[22] Vid. art. 42 LAP modificato dalla Legge 4/99.
[23] Il Consiglio di Stato spagnolo segnalava nel suo parere sul predisegno di Legge di modificazione della LAP (Parere del 22 gennaio 1998, n. 5356) che in tali casi il provvedimento deve avere un contenuto minimo in cui l’organo amministrativo esprima, da una parte dice il Consiglio di Stato “il fatto che prenda come base per l’apprezzamento della circostanza impeditiva del provvedimento nel merito di cui si tratta”; e dall’altra sempre nelle parole dell’alto corpo consultivo “la norma che fonde l’applicazione della citata circostanza ostativa del provvedimento nel merito”. Questo parere è stato accolto dal legislatore nel secondo paragrafo dell’art. 42.1 LAP modificato dalla Legge 4/99, in cui viene stabilito che il provvedimento consisterà nella dichiarazione della circostanza che interviene in ogni caso, con indicazione dei fatti avvenuti e delle norme applicabili.
[24] La conclusione convenzionale è regolata dall’art. 88 LAP. In questo precetto vengono previste le due categorie o specie di conclusione convenzionale contemplate anche dall’art. 11 della Legge 241/90: l’accordo o contratto sostitutivo del provvedimento (accordi sostitutivi); e l’accordo o contratto previo al provvedimento, ma determinante del suo contenuto (accordi integrativi). Sulla conclusione convenzionale nell’ordinamento spagnolo si vedano Francisco Delgado Piqueras, La terminación convencional del procedimiento administrativo, Aranzadi, Pamplona, 1995, e AA.VV., La apertura del procedimiento administrativo a la negociación con los ciudadanos en la Ley 30/1992 de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común, IVAP, Oñati, 1995.
[25] Cfr. i pareri dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 23 febbraio 1995, n. 19 (in Cons. Stato 1995, I, p. 1463) e del 27 gennaio 1994, n. 12 (in Cons. Stato 1995, I, p. 452). In quest’ultimo, il Consiglio di Stato italiano segnala che il Regolamento in cui venga concretizzato il termine massimo per concludere il procedimento “non può stabilire termini per la definizione dei procedimenti così ampi da vanificare la finalità della legge ed eludere l’applicazione, avallando la lentezza dei procedimenti amministrativi, in contrasto con la finalità legislativa di garantire la speditezza dei procedimenti”.
[26] Vid. art. 42.2 LAP modificato dalla Legge 4/99.
[27] Naturalmente, quando la notificazione può essere validamente sostituita dalla pubblicazione (vid. art. 59.5 LAP), il riferimento al termine per provvedere e notificare si intenderà relativo al termine per provvedere e pubblicare. Cfr. Parere del Consiglio di Stato spagnolo del 22 gennaio 1998, n. 5356, sul predisegno di legge di modificazione della LAP.
[28] Cfr. Pascual Sala Atienza, Comentarios a la reforma del Procedimiento Administrativo, Tirant lo Blanc, Valencia, 1999, p. 131.
[29] Cfr. Luciano Parejo Alfonso, “La nueva regulación del llamado silencio administrativo”, Documentación Administrativa, n.254-255, 1999, p. 137.
[30] In quest’ultimo caso quando il procedimento viene avviato su richiesta la soluzione che la LAP originariamente stabiliva nella sua versione del 1992 consisteva nel fissare come giorno iniziale del calcolo la data in cui la domanda fosse stata registrata da uno qualsiasi degli uffici di archiviazione degli atti amministrativi (registro) stabiliti dall’art. 38 LAP; a tenore di questo precetto che in questo punto non ha subito modificazioni gli interessati possono presentare le loro domande:
a) Presso gli uffici di registro degli organi amministrativi a cui esse sono rivolte.
b) Presso gli uffici di registro di qualsiasi organo amministrativo, che appartenga all’Amministrazione Generale dello Stato, presso quella di qualsiasi Amministrazione delle Comunità Autonome, o quella di uno degli Enti che fanno parte dell’Amministrazione Locale, se, in quest’ultimo caso, sia stato sottoscritto l’opportuno accordo.
c) Presso gli Uffici Postali, nel modo stabilito dal regolamento.
d) Presso le rappresentanze diplomatiche od uffici consolari di Spagna all’estero.
Quest’alternativa presentava non pochi problemi perché obbligava l’organo ricettore della istanza a trasmetterla senza dilazioni all’organo competente per il procedimento. Al fine di evitare che il lasso di tempo necessario per la comunicazione potesse tradursi in una riduzione del termine per decidere il procedimento, ma conservando allo stesso tempo la possibilità che l’interessato possa usare uno qualsiasi dei mezzi che abbiamo appena menzionato per presentare i suoi documenti all’Amministrazione, il legislatore ha deciso che il calcolo inizi dal momento in cui l’organo competente riceve nel proprio ufficio di registro la domanda in questione; un’opzione completata dall’obbligo di comunicare all’interessato la data in cui la sua domanda è entrata presso l’ufficio di registro dell’organo competente per il suo iter (vid. nota 32).
[31] In particolare, le cause di sospensione, previste dall’art. 42.5 LAP, sono le seguenti:
a) Quando si debba richiedere all’interessato di rimediare alle deficienze e di apportare documenti e altri elementi di giudizio necessari, per il tempo che intercorre tra la notificazione della richiesta e il suo effettivo compimento da parte del destinatario, o, in sua mancanza, il decorso del termine concesso, tutto ciò fermo restando quanto previsto dall’articolo 71 della presente Legge.
b) Quando si debba ottenere un parere previo e precettivo di un organo delle Comunità Europee, per il tempo che intercorre tra la richiesta, che dovrà essere comunicata agli interessati, e la notificazione del parere all’Amministrazione procedente, che dovrà ugualmente esser loro comunicata.
c) Quando debbano essere richiesti pareri che siano precettivi e determinanti del contenuto del provvedimento a un organo della stessa o di altra Amministrazione, per il tempo che intercorre tra la richiesta, che dovrà essere comunicata agli interessati e il ricevimento del parere, che allo stesso modo sarà loro comunicato. Questo termine di sospensione non potrà in nessun caso superare i tre mesi.
d) Quando si debbano realizzare prove tecniche o analisi contraddittorie o dirimenti proposte dagli interessati, per il tempo necessario perché i risultati siano incorporati al procedimento.
e) Quando vengano iniziate negoziazioni in vista della conclusione di un accordo o contratto nei termini previsti dall’articolo 88 di questa legge, dalla dichiarazione formale al riguardo e fino alla conclusione senza effetto, se si verifica, delle suddette negoziazioni che si constaterà mediante dichiarazione formulata dall’Amministrazione o dagli interessati.
In generale, i primi commenti della dottrina concordano nel valutare positivamente queste ipotesi in quanto esse indicano atti che non giustificano una riduzione del termine per provvedere e notificare il procedimento. Cionondimeno, questo giudizio favorevole diventa meno inequivocabile nel caso previsto dalla lettera c) riguardante il tempo necessario ad evacuare un parere precettivo determinante. Questa causa di sospensione fu infatti oggetto di dibattito nel corso dei lavori parlamentari e la sua redazione attuale risponde, in realtà, alla ricerca di un consenso tra le diverse posizioni; al fine di conciliare la posizione di alcuni gruppi parlamentari, che invocavano la soppressione di questa disposizione per evitare che diventasse una misura di dilatazione sine die dei procedimenti, (vid. l’emendamento numero 42, presentato dal gruppo parlamentare di Izquierda Unida, nel Boletín Oficial de las Cortes Generales del 5 giugno 1998, Congreso de los Diputados, VI Legislatura, Serie A, n. 109-11, p. 48) venne aggiunta una postilla, secondo la quale la sospensione che provoca l’emissione del parere determinante non potrà in nessun caso superare i tre mesi. In questo modo la causa di sospensione viene mantenuta, ma la sua estensione temporale resta limitata, impedendo così, che la funzione consultiva possa differire indefinitamente la conclusione del procedimento.
[32] Quest’obbligo di notificare l’avvio del procedimento è indicato all’art. 42.4 § 2 LAP modificato dalla Legge 4/99 ed è stato oggetto di sviluppo, nell’ambito dell’Amministrazione Generale dello Stato, mediante l’Ordinanza del 14 aprile 1999, in cui vengono definiti gli estremi che dovranno figurare nella comunicazione da trasmettere agli interessati. Nei procedimenti avviati d’ufficio la notifica avrà il seguente contenuto:
a) Denominazione e oggetto del procedimento avviato.
b) Codice o numero di identificazione del procedimento.
c) Specificazione del termine massimo per provvedere e notificare il provvedimento e data a partire dalla quale si inizia il calcolo di tale termine.
d) Mezzi (telefono, indirizzo postale, fax, posta elettronica,...) a cui si può ricorrere per ottenere informazioni sullo stato del procedimento.
Lo stesso contenuto dovrà figurare nella notifica che si effettui riguardo ai procedimenti avviati su istanza dell’interessato. In questo caso vi è però una serie di particolarità sulle quali conviene soffermarsi. Quando il procedimento è stato avviato su istanza dell’interessato, la comunicazione non ha, logicamente, lo scopo di informarlo dell’avvio del procedimento, ma di fargli conoscere il termine di cui l’Amministrazione dispone per provvedere e notificare il provvedimento; cosa che risulta particolarmente trascendentale se si considera il fatto che il dies a quo non è il giorno in cui l’interessato presenta la sua richiesta presso uno qualsiasi degli uffici precedentemente menzionati, ma il giorno in cui essa fa il suo ingresso presso l’ufficio di registro dell’organo competente. Di qui che il computo del termine richieda ineludibilmente che l’interessato sappia quando la sua richiesta ha fatto il proprio ingresso presso l’ufficio di registro dell’organo competente, e questo è lo scopo della notificazione in questione. Quando l’ufficio procedente riceva l’istanza, dovrà comunicarlo all’interessato entro i dieci giorni seguenti.
D’altra parte il contenuto della notifica sarà, come abbiamo appena segnalato, lo stesso rispetto ai procedimenti avviati d’ufficio. Vi è però una piccola differenza: bisognerà indicare, inoltre, quali sono gli effetti che derivano dal mancato rispetto del termine, ovverosia il senso di assenso o rifiuto che il silenzio dell’Amministrazione acquisirà.
[33] Sentenza del 5 novembre 1996 consultabile in Foro Amministrativo, 1997, p. 724. Sulla decisiva trascendenza di questa comunicazione nell’ambito della partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, si veda, tra gli altri, Gianluca Gardini, La comunicazione degli atti amministrativi, Milano, 1996, p. 59.
[34] Vid., in particolare , le lettere b) e c) dell’art. 42.5 LAP già riportato in precedenza.
[35] Secondo quanto stabilito da questo precetto, la notificazione dovrà contenere il testo integrale del provvedimento, indicando se pone fine o meno alla via amministrativa, l’espressione dei ricorsi pertinenti, l’organo presso il quale essi possono essere presentati e il termine per proporli.
[36] L’art. 44.4 LAP modificato dalla Legge 4/99 segnala che ai soli effetti di intendersi compiuto l’obbligo di notificare entro il termine massimo di durata dei procedimenti, sarà sufficiente la notificazione che contenga quanto meno il testo integrale del provvedimento, nonché il tentativo di notificazione debitamente accreditato.
[37] Il problema che sorge in relazione al trattamento delle infrazioni temporali nel procedimento deve essere affrontato da una premessa che è identica sia nel caso spagnolo che in quello italiano: il mancato rispetto del termine per provvedere non porta con sé effetti di carattere invalidante. La giurisprudenza italiana è chiara al riguardo quando indica che “il superamento dei termini previsti per la conclusione del procedimento amministrativo e l’adozione del provvedimento espresso non si riflette ex se sulla legittimità del provvedimento tardivamente adottato” (Sentenza T.A.R. Abruzzo, 18 febbraio 1997, n.43 in Foro amministrativo, 1997, p. 2473). Nello stesso senso, l’art. 63.3 LAP dispone che la realizzazione di atti amministrativi fuori dal tempo per essi stabilito implicherà l’annullabilità dell’atto solo quando così sia imposto dalla natura del termine.
Stando così le cose, il trattamento dei vizi di tempo deve venire trasferito verso l’ambito proprio di quelli effetti collegati alle irregolarità, cioè verso la responsabilità disciplinare e la responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione (cfr. l’eccellente lavoro di Antonio Romano Tassone, Contributo sul tema dell’irregolarità degli atti amministrativi, Torino, 1993). Inoltre, le difficoltà pratiche della prima, fanno sì che tutti gli sguardi si volgano verso l’ambito della responsabilità extracontrattuale.
[38] La prima nota sulla quale vogliamo attirare l’attenzione sta nella natura giuridica di questa misura, in quanto non si adegua allo schema generale della responsabilità. Si tratta, infatti, di un risarcimento pecuniario che si attiva in modo automatico in caso di mancato rispetto del termine, indipendentemente dall’effettiva produzione di un danno. In altre parole, l’interessato non deve sostenere il peso di provare le ripercussioni lesive che il ritardo ha causato sul suo patrimonio giuridico.
In secondo luogo, bisogna soffermarsi sui beneficiari di tale compensazione automatica. Il tenore letterale del precetto fa allusione ai soggetti richiedenti il provvedimento, e da ciò si deduce, ad avviso di alcuni autori, che l’ambito applicativo della norma resti circoscritto ai procedimenti amministrativi avviati mediante richiesta dell’interessato e suscettibili di concludersi mediante un provvedimento ampliativo della loro sfera giuridica (in questo senso, Francesco Mele, “La semplificazione del procedimiento amministrativo nelle leggi 15 marzo 1997, n. 59 e 15 maggio 1997, n. 127 (cd. riforma Bassanini)”, Diritto Processuale Amministrativo, n. 4/1997, p. 794). Anche se questa è un’interpretazione che già era stata avanzata in alcuni studi sull’infrazione dell’art. 2 della Legge 241/1990 (cfr. Marcello Clarich, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995, pp. 139-148) da parte nostra intendiamo che i termini del precetto ammettono un’interpretazione più ampia dei casi in cui l’indennizzo sia pertinente. Rifacendosi ad un’interpretazione teleologica del precetto, si potrebbe sostenere che la determinazione di tale indennizzo monetario costituisce un meccanismo che deve andare a beneficio del soggetto a cui interessa l’adozione del provvedimento o atto di cui si tratta, anche quando detto provvedimento, da una prospettiva obbiettiva, abbia un carattere restrittivo. Nei procedimenti possono intervenire diversi interessati con posizioni e pretese divergenti e anche antagonistiche; cosicché, mentre alcuni interessati volgeranno le loro pretese verso l’adozione concreta di un provvedimento, le pretese dei restanti partecipanti potranno essere dirette in senso opposto. Il carattere ampliativo o restrittivo del provvedimento finale dovrà, quindi, essere analizzato da una prospettiva soggettiva, in considerazione della posizione del soggetto di cui si tratta, e non del contenuto oggettivo dell’atto. E ciò al dilà del fatto che l’avvio del procedimento sia stata effettuata d’ufficio (attraverso atto d’avvio dell’organo competente) oppure su istanza o richiesta della persona interessata.
Vi sono, per il resto, anche altri estremi che non risultano d’inequivocabile interpretazione. In questo senso Mele considera che ci troviamo davanti ad un indennizzo che cede davanti alla presenza di una causa di giustificazione. La precisazione di un risarcimento monetario, così, farebbe unicamente riferimento ai ritardi ingiustificati (Francesco Mele, “La semplificazione del procedimento amministrativo...”, cit., p. 807). Questa lettura interpretativa può comportare, a nostro giudizio, uno svuotamento della misura in questione, in quanto si apre la strada all’applicazione di criteri giurisprudenziali sul carattere giustificato o meno del ritardo, che possono sfociare in linee d’azione simili a quelle utilizzate in rapporto con il diritto ad un processo giurisdizionale senza dilazioni indebite.
D’altra parte è necessario determinare se l’obbligo di provvedere entro il termine può essere assolto mediante un provvedimento formale che non arrivi a risolvere il merito della questione. Accettando una risposta positiva, l’Amministrazione potrebbe schiavare il pagamento di questi indennizzi adottando sistematicamente provvedimenti vuoti di contenuto, ossia, provvedimenti che non prendano in considerazione la realtà soggiacente e gli interessi che concorrono nel caso concreto. Benchè la soluzione di questa questione risulti complessa, riteniamo che l’obbligo di provvedere non possa essere separato dal correlativo obbligo di motivare il provvedimento.
[39] Conviene chiarire che la comparsa del silenzio assenso non estingue l’obbligo di dettare il provvedimento espresso; l’Amministrazione continuerà ad avere l’obbligo di pronunciarsi in modo espresso sul procedimento, ma quando lo farà si troverà ad essere vincolata dal senso del silenzio, cosicché potrà solo adottare un provvedimento di segno favorevole alla pretesa sostenuta dall’interessato. Come segnala lo stesso art. 43.4.a LAP, nei casi di accoglimento per silenzio amministrativo, il provvedimento espresso posteriore alla produzione dell’atto potrà essere dettato solo se è confirmatorio dello stesso.
[40] Logicamente, il provvedimento espresso che venga adottato posteriormente alla produzione del silenzio non sarà condizionato a differenza di quanto accade con il silenzio assenso dal senso sfavorevole del silenzio. A tale effetto, l’art. 43.4.b LAP prevede che nei casi di rifiuto per silenzio amministrativo, il provvedimento espresso posteriore alla scadenza del termine sarà adottato dall’Amministrazione senza alcun vincolo al senso del silenzio.
[41] Nella dottrina italina, e seguendo le considerazioni che effettua Cerulli Irelli, possiamo differenziare, all’interno del silenzio significativo, da una parte il silenzio rifiuto, che dà all’interessato unicamente la facoltà di impugnare il diniego della sua pretesa tramite i ricorsi che ritiene opportuni in altre parole, la scadenza del termine, lungi dall’acquisire un contenuto decisorio o sostantivo, passa ad essere una mera finzione che servirà a preservare l’esercizio del diritto di difesa dell’interessato; e, dall’altra, il silenzio assenso in cui l’ordinamento giuridico, a differenza del precedente, attribuisce al decorso del termine stabilito un significato decisorio, integrando la volontà amministrativa attraverso la pretesa contenuta nella richiesta dell’interessato. È per questo che qui possiamo parlare di un vero atto amministrativo che potrà solo essere modificato attraverso i meccanismi di impugnazione e revisione d’ufficio. Il silenzio rifiuto, al contrario, non raggiungerà la considerazione di atto amministrativo, e pertanto in tal caso non cesserà l’obbligo di adottare un provvedimento espresso che concluda il procedimento (Vincenzo Cerulli Irelli, Corso di Diritto Amministrativo, Torino, 1997, pp. 479-486 e 489-496).
[42] Una relazione dell’Ispezione dei Servizi del Ministero delle Pubbliche Amministrazioni realizzato nel 1996 intorno all’attuazione regolamentare della LAP del 1992, mostrava cifre significative su questo particolare: nel 77,5 % dei procedimenti amministrativi veniva stabilito il carattere sfavorevole o «negativo» del silenzio, mentre il 22,5 % si avvaleva del regime del silenzio favorevole. Questi dati possono essere visti in Jaime Rodríguez-Arana Muñoz, “La reforma de la Ley 30/1992 y su incidencia en la Administración Local”, cit., p.25.
[43] Questo sistema di clausola generale contrasta con l’impostazione adottata dall’ordinamento italiano, secondo il quale, in virtù di quanto previsto dall’art. 20 della Legge 241/1990, i procedimenti nei quali si applicherà il silenzio assenso saranno quelli espressamente previsti dalla normativa regolamentare attualmente, il d.p.r. del 26 aprile 1992, n. 300 e il d.p.r. 9 maggio 1994, n. 407.
[44] In quest’ultimo caso vige una regola speciale secondo la quale, quando il procedimento d’impugnazione ha per oggetto il rifiuto di una richiesta per silenzio amministrativo, il decorso del termine per decidere il procedimento di ricorso, anche se in principio dovrebbe avere carattere di rifiuto, viene alterato e passerà ad avere carattere di assenso (vid. art. 43.2 in fine LAP).
[45] È dubbio che questa disposizione possa servire per conseguire che il silenzio assenso abbia un’effettiva portata generale. Come hanno segnalato García de Enterría e Fernández Rodríguez, sarebbe stato più prudente e giusto stabilire il carattere di rifiuto del silenzio come regola generale applicabile in mancanza di una disposizione che stabilisse espressamente il contrario (cfr. Eduardo García de Enterría e Tomás Ramón Fernández, Curso de Derecho Administrativo, vol. I, 9ª ed., 1999, p. 593).
[46] Cfr. il recente lavoro di Luciano Parejo Alfonso, La nueva regulación del llamado silencio administrativo..., cit., pp. 111 e ss.
[47] Tra di essi si trova la possibilità di richiedere all’organo competente a provvedere un certificato accreditativo del silenzio, che dovrà essere emesso entro un termine massimo di quindici giorni (vid. art. 42.5 LAP modificato dalla Legge 4/99).
Nonostante che il legislatore abbia voluto lasciare la porta aperta alla possibilità di usare qualsiasi mezzo di prova al fine di provare l’esistenza del silenzio, bisogna convenire che con ciò non si risolvono i problemi che insorgono in questo ambito. È vero che l’accreditazione dell’esistenza del silenzio può essere superata mediante il ricorso a differenti formule o mezzi di prova, ma ciò non equivale a provare il contenuto che dobbiamo attribuire a tale silenzio. In altre parole, la prova dell’esistenza del silenzio e del suo senso di assenso o rifiuto non ci permette di scindere e profilare dettagliatamente qual è il contenuto sostantivo della volontà amministrativa che si presume. Cfr. al riguardo le considerazioni di Luciano Parejo Alfonso, La nueva regulación del llamado silencio administrativo..., cit., p. 153.
[48] Gli effetti che provoca la dichiarazione di caducazione sono regolati all’art. 92 LAP. In concreto, il comma terzo di questo precetto indica che la caducazione di per se stessa non provocherà la prescrizione delle azioni dell’interessato o dell’Amministrazione, ma i procedimenti caducati non interroperanno il termine di prescrizione. Un esame della figura della caducazione nel Diritto Amministrativo spagnolo può essere visto in Francisco Hernández González, La caducidad del procedimiento administrativo, Montecorvo, Madrid, 1998, e Rafael Cabellero Sánchez, Prescripción y caducidad en el ordenamiento administrativo, McGrawHill, Madrid, 1999.
D’altra parte bisogna segnalare che nei casi in cui la paralizzazione del procedimento può essere imputata all’azione stessa dell’interessato, non entrerà in gioco, com’è logico, la caducazione, ma il termine per provvedere e notificare il procedimento verrà interrotto (vid. art. 44.2 LAP nella sua versione attuale).
[49] Durante l’iter parlamentare della Legge 4/99, il gruppo parlamentare di Izquierda Unida discusse l’applicazione del silenzio rifiuto in questi casi, perché, come sosteneva questo gruppo, ciò può comportare alcune incongruenze se teniamo conto della circostanza che molti procedimenti possono venire avviati, indistintamente, a richiesta dell’interessato oppure tramite un atto dell’organo competente (cfr. emendamento numero 41 e la sua giustificazione sul Boletín Oficial de las Cortes Generales del 5 giugno 1998, Congreso de los Diputados, VI Legislatura, Serie A, n. 109-11, p. 48).
[50] Vid. Parere del Consiglio di Stato spagnolo del 22 gennaio 1998, n. 5356, sul predisegno di Legge di modificazione della LAP. Nella stessa linea del Consiglio di Stato, il gruppo parlamentare basco presentò senza successo un emendamento (emendamento numero 15, Boletín Oficial de las Cortes Generales del 5 giugno 1998, Congreso de los Diputados, VI Legislatura, Serie A, n.109-11, pag. 41) finalizzata a migliorare la redazione dell’art. 44 aggiungendo un nuovo comma del seguente tenore: “Nei casi in cui dal procedimento possono derivare effetti sfavorevoli per gli uni e favorevoli per gli altri, si applicherà unicamente la regola stabilita nel numero due pertinente”.