[51] La nozione di “procedimento di secondo grado”, di uso poco frequente nella dottrina spagnola, si trova invece in numerosi autori italiani; per tutti, Massimo Severo Giannini, Diritto amministrativo, vol. II, 2ª ed., Milano, 1988, p. 542.
[52] Cfr. Vicenzo Cerulli Irelli, Corso..., cit., pp. 588-589 e 643. In Spagna la revisione d’ufficio, anche con estensione diseguale, era già regolata con carattere generale nell’art. 37 del Decreto del 26 luglio 1957, mediante il quale veniva approvato il testo unico della Legge di Regime Giuridico dell’Amministrazione dello Stato, così come agli artt. 109-112 LPA 1958.
[53] I ricorsi nell’ambito tributario sono stati espressamente esclusi dalla LAP dalla Legge 4/99 (art. 107.4 e disp. agg. 5ª), di modo che, in questo ambito, essi saranno guidati da disposizioni specifiche. All’interno dei metodi di impugnazione in questo ambito risalta il cosiddetto ricorso economico-amministrativo, che si propone presso organi amministrativi paragiurisdizionali detti Tribunali Economico-Amministrativi. Neppure le impugnazioni di atti della Previdenza Sociale e Disoccupazione sono guidate dal sistema di ricorsi della LAP (disp. agg. 6ª).
[54] Vi sono diversi tipi di reclami previ obbligatori nell’ordinamento spagnolo. I più caratteristici sono i reclami previ all’esercizio di azioni civili e di lavoro (artt. 120 e ss. LAP), i quali, da un lato presuppongono un privilegio a favore delle Pubbliche Amministrazioni, se teniamo conto che la fase di conciliazione previa nei litigi civili tra privati è meramente facoltativa e, dall’altro, si scostano dalla natura dei ricorsi amministrativi in quanto hanno per oggetto atti o comportamenti dell’Amministrazione basati su Diritti materiali diversi da quello Amministrativo. Ma, oltre a questi, vi sono altri reclami previ riferiti a questioni propriamente giuridico-amministrative, ma che non consistono nell’impugnazione di un’attività formale dell’Amministrazione, ma di una sua condotta attiva od omissiva. Si tratta dei reclami nei confronti delle attuazioni materiali costitutive di vie di fatto e nei confronti della cosiddetta inattività materiale (artt. 29 e 30 della Legge 29/1998, del 13 luglio, sulla Giurisdizione Contenzioso-Amministrativa in seguito, LJ).
[55] L’art. 53 LJ del 1956 disponeva che saranno eccettuati dal ricorso in opposizione:
a) Gli atti che implicassero la decisione di qualsiasi ricorso amministrativo, compreso l’economico-amministrativo.
b) Quelli dettati nell’esercizio della potestà di fiscalizzazione sugli atti provenienti da un altro Organo, Corporazione o Istituzione se fossero d’approvazione dell’atto fiscalizzato.
c) Gli atti presunti, in virtù del silenzio amministrativo, regolato all’art. 38.
d) Gli atti non manifestati per iscritto.
e) Le disposizioni di carattere generale, nel caso previsto all’art. 39, comma primo.
In tutti questi casi il ricorso in opposizione era facoltativo. Bisogna considerare, per quanto riguarda il comma a) dell’articolo riprodotto che, se la decisione era di un ricorso di reposición, non era possibile, secondo la logica, proporlo nuovamente, come sarebbe stato chiarito in seguito dall’art. 126.3 LPA 1958. Per quanto concerne l’eccezione citata nel comma e) relativa alle disposizioni generali, il rinvio che conteneva permise di intendere, in una prima analisi, che le uniche disposizioni generali sottoposte all’obbligo di ricorso in opposizione erano quelle denominate “autoapplicative” (art. 39.3 LJ 1956). L’opposizone di parte della dottrina a questa esclusione selettiva delle disposizioni generali in relazione al ricorso in opposizione, intendendo, tra le altre cose, che le norme regolamentari non danno luogo, in nessun caso, alla nascita di un rapporto giuridico tra l’Amministrazione e l’amministrato, della quale essa possa disporre per via di ricorso (Eduardo García de Enterría, “Recurso contencioso directo contra disposiciones reglamentarias y recurso previo de reposición”, Revista de Administración Pública, nº 29, 1959, pp. 161 e ss.), così come la posteriore conferma tramite il Tribunale Costituzionale (TC) STC 32/1991, del 14 febbraio che non era possibile esigere il ricorso in opposizione in relazione a disposizioni generali, determinò infine che detto rimedio passasse ad essere facoltativo in relazione con tutte loro. L’esclusione dei ricorsi amministrativi diretti contro i regolamenti è stata generalizzata, come vedremo, nella legislazione sul procedimento posteriore al 1958.
[56] Cfr. Sebastiano Cassarino, Manuale di Diritto processuale amministrativo, Milano, 1990, pp. 279-281.
Tuttavia, la LPA 1958 (art. 122.3) introdusse un altro ricorso speciale che, con il nome di recurso de súplica, poteva essere proposto presso i massimi organi del Governo della nazione: il Consiglio dei Ministri, le Commissioni Delegate del Governo e il Presidente del Consiglio. I suoi tratti caratteristici consistevano nel fatto che la risoluzione del ricorso era affidata a un organo che non era in senso stretto, superiore gerarchico di quello che aveva emesso l’atto impugnato, e, inoltre, la sua proposizione era possibile solo quando una norma legale lo avesse previsto.
[57] Cfr. Preambolo (13).
[58] In realtà questa comunicazione previa non ha assolto lo scopo conciliatore che le si voleva assegnare, dato che non era necessario aspettare una risposta dell’Amministrazione, e nenache è servita come ultima via perché questa tornasse sui propri atti prima dell’inzio della litis vera e propria, nella misura in cui non esisteva un termine concreto per la previa presentazione di detta comunicazione, che poteva essere effettuata lo stesso giorno della interposizione del ricorso giurisdizionale e, anche, la giurisprudenza ha considerato che la sua mancanza, una volta proposto il ricorso, fosse perfettamente sanabile (STS de 22 aprile 1996; STC 76/1996, del 30 aprile). In ogni caso, la norma che conteneva detto dovere (art. 110.3 LAP) è stata espressamente derogata dalla LJ 1998.
[59] Per segnalare solo alcuni esempi, García de Enterría e Fernández Rodríguez in proposito affermano che “ancora più grave da tutti i punti di vista era l’eliminazione pura e semplice da parte della LPC del vecchio ricorso in opposizione contro gli atti dettati dagli organi e autorità che ultimano la via amministrativa. Dal punto di vista costituzionale, ciò lasciava tutti i cittadini senza alcuna garanzia negli affari di scarsa entità economica, nei quali l’accesso ai tribunali risulta sproporzionato e antieconomico” (Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. II, 6ª ed., 1999, p. 510); si mostrano critici anche Ramón Parada Vázquez, Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y Procedimiento Administrativo Común (Estudio, comentarios y texto de la Ley 30/1992, de 26 de noviembre), Marcial Pons, Madrid, 1999, p. 383; Jesús González Pérez, Francisco González Navarro e Juan José González Rivas, Comentarios a la Ley 4/1999..., cit., p. 53.
[60] Gli enti locali spagnoli hanno tradizionalmente affidato la soluzione dei ricorsi amministrativi ai loro stessi servizi attivi, i quali, più prossimi alla realtà su cui incide l’atto impugnato e agli interessi implicati, presentavano una disponibilità alla rettificazione delle loro decisioni più elevata delle altre Pubbliche Amministrazioni, disponibilità ancora maggiore nei tempi in cui la difesa processuale dell’Amministrazione locale fu affidata all’Avvocatura dello Stato, formata da avvocati in principio estranei alla problematica e agli interessi locali.
[61] In realtà, il ricorso in opposizione è stato reintrodotto nel nostro ordinamento poco prima della Legge 4/99, dalla LJ 1998 art. 46.4 che, in un impeto di fiducia nell’inalterabilità in sede parlamentare del disegno di legge di riforma del procedimento amministrativo, riconobbe la sua esistenza vari mesi prima che fosse approvato definitivamente.
[62] Cfr. Juan Pemán Gavín, “Vía administrativa previa y derecho a la tutela judicial”, Revista de Administración Pública, n. 127, 1992, pp. 145 e ss.; Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. II, pp. 507-511.
[63] Il suddetto precetto stabilisce, dopo il 1999, che la stessa possibilità di sostituzione operi in relazione al ricorso in opposizione, e dispone che l’applicazione di questi procedimenti nell’ambito dell’Amministrazione Locale non potrà comportare la non conoscenza delle facoltà risolutorie riconosciute agli organi rappresentativi eletti stabiliti dalla Legge, affermazione che di certo viene a ridurre l’efficacia della norma.
[64] Lo riconoscono, tra gli altri, Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. II, p. 534; Ramón Parada Vázquez, op. cit., p. 384; Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, Comentarios a la Ley de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y Procedimiento Administrativo Común (Ley 30/1992, de 26 de noviembre), vol. II, 2ª ed., Civitas, Madrid, 1999, pp. 2296 e 2297. I motivi della mancata operatività sono diversi; tra cui che essi devono essere instaurati da una norma con rango di Legge, cosicché le esigenze stabilite all’art. 107.2 (che si tratti di organi collegiali o commissioni specifiche non sottoposte ad istruzioni gerarchiche, nonché il necessario rispetto da parte di detti meccanismi sostitutivi ai principi, garanzie e termini che la LAP riconosce ai cittadini e interessati in qualsiasi procedimento amministrativo) possono essere perfettamente ovviate dal legislatore futuro.
[65] Tale articolo stabilisce che l’interposizione del ricorso dovrà esprimere:
a) Nome e cognome del ricorrente, nonché la sua identificazione personale.
b) L’atto che viene impugnato e la ragione dell’ impugnazione.
c) Luogo, data, firma del ricorrente, identificazione del mezzo e, se necessario, del luogo segnalato agli effetti della notificazione.
d) Organo, centro o unità amministrativa a cui si rivolge.
e) Altre peculiarità eventualmente richieste da disposizioni specifiche.
[66] La stessa LAP contiene alcune precisazioni al riguardo; l’art. 138.3, ad esempio, dispone che gli atti mediante i quali vengono decisi i procedimenti sanzionatori, saranno esecutivi solo quando mettono fine alla via amministrativa, dimodoché, se contro tale atto risolutorio è possibile un ricorso gerarchico, la sua efficacia si vedrà rinviata finchè questo non sarà deciso (nello stesso senso l’art. 21.2 del Decreto Reale 1398/1993, del 4 agosto, mediante il quale viene approvato il Regolamento del procedimento per l’Esercizio della Potestà Sanzionatrice). Sembra che il legislatore del 1999 non abbia tenuto in gran conto in questa materia la reintroduzione del ricorso facoltativo de reposición. Nella misura in cui tale ricorso viene proposto contro provvedimenti che abbiano posto fine alla via amministrativa, forse sarebbe stato conveniente prevedere anche il ritardo dell’efficacia del provvedimento sanzionatore in caso l’interessato avesse optato per interporre tale ricorso: in altre parole, forse sarebbe stato conveniente subordinare in ogni caso l’esecutività dell’atto al suo carattere inoppugnabile in via amministrativa, cosa che di certo non ha lo stesso significato.
[67] Cfr. Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, op. cit., vol. II, p. 2321.
[68] Questo regime così progressivo non è stato giudicato positivamente da tutta la dottrina. È stato detto, infatti, che “da questo regime di silenzio amministrativo risulta senza dubbio una contrapposizone irragionevole, giacché non si capisce come condizioni estremamente rigorose richieste per concedere la sospensione di atti espressi, si riducano a niente quando si tratta di atti presunti; e null’altro che scandalo deve suscitare il fatto che l’esecutività degli atti amministrativi, blindata da tutto quanto detto nei confronti dell’atto espresso resti così facilmente disarmata nei confronti degli atti presunti e nonostante i danni all’interesse pubblico o a terzi che potrebbero essere causati dalla mancata esecuzione dell’atto, cosa che viene dimenticata per il semplice fatto di punire a scapito altrui la negligenza di non rispondere a una richiesta di sospensione entro sì breve termine” (Ramón Parada Vázquez op. cit., p. 388).
[69] Andrés de la Oliva e Miguel Ángel Fernández, Derecho Procesal civil, vol. II, 3ª ed., Ed. Centro de Estudios Ramón Areces, Madrid, 1994, p. 561.
[70] L’art. 102.1 stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni, in qualsiasi momento, per iniziativa propria o su richiesta dell’interessato, e previo parere favorevole del Consiglio di Stato o organo consultivo equivalente della Comunità Autonoma, qualora esistesse, dichiareranno d’ufficio la nullità degli atti amministrativi che abbiano messo fine alla via amministrativa o che non siano stati impugnati entro i termini, nei casi previsti dall’articolo 62.1. Da parte sua, il comma 2 dello stesso articolo 62 dispone che allo stesso modo, in qualsiasi momento, le Pubbliche Amministrazioni d’ufficio, e previo parere favorevole del Consiglio di Stato od organo consultivo equivalente della Comunità Autonoma qualora esistesse, potranno dichiarare la nullità delle disposizioni amministrative nei casi previsti all’articolo 62.2. Quest’ultimo comma prevede in modo espresso e definitivo, la possibilità di rivedere d’ufficio le disposizioni generali, possibilità che è stata discussa dottrinalmente dalla LPA 1958 fino alla riforma del 1999.
[71] L’art. 62.1 LAP stabilisce che gli atti delle Pubbliche amministrazioni sono nulli di pieno diritto nei seguenti casi:
a) quelli che ledono i diritti e le libertà suscettibili di “amparo” costituzionale;
b) quelli dettati da un organo manifestamente incompetente in ragione della materia o del territorio;
c) quelli che hanno un contenuto impossibile;
d) quelli che siano costitutivi di infrazione penale o siano dettati a conseguenza di quest’ultima;
e) quelli dettati prescindendo totalmente e assolutamente dal procedimento legalmente stabilito o dalle norme che contengono le regole essenziali per la formazione della volontà degli organi collegiali;
f) gli atti espressi o presunti contrari all’ordinamento giuridico per mezzo dei quali vengono acquisiti facoltà o diritti quando non si possiedono i requisiti essenziali per la loro acquisizione;
g) qualsiasi altro che stabilisca espressamente una disposizione di rango legale.
Si può accennare che il comma a) di questo articolo è stato modificato dalla Legge 4/99, che ha soppresso l’espressione “contenuto essenziale” come oggetto della lesione dei diritti e delle libertà, ma questa non sembra la sede adeguata per approfondire le varie differenze di regime giuridico tra i due tipi di invalidità nell’ordinamento spagnolo, regime che si scosta sensibilmente da quello proprio degli atti amministrativi nel suo omologo italiano. A proposito della soppressione da parte della Legge 4/99 dell’espressione riferita nell’art. 62.1.a LAP e alle critiche dottrinali che suscitò la redazione originaria del precetto, vid. Tomás de la Quadra-Salcedo, “La revisión de los actos y disposiciones nulos y anulables y la revocación de actos”, Documentación Administrativa, nº 254-255, 1999, pp. 199-203. Sulla distinzione tra la nullità e l’annullabilità nel Diritto pubblico spagnolo, vid., ex plurimis, Margarita Beladíez Rojo, Validez y eficacia de los actos administrativos, Marcial Pons, Madrid, 1994 e Juan Alfonso Santamaría Pastor, La nulidad de pleno derecho de los actos administrativos. Contribución a una teoría de la ineficacia en el Derecho público, 2ª ed., Instituto de Estudios Administrativos, Madrid, 1975, i quali, trovano la differenza accennata nell’imprescrittibilità dell’azione per far valere la nullità, cosa che si riflette precisamente nella possibilità di procedere alla revisione d’ufficio degli atti nulli in qualsiasi momento, al contrario di quanto avviene con la dichiarazione di lesività degli atti annullabili. L’unica diffrenza legale tra i due istituti, consistente nel fatto che solo gli atti annullabili possono essere convalidati art. 67 LAP, è stata criticata da una certa dottrina come irragionevole, in quanto impedisce all’amministrazione precisamente di rimediare ai vizi più gravi; cfr. Carmen Chinchilla Marín, “Nulidad y anulabilidad”, in Jesús Leguina Villa e Miguel Sánchez Morón (dir.), La nueva Ley de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común, Tecnos, Madrid, 1993, p. 212.
[72] L’art. 62.2 LAP dispone che saranno ugualmente nulle di pieno diritto le disposizioni amministrative che vulnerano la Costituzione, le leggi o altre disposizioni amministrative di rango superiore, che regolino materie riservate alla Legge, e quelle che stabiliscono la retroattività di disposizioni sanzionatrici non favorevoli o restrittive dei diritti individuali. Come si avverte, per la speciale trascendenza dei regolamenti sulla comunità, il legislatore spagnolo ha voluto separare chiaramente il sistema di invalidità degli atti amministrativi e dei regolamenti, stabilendo che, in rapporto a questi ultimi, l’unica possibile conseguenza invalidante è la nullità di pieno diritto. La redazione del precetto fa sì che esso venga interpretato nel senso che tale grado di invalidità sia pertinente sia per vizi di contenuto che di procedimento, giacché in definitiva, le disposizioni sul procedimento e la competenza nell’elaborazione dei regolamenti sono indicate in norme con rango legale; cfr. Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. I, pp. 214-217.
[73] L’art. 63 LAP stabilisce che 1. Sono annullabili gli atti dell’Amministrazione che incorrono in qualsiasi infrazione dell’ordinamento giuridico, compreso lo sviamento di potere. 2. Tuttavia, il difetto di forma determinerà l’annullabilità solo quando l’atto non possegga i requisiti formali indispensabili per raggiungere il proprio fine o dia adito alla indifensione degli interessati. 3. La realizzazione di attuazioni amministrative fuori dai tempi per esse stabiliti, implicherà l’annullabilità dell’atto solo quando ciò sia imposto dalla natura del tempo o termine.
L’assegnazione attuata dal legislatore tra infrazioni e grado di invalidità, a volte è stata giudicata poco ragionevole. È stato inteso, così, che il vizio di sviamento, tenendo conto delle cause di nullità, meriterebbe di essere annoverato tra di esse e non tra i casi di annullabilità, dato che presuppone una delle più gravi illegalità che l’Amministrazione possa commettere, in quanto implica una perversione dell’elemento teleologico della potestà; cfr. Carmen Chinchilla Marín, op. cit., p. 205. D’altra parte, il caso di nullità di cui all’art. 62.1.f LAP, grazie ad un’interpretazione ampia del termine “requisiti essenziali”, ha portato a che l’Amministrazione abbia tentato di revisionare senza vincoli a termini, atti amministrativi semplicemente annullabili che, in seguito alla Legge 4/99, in ogni caso devono essere dichiarati lesivi e impugnati presso la giurisdizione amministrativa, pratica che ha condotto il Consiglio di Stato spagnolo a segnalare che tale caso di nullità deve essere interpretato in senso restrittivo (tra gli altri, Parere dell’11 dicembre 1997, n. 5.380).
[74] In relazione agli atti “che non sono stati impugnati entro i termini”, si tratta di una nuova redazione apportata dalla Legge 4/99. La redazione originaria della LAP faceva riferimento agli atti “contro i quali non sia stato proposto ricorso amministrativo entro i termini”. Bisogna tuttavia considerare che la riforma non altera nulla, giacché se si intendesse la non interposizione del ricorso entro i termini come comprensiva del ricorso contenzioso, non avrebbe senso il riferimento alla possibilità di revisionare gli atti che abbiano posto fine alla via amministrativa, i quali non implicano di per sé l’esaurimento dei termini per l’interposizione del ricorso contenzioso; cfr. Jesús González Pérez, Francisco González Navarro e Juan José González Rivas, op. cit., pp. 412-414.
Il Consiglio di Stato spagnolo, tuttavia, ha inteso, ragionevolmente, che non è possibile revisionare atti amministrativi confermati da sentenza inoppugnabile (tra gli altri, Parere dell’8 maggio 1997, n. 838).
[75] Cfr. Ernesto García-Trevijano Garnica, “Consideraciones sobre la revocación de los actos administrativos no declarativos de derechos y de gravamen”, Revista Española de Derecho Administrativo, nº 91, 1996, p. 418.
[76] Per quanto concerne il concetto di “atto dichiarativo di diritti”, esso può prestarsi a varie interpretazioni. Il Consiglio di Stato spagnolo ha considerato tali quelli “che abbiano arricchito il patrimonio dei destinatari con un diritto prima inesistente o che abbiano liberato un diritto effettivo preesistente da un limite di esercizio”. Tale espressione, però, è stata intesa in senso convenzionale come equivalente a “atto favorevole”, ovverosia ad atti che “generino o riconoscano una situazione giuridica soggettiva di vantaggio” (Ernesto García-Trevijano Garnica, op. cit., p. 428). Bisogna considerare che, in rapporto alla revisione di atti nulli, la legislazione spagnola non ha mai specificato che si debba trattare di atti dichiarativi di diritti o favorevoli, nonostante che così sia stato interpretato da gran parte della dottrina. È stato considerato che l’eliminazione di atti nulli non dichiarativi di diritti o ablatori, possa essere operata attraverso la revoca prevista all’art. 105 LAP (Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, op. cit., vol. II, p. 2247). Tale specificazione è stata invece fatta, come vedremo, in relazione alla dichiarazione di lesività di atti annullabili, anche se la nuova Legge 4/99 ha modificato la terminologia in modo significativo.
[77] Il Preambolo della Legge 4/99, stabilisce che si introduce la revisione d’ufficio di disposizioni generali nulle, che non opera, in nessun caso, come azione di nullità. La ragione per cui l’iniziativa dei privati è stata esclusa da questa materia in concreto è basata, secondo le argomentazioni dello stesso fautore della riforma, sul fatto che “si considera che il privato dispone già di strumenti sufficienti per reagire nei confronti di disposizioni di carattere generale che consideri nulle, come l’interposizione di un ricorso contro un atto amministrativo che sia fondato sulla nullità di una disposizione amministrativa” (Jaime Rodríguez-Arana Muñoz, “La reforma del procedimiento administrativo y del régimen procesal contencioso-administrativo: presupuestos y objetivos”, Revista Aragonesa de Administración Pública, nº 14, 1999, pp. 412 e 413). L’autore fa riferimento alla possibilità del cosiddetto ricorso amministrativo indiretto per saltum regolato all’art. 107.3 LAP, che stabilisce che contro le disposizioni amministrative di carattere generale non sarà possibile il ricorso in via amministrativa... I ricorsi contro un atto amministrativo che siano fondati unicamente sulla nullità di disposizioni amministrative di carattere generale potranno essere proposti direttamente presso l’organo che dettò tale disposizione. A dire il vero la giustificazione riportata non sembra del tutto convincente per due motivi: in primo luogo perché i rimedi amministrativi di cui il privato dispone per far fronte agli atti sono di gran lunga più numerosi che quelli offerti dalla Legge nei confronti dei regolamenti, rispetto ai quali viene mantenuta l’impossibilità di ricorso amministrativo diretto; in secondo luogo perché è considerazione dottrinale diffusa che tale ricorso per saltum non permetta l’annullamento della disposizione generale, ma solo quella dell’atto applicativo, cosicché, a rigor di termini, non si tratta di un rimedio contro la norma. Tenendo conto della nuova disciplina, alcuni autori, come ad esempio Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. I, pp. 220 e 221, sostengono, tuttavia, la necessità di intendere che l’azione di nullità nei confronti dei regolamenti sia sussistente.
[78] Esso stabilisce che le facoltà di revisione non potranno essere esercitate quando per prescrizione di azioni, per il tempo trascorso o per altre circostanze, il suo esercizio risulti contrario all’equità, alla buona fede, al diritto dei singoli o alle leggi. A causa della loro collocazione sistematica, tali limiti operano in relazione a tutti i procedimenti regolati in questo capitolo: revisione degli atti nulli e delle disposizioni generali, processi di lesività e revoca di provvedimenti non favorevoli o ablatori.
[79] In questo senso, Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, op. cit., vol. II, pp. 2228 e 2229.
[80] In questo senso, alcuni autori hanno postulato la necessità di ricorrere alle norme che disciplinano l’udienza nel procedimento di elaborazione delle disposizioni generali: art. 24 della Legge 50/1997, del 27 novembre, del Governo, nel caso delle norme emanate dall’Esecutivo statale, nel quale si prevede l’alternativa tra l’udienza ai singoli interessati o alle associazioni rappresentative di interessi che si vedano toccate dalla disposizione (Jesús González Pérez, Francisco González Navarro e Juan José González Rivas, op. cit., p. 416). In Spagna, soprendentemente, il procedimento di elaborazione di disposizioni generali non viene regolato dalla LAP, di modo che è materia di competenza esclusiva delle Comunità Autonome, per cui, riguardo alla disciplina del tramite di udienza, bisognerà ricorrere alle rispettive norme di governo e amministrazione. L’udienza nel procedimento di elaborazione di regolamenti locali è prevista all’art. 49 della Legge 7/1985, del 2 aprile, contenente le basi del regime locale (LBRL).
Non bisogna tuttavia dimenticare che, contrariamente all’ordinamento italiano, in cui non è previsto un meccanismo di partecipazione generale al procedimento di elaborazione delle norme amministrative, in Spagna l’udienza in tale procedimento è prevista espressamente all’art. 105 CE, che dispone che la Legge regolerà: a) l’udienza dei cittadini, direttamente o attraverso organizzazioni riconosciute dalla legge, nel procedimento di elaborazione delle disposizioni amministrative che li riguardano.
[81] In seguito alla conferma da parte del TC (STC 204/92, del 26 novembre) della possibilità per le Comunità Autonome di creare organi consultivi analoghi al Consiglio di Stato, la maggior parte di esse dispone attualmente di tali organi. La determinazione dell’“equivalenza” è però, come abbiamo segnalato nel testo, problematica. Ciò è dovuto fondamentalmente al fatto che lo stesso TC non ha stabilito uno standard di equivalenza. In ogni caso, sembra vero che questi organi autonomici non presentano un’identità strutturale e funzionale con il Consiglio di Stato che permetta di trarre da essi un livello equivalente di garanzia. L’esistenza nel Consiglio di Stato di un corpo di giuristi di notevole prestigio, il carattere vitalizio dei suoi membri permanenti e la necessità della sua regolazione tramite legge orgánica, sono tutti indici che sono stati giudicati sufficienti per criticare severamente l’alternativa contenuta all’art. 102.1 LAP (Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. I, pp. 641 e 642).
Sembra che la via più efficace per dare una certa effettività all’espressione “equivalente” contenuta nell’art. 102.1 LAP, sia la possibilità che i singoli, nel ricorso contenzioso che eventualmente possono proporre contro il provvedimento conclusivo del procedimento di revisione, richiedano all’organo giurisdizionale la proposizione del corrispondente ricorso incidentale di incostituzionalità contro la Legge regionale che regola l’organo consultivo e prevede, tra le sue funzioni, quella di pronunciarsi sui procedimenti di revisione d’ufficio istruiti dagli organi amministrativi di tale Comunità Autonoma, intendendo che tale organo consultivo non è, di fatto, equivalente al Consiglio di Stato (cfr. Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., pp. 223-227).
[82] In senso contrario, ultimamente, Consuelo Alonso García, “La revisión de oficio de los actos administrativos tras la Ley 4/1999, de 13 de enero”, Justicia Administrativa, nº 6, 2000, p. 40.
[83] Principio che, in generale, non vige nell’ordinamento italiano, in cui si riconosce la facoltà di annullamento d’ufficio rispetto ai propri atti a qualsiasi organo, anche se con la condizione che, al momento di esercitare tale facoltà, l’organo continui ad essere competente nella materia su cui versa l’atto da annullare. Ciò è stato riconosciuto dalla giurisprudenza maggioritaria: Consiglio Stato, sez. V, 30 giugno 1995, n. 955; Consiglio Stato, sez. VI, 14 novembre 1992, n. 876; Consiglio Stato, sez. V, 26 ottobre 1990, n. 731; T.A.R. Campania, sez. III, Napoli, 18 dicembre 1986, n. 238; T.A.R. Campania, sez. Salerno, 15 giugno 1984, n. 204.
Per il resto la disp. agg. 16ª LOFAGE fa riferimento agli organi competenti per la revisione degli atti amministrativi, ma non delle disposizioni generali. Come hanno segnalato alcuni autori, si tratta di una circostanza idonea per l’applicazione analogica del precetto (cfr. Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., p. 233).
[84] Ad esempio l’art. 25.1 della Legge 2/1995, del 13 marzo, del Regime Giuridico dell’amministrazione del Principato delle Asturie stabilisce, precisamente, la competenza dell’organo autore dell’atto; o l’art. 6.4 della Legge 8/1999, del 9 aprile, di adeguamento della normativa della Comunità di Madrid alla Legge statale, 4/1999, del 13 gennaio, di Modifica della Legge 30/1992, del 26 novembre, di Regime Giuridico delle Pubbliche Amministrazioni e del Procedimento Amministrativo Comune, in cui si attribuisce competenza ai Consiglieri membri del esecutivo regionale per la revisione dei loro stessi atti.
[85] Cfr. Montserrat Cuchillo Foix, “La revisión de oficio y la revocación en la LRJPAC”, in Joaquín Tornos Mas (coord.), Administración pública y procedimiento administrativo. Comentarios a la Ley 30/1992, Ed. Bosch, Barcelona, 1994, pp. 353 e 354.
[86] Il suddetto dovere ci sembra chiaro, tenuto conto dell’obbligo che tradizionalmente è stato predicato per gli organi giurisdizionali di apprezzare ex officio iudicis i vizi costitutivi di nullità radicale, al dilà dei motivi effettivamente addotti dagli interessati, senza che, in tal caso, l’errore di questi nella qualificazione formale del vizio, esima l’organo dall’apprezzare la sua vera natura. Altre interpretazioni su questa e altre cause di inammissibilità, in Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., pp. 233-237.
[87] Cfr. Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, Comentarios a la Ley..., cit., vol. II, p. 2231. Sia la LAP art. 107.1, che la LJ art. 25.1, permettono l’impugnazione autonoma di certi atti endoprocedimentali qualificati, tra essi quelli che determinano “l’impossibilità di continuare il prcedimento”.
[88] Cfr. Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., pp. 237-239.
[89] Così fece l’art. 120.1 LPA, che stabiliva che l’accoglimento di un ricorso proposto contro una disposizione di carattere generale ricorso allora possibile implicherà la deroga o riforma di tale disposizione, fermo restando che sussistono gli atti inoppugnabili dettati in applicazione della medesima (l’inciso è nostro). Com’è noto, la deroga, al contrario dell’annullamento, ha un’efficacia meramente prospettica in relazione agli effetti prodotti durante la vigenza della norma derogata, cosicché, a rigor di termini, anche gli atti non inoppugnabili dovrebbero sopravvivere. A ciò bisogna unire che l’espressione “sin perjuicio de” (fermo restando che), reiterata dalla Legge 4/99, non ha nella lingua spagnola la connotazione imperativa che la maggior parte della dottrina ha voluto assegnarle, sicchè la riforma sarebbe stata una magnifica occasione per chiarire se la sopravvivenza di detti atti inoppugnabili deve verificarsi o meno in tutti i casi.
[90] La competenza sull’annullamento delle norme risiede, oltre che nell’Amministrazione, nel Tribunale Costituzionale e negli organi della Giurisdizione contenzioso-amministrativa. Ora, mentre l’art. 73 LJ stabilisce che le sentenze passate in giudicato che annullano un precetto di una dispozione generale non riguarderanno di per sé l’efficacia delle sentenze o atti amministrativi inoppugnabili che l’abbiano applicata prima che l’annullamento avesse effetti generali, eccetto nel caso in cui l’annullamento del precetto presupponesse l’esclusione o la riduzione delle sanzioni non ancora completamente eseguite, l’art. 40.1 della Legge Orgánica 2/1979, del 3 ottobre, del Tribunale Costituzionale (LOTC), dispone che le sentenze dichiarative dell’incostituzionalità di Leggi, disposizioni o atti con forza di legge non permetteranno di revisionare processi terminati mediante sentenza con forza di giudicato in cui si sia fatta applicazione di Leggi, disposizioni o atti incostituzionali, eccetto che nei casi dei processi penali o contenzioso-amministrativi riferiti a un procedimento sanzionatore in cui, come conseguenza della nullità della norma applicata, risulti una riduzione della pena o della sanzione o un’esclusione, esenzione o limitazione della responsabilità. Come si può avvertire, le sentenze del TC non hanno come limite alla naturale retroattività della pronuncia di nullità gli atti amministrativi inoppugnabili, a meno che essi siano stati confermati da sentenza con forza di giudicato. Tuttavia il TC ha esteso loro l’inattaccabilità in ogni caso, invocando genericamente il principio di certezza giuridica e argomentando che, in caso contrario, si sarebbe verificata una discriminazione ingiustificata tra coloro che hanno lasciato trascorrere il termine senza impugnare, che sarebbero stati favoriti, e coloro che, avendo fatto ricorso, si fossero visti confermare l’atto da una sentenza con forza di giudicato. Per una panoramica su questa questione nel Diritto spagnolo, vid., tra gli altri, Eduardo García de Enterría, “Un paso importante para el desarrollo de nuestra justicia constitucional: la doctrina prospectiva en la declaración de ineficacia de las Leyes inconstitucionales”, Revista Española de Derecho Administrativo, nº 61, 1989, pp. 5 e ss.; Avelino Blasco Esteve, “Efectos de la Sentencia constitucional sobre la Ley del Suelo respecto de planes urbanísticos y sus actos de ejecución”, Revista de Estudios de la Administración Local y Autonómica, nº 273, 1997, pp. 7 e ss.; Margarita Beladíez Rojo, Validez y eficacia..., cit., pp. 321-361; Ricardo Alonso García, “El Tribunal Constitucional y la eficacia temporal de sus sentencias anulatorias”, Revista de Administración Pública, nº 119, 1989, pp. 255 e ss.; A. Calonge Velázquez e J.A. García de Coca, “Nulidad de pleno derecho y derogación de las normas: reciente doctrina sobre el artículo 120 de la LPA del Tribunal Supremo”, Revista Española de Derecho Administrativo, nº 73, 1992, pp. 89 e ss.
[91] Nella sua redazione originaria, l’art. 103.1 e 2 LAP disponeva che 1. Potranno essere annullati dall’Amministrazione, su iniziativa propria o a richiesta dell’interessato, previo parere del Consiglio di Stato od organo consultivo della Comunità Autonoma, qualora vi fosse, gli atti dichiarativi di diritti quando intervengono le seguenti circostanze: a) Che tali atti infrangano gravemente norme di rango legale o regolamentare. b) Che il procedimento di revisione venga avviato prima che siano trascorsi quattro anni da quando furono emessi. 2. Negli altri casi, l’annullamento degli atti dichiarativi di diritti richiederà la dichiarazione previa di lesività dell’interesse pubblico e l’ulteriore impugnazione presso la Giurisdizione Contenzioso-Amministrativa.
Il Consiglio di Stato, riguardo alla gravità dell’infrazione, ha considerato che “il concetto di infrazione grave deve essere inteso in consonanza col senso che ha la revisione d’ufficio, che viene a significare una prerogativa della Pubblica Amministrazione per annullare da sé i propri atti (dichiarativi di diritti) e che per ciò si deve adeguare a un procedimento in cui si rispetti e garantisca la situazione giuridica dell’interessato da tale modo di procedere. Attenendosi a questa configurazione, l’art. 106 della LAP impone limiti di esercizio a questa potestà che vengono formulati con maggiore ampiezza di quanto prima non facesse l’articolo 112 della Legge di Procedimento Amministrativo del 1958.
D’altra parte, la revisione d’ufficio viene prevista dalla LAP in modo diverso per gli atti nulli che per gli atti annullabili. Riguardo ai primi la LAP definisce in modo concreto e tassativo i casi in cui è pertinente (quelli in cui l’atto sia nullo in conformità all’articolo 62.1 della LAP), mentre rispetto ai secondi si impiega la generica formulazione riportata più sopra, che sussista un’infrazione grave della norma (legale o regolamentare).
Così, perché l’infrazione sia grave agli effetti della revisione d’ufficio, deve avere sufficiente entità per:
Giustificare l’esercizio della facoltà di revisione d’ufficio, tenendo conto del suo carattere esorbitante dei limiti ad esso imposti legalmente.
Autorizzare la revisione di un tipo concreto di atti annullabili, quelli la cui contrarietà all’ordinamento giuridico sia tale che, senza farli incorrere nella nullità di pieno diritto, presupponga una lesione grave della norma. Sono annullabili gli atti che incorrono in qualsiasi infrazione dell’ordinamento giuridico (articolo 63.1 della LAP), ma tali atti annullabili possono essere revisionati d’ufficio solo quando l’infrazione è grave, e riferita ad una norma di rango legale o regolamentare.
Non essendo, quindi, qualsiasi atto annullabile revisionabile d’ufficio conformemente all’articolo 103, e dato che l’Amministrazione non può in nessun modo esercitare questa facoltà in ogni caso, si dovrà attribuire al termine grave un contenuto proprio che dovrà essere esaminato caso per caso, in funzione del tipo di norma presuntamente infranta, e della garanzia giuridica che debba essere conferita alla situazione giuridica dell’interessato dall’atto” (Parere del 9 gennaio 1997, n. 4.079).
A complemento di questa dottrina, il Consiglio di Stato ricordò che la determinazione di quando un atto infrange gravemente una norma legale o regolamentare non è stata lasciata all’arbitrio dell’Amministrazione agente, ma deve rispondere a presupposti oggettivi. Inoltre ha segnalato, “la gravità dell’infrazione non dipenderà dalle apparenze né dal loro carattere evidente. Per meritare tale qualificazione, è necessario che l’infrazione sia rilevante, che riguardi elementi essenziali della norma trasgredita, alterando sostanzialmente lo scopo che con essa si persegue, nel suo presupposto o nelle sue conseguenze” (Parere del 31 luglio 1997, n. 3.789).
[92] Le critiche furono specialmente intense nei confronti della soppressione del carattere ostativo del parere consultivo, che mancava di giustificazione in confronto alla revisione degli atti nulli, così come in rapporto all’estensione della revisione agli atti che infrangono norme regolamentari, tutte circostanze che riducevano le garanzie di coloro che erano beneficiati dagli atti revisionati. Un riassunto delle critiche alla revisione degli atti annullabili nella LAP, si trova in Consuelo Alonso García, op. cit., pp. 43-45.
[93] Così viene stabilito nel Preambolo (V).
[94] L’art. 103.1 LAP dispone dopo la riforma che le Pubbliche Amministrazioni potranno dichiarare lesivi dell’interesse pubblico gli atti favorevoli agli interessati che siano annullabili conformemente a quanto disposto nell’articolo 63 di questa Legge, al fine di procedere alla sua ulteriore impugnazione presso la Giurisdizione Contenzioso-Amministrativa.
[95] Tale articolo disponeva che le Pubbliche Amministrazioni potranno revocare in qualsiasi momento i propri atti, espressi o presunti, non dichiarativi di diritti e i provvedimenti ablatori, sempre che tale revoca non sia contraria all’ordinamento giuridico.
[96]
[97] Cfr. Ramón Parada Vázquez, op. cit, p. 372. D’altra parte, l’uguaglianza tra Amministrazione e amministrato cui mirava la riforma, non si raggiunge con il processo di lesività. Anche quando l’eliminazione della possibilità di revisionare e annullare atti annullabili ha determinato che, davanti a tali atti sia l’Amministrazione che l’amministrato debbano ricorrere ai Tribunali cosa che presuppone un’approssimazione delle posizioni dei due soggetti, a dire il vero il rifiuto che la dichiarazione di lesività possa essere adottata su istanza dei soggetti interessati presuppone una chiara disuguaglianza: mentre l’Amministrazione ha un termine di quattro anni per decidere la proposizione del ricorso presso i Tribunali, i privati dovranno reagire contro l’atto annullabile entro i brevi termini di decadenza dei ricorsi (ibidem, p. 371).
[98] In questo senso, Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., pp. 239-241, 254 e 255.
[99] Su questo punto la Legge 30/92 aveva modificato in peius la regolazione della LPA 1958 per i soggetti beneficiati dall’atto. In quest’ultima legge, il termine di quattro anni faceva riferimento a la conclusione e non all’avvio del procedimento.
[100] In questo senso, Ramón Parada Vázquez, op. cit., p. 370; Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., pp. 244-246.
[101] Questo comma è stato introdotto dalla Legge 50/1998, del 30 dicembre, di Misure Fiscali, Amministrative e di Ordine Sociale (collegata alla Finanziaria).
[102] Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, op. cit., vol. II, p. 2241.
[103] Anche se non è sempre così. In questo senso l’art. 23.j della Legge 3/1995, dell’8 marzo, di Regime Giuridico del Governo e Pubblica Amministrazione della Comunità Autonoma di La Rioja, o l’art. 77.2 della Legge 2/1997, del 28 aprile, di Regime Giuridico del Governo e Amministrazione della Diputación Regional di Cantabria, che attribuiscono in ogni caso la competenza al Consejo de Gobierno massimo organo esecutivo.
[104] Il fatto che la LAP non disponga in generale la possibilità di revocare atti favorevoli per motivi di opportunità avvertendo, in questo modo, sul suo carattere eccezionale, a beneficio dei titolari di situazioni soggettive riconosciute dall’atto, tale possibilità è stata pienamente riconosciuta sia in sede scientifica (tra gli altri, Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso..., cit., vol. I, pp. 651 e ss.; Ramón Parada Vázquez, op. cit., pp. 373-376) come normativa il cui esempio paradigmatico è l’art. 16 del Regolamento dei Servizi delle Corporazioni Locali del 1955, che prevede la revoca di licenze municipali, tra gli altri, per due motivi: il cambiamento nei criteri di apprezzamento dell’interesse pubblico, revoca che resta vincolata al dovere di risarcimento; e il cambiamento delle circostanze che avevano motivato la concessione, che invece non implica dovere di risarcimento. Si tratta, in definitiva, di un regime molto simile a quello esistente nel Diritto italiano; vid. Vincenzo Cerulli Irelli, Corso.., cit., pp. 592 e 593.
[105] Si deve considerare che l’espressione “non dichiarativi di diritti” aveva un fondamento che, si condivida o meno, non mancava di razionalità. Così, secondo la redazione iniziale dell’art. 105 LAP, non era necessario ricorrere al procedimento di revisione contro gli atti che non dichiaravano o costituivano un diritto a favore di un soggetto, ma che si limitavano a creare un’aspettativa. Tale espressione, d’altra parte, permetteva la revoca di atti che, in un certo modo, avevano un’efficacia “neutra” per gli interessati atti interni di ogni Amministrazione, revoca che, con l’attuale redazione del precetto non potrà verificarsi (cfr. Tomás de la Quadra-Salcedo, op. cit., pp. 258 e 259).
[106] In modo implicito, Ernesto García-Trevijano Garnica, op. cit., p. 429. Lo stesso autore da un chiarimento intorno a cosa deve intendersi per atto sfavorevole o ablatorio (ibidem, pp. 427-430).
[107] Riconoscono tuttavia azione al privato per l’avvio del procedimento di revoca, Jesús González Pérez, Francisco González Navarro e Juan José González Rivas, Comentarios a la Ley 4/1999, de 13 de enero..., cit., p. 426, e anche Ernesto García-Trevijano Garnica, op. cit., p. 435.
[108] Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, op. cit., vol. II, p. 2248.
[109] Cfr. Ernesto García-Trevijano Garnica, op. cit., p. 419-423.
[110] Così, Jesús González Pérez e Francisco González Navarro, op. cit., vol. I, p. 1189-1195; anche Ernesto García-Trevijano Garnica, El silencio administrativo en la nueva Ley de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común, Civitas, Madrid, 1994, pp. 24 e ss.
[111] Cfr., tra gli altri, José Luis Piñar Mañas, “Justificación y alcance de la reforma”, in AA.VV., La reforma del procedimiento administrativo, Dykinson, Madrid, 1999, pp. 15-23, e Jesús González Pérez, Francisco González Navarro e Juan José González Rivas, Comentarios a la Ley 4/99..., cit., pp. 64-67.
[112] Senza dimenticare i problemi che sorgeranno in occasione dell’applicazione del regime transitorio. Cfr. al riguardo Jesús González Pérez, “Disposiciones transitorias de la Ley 4/1999”, Revista Española de Derecho Administrativo, n. 101, 1999, pp. 25 e ss., e Rafael Fernández y Acevedo, “La Ley 4/1999, de 13 de enero, de modificación de la Ley de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común: régimen transitorio y adaptación de procedimientos”, Revista Vasca de Administración Pública, n. 54, 1999, pp. 43 e ss.
[113] Jesús González Pérez, Francisco González Navarro e Juan José González Rivas, Comentarios a la Ley 4/99..., cit., pp. 51 e 68.
[114] I lavori della Commissione Interministeriale di Semplificazione Amministrativa si cristallizzeranno nell’elaborazione e approvazione del Piano Generale di Semplificazione nell’Amministrazione Generale dello Stato. Facendo uso della stessa definizione normativa, si può dire che tale Piano Generale costituisce “lo strumento di base in cui si concretizza l’azione del Governo in materia di semplificazione amministrativa” (art. 8 del Decreto Reale del 23 aprile 1999). Il contenuto del Piano si instrada in una doppia direzione: stabilire le misure d’adattamento della regolazione dei procedimenti amministrativi alla recente modifica della LAP specialmente per quanto riguarda la disciplina del silenzio assenso e del silenzio rifiuto, e analizzare la realtà procedimentale per segnalare, sulla base di tale analisi, le possibili misure di soppressione, modificazione o sostituzione nella struttura sequenziale dei procedimenti amministrativi. L’art. 9 del succitato Decreto Reale concretizza il contenuto minimo che dovrà essere plasmato nel Piano Generale di Semplificazione e che si orienta, come abbiamo detto, in queste due direzioni. È vero, tuttavia, che, così come le coordinate di semplificazione, il contenuto di questo Piano non possiede contorni molto precisi. Basti segnalare che la caratterizzazione del contenuto si conclude con una clausola aperta secondo la quale nel Piano si potrà includere “qualsiasi altra azione che contribuisca a facilitare il rapporto dei cittadini con l’Amministrazione Generale dello Stato”.
[115] Il Nucleo per la semplificazione delle norme e dei procedimenti è formato da un totale di venticinque esperti, vincolati e no alla Pubblica Amministrazione, ma in qualsiasi caso dotati di un’alta qualificazione in materia di redazione di testi normativi, analisi economica, valutazione dell’impatto delle norme, analisi costi-benefici, diritto comunitario, diritto pubblico comparato, linguistica, scienze e tecniche dell’organizzazione e analisi delle politiche pubbliche (art. 3 Legge 50/1999). In definitiva, un corpo tecnico specializzato incaricato di promuovere e garantire un controllo adeguato dei lavori di semplificazione.
Dobbiamo anche segnalare che le funzioni di controllo e valutazione che il Nucleo deve svolgere, sono state rafforzate grazie all’integrazione della sua Segreteria all’interno del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi. Questo Dipartimento, introdotto dal recente riordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri Decreto Legislativo del 30 luglio 1999, n. 303, emesso in applicazione degli articoli da 11.1.a 12 della Legge Bassanini uno annovera tra le sue funzioni il compito di valutare l’impatto della semplificazione dei procedimenti amministrativi.
[116] In questo documento si possono trovare le direttrici generali che dovranno guidare il processo di semplificazione procedimentale che si dovrà compiere in Spagna.