IL fASCINO DELLA DIVISA

di

Umberto Milizia

 

Il titolo originario pensato per queste brevi note era un giuoco di parole, “Canoni e cannoni”, ma per la verità avremmo dovuto dire “canoni e catapulte”, visto che i cannoni al tempo di Policleto non c’erano, ma era meno d’effetto e abbiamo lasciato perdere.

Il tema che si voleva introdurre, è quello relativo ad una domanda che spesso, nei secoli, molti si sono posti: cosa ci troveranno le donne nei militari? Il “fascino della divisa” è un’espressione proverbiale, d’accordo, ma come tutti i modi di dire popolari avrà avuto una sua origine, o no? L’ipotesi formulata è che i militari fossero più belli dei civili e per dimostrarlo tentiamo un breve esame del passato, risalendo sino agli antichi greci e romani per trovare una teoria che giustifichi questo detto: abbiamo scoperto qualcosa di interessante.

Presso gli antichi, come si sa, la donna contava assai poco ma anche gli uomini stessi non erano tutti uguali, e i veri “maschi” non erano più di un 15% della popolazione ad essere generosi; provate ad escludere tutte le donne, gli schiavi, i semiliberi, i commercianti e tutte le categorie simili. Questi privilegiati destinati per nascita a servire la patria passavano, specie i greci, buona parte del tempo ad esercitarsi in palestra e nel campo al combattimento; essere militari portava con sé doveri precisi e pericolo, ma dava anche il diritto di votare e di partecipare appieno alla vita politica. I diritti di cui si godeva erano proporzionali ai rischi ed ai sacrifici che si era disposti a correre. Questo concetto si mantenne tanto che quando si volle dare dignità politica a tutti, durante la Rivoluzione Francese, si ritenne anche indispensabile che tutti prestassero servizio militare,

Tornando agli antichi greci è chiaro che chi era tenuto al servizio militare, a proprie spese ovviamente, doveva essere ben più prestante di chi da sempre lavorava in casa e basta, senza che nessuno si curasse della sua salute.

Tutti gli sport degli antichi erano connessi ad una preparazione alla guerra, compreso il lancio del disco che non avveniva roteando su se stessi ma saltando in alto e lanciando diritto dinanzi a se: sostituiamo il disco con uno scudo rotondo di bronzo, come quelli delle truppe leggere, e pensiamo al piacevole effetto che doveva fare a chi lo riceveva in faccia… I recenti restauri del Discobolo di Mirone hanno confermato questa ipotesi ed il movimento di rotazione delle ricostruzioni più vecchie è stato sostituito da un movimento più lineare in avanti.

Famosa è la prestazione atletica degli opliti ateniesi che attaccarono i Persiani a Maratona da due chilometri di distanza, completamente coperti da un’armatura di bronzo, con in mano un palo, la lancia, di quattro metri e mezzo di lunghezza. I Greci avanzavano correndo, a passo cadenzato e cantando il Peana, il canto di guerra, per non rompere la formazione. I Persiani dapprima si misero a ridere, credendo che gli Ateniesi sarebbero schiattati dopo qualche passo, cominciarono a preoccuparsi a metà della distanza e si diedero alla fuga quando li ebbero addosso; era un autentico muro di metallo, impenetrabile ed irto di punte acuminate come un gigantesco istrice. Il bello fu che tre giorni dopo i Persiani, quelli superstiti, cercarono di sbarcare vicino ad Atene che credevano indifesa e si ritrovarono di nuovo gli stessi opliti! Mentre l’eroico Fidippide moriva per lo sforzo di anticipare la notizia della vittoria e permettere di allestire le difese della città, senza essersi riposato dalla “corsetta” fatta a Sparta per chiedere aiuti, 422 Km. in due giorni.

Anche gli antichi Romani non erano da meno ed i legionari erano costretti a fare, una volta alla settimana, una marcia di 42 chilometri con tutto il bottino sulle spalle e, alla fine, montare pure il campo con tanto di palizzata e fossato in torno! All’assedio di Alesia i legionari di Cesare che assediavano la città si trovarono ad essere a loro volta assediati e dovettero combattere tre giorni consecutivi senza cambio e senza poter abbandonare mai il posto contro nemici sempre freschi, appena mangiando mentre combattevano. Quando Giulio Cesare vide che stavano per cedere ricorse all’espediente psicologico di farsi vedere sorridente, tutti pensarono che avesse mandato ad effetto qualche “trucco” dei suoi e diedero fondo alle proprie energie residue per l’assalto finale; non sapevano che Cesare aveva fatto affidamento fondamentalmente sul loro perfetto addestramento fisico e mentale.

Citiamo questi esempi presi dalla storia per dimostrare la nostra tesi: i militari hanno sempre avuto, nei secoli passati, un fascino particolare dovuto al fatto che erano effettivamente più belli, perché meglio proporzionati e più forti, dato che erano gli unici che curavano e sviluppavano il proprio corpo con adeguati esercizi fisici.

Anche per i Romani, comunque, i canoni della perfezione fisica erno quelli greci. Il più famoso era il canone di Policleto, che dava precisi rapporti numerici per le varie parti del corpo; non era, perciò, un criterio puramente estetico ma anche un modello di sviluppo fisico. Le proporzioni che il grande scultore considerava perfette vedevano la testa entrare otto volte nell’altezza totale e dividevano il viso in tre parti uguali. I Greci ed i Romani erano bassini, è vero, ma, almeno i soldati, forti come torelli, ed i capolavori dell’arte antica lo dimostrano abbastanza chiaramente, si pensi ai Bronzi di Riace o ai Cavalieri che ancora oggi frenano i loro cavalli in Piazza del Quirinale ai piedi di un obelisco, o ai Dioscuri del Campidoglio. In epoche più tarde il canone fu mutato da Lisippo che volle un rapporto tra altezza e testa di dieci volte, con una corporatura più longilinea, ma sempre matematicamente determinabile nelle proporzioni. Chi ha passato la visita militare ricorderà che ancora oggi ci sono dei precisi rapporti tra altezza, sviluppo toracico e peso cui si deve corrispondere per essere considerati abili; non c’è la precisione maniacale dei greci ma il concetto è simile.

Nel Medioevo le differenze fisiche tra cavalieri e servi della gleba erano probabilmente enormi, e riteniamo che siano poco migliorate in seguito anche se il progredire continuo del livello di vita attenuò, a partire dal XIV secolo, questa differenza. In quest’epoca l’addestramento individuale raggiunse uno dei livelli più alti in assoluto relativamente alle tecniche di combattimento di allora. Ricordiamo che tutte le leggende medioevali non fanno altro che sottolineare e celebrare la bellezza e la forza dei cavalieri, sia dei buoni che dei cattivi. Durante le Crociate i cristiani si consideravano in superiorità numerica anche quando il rapporto era 6/7 ad uno a favore dei Mori, come si chiamavono allora gli Arabi e solo per la maggiore prestanza fisica che consentiva loro di combattere coperti di armature pesantissime anche col clima del deserto.

Ancora: in tutti i quadri del nostro Rinascimento, i “belli” spessissimo sono in divisa, tranne alcune eccezioni, come nel “Martirio di San Matteo” del Caravaggio, a Roma, in cui il soldato (un centurione in alcune leggende) che uccide il santo è quasi nudo, cosa storicamente impossibile, e la sua bellezza è sottolineata dalla ferocia deformante dell’urlo che accompagna il gesto omicida. Il pittore sottolineò in questo modo, che alla bellezza del corpo poteva benissimo non corrispondere la bontà dell’animo, come invece aveva sempre rappresentato l’arte classica.

Insomma, il fascino della divisa era dovuto molto al fatto che i soldati fossero selezionati fisicamente all’arruolamento e tenuti bene in forma durante il servizio.

Quando fu introdotto il servizio militare obbligatorio, durante la Rivoluzione Francese e tutti i maschi avrebbero potuto e dovuto essere, almeno per un certo periodo, militari, il problema si accentuò, perché essere scartati alla visita di leva metteva immediatamente in sospetto le apparteneti al gentil sesso. Se non sei buono per il re - si diceva - non sei buono neppure per la regina, il che, entro certi limiti, era vero. La causa più  frequente di scarto alla visita era il rachitismo e questo accentuava il contrasto tra gli abili, più prestanti, e gli altri, quasi sempre piccoli e brutti. Nel 1870 l’esercito francese scartò quasi i 2/3 dei richiamati, quello Prussiano circa il 20%, e queste cifre la dicono lunga sulla differenza nelle condizioni igieniche di vita e di lavoro tra i due stati.

In Prussia, poi, si era introdotta nella scuola la pratica di fare ginnastica e questo aveva migliorato grandemente la salute delle giovani generazioni. Era il primo passo al diffondersi di un abitudine all’educazione fisica ed allo sport, abitudine che, generalizzatasi nel primo ventennio di questo secolo, ha fatto scomparire quasi le differenze fisiche tra militari e non militari, anche se tutt’ora a questi ultimi vengono spesso richieste doti fisiche e psichiche (è qui la novità) se non eccezionali certo rilevanti.

E il fascino della divisa? Secondo noi non solo rimane ma si accentua perché l’attenzione all’autocontrollo ed il comportamento più sicuro che lo status di militare implica rendono comunque più forte la personalità, soprattutto se si tiene conto del fatto che questa maggiore “sicurezza” non solo è apprezzata ma addirittura richiesta dalla gente. In altri tempi, poi, quando una famiglia si reggeva letteralmente sul suo capo e le donne dovevano assolutamente cercare qualcuno su cui appoggiarsi, i militari erano certamente i “partiti” più richiesti.

Anche chi scrive, per inciso, è particolarmente sensibile al fascino della divisa, specie se indossata da una bella signora; giusto, no?