Centrale a biomasse di Argenta (FE)

Quando alcuni anni fa si avviarono le procedure per la costruzione di una centrale a biomasse ad Argenta (FE), nessuno si sarebbe aspettato di doversi pentire in così breve tempo del cauto parere positivo espresso allora. Da otto mesi circa ha cominciato a bruciare, ma la realtà dei costi ha reso inattuabile alcune parti del progetto che la caratterizzavano maggiormente come centrale a biomasse, aumentando le caratteristiche e i disagi tipici degli inceneritori.
Le richieste ai comuni di costruzione di nuove centrali a biomasse intanto aumentano: in provincia di Bologna sono interessati attualmente i comuni di Sala Bolognese e Monzuno.

CENTRALINE E CENTRALI

Molte sono le richieste avanzate da ditte private ai Comuni per avere il permesso di costruire centrali elettriche. Di queste richieste la maggior parte riguarda la possibilità di costruire piccole centrali di cogenerazione elettrica a biomasse (come a Sala Bolognese, 20 Megawatt) ma una parte riguarda la possibilità di costruire grandi centrali (come a Santarcangelo di Romagna, 800 Megawatt).

Come è emerso nel convegno nazionale dell’ 11/6/2002 organizzato dai verdi alternativi a Poggio Berni (Rimini), NON C’E’ ASSOLUTAMENTE BISOGNO di altre centrali. Quelle esistenti coprono già il fabbisogno energetico, e l’ENEL dispone di una riserva del 25% (in più rispetto al picco massimo prevedibile), che è superiore alla riserva degli altri paesi europei. Inoltre, se ogni nuova centrale sostituisse una vecchia centrale con l’obiettivo di diminuire, grazie alle nuove tecnologie, l’inquinamento ambientale, il discorso sarebbe accettabile, perché alla fine si avrebbe una riduzione dell’inquinamento. Invece le nuove centrali SI AGGIUNGONO alle vecchie, e il nuovo inquinamento, anche se minore rispetto a quello prodotto dalle vecchie, SI SOMMA a quello che c’è già. Inoltre, in assenza di un progetto complessivo per stabilire scientificamente come e dove eventualmente intervenire, tutto è lasciato alla… disponibilità degli enti locali e alla capacità di persuasione delle aziende costruttrici. In Puglia, per esempio, un territorio a vocazione agricola e turistica verrebbe martoriato da numerose nuove centrali, con ulteriore inquinamento acustico, atmosferico, idrico, e spreco di tonnellate di acqua ogni giorno.

Le emissioni nocive rilasciate nell’atmosfera, anche se vengono costantemente monitorate, sono pericolose per la salute.

Il territorio emiliano è fatto oggetto di attenzioni anche da parte di imprese che propongono la costruzione di piccole centrali. In sintesi, le caratteristiche comuni di queste centrali sono:

1.      L’utilizzazione dichiarata di biomasse (legname cippato, sterpi e combustibili analoghi) da bruciare nei forni per generare energia;

2.      La necessità di disporre di un bacino di circa 22.000 ettari di bosco per ogni centrale, da cui ricavare almeno un terzo del legname utile per la produzione annuale di energia;

3.      La necessità di disporre di elevate quantità d’acqua per l’impianto di raffreddamento;

4.      La necessità di disporre di un numero elevato di TIR per il trasporto quotidiano e lo stoccaggio dei materiali combustibili;

5.      La possibilità di ricorrere, semplicemente con una dichiarazione da inviare al ministero dell’industria, ai sensi dell’art. 33 del decreto Ronchi, di rifiuti secchi nella misura del 30% del volume complessivo del combustibile occorrente;

6.      La possibilità di riscaldare serre o impianti industriali o quartieri con impianti di teleriscaldamento.

Nella pratica succede che:

·        Anche le centrali con raffreddamento ad aria, essendo molto rumorose, vengono modificate e trasformate in impianti con raffreddamento ad acqua. La centrale di Argenta (circa 10 Megawatt) consuma ogni anno più di 70.000 metri cubi di acqua;

·        Anche le centrali più piccole riversano sulla viabilità ordinaria congestionamenti e intralci al traffico: la solita centrale di Argenta richiede ogni giorno 40 TIR pieni che scaricano e 40 TIR vuoti che escono – per ogni giorno dell’anno;

·        Anche le centrali più piccole necessitano di un’estensione di boschi che non esiste in Italia; se un’altra piccola centrale “a biomasse” fosse costruita in Emilia, dovrebbe necessariamente attingere dallo stesso bacino boschivo di quella di Argenta, perché non c’è abbastanza legna per tutte e due;

·        In ogni caso, basta dichiarare di ricorrere per il 30% ai rifiuti secchi e lo si può fare;

·        Finiti gli otto anni di contributi pubblici, non c’è più la possibilità di starci dentro con i costi, e a quel punto, una volta inserita nel piano energetico regionale, sarà facile per la centrale trasformarsi in inceneritore e farsi pagare per ritirare rifiuti vari;

·        Le 2 (due) lire di contributi versati ai comuni ogni 250 lire di incasso per la produzione di energia elettrica non sono sufficienti, spesso, nemmeno a risolvere i problemi di viabilità e a pagare l’ARPA per il continuo monitoraggio delle emissioni nell’aria;

·        Il sistema di controllo dei fumi è attendibile dal punto di vista delle quantità, ma poco garante dei diritti del cittadino: infatti si basa su una media mensile. Se in un certo giorno io brucio plastica e produco diossina, i valori della diossina di quel giorno, diluiti nell’arco di tutto il mese, scenderanno al di sotto della soglia considerata pericolosa e quindi saranno “permessi”. Nonostante ciò, in quel giorno qualcuno potrebbe morire. E ogni controllo dell’ARPA costa circa 80 milioni.

·        Il sistema di amministrazione e gestione delle imprese che costruiscono centrali è quello dello spezzatino: una volta avuto il permesso dal Comune, la ditta scorpora la parte del teleriscaldamento (o delle serre) e la vende; scorpora la parte degli impianti e della manutenzione e la vende; scorpora la parte di produzione energetica e la tiene. Per mettere giù convenzioni efficaci che permettano ai comuni di effettuare i necessari controlli, gli enti locali diventano matti: si fa fatica a trovare ogni volta l’interlocutore responsabile;

·        Alcune di queste imprese (dietro a tutte ci sono capitali tedeschi) risultano appena fondate, e alcune hanno sede a Montecarlo o in altri paradisi fiscali; la trasparenza, insomma, non c’è.

Prodotto da alcuni del Forum di San Giovanni in Persiceto (BO)