I terremoti

 

  1. Cos'è un terremoto
  2. Come si origina un terremoto
  3. Le onde sismiche
  4. I sismografi
  5. Scala mercalli e scala Richter
  6. Onde sismiche ed interno della terra
  7. L'isostasia

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Cos'è un terremoto

Un terremoto è un violento movimento della crosta (la parte più superficiale della terra), nel quale si ha liberazione di enormi quantità di energia. I terremoti sono eventi abbastanza frequenti sul pianeta. Ogni anno se ne registrano circa 1.000.000.

Come si origina un terremoto (filmato)

I terremoti sono da sempre stati conosciuti dall'uomo. La spiegazione della loro presenza è sempre stata relegata alla sfera dell'innaturale e del divino. Uno studio sistematico di questi fenomeni è iniziato solo il secolo scorso dopo il disastroso terremoto di San Francisco del 1906. Il geologo americano Harry F. Reid, a seguito di questo evento, consultano le carte topografiche relative agli anni precedenti il 1906, notò che le linee ferroviarie che attraversavano un'enorme spaccatura della terra in California (la famosa faglia di S. Andreas), si erano via via deformate. Con una geniale intuizione, correlando questi fatti, formulo la teoria, ancor oggi accreditata, del rimbalzo elastico. Questa teoria prevede una ciclicità degli eventi sismici. le fasi che culminano con un terremoto possono così essere sintetizzate:

Fase A

Due porzioni ti crosta terrestre, sotto la spinta delle forze interne del nostro pianeta, sono sottoposte a forze con direzione opposta

Fase B

Si ha, inizialmente, una deformazione dei margini delle due aree. In questa zona si accumula energia elastica. La durata di questa fase dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche della roccia costituente.

 

Fase C

Raggiunto il limite di carico delle rocce interessate non si può più avere deformazione ma solo rottura, che avviene con liberazione dell'energia elastica accumulata, energia che viene trasmessa tramite le onde sismiche.

 

 

Le onde sismiche

Il rilascio dell'energia elastica avviene in un punto interno chiamato ipocentro. La profondità dell'ipocentro varia da pochi km fino a 700 Km; al di sotto di questa profondità non si sono attualmente registrato nessun evento sismico. Alla profondità dell'epicentro sono legati i danni di un sisma (in latino = scossa). Più è superficiale un ipocentro e più un sisma è dannoso (a parità di energia rilasciata ovviamente).

L'energia che si libera dall'ipocentro si propaga mediante onde (le onde trasportano energia senza trasportare materia) dette onde sismiche. Le onde sismiche che si propagano dall'ipocentro sono di due tipi: P e S.

Le onde P (dette così da Primae perché sono le prime ad essere registrate) o di compressione o longitudinali sono originate da forze di compressione, forze, cioè, che hanno direzione uguale alla causa che le ha generate. Sono molto veloci (4-8 Km/s) e si propagano sia nei solidi che nei liquidi.

Le onde S (dette così da Secondae perché sono le seconde ad essere registrate ) o onde di taglio o trasversali sono originate da forze di taglio, che hanno direzione perpendicolare alla causa che le ha generate. Sono meno veloci delle onde P (2,3-4,6 Km/s) e si propagano solo nei solidi.

Una volta arrivate in superficie le onde sismiche si trasmettono solidalmente con il suolo, in modo che sembrano dipartirsi da un punto detto epicentro. L'epicentro è il punto perpendicolare all'ipocentro che è situato sulla superficie terrestre.

Dall'epicentro partono altre onde dette onde superficiali. Quest'ultime, che sono alla base dei danni di un terremoto, si dividono in onde di Rayleigh ed onde di Love.

Le prime sono causa dei movimenti sussultori del terremoto in quanto ogni particella del suolo ha un movimento circolare simile a quello di un cavallone marino, mentre le seconde sono responsabili dei movimenti oscillatori del terreno in quanto il movimento di ogni singola particella è alternato a destra e sinistra. Entrambe hanno una velocità inferiore alle onde S.

I sismografi

I sismografi sono, nella sostanza, apparecchiature molto semplici. Sono, infatti, costituiti da un supporto solidale con il suolo, sul quale è fissato un rullo di carta, al di sopra del quale vi è un peso con attaccato un pennino, sorretto da una forcella vincolata al corpo della macchina. Il peso (e quindi il pennino) è libero di muoversi. Quando il pavimento, al quale è legato il corpo della macchina, si muove anche il peso (questo per il principio d'inerzia) registrando sulla carta i movimenti effettuati e, quindi, l'intensità delle scosse. Il diagramma che ne risulta viene definito sismogramma.

 

Le scale sismiche

Definire un sisma è estremamente difficile. Per poter valutare i terremoti sono state messe a punto delle scale valutative che oggettivizzino i dati sismici. Queste scale possono valutare rispettivamente l'intensità o la magnitudo.

Le scale d'intensità sono scale effettive ovvero scale che valutano gli effetti di un terremoto. La scala effettiva attualmente più usata è quella Mercalli,Cancani Sieberg (MCS) divisa in 12 gradi. Se in un territorio avviene un terremoto, da valutazioni in posto si ottengono una serie di punti sulla carta geografica che rappresentano località aventi la stessa intensità. L'unione di questi punti dà una curva detta isosisma. le isosisme, generalmente sono concentriche e quella più interna racchiude l'epicentro. Le isosisme sono strumenti importanti per l'analisi geologica del territorio. La propagazione delle onde sismiche, infatti, dipende dalla struttura delle rocce attraversate.

La magnitudo di un terremoto può essere determinata analizzando i sismogrammi. In ognuno di essi il rapporto l'ampiezza massima delle onde registrata dal pennino e quella minima è costante. Ad esempio se un sisma viene registrato da più stazioni, anche molto lontane tra loro, il rapporto suddetto è sempre lo stesso.

Partendo da questa constatazione il sismologo C. Richter propose una valutazione della magnitudo di un terremoto calcolando il logaritmo in base 10 del rapporto tra l'ampiezza massima di un sisma e quella di un terremoto standard di riferimento (registrata dal pennino di ogni stazione).

Ad esempio se l'ampiezza di un terremoto standard in una stazione ha dato un'ampiezza di 0,001 mm e quello effettivamente registrato è stato di 0,1 mm, il rapporto tra i due è:

0,1/0,001 =100. il log10 di 100 è 2 che è la magnitudo finale.

In poche parole il terremoto registrato è 100 volte maggiore del terremoto standard. In definitiva ad ogni grado di scala corrisponde un'aumento dell'ampiezza di 10 nel movimento del terreno.

La scala delle magnitudini non ha limiti teorici, anche se, ad oggi, non si sono registrati sismi con magnitudine superiore a 9 (che vuol dire 1.000.000. 000 di volte più grande di quello standard).

La magnitudine è correlata all'energia liberata dal sisma. Per ogni grado di scala l'aumento di energia liberata è di 30 volte. Ad esempio un terremoto di magnitudine 6 è 100 volte più forte di quello di magnitudine 4 e libera una quantità di energia di 900 volte maggiore.

Le due scale sono tra di loro molto differenti. La magnitudo è, in uno stesso terremoto, sempre uguale, in qualsiasi punto essa venga registrata. Gli effetti di un terremoto, invece, dipendono da numerosi fattori, primo tra i quali i criteri costruttivi delle abitazioni. Terremoti con la stessa magnitudo possono provocare danni assai diversi e, quindi, avere intensità differenti. Allo stesso tempo terremoti con intensità uguali possono essere originate da terremoti con magnitudo diversa. Il 27 luglio del 1976 si è verificato in Cina un terremoto di intensità pari al IX grado della scala Mercalli e con una magnitudo di 8.0. Nel 1979 in Montenegro un terremoto di pari intensità di quello cinese registrò una magnitudo di 6 (quindi 100 volte inferiore).

Le onde sismiche e l'interno della terra

Come abbiamo detto le onde sismiche manifestano comportamenti differenti a seconda delle rocce attraversate. Le onde S, inoltre, non si propagano nei liquidi. Abbiamo detto anche che le onde sismiche si propagano in ogni direzione. Un sisma, infatti, viene segnalato in tutti i sismografi della terra (in tempi dipendenti dalla distanza del sismografo dall'epicentro.

Le onde sismiche, proprio per queste loro particolarità, si sono rilevate eccezionali per indagare come è fatta all'interno la terra. L'indagine diretta è praticamente impossibile, dato che le perforazioni petrolifere superano di poco i 10 Km di profondità contro un raggio terrestre di oltre 6370 Km!

Grazie all'analisi della velocità delle onde sismiche si sono registrate delle zone che hanno composizione chimica diversa. La terra, vista in sezione, può essere paragonata ad un uovo sodo.

Infatti le onde ci dicono che esternamente la terra presenta un sottile strato il cui spessore è variabile da i 5 ai 70 Km detto crosta. La crosta ha una densità media di 2,7 g/cm3 ed è più sottile nelle aree oceaniche (5-10 Km) e più profonda nelle zone continentali (30-70 Km). Le rocce oceaniche, inoltre, sono prevalentemente basaltiche, mentre quelle continentali prevalentemente granitiche.

Un brusco cambiamento di velocità delle onde sismiche al di sotto della crosta, ci segnala un cambiamento di composizione chimica. Siamo nello strato denominato mantello. Il mantello (nell'analogia con l'uovo sodo la parte bianca) costituisce il 67% della massa della terra e ben l'83% del suo volume. Il mantello, infatti, si estende da i 5-70Km di profondità, ai 2900 Km. Il brusco cambiamento di velocità delle onde sismiche tra crosta e mantello definisce un'altrettanto brusco cambiamento di composizione mineralogica. Si passa dalla composizione basaltica della parte inferiore della crosta a quella peridotitica. La linea che separa crosta da mantello viene detta discontinuità di Mohorovicic o più semplicemente Moho.

La composizione del mantello non è omogenea. Con l'aumentare della profondità variano i rapporti temperatura e pressione. Tra i 50 ed i 250 Km, infatti, le onde S si smorzano drasticamente, segnalando un'aumento della fluidità delle rocce. Questa zona, detta astenosfera, è parzialmente fluida o, comunque, estremamente plastica, ed ha un ruolo fondamentale nella dinamica della parte a lei sovrastante: la litosfera.

Alla profondità di 2900 Km le onde sismiche segnalano altri cambiamenti: siamo nel nucleo. Il nucleo è separato dal mantello dalla discontinuità di Gutemberg. La densità del nucleo è elevatissima (10-16 g/cm3 ) ed è dovuta al fatto che il nucleo è composto principalmente da ferro e nichel. La parte più esterna è però liquida. Questa, situata a 5100 Km di profondità, è separata dal nucleo interno dalla discontinuità di Lehman.

L'isostasia

La composizione superficiale del pianeta ha importanti riflessi sulla dinamica della crosta. L'astenosfera, ovvero la parte del mantello parzialmente fluida, determina alcuni comportamenti assai particolari. Ma procediamo con ordine.

Circa alla metà del XIX secolo gli inglesi stavano effettuando delle misurazioni topografiche in India (allora loro colonia). Per misurare le distanze si usano, confrontandoli tra loro, due metodi: la misura diretta della superficie e la misura ricavata da calcoli astronomici, utilizzando il riferimento ad una stella ed un filo a piombo che serve per calcolare la verticale di un dato luogo.

Misurando la distanza tra due cittadine distanti circa 600 Km di cui una ai piedi della catena montuosa dell'Himalaya gli inglesi si accorsero che i due metodi davano risultati differenti di ben 150m (circa 1m ogni 4 Km), un dato inaccettabile anche per l'epoca!

Cosa aveva determinato questa discrepanza di risultati?

Per spiegare la differenza tra le due misurazioni si pensò subito che la catena Himalayana avesse influito con la sua massa sull'inclinazione del filo a piombo. In poche parole il filo a piombo "subiva" l'attrazione gravitazionale delle montagne. Gli studiosi si misero all'opera, ma il risultato fu sorprendente. Effettivamente le montagne potevano deviare un filo a piombo, ma data la massa della catena himalayana, la deviazione doveva essere ancora maggiore e l'errore doveva risultare di 450m. Come si spiegavano questi nuovi dati?

Fu compito dell'astronomo reale Sir George Airy fornire la spiegazione che, fu sorprendente.

Prima però di fornire la soluzione a questo enigma bisogna svelare un indizio.

Le rocce granitiche, che compongono buona parte della crosta continentale, sono meno dense (e quindi più leggere a parità di volume, di quelle basaltiche (del fondo oceanico) e peridotitiche della parte litosferica del mantello.

Secondo Airy, che non conosceva, visto l'epoca, nei dettagli la composizione interna del pianeta, la parte al di sotto della crosta doveva essere molto plastica se non addirittura fluida. La crosta, quindi, doveva comportarsi come un qualsiasi corpo che galleggia su un liquido. Come un iceberg che va alla deriva sul mare e che ha una parte sommersa proporzionale alla sua massa ( e notevolmente maggiore rispetto a quella emersa), anche le montagne dovevan rispondere a questo fenomeno. Airy ipotizzò (ipotesi che venne successivamente confermata, che le montagne abbiano profonde radici che affondano nel mantello. Più elevata è una montagna, più profonde sono le radici. Questo spiega come mai la crosta abbia una profondità variabile, e che la discontinuità di Mohorovicic si trovi a profondità maggiori proprio al di sotto delle catene montuose.

Come si spiega, però, che l'attrazione gravitazionale delle montagne himalayane risulti minore di quella ipotizzata e calcolata a tavolino? Le montagne non hanno radici profonde e più massicce della parte emersa?

La risposta sta proprio nell'indizio. Le radici, essendo composte di roccia continentale (granitica), sprofondando, spostano la roccia del mantello più densa e pesante. Si verifica, quindi, un'ammanco di massa rispetto, ad esempio alle zone pianeggianti, dove le radici sono sostituite da densa peridotite del mantello.

Il principio dell'isostasia formulato da Airy, ha conseguenze anche sulla dinamica esterna del pianeta: infatti i fenomeni atmosferici e l'erosione, mutano i rapporti di peso da una zona all'altra del pianeta, e, di conseguenza, anche la profondità crostale.

Fase 1

Prendiamo ad esempio una catena montuosa a ridosso di una zona marina. Come si vede, secondo quanto detto in precedenza, la crosta al di sotto delle montagne è più spessa di quella marina.

Fase 2

Se in quest'area, come in tutti i rilievi del resto, l'erosione lima la sommità delle montagne, in risposta alla diminuzione della massa dei rilievi, si ha un sollevamento delle radici. In poche parole l'erosione viene compensata dal maggior "galleggiamento" delle montagne sul mantello.

Fase 3

I sedimenti depositati in ambiente marino determinano uno sprofondamento della crosta oceanica. Si spiegano così anche le pile di sedimenti profonde anche centinaia di metri in mari assai bassi.

L'isostasia, però, spiega anche altri fenomeni. La penisola scandinava si è sollevata molto negli ultimi millenni (lo testimoniano i cambiamenti della linea di costa) e tuttora questo sollevamento non accenna a diminuire. Ciò è la risposta ad una diminuzione di massa dovuta allo scioglimento della calotta glaciale che copriva la Scandinavia nelle ultime ere glaciali (fino a 10000 anni fa). L'assenza di ghiaccio comporta un sollevamento della penisola scandinava, sollevamento lento in quanto l'astenosfera non è liquida ma plastica, e la risposta ai mutamenti di massa avviene in tempi estremamente lunghi.