Lizzano in Belvedere (BO)

Basteranno i faggi dell'Appennino per alimentare la centrale? Per la centrale di teleriscaldamento o a biomasse una cosa è certa: ci saranno molti utili, un'altra è invece meno certa: ridurrà l'emissione di gas serra nell'atmosfera.

da Il Resto del Carlino
22 agosto 2002
Teleriscaldamento, e la legna? 
Dopo il finanziamento di 950 mila euro ottenuto dalla Comunità Europea procede celermente il progetto di costruzione della centrale di teleriscaldamento a legna nel comune di Lizzano in Belvedere. L'idea stessa dell'impianto, destinato a riscaldare parte dell'abitato di Vidiciatico mediante la fornitura diretta di acqua calda prodotta dalla combustione di legname, presuppone però la disponibilità di grandi quantità di materiale. Proprio sulle modalità del reperimento del legname necessario ha presentato una interrogazione alla giunta provinciale il consigliere dei verdi, Sandro Magnani, che ha chiesto anche di conoscere, oltre alle spese iniziali d'impianto, quale sarà il costo prevedibile di gestione della struttura e con quali risorse finanziarie si intende provvedere. «In Alto Adige vi sono alcuni impianti di teleriscaldamento che, però, funzionano soprattutto con i residui di produzione di molte aziende che lavorano il legno – si legge nella richiesta -. Restano molto interrogativi e perplessità per un'analoga struttura che nelle nostre montagne dovrebbe funzionare bruciando ogni anno migliaia di faggi, col rischio di essere ecologicamente incompatibile con la tutela del suolo ed economicamente non conveniente». 
d. g.

da Il Resto del Carlino
23 agosto 2002
Per il teleriscaldamento
'i boschi non corrono pericoli'
Almeno per questa volta i boschi dell'Appennino non correranno pericoli. Lo assicura il presidente della Comunità Montana della valle del Reno, Andrea De Maria, che risponde in questo modo ai dubbi sollevati dal consigliere provinciale dei verdi, Sandro Magnani, a proposito dell'impianto di teleriscaldamento a legna previsto nel comune di Lizzano in Belvedere. Riguardo, infatti, all'approvvigionamento del materiale legnoso il responsabile dell'ente montano ricorda che il progetto è nato proprio dall'esigenza di valorizzare ed utilizzare le grandi quantità di biomasse legnose che giacciono oggi inutilizzate nei boschi e reperibili anche attraverso gli interventi di miglioramento forestale (conversione all'altofusto dei cedui invecchiati) eseguiti dalla stessa Comunità Montana sulla base delle disposizioni emanate dalla regione Emilia-Romagna. Il trenta per centro del fabbisogno della centrale verrà garantito poi dal conferimento degli scarti della lavorazione delle segherie operanti nel bacino. «Dal punto di vista economico la realizzazione della centrale consentirà agli utenti un risparmio medio variabile fra il 10 ed il 20 per centro sulla spesa annua di riscaldamento – precisa De Maria -, mentre da quello ambientale una centrale di questo tipo, che sfrutta energia rinnovabile, contribuisce a ridurre in modo significativo l'emissione di gas serra nell'atmosfera». Ultimo punto i costi di gestione, per i quali è già stata avviata una valutazione economica, all'esame dei possibili partner privati della futura società di gestione con risultati confortanti che indicano una previsione di un utile annuo di circa 250.000 euro. 
Daniele Giacobazzi