sapevamo già.
Ottone, Marsaglia,
Uscio…
Arriviamo a Recco alle 13 passate: c’è una sagra, deviazioni e
traffico, impossibile raggiungere la nostra focacceria preferita,
puntiamo subito su Camogli, e si vede subito che il delirio c’è
eccome: impieghiamo un quarto d’ora a trovare parcheggio per le
nostre quattro moto, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Col senno del
poi, Giuseppe2 mi dirà “sarebbe stato meglio fare una sosta
intermedia…”.
La giornata è calda ma non
troppo, la spiaggia piena di gente, un po’ ci manca non avere il
costume: in una delle numerose focaccerie ci rifocilliamo con le
specialità locali e passeggiamo per il paese fino al porto ammirando
le belle palazzate d’epoca affacciate sul mare con i loro caldi
colori e ci fermiamo un paio d’orette… alla partenza Giuseppe2
ricorda a tutti “non so come vanno le vostre moto, la mia va a
benzina…” e rabbocchiamo al primo self-service a mostruosi prezzi
liguri.
E’ ancora presto per tornare:
propongo la SP67 “di Monte Fasce”, piacevole sorpresa da noi
percorsa qualche mese fa e così ripuntiamo su Uscio per deviare
sulla bella strada, come sempre percorsa dai corretti smanettoni del
luogo: peccato che al belvedere ci sia foschia. Il tratto della
strada che scende verso Genova e che non avevamo mai percorso è
stretto e tortuoso, ci rallenta un po’. Sosta caffè in un bar dove
pochi sparuti scooteristi avevano organizzato un raduno di Honda
CN250, e poi scendiamo definitivamente a Genova imboccando
l’autostrada a Nervi, poi la solita Serravalle e, durante la strada,
saluti al volo ognuno rientrando a casa propria…
Personalissima morale della favola: Bian, te l’eri già detto… basta
mare d’estate
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