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III. L’obbligo di concludere i procedimenti amministrativi e gli effetti derivanti dalla sua inadempienza

III.1. L’obbligo di emettere provvedimento espresso in tutti i procedimenti amministrativi —e di notificarlo agli interessati— entro il termine stabilito (art. 42 LAP)


Il punto di partenza per l’esame del fenomeno del silenzio delle Pubbliche Amministrazioni deve essere fissato nell’obbligo per l’Amministrazione di decidere i procedimenti amministrativi mediante un provvedimento espresso in cui vengano analizzate tutte le questioni in essi sollevate[22]. Il provvedimento espresso deve essere, pertanto, il mezzo normale di conclusione dei procedimenti amministrativi. La Legge 4/99 ha riaffermato quest’obbligo, rendendolo estensibile a tutti i procedimenti amministrativi, indipendentemente dal modo in cui siano stati avviati —d’ufficio o a istanza dell’interessato—. Non è tutto: anche nei casi di prescrizione, caducazione, rinuncia del diritto, abbandono dell’azione, o sopravvenuta scomparsa dell’oggetto del procedimento, sarà necessario che l’Amministrazione concluda il procedimento mediante un provvedimento in cui esporrà la circostanza concreta che ha causato la conclusione del procedimento[23]. Restano eccettuati solo i casi in cui la conclusione del procedimento abbia luogo grazie all’adozione di un accordo tra l’Amministrazione e gli interessati[24], oppure quando si tratta di procedimenti relativi a diritti il cui esercizio è soggetto unicamente all’obbligo di comunicazione previa all’Amministrazione.



Quest’obbligo di provvedere viene qualificato, com’è ben noto, dalla sua dimensione temporale: l’Amministrazione ha l’obbligo di concludere al procedimento amministrativo mediante un provvedimento espresso, ma deve anche farlo entro il termine stabilito. La determinazione di questo termine costituisce una delle costanti preoccupazioni del legislatore spagnolo —basti ricordare che già nel 1889, la LBPA stabiliva, con carattere generale, il termine massimo di un anno per decidere tutti i procedimenti—, ed è vero che da ciò dipende in buona misura il conseguimento dei principi di celerità ed efficacia nell’attività amministrativa. Lo stesso Preambolo della Legge 4/99 segnala a ragione che un procedimento amministrativo che non sia spedito e breve è difficile che possa essere un’istituzione al vero servizio dei cittadini.


In conformità con quanto previsto dalla LAP 1992, e in modo molto simile a quanto accade nell’ordinamento italiano, il termine per decidere i diversi procedimenti amministrativi va cercato, in primo luogo, in quanto disposto dalla normativa che regola il rispettivo procedimento. In mancanza di una disposizione specifica al riguardo, l’art. 42.3 LAP si limita a fissare un termine suppletorio di tre mesi —nel caso italiano il termine suppletorio è, secondo quanto disposto dall’art. 2 della Legge 241/90, di trenta giorni—.


La LAP 1992 non stabiliva, quindi, un termine massimo, ma si limitava ad incorporare una regola suppletoria che avrebbe dovuto reggere quando la normativa del procedimento amministrativo non avesse stabilito un termine concreto. Questa impostazione, che rimanda alla normativa ratione materiae la determinazione del termine per provvedere, è sfociata nell’apparizione di norme che snaturano completamente la volontà di accelerare la risoluzione dei procedimenti, incorporando termini che si allontanano notevolmente dai tre mesi fissati dalla LAP in via generale. Una pratica che, come il lettore ricorderà, è anche stata denunciata dal Consiglio di Stato italiano nei pareri emessi in occasione dei Regolamenti attuativi dell’art. 2 della Legge 241/90[25].


Ebbene, la Legge 4/99 ha corretto questo stato di cose introducendo un termine massimo di sei mesi, che potrà essere escluso mediante una norma con rango di legge oppure mediante una disposizione di Diritto Comunitario[26]. All’infuori di queste due ipotesi, la regolazione del procedimento amministrativo —che in numerose occasioni diventa effettiva per via regolamentare— dovrà adattarsi a questa durata massima di sei mesi.


A questa importante disposizione si accompagna un’altra novità non meno rilevante: il termine di durata dei procedimenti amministrativi fa ora riferimento, non solo al lasso di tempo di cui l’Amministrazione dispone per adottare un provvedimento espresso, ma anche —e in questo radica la novità— al termine per notificare il suddetto provvedimento agli interessati[27]. In altre parole, il termine per provvedere si traduce ora in un termine per provvedere e notificare il provvedimento con cui si cerca di porre fine a una serie di pratiche ingannevoli consistenti, ad esempio, nell’antedatare un provvedimento simulando poi che si sia tardato semplicemente nella notificazione[28].


Da tutto ciò si deduce la volontà di accelerare il ritmo dei procedimenti, stabilendo un limite massimo di sei mesi e estendendo il termine di durata del procedimento fino al momento della notificazione del provvedimento. Queste due misure aggravano senza dubbio la posizione dell’Amministrazione che si vede obbligata ad un’azione più spedita. Il legislatore, tuttavia, cosciente dell’importanza di quest’obbligo di provvedere e notificare entro i termini, ha voluto precisare in dettaglio gli elementi che devono permettere il calcolo di tale termine —e al tempo stesso addolcisce o compensa, come ha indicato Parejo Alfonso, l’onere che comporta l’obbligare a effettuare la notificazione nel termine previsto per provvedere—[29].


In primo luogo, la Legge 4/99 concretizza il giorno d’inizio nel calcolo del termine (dies a quo) distinguendo a seconda se il procedimento è stato avviato d’ufficio, nel qual caso il giorno iniziale coinciderà con la data dell’atto d’avvio dell’organo competente; oppure a richiesta dell’interessato, considerando in questo caso, che il giorno d’inizio sarà dato non già dalla data di presentazione della richiesta, ma dalla data in cui tale richiesta abbia fatto il proprio ingresso nell’ufficio del registro dell’organo procedente[30].


In secondo luogo, il legislatore spagnolo, ha previsto un catalogo di azioni procedimentali che si ergono come causa di sospensione del termine. In questo modo, durante lo svolgimento di tali atti, il termine per provvedere —e notificare— si troverà in sospeso, riattivandosi una volta che si sono conclusi[31]. In particolare, le cause di sospensione comprendono le azioni concernenti l’appianamento delle deficienze individuate nell’istanza dell’interessato; l’intervento precettivo di un organo dell’Unione Europea; l’incorporazione di pareri obbligatori e determinanti del provvedimento finale; la realizzazione di prove tecniche e analisi contraddittorie o dirimenti proposte dagli interessati e, infine, la negoziazione con gli interessati per raggiungere un accordo o contratto che permetta di concludere il procedimento amministrativo.


Una volta delimitati i confini dell’obbligo di decidere i procedimenti e al fine di dare maggior certezza e sicurezza nella sua adempienza, il legislatore spagnolo ha voluto riaffermare la posizione degli interessati nel procedimento amministrativo, incorporando la necessità che essi siano al corrente delle varie incidenze che possono toccare detto obbligo di provvedere e notificare entro il termine stabilito —sviluppando, tutto sommato, il principio di trasparenza nell’attività amministrativa—. Per ciò, la Legge 4/99 ha introdotto l’obbligo di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento[32]. L’instaurazione di quest’obbligo è simile alla comunicazione dell’avvio del procedimento prevista all’art. 7 della Legge 241/90, anche se bisogna segnalare che la funzionalità non coincide. Nel caso italiano, la comunicazione dell’avvio del procedimento costituisce il meccanismo fondamentale per garantire l’effettiva partecipazione degli interessati —come ha segnalato la stessa Corte Costituzionale, la comunicazione dell’avvio deve collocare l’interessato nella effettiva possibilità di interloquire[33]—. Nel caso spagnolo, invece, la comunicazione ora introdotta dalla Legge 4/99 sembra destinata a far conoscere all’interessato il termine di cui l’Amministrazione disporrà per provvedere e notificare, nonché gli effetti che deriveranno dall’inadempienza di quest’ultimo. I fini partecipativi e di difesa vengono raggiunti attraverso altri atti endoprocedimentali, in particolare mediante l’udienza agli interessati, che ha luogo una volta terminata l’istruttoria del procedimento e prima che venga redatta la proposta di provvedimento. È d’uopo reiterare, pertanto, che la notificazione d’avvio del procedimento in Spagna è vincolata esclusivamente —o quanto meno fondamentalmente— alla conoscenza del termine del procedimento.


D’altra parte gli interessati, oltre ad avere la certezza del termine per provvedere e notificare il procedimento amministrativo, saranno informati delle diverse vicende che possono implicare la sospensione del termine, nell’intento, precisamente, di controllarne la durata e l’estensione[34]. Gli interessati disporranno, insomma, di ampi dati per verificare che l’Amministrazione rispetti i tempi procedimentali.


La regolazione dell’obbligo di provvedere si chiude, infine, con la disposizione di una serie di cautele destinate a rendere flessibile il compimento del termine —compensando, come indicavamo più sopra, i maggiori oneri che vengono imposti all’Amministrazione a conseguenza della nuova disciplina—. In questo senso, si prevede la possibile proroga del termine quando circostanze eccezionali impediscono l’effettiva conclusione del procedimento nel tempo stabilito. Ebbene, tale proroga —bisogna evidenziarlo— è di natura assolutamente eccezionale: essa potrà essere utilizzata solo nei casi in cui l’impiego di mezzi personali e materiali aggiuntivi risulti essere una misura insufficiente per il compimento del termine. D’altra parte, la durata della proroga o ampliamento non potrà superare il tempo previsto inizialmente per la conclusione del procedimento.


In questa stessa linea di flessibilizzazione, viene stabilita la possibilità di praticare una notificazione parzialeovverosia una notificazione in cui non compaiano tutti i requisiti che l’art. 58.2 LAP esige[35]— la cui unica missione è quella di dare per assolto l’obbligo di provvedere e notificare entro il termine. Tale notificazione agisce come una sorta di «anticipo» (anticipazione) di notificazione in cui, come minimo, si comunica all’interessato il testo integrale del provvedimento adottato[36]. Usiamo il termine «anticipo» perchè, a nostro avviso, è chiaro che il ricorso a questa tecnica non libera l’Amministrazione dal verificare la notificazione integrale nella forma prevista dall’ordinamento giuridico, anche se ormai fuori dal termine stabilito.


Con questo breve excursus delle novità presentate dal nuovo obbligo di provvedere in Spagna, si può notare l’esistenza di una decisa volontà di accelerare lo svolgimento dei procedimenti, garantendo allo stesso tempo, una maggior trasparenza e sicurezza nel suo computo. Nella posizione adottata dal legislatore spagnolo, si sente, però, la mancanza della revisione e del miglioramento di un aspetto che risulta essenziale da tutti i punti di vista. Facciamo riferimento, in concreto, alle conseguenze giuridiche che derivano dall’inadempienza dell’obbligo di provvedere entro il termine e che, al dilà del regime del silenzio amministrativo —che analizzeremo in seguito—, non vengono definite chiaramente. La regolamentazione introdotta dalla LAP si limita ad indicare che l’inadempienza di tale obbligo darà luogo, eventualmente, all’esigenza di responsabilità disciplinare; una misura insufficiente —per la sua mancanza di precisione e per l’inoperatività pratica— che dovrebbe essere completata dalla disposizione di altre misure destinate a potenziare il rispetto dei termini[37].


In questo contesto, l’ordinamento italiano offre un elemento di riferimento molto interessante nella disposizione contenuta nell’art. 17.1.h della Legge Bassanini uno (Legge 15 marzo 1997, n. 59), secondo la quale diventa necessario che nei casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato e incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione si stabiliscano forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento. In accordo con quanto disposto nella redazione stessa del precetto, il trattamento del versante temporale del procedimento amministrativo trova nell’instaurazione di una sorta di sanzione monetaria automatica un rimedio che spinga a un maggior rispetto dell’obbligo di provvedere, in modo espresso ed entro il termine stabilito, tutti i procedimenti amministrativi. Anche se su questa disposizione incombono tuttora alcuni dubbi interpretativi[38], è innegabile che essa apra un cammino che potrebbe essere approfondito per delimitare meglio il regime delle irregolarità procedimentali riferite al fattore temporale.


III.2. Gli effetti che derivano dal mancato rispetto dell’obbligo di provvedere e notificare entro il termine. In particolare, il nuovo regime del cosiddetto silenzio amministrativo (artt. 43 e 44 LAP)


Una volta decorso il termine di cui l’Amministrazione dispone per provvedere e notificare il provvedimento senza che quest’ultimo sia stato adottato, l’ordinamento giuridico prevede una serie di meccanismi tendenti, in ultima istanza, a proteggere gli interessati da questa anomalia o patologia nell’attività amministrativa. Per esporre con chiarezza qual è lo stato di questa questione dopo la modifica apportata dalla Legge 4/99, conviene delineare una distinzione relativa al modo di avvio del procedimento.


a) Procedimenti avviati mediante richiesta dell’interessato. In questi casi, l’inattività dell’Amministrazione nella risoluzione del procedimento comporterà l’entrata in gioco del silenzio amministrativo. La Legge 4/99 ha introdotto una nuova disciplina del silenzio amministrativo che si scosta sensibilmente dal sistema inizialmente delineato dalla LAP nel 1992. Questa nuova disciplina si basa sull’affermazione della necessaria distinzione che si deve compiere tra il silenzio amministrativo assenso e il silenzio amministrativo rifiuto. Mentre il primo acquisisce la considerazione di atto amministrativo, di modo che l’Amministrazione potrà solo annullare gli effetti del silenzio mediante incoazione del procedimento di revisione pertinente[39]; il secondo, ovverosia il silenzio amministrativo rifiuto, costituisce una mera finzione legale (fictio iuris) con effetti processuali, che permetterà all’interessato di attivare i ricorsi previsti dall’ordinamento giuridico per la difesa della sua situazione giuridica, ma che non esime l’Amministrazione dall’obbligo di dettare un provvedimento espresso che metta fine al procedimento amministrativo —e questo anche quando l’interessato abbia già proposto un ricorso contro il rifiuto presunto—[40].


Una volta stabilita questa distinzione fondamentale tra il «silenzio positivo» come atto amministrativo e il «silenzio negativo» come finzione giuridica[41], la Legge 4/99 ha sviluppato il nuovo trattamento di questo fenomeno e a tale fine ha definito, prima di tutto, da che momento preciso si attiva il meccanismo del silenzio. Ebbene, il silenzio opererà dal momento stesso in cui scade il termine per provvedere e notificare il procedimento. Non è quindi necessaria nessuna azione aggiuntiva —nessuna diffida (requerimiento) o avvertimento all’Amministrazione— perché, come abbiamo detto, una volta estintosi il termine, si intende nato il silenzio amministrativo, e da quello stesso momento, esso proietterà la sua piena efficacia.


Questa impostazione rompe frontalmente con la regolazione finora prevista dalla LAP, che era basata sulla considerazione unitaria del silenzio amministrativo come atto amministrativo —la terminologia legale alludeva allora all’atto presunto— e sulla necessità di richiedere una certificazione —di tale atto presunto— affinché il silenzio producesse effetti nei confronti dell’Amministrazione e di terzi; e, al tempo stesso, si approssima al trattamento che effettuava la LPA del 1958, i cui commenti e lavori acquistano, in questo modo, una rinnovata attualità.



Lasciando da parte queste considerazioni e ritornando alle disposizioni contenute nella Legge 4/99, bisogna segnalare che il legislatore ha deciso di mantenere il silenzio amministrativo assenso come regola generale applicabile ai procedimenti avviati mediante istanza dell’interessato. La nuova regolazione, tuttavia, non si limita a mantenere questa regola, ma tenta di rafforzare la sua applicazione rispetto ai risultati dell’attuazione regolamentare della LAP, che avevano dimostrato come la pretesa generalità del silenzio assenso rimanesse un mero enunciato programmatico. Infatti la regolazione settoriale che doveva concretizzare in ogni caso il regime del silenzio amministrativo optava frequentemente per stabilire il carattere di rifiuto del silenzio, in contrasto con la volontà del legislatore che mirava al segno opposto[42]. La riforma 4/99 ha rafforzato l’applicazione del silenzio «positivo», stabilendo che si potrà fare eccezione a questa regola generale solo mediante una norma di rango legale oppure una disposizione di Diritto Comunitario —una formula che, come si ricorderà, è stata anche utilizzata per salvaguardare la virtualità del termine di sei mesi come termine massimo di durata dei procedimenti—[43].


In questo modo, il silenzio rifiuto dovrà essere stabilito per Legge e non, com’era abituale, per via regolamentare. Orbene, la stessa LAP comprende alcuni casi in cui la regola generale del silenzio assenso viene invertita. In concreto, il silenzio dell’Amministrazione dovrà essere inteso come rifiuto nei procedimenti relativi all’esercizio del diritto di petizione di cui all’art. 29 della CE; nei procedimenti il cui accoglimento possa comportare il trasferimento al richiedente o a terzi di facoltà relative al dominio pubblico o al servizio pubblico; e infine, nei procedimenti di impugnazione di atti e disposizioni[44].


Ferma restando la rilevanza di queste eccezioni —che di per se stesse riducono ostensibilmente la portata applicativa del silenzio assenso—, è vero che la preoccupazione del legislatore spagnolo per rendere il silenzio favorevole un’autentica regola di applicazione generale nei procedimenti amministrativi avviati a richiesta dell’interessato, deve essere messa in discussione da un doppio ordine di considerazioni. Da un lato, lo stabilimento, in via generale, di una clausola secondo la quale il silenzio assenso vige, a meno che una norma legale —o disposizione di Diritto Comunitario— disponga il contrario, non è una garanzia sufficiente per evitare che il legislatore settoriale opti infine per enunciare il rifiuto presunto nei procedimenti che regola[45]. Inoltre —ed è qui che si trova lo scoglio principale—, l’applicazione del silenzio assenso non determina una legittimazione incondizionata per l’ottenimento dell’utilità pretesa dall’interessato. Bisogna notare, in questo senso, che l’art. 62 della LAP stabilisce che saranno nulli di pieno diritto gli atti presunti contrari all’ordinamento giuridico attraverso i quali si acquisiscono facoltà o diritti quando non si hanno i requisiti essenziali per il loro conseguimento. Di qui che l’accoglimento presunto delle richieste costituisca un’alternativa, quanto meno discutibile, al trattamento dell’inattività nella risoluzione dei procedimenti caratterizzati dalla complessità dell’istruttoria —sia essa dovuta alla necessità di raccogliere numerosi elementi di giudizio o per la presenza di diversi interessi la cui coniugazione divenga estremamente difficile—. Lungi dall’addentrarci in queste riflessioni —che necessitano di uno studio ex professo—, cerchiamo semplicemente di mettere sul tavolo la presenza di numerosi fattori che fanno dubitare del significato del silenzio asenso come meccanismo al servizio degli interessati, cosí come della sua concreta virtualità pratica[46].


Per concludere questa sezione, non ci resta che menzionare i possibili mezzi di cui l’interessato si potrà servire per provare l’esistenza del silenzio. Su questo punto la nuova regolazione si limita a segnalare che l’accreditazione del silenzio potrà essere effettuata mediante qualsiasi mezzo di prova ammesso in Diritto[47].


b) Procedimenti avviati d’ufficio. Nei procedimenti avviati mediante accordo dell’organo competente, anche il regime d’inattività nel provvedere —e notificare— ha subito variazioni di rilievo. Innanzitutto, bisogna evidenziare come il legislatore spagnolo si allontani dalla concezione del silenzio amministrativo come meccanismo indissolubilmente unito ai procedimenti iniziati su richiesta dell’interessato. Questa corrispondenza, che si basa sull’idea che il silenzio in realtà si integra mediante l’accoglimento o il diniego della pretesa avanzata dall’interessato nella sua richiesta, si vede sfumata, come vedremo, dalla nuova regolazione introdotta dalla Legge 4/99; una nuova regolazione che in questo ambito distingue un duplice ordine di casi:


—Da un lato, i procedimenti avviati d’ufficio destinati a imporre un onere o gravame all’interessato o, in generale, a restringere la sua sfera giuridica —v.gr. il procedimento sanzionatore—, in cui la mancanza di un provvedimento espresso in tempo provocherà l’obbligo a dichiarare la caducidad (caducazione) del procedimento e, di conseguenza, l’ordine di archiviare la pratica[48]. La scadenza del termine attiverà in modo automatico la caducazione del procedimento, obbligando l’Amministrazione a dettare un provvedimento che così indica e che ordina, come diciamo, l’archiviazione della pratica.


—Dall’altro, quei procedimenti —anch’essi avviati d’ufficio— suscettibili di concludersi mediante l’emissione di una pronuncia favorevole alla situazione giuridica dell’interessato —in concreto, indica il contenuto legale, quei procedimenti dai quali potrebbe derivare il riconoscimento o, eventualmente, la costituzione di diritti o altre situazioni giuridiche individualizzate—, nei quali il decorso del termine produrrà non già la caducazione, ma il silenzio amministrativo rifiuto[49]. In questo modo resteranno aperte le porte a una possibile impugnazione di questo presunto rifiuto, mentre l’Amministrazione —in conformità con il regime che già conosciamo— continuerà ad avere l’obbligo di dettare un provvedimento espresso e notificarlo all’interessato.


Si noti, dunque, che il regime stabilito dalla Legge 4/99 nei procedimenti avviati ex officio, parte dalla distinzione tra gli effetti favorevoli o sfavorevoli che possono derivare per l’interessato dalla conclusione del procedimento. È precisamente questo punto a meritare qualche considerazione critica, giacché questa linea divisoria che separa il carattere favorevole o meno del provvedimento è sempre una linea d’apprezzamento soggettivo, e pertanto vincolata alla posizione concreta che l’interessato sostiene nel procedimento amministrativo. Non bisogna dimenticare che, spesso, in uno stesso procedimento possono intervenire vari interessati che possono avere posizioni diverse e anche antagonistiche. È chiaro che, in quest’ultimo caso, il carattere restrittivo o ampliativo del provvedimento sarà in funzione della richiesta che faccia da punto di riferimento.


Stando così le cose, è possibile che in uno stesso procedimento la scadenza del termine si traduca nella caducazione del procedimento per un determinato interessato, e per un altro, invece, nel rifiuto presunto del suo interesse pretensivo. Una tale situazione, com’è facilmente comprensibile, suscita numerose disfunzioni in quanto —non si dimentichi— il regime della caducazione e il silenzio rifiuto differiscono in numerosi aspetti. Lo stesso Consiglio di Stato spagnolo proclamò, nel suo parere sul predisegno di riforma della LAP, le anomalie che questa impostazione avrebbe provocato nei rapporti triangolari. Per questo l’alto corpo consultivo proponeva che, invece di stabilire questa distinzione di regime giuridico in funzione del carattere favorevole o sfavorevole del possibile provvedimento, il regime della mancata conclusione —e notificazione— entro il termine nei procedimenti iniziati d’ufficio venisse unificato mediante l’utilizzo della caducazione[50]. Il legislatore, però, purtroppo a nostro parere, non seguì quest’indicazione.



 

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[22] Vid. art. 42 LAP —modificato dalla Legge 4/99—.

[23] Il Consiglio di Stato spagnolo segnalava nel suo parere sul predisegno di Legge di modificazione della LAP (Parere del 22 gennaio 1998, n. 5356) che in tali casi il provvedimento deve avere un contenuto minimo in cui l’organo amministrativo esprima, da una parte —dice il Consiglio di Stato— “il fatto che prenda come base per l’apprezzamento della circostanza impeditiva del provvedimento nel merito di cui si tratta”; e dall’altra —sempre nelle parole dell’alto corpo consultivo— “la norma che fonde l’applicazione della citata circostanza ostativa del provvedimento nel merito”. Questo parere è stato accolto dal legislatore nel secondo paragrafo dell’art. 42.1 LAP —modificato dalla Legge 4/99—, in cui viene stabilito che il provvedimento consisterà nella dichiarazione della circostanza che interviene in ogni caso, con indicazione dei fatti avvenuti e delle norme applicabili.

[24] La conclusione convenzionale è regolata dall’art. 88 LAP. In questo precetto vengono previste le due categorie o specie di conclusione convenzionale contemplate anche dall’art. 11 della Legge 241/90: l’accordo o contratto sostitutivo del provvedimento (accordi sostitutivi); e l’accordo o contratto previo al provvedimento, ma determinante del suo contenuto (accordi integrativi). Sulla conclusione convenzionale nell’ordinamento spagnolo si vedano Francisco Delgado Piqueras, La terminación convencional del procedimiento administrativo, Aranzadi, Pamplona, 1995, e AA.VV., La apertura del procedimiento administrativo a la negociación con los ciudadanos en la Ley 30/1992 de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común, IVAP, Oñati, 1995.

[25] Cfr. i pareri dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 23 febbraio 1995, n. 19 (in Cons. Stato 1995, I, p. 1463) e del 27 gennaio 1994, n. 12 (in Cons. Stato 1995, I, p. 452). In quest’ultimo, il Consiglio di Stato italiano segnala che il Regolamento in cui venga concretizzato il termine massimo per concludere il procedimento “non può stabilire termini per la definizione dei procedimenti così ampi da vanificare la finalità della legge ed eludere l’applicazione, avallando la lentezza dei procedimenti amministrativi, in contrasto con la finalità legislativa di garantire la speditezza dei procedimenti”.

[26] Vid. art. 42.2 LAP —modificato dalla Legge 4/99—.

[27] Naturalmente, quando la notificazione può essere validamente sostituita dalla pubblicazione (vid. art. 59.5 LAP), il riferimento al termine per provvedere e notificare si intenderà relativo al termine per provvedere e pubblicare. Cfr. Parere del Consiglio di Stato spagnolo del 22 gennaio 1998, n. 5356, sul predisegno di legge di modificazione della LAP.

[28] Cfr. Pascual Sala Atienza, Comentarios a la reforma del Procedimiento Administrativo, Tirant lo Blanc, Valencia, 1999, p. 131.

[29] Cfr. Luciano Parejo Alfonso, “La nueva regulación del llamado silencio administrativo”, Documentación Administrativa, n.254-255, 1999, p. 137.

[30] In quest’ultimo caso —quando il procedimento viene avviato su richiesta— la soluzione che la LAP originariamente stabiliva —nella sua versione del 1992— consisteva nel fissare come giorno iniziale del calcolo la data in cui la domanda fosse stata registrata da uno qualsiasi degli uffici di archiviazione degli atti amministrativi (registro) stabiliti dall’art. 38 LAP; a tenore di questo precetto —che in questo punto non ha subito modificazioni— gli interessati possono presentare le loro domande:

a) Presso gli uffici di registro degli organi amministrativi a cui esse sono rivolte.

b) Presso gli uffici di registro di qualsiasi organo amministrativo, che appartenga all’Amministrazione Generale dello Stato, presso quella di qualsiasi Amministrazione delle Comunità Autonome, o quella di uno degli Enti che fanno parte dell’Amministrazione Locale, se, in quest’ultimo caso, sia stato sottoscritto l’opportuno accordo.

c) Presso gli Uffici Postali, nel modo stabilito dal regolamento.

d) Presso le rappresentanze diplomatiche od uffici consolari di Spagna all’estero.

Quest’alternativa presentava non pochi problemi perché obbligava l’organo ricettore della istanza a trasmetterla senza dilazioni all’organo competente per il procedimento. Al fine di evitare che il lasso di tempo necessario per la comunicazione potesse tradursi in una riduzione del termine per decidere il procedimento, ma conservando allo stesso tempo la possibilità che l’interessato possa usare uno qualsiasi dei mezzi che abbiamo appena menzionato per presentare i suoi documenti all’Amministrazione, il legislatore ha deciso che il calcolo inizi dal momento in cui l’organo competente riceve nel proprio ufficio di registro la domanda in questione; un’opzione completata dall’obbligo di comunicare all’interessato la data in cui la sua domanda è entrata presso l’ufficio di registro dell’organo competente per il suo iter (vid. nota 32).

[31] In particolare, le cause di sospensione, previste dall’art. 42.5 LAP, sono le seguenti:

a) Quando si debba richiedere all’interessato di rimediare alle deficienze e di apportare documenti e altri elementi di giudizio necessari, per il tempo che intercorre tra la notificazione della richiesta e il suo effettivo compimento da parte del destinatario, o, in sua mancanza, il decorso del termine concesso, tutto ciò fermo restando quanto previsto dall’articolo 71 della presente Legge.

b) Quando si debba ottenere un parere previo e precettivo di un organo delle Comunità Europee, per il tempo che intercorre tra la richiesta, che dovrà essere comunicata agli interessati, e la notificazione del parere all’Amministrazione procedente, che dovrà ugualmente esser loro comunicata.

c) Quando debbano essere richiesti pareri che siano precettivi e determinanti del contenuto del provvedimento a un organo della stessa o di altra Amministrazione, per il tempo che intercorre tra la richiesta, che dovrà essere comunicata agli interessati e il ricevimento del parere, che allo stesso modo sarà loro comunicato. Questo termine di sospensione non potrà in nessun caso superare i tre mesi.

d) Quando si debbano realizzare prove tecniche o analisi contraddittorie o dirimenti proposte dagli interessati, per il tempo necessario perché i risultati siano incorporati al procedimento.

e) Quando vengano iniziate negoziazioni in vista della conclusione di un accordo o contratto nei termini previsti dall’articolo 88 di questa legge, dalla dichiarazione formale al riguardo e fino alla conclusione senza effetto, se si verifica, delle suddette negoziazioni che si constaterà mediante dichiarazione formulata dall’Amministrazione o dagli interessati.

In generale, i primi commenti della dottrina concordano nel valutare positivamente queste ipotesi in quanto esse indicano atti che non giustificano una riduzione del termine per provvedere e notificare il procedimento. Cionondimeno, questo giudizio favorevole diventa meno inequivocabile nel caso previsto dalla lettera c) riguardante il tempo necessario ad evacuare un parere precettivo determinante. Questa causa di sospensione fu infatti oggetto di dibattito nel corso dei lavori parlamentari e la sua redazione attuale risponde, in realtà, alla ricerca di un consenso tra le diverse posizioni; al fine di conciliare la posizione di alcuni gruppi parlamentari, che invocavano la soppressione di questa disposizione per evitare che diventasse una misura di dilatazione sine die dei procedimenti, (vid. l’emendamento numero 42, presentato dal gruppo parlamentare di Izquierda Unida, nel Boletín Oficial de las Cortes Generales del 5 giugno 1998, Congreso de los Diputados, VI Legislatura, Serie A, n. 109-11, p. 48) venne aggiunta una postilla, secondo la quale la sospensione che provoca l’emissione del parere determinante non potrà in nessun caso superare i tre mesi. In questo modo la causa di sospensione viene mantenuta, ma la sua estensione temporale resta limitata, impedendo così, che la funzione consultiva possa differire indefinitamente la conclusione del procedimento.

[32] Quest’obbligo di notificare l’avvio del procedimento è indicato all’art. 42.4 § 2 LAP —modificato dalla Legge 4/99— ed è stato oggetto di sviluppo, nell’ambito dell’Amministrazione Generale dello Stato, mediante l’Ordinanza del 14 aprile 1999, in cui vengono definiti gli estremi che dovranno figurare nella comunicazione da trasmettere agli interessati. Nei procedimenti avviati d’ufficio la notifica avrà il seguente contenuto:

a) Denominazione e oggetto del procedimento avviato.

b) Codice o numero di identificazione del procedimento.

c) Specificazione del termine massimo per provvedere e notificare il provvedimento e data a partire dalla quale si inizia il calcolo di tale termine.

d) Mezzi (telefono, indirizzo postale, fax, posta elettronica,...) a cui si può ricorrere per ottenere informazioni sullo stato del procedimento.

Lo stesso contenuto dovrà figurare nella notifica che si effettui riguardo ai procedimenti avviati su istanza dell’interessato. In questo caso vi è però una serie di particolarità sulle quali conviene soffermarsi. Quando il procedimento è stato avviato su istanza dell’interessato, la comunicazione non ha, logicamente, lo scopo di informarlo dell’avvio del procedimento, ma di fargli conoscere il termine di cui l’Amministrazione dispone per provvedere e notificare il provvedimento; cosa che risulta particolarmente trascendentale se si considera il fatto che il dies a quo non è il giorno in cui l’interessato presenta la sua richiesta presso uno qualsiasi degli uffici precedentemente menzionati, ma il giorno in cui essa fa il suo ingresso presso l’ufficio di registro dell’organo competente. Di qui che il computo del termine richieda ineludibilmente che l’interessato sappia quando la sua richiesta ha fatto il proprio ingresso presso l’ufficio di registro dell’organo competente, e questo è lo scopo della notificazione in questione. Quando l’ufficio procedente riceva l’istanza, dovrà comunicarlo all’interessato entro i dieci giorni seguenti.

D’altra parte il contenuto della notifica sarà, come abbiamo appena segnalato, lo stesso rispetto ai procedimenti avviati d’ufficio. Vi è però una piccola differenza: bisognerà indicare, inoltre, quali sono gli effetti che derivano dal mancato rispetto del termine, ovverosia il senso di assenso o rifiuto che il silenzio dell’Amministrazione acquisirà.

[33] Sentenza del 5 novembre 1996 —consultabile in Foro Amministrativo, 1997, p. 724—. Sulla decisiva trascendenza di questa comunicazione nell’ambito della partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, si veda, tra gli altri, Gianluca Gardini, La comunicazione degli atti amministrativi, Milano, 1996, p. 59.

[34] Vid., in particolare , le lettere b) e c) dell’art. 42.5 LAP —già riportato in precedenza—.

[35] Secondo quanto stabilito da questo precetto, la notificazione dovrà contenere il testo integrale del provvedimento, indicando se pone fine o meno alla via amministrativa, l’espressione dei ricorsi pertinenti, l’organo presso il quale essi possono essere presentati e il termine per proporli.

[36] L’art. 44.4 LAP —modificato dalla Legge 4/99— segnala che ai soli effetti di intendersi compiuto l’obbligo di notificare entro il termine massimo di durata dei procedimenti, sarà sufficiente la notificazione che contenga quanto meno il testo integrale del provvedimento, nonché il tentativo di notificazione debitamente accreditato.

[37] Il problema che sorge in relazione al trattamento delle infrazioni temporali nel procedimento deve essere affrontato da una premessa che è identica sia nel caso spagnolo che in quello italiano: il mancato rispetto del termine per provvedere non porta con sé effetti di carattere invalidante. La giurisprudenza italiana è chiara al riguardo quando indica che “il superamento dei termini previsti per la conclusione del procedimento amministrativo e l’adozione del provvedimento espresso non si riflette ex se sulla legittimità del provvedimento tardivamente adottato” (Sentenza T.A.R. Abruzzo, 18 febbraio 1997, n.43 —in Foro amministrativo, 1997, p. 2473—). Nello stesso senso, l’art. 63.3 LAP dispone che la realizzazione di atti amministrativi fuori dal tempo per essi stabilito implicherà l’annullabilità dell’atto solo quando così sia imposto dalla natura del termine.

Stando così le cose, il trattamento dei vizi di tempo deve venire trasferito verso l’ambito proprio di quelli effetti collegati alle irregolarità, cioè verso la responsabilità disciplinare e la responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione (cfr. l’eccellente lavoro di Antonio Romano Tassone, Contributo sul tema dell’irregolarità degli atti amministrativi, Torino, 1993). Inoltre, le difficoltà pratiche della prima, fanno sì che tutti gli sguardi si volgano verso l’ambito della responsabilità extracontrattuale.

[38] La prima nota sulla quale vogliamo attirare l’attenzione sta nella natura giuridica di questa misura, in quanto non si adegua allo schema generale della responsabilità. Si tratta, infatti, di un risarcimento pecuniario che si attiva in modo automatico in caso di mancato rispetto del termine, indipendentemente dall’effettiva produzione di un danno. In altre parole, l’interessato non deve sostenere il peso di provare le ripercussioni lesive che il ritardo ha causato sul suo patrimonio giuridico.

In secondo luogo, bisogna soffermarsi sui beneficiari di tale compensazione automatica. Il tenore letterale del precetto fa allusione ai soggetti richiedenti il provvedimento, e da ciò si deduce, ad avviso di alcuni autori, che l’ambito applicativo della norma resti circoscritto ai procedimenti amministrativi avviati mediante richiesta dell’interessato e suscettibili di concludersi mediante un provvedimento ampliativo della loro sfera giuridica (in questo senso, Francesco Mele, “La semplificazione del procedimiento amministrativo nelle leggi 15 marzo 1997, n. 59 e 15 maggio 1997, n. 127 (cd. riforma Bassanini)”, Diritto Processuale Amministrativo, n. 4/1997, p. 794). Anche se questa è un’interpretazione che già era stata avanzata in alcuni studi sull’infrazione dell’art. 2 della Legge 241/1990 (cfr. Marcello Clarich, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995, pp. 139-148) da parte nostra intendiamo che i termini del precetto ammettono un’interpretazione più ampia dei casi in cui l’indennizzo sia pertinente. Rifacendosi ad un’interpretazione teleologica del precetto, si potrebbe sostenere che la determinazione di tale indennizzo monetario costituisce un meccanismo che deve andare a beneficio del soggetto a cui interessa l’adozione del provvedimento o atto di cui si tratta, anche quando detto provvedimento, da una prospettiva obbiettiva, abbia un carattere restrittivo. Nei procedimenti possono intervenire diversi interessati con posizioni e pretese divergenti e anche antagonistiche; cosicché, mentre alcuni interessati volgeranno le loro pretese verso l’adozione concreta di un provvedimento, le pretese dei restanti partecipanti potranno essere dirette in senso opposto. Il carattere ampliativo o restrittivo del provvedimento finale dovrà, quindi, essere analizzato da una prospettiva soggettiva, in considerazione della posizione del soggetto di cui si tratta, e non del contenuto oggettivo dell’atto. E ciò al dilà del fatto che l’avvio del procedimento sia stata effettuata d’ufficio (attraverso atto d’avvio dell’organo competente) oppure su istanza o richiesta della persona interessata.

Vi sono, per il resto, anche altri estremi che non risultano d’inequivocabile interpretazione. In questo senso Mele considera che ci troviamo davanti ad un indennizzo che cede davanti alla presenza di una causa di giustificazione. La precisazione di un risarcimento monetario, così, farebbe unicamente riferimento ai ritardi ingiustificati (Francesco Mele, “La semplificazione del procedimento amministrativo...”, cit., p. 807). Questa lettura interpretativa può comportare, a nostro giudizio, uno svuotamento della misura in questione, in quanto si apre la strada all’applicazione di criteri giurisprudenziali sul carattere giustificato o meno del ritardo, che possono sfociare in linee d’azione simili a quelle utilizzate in rapporto con il diritto ad un processo giurisdizionale senza dilazioni indebite.

D’altra parte è necessario determinare se l’obbligo di provvedere entro il termine può essere assolto mediante un provvedimento formale che non arrivi a risolvere il merito della questione. Accettando una risposta positiva, l’Amministrazione potrebbe schiavare il pagamento di questi indennizzi adottando sistematicamente provvedimenti vuoti di contenuto, ossia, provvedimenti che non prendano in considerazione la realtà soggiacente e gli interessi che concorrono nel caso concreto. Benchè la soluzione di questa questione risulti complessa, riteniamo che l’obbligo di provvedere non possa essere separato dal correlativo obbligo di motivare il provvedimento.

[39] Conviene chiarire che la comparsa del silenzio assenso non estingue l’obbligo di dettare il provvedimento espresso; l’Amministrazione continuerà ad avere l’obbligo di pronunciarsi in modo espresso sul procedimento, ma quando lo farà si troverà ad essere vincolata dal senso del silenzio, cosicché potrà solo adottare un provvedimento di segno favorevole alla pretesa sostenuta dall’interessato. Come segnala lo stesso art. 43.4.a LAP, nei casi di accoglimento per silenzio amministrativo, il provvedimento espresso posteriore alla produzione dell’atto potrà essere dettato solo se è confirmatorio dello stesso.

[40] Logicamente, il provvedimento espresso che venga adottato posteriormente alla produzione del silenzio non sarà condizionato —a differenza di quanto accade con il silenzio assenso— dal senso sfavorevole del silenzio. A tale effetto, l’art. 43.4.b LAP prevede che nei casi di rifiuto per silenzio amministrativo, il provvedimento espresso posteriore alla scadenza del termine sarà adottato dall’Amministrazione senza alcun vincolo al senso del silenzio.

[41] Nella dottrina italina, e seguendo le considerazioni che effettua Cerulli Irelli, possiamo differenziare, all’interno del silenzio significativo, da una parte il silenzio rifiuto, che dà all’interessato unicamente la facoltà di impugnare il diniego della sua pretesa tramite i ricorsi che ritiene opportuni —in altre parole, la scadenza del termine, lungi dall’acquisire un contenuto decisorio o sostantivo, passa ad essere una mera finzione che servirà a preservare l’esercizio del diritto di difesa dell’interessato—; e, dall’altra, il silenzio assenso in cui l’ordinamento giuridico, a differenza del precedente, attribuisce al decorso del termine stabilito un significato decisorio, integrando la volontà amministrativa attraverso la pretesa contenuta nella richiesta dell’interessato. È per questo che qui possiamo parlare di un vero atto amministrativo che potrà solo essere modificato attraverso i meccanismi di impugnazione e revisione d’ufficio. Il silenzio rifiuto, al contrario, non raggiungerà la considerazione di atto amministrativo, e pertanto in tal caso non cesserà l’obbligo di adottare un provvedimento espresso che concluda il procedimento (Vincenzo Cerulli Irelli, Corso di Diritto Amministrativo, Torino, 1997, pp. 479-486 e 489-496).

[42] Una relazione dell’Ispezione dei Servizi del Ministero delle Pubbliche Amministrazioni realizzato nel 1996 intorno all’attuazione regolamentare della LAP del 1992, mostrava cifre significative su questo particolare: nel 77,5 % dei procedimenti amministrativi veniva stabilito il carattere sfavorevole o «negativo» del silenzio, mentre il 22,5 % si avvaleva del regime del silenzio favorevole. Questi dati possono essere visti in Jaime Rodríguez-Arana Muñoz, “La reforma de la Ley 30/1992 y su incidencia en la Administración Local”, cit., p.25.

[43] Questo sistema di clausola generale contrasta con l’impostazione adottata dall’ordinamento italiano, secondo il quale, in virtù di quanto previsto dall’art. 20 della Legge 241/1990, i procedimenti nei quali si applicherà il silenzio assenso saranno quelli espressamente previsti dalla normativa regolamentare —attualmente, il d.p.r. del 26 aprile 1992, n. 300 e il d.p.r. 9 maggio 1994, n. 407—.

[44] In quest’ultimo caso vige una regola speciale secondo la quale, quando il procedimento d’impugnazione ha per oggetto il rifiuto di una richiesta per silenzio amministrativo, il decorso del termine per decidere il procedimento di ricorso, anche se in principio dovrebbe avere carattere di rifiuto, viene alterato e passerà ad avere carattere di assenso (vid. art. 43.2 in fine LAP).

[45] È dubbio che questa disposizione possa servire per conseguire che il silenzio assenso abbia un’effettiva portata generale. Come hanno segnalato García de Enterría e Fernández Rodríguez, sarebbe stato più prudente e giusto stabilire il carattere di rifiuto del silenzio come regola generale applicabile in mancanza di una disposizione che stabilisse espressamente il contrario (cfr. Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso de Derecho Administrativo, vol. I, 9ª ed., 1999, p. 593).

[46] Cfr. il recente lavoro di Luciano Parejo Alfonso, La nueva regulación del llamado silencio administrativo..., cit., pp. 111 e ss.

[47] Tra di essi si trova la possibilità di richiedere all’organo competente a provvedere un certificato accreditativo del silenzio, che dovrà essere emesso entro un termine massimo di quindici giorni (vid. art. 42.5 LAP —modificato dalla Legge 4/99—).

Nonostante che il legislatore abbia voluto lasciare la porta aperta alla possibilità di usare qualsiasi mezzo di prova al fine di provare l’esistenza del silenzio, bisogna convenire che con ciò non si risolvono i problemi che insorgono in questo ambito. È vero che l’accreditazione dell’esistenza del silenzio può essere superata mediante il ricorso a differenti formule o mezzi di prova, ma ciò non equivale a provare il contenuto che dobbiamo attribuire a tale silenzio. In altre parole, la prova dell’esistenza del silenzio —e del suo senso di assenso o rifiuto— non ci permette di scindere e profilare dettagliatamente qual è il contenuto sostantivo della volontà amministrativa che si presume. Cfr. al riguardo le considerazioni di Luciano Parejo Alfonso, La nueva regulación del llamado silencio administrativo..., cit., p. 153.

[48] Gli effetti che provoca la dichiarazione di caducazione sono regolati all’art. 92 LAP. In concreto, il comma terzo di questo precetto indica che la caducazione di per se stessa non provocherà la prescrizione delle azioni dell’interessato o dell’Amministrazione, ma i procedimenti caducati non interroperanno il termine di prescrizione. Un esame della figura della caducazione nel Diritto Amministrativo spagnolo può essere visto in Francisco Hernández González, La caducidad del procedimiento administrativo, Montecorvo, Madrid, 1998, e Rafael Cabellero Sánchez, Prescripción y caducidad en el ordenamiento administrativo, McGrawHill, Madrid, 1999.

D’altra parte bisogna segnalare che nei casi in cui la paralizzazione del procedimento può essere imputata all’azione stessa dell’interessato, non entrerà in gioco, com’è logico, la caducazione, ma il termine per provvedere e notificare il procedimento verrà interrotto (vid. art. 44.2 LAP —nella sua versione attuale—).

[49] Durante l’iter parlamentare della Legge 4/99, il gruppo parlamentare di Izquierda Unida discusse l’applicazione del silenzio rifiuto in questi casi, perché, come sosteneva questo gruppo, ciò può comportare alcune incongruenze se teniamo conto della circostanza che molti procedimenti possono venire avviati, indistintamente, a richiesta dell’interessato oppure tramite un atto dell’organo competente (cfr. emendamento numero 41 e la sua giustificazione sul Boletín Oficial de las Cortes Generales del 5 giugno 1998, Congreso de los Diputados, VI Legislatura, Serie A, n. 109-11, p. 48).

[50] Vid. Parere del Consiglio di Stato spagnolo del 22 gennaio 1998, n. 5356, sul predisegno di Legge di modificazione della LAP. Nella stessa linea del Consiglio di Stato, il gruppo parlamentare basco presentò senza successo un emendamento (emendamento numero 15, Boletín Oficial de las Cortes Generales del 5 giugno 1998, Congreso de los Diputados, VI Legislatura, Serie A, n.109-11, pag. 41) finalizzata a migliorare la redazione dell’art. 44 aggiungendo un nuovo comma del seguente tenore: “Nei casi in cui dal procedimento possono derivare effetti sfavorevoli per gli uni e favorevoli per gli altri, si applicherà unicamente la regola stabilita nel numero due pertinente”.


 




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