COLLEZIONISMO: VALORI E TRADIZIONI

Si sta manifestando, in questi ultimi tempi, un fenomeno che certamente avrà attratto l'attenzione dei lettori: i giornalai si sono riempiti, da due o tre anni, di ogni sorta di oggetti in vendita abbinati alle più disparate riviste.
Un fenomeno anche commercialmente consistente e quindi degno di ogni rispetto.
Non si tratta, però, di quei piccoli regali che le riviste, anche le più prestigiose, abbinano come omaggio, più o meno spesso, ai propri numeri per gratificare il lettore o con lo scopo di pubblicizzare qualche prodotto, vogliamo parlare di oggetti la cui presenza è lo scopo principale di esistenza del periodico che ha lo scopo esplicito di favorirne la vendita servendosi di canali di diffusione diversi da quelli tradizionalmente utilizzati.
Subito un esempio: piccoli piatti di maiolica, normalmente, si sono sempre venduti in esercizi specializzati o, in alternativa, nei banchetti di alcuni mercatini, ora si trovano tutte le settimane in una bella busta rigida di plastica nelle edicole di tutta la nazione.
Cosa cambia rispetto al passato e rispetto agli altri canali di vendita? Molte cose che cercheremo di chiarire ma che si possono tutte riferire al fenomeno del collezionismo.
Il collezionismo è la tendenza a raccogliere e catalogare oggetti appartenenti ad una specifica categoria.
In origine era quasi esclusivamente inteso come raccolta di oggetti d'arte e si è notato che il collezionismo ha assunto coscienza estetica soltanto nelle civiltà più elevate. Il collezionismo, infatti, ha una funzione di "critica implicita" nei riguardi di ciò che si colleziona assumendo un valore particolare sia per chi colleziona che per la società.
Il collezionista può completare la propria personalità procurandosi una forma di sicurezza impossibile nei rapporti con gli altri. Ciò in cui si crede, i propri valori, vengono confermati da un rapporto di possesso esclusivo e quasi di identificazione con la collezione.
Si tratta di una tendenza dell'indole riscontrabile sin dall'infanzia, quando si fonde con la necessità di enumerare e di classificare la realtà mano a mano che la si riconosce. A ciò si aggiunga la necessità per alcuni di usare l'oggetto collezionato come surrogato per compensare le proprie frustrazioni e di queste, nella vita, ce ne sono sempre parecchie!
Da questo punto di vista dedicarsi, senza eccessi, a qualche collezione può avere un effetto terapeutico; abbiamo detto senza eccessi, perché se il collezionare diventa patologico, fine a se stesso, si arriva alla possibilità che per completare la propria collezione ci si rivolga al mercato delle opere d'arte rubate o, più raramente, si divenga cleptomani, ladri inconsapevoli.
Questi ultimi sono recuperabili solo con apposite cure, ma in molti casi le collezioni clandestine sono solo espressione di tracotanza economica e disprezzo della legge. Un collezionista "normale" dovrebbe essere contento di rendere la propria raccolta disponibile per tutti e non vivere con il continuo timore di vedersi scoperto!
Non bisogna, poi, dimenticare l'aspetto ludico del collezionismo, che deriva dal fatto di non essere legato strettamente a motivazioni di sopravvivenza economica e permette di avere una dimensione psicologica in cui rifugiarsi e... giocare. Oggi, con una spesa relativamente modesta, chiunque può farsi una piccola collezione di oggetti a sua scelta, tra i più disparati.
Le origini commerciali sono abbastanza lontane e risalgono, più o meno, ad una cinquantina di anni fa, nella trovata di alcuni distributori di stampa di fare delle buste a sorpresa con i numeri invenduti di giornalini a fumetti e fotoromanzi, soprattutto l'Estate, quando il tempo liberoper la lettura era maggiore per la chiusura delle scuole.
Il secondo passo fu di inserire dei piccoli giochi per i più piccini, sino a far divenire questi il vero contenuto della busta.
Il terzo passo, abbastanza recente, è venuto dall'inserimento di piccoli gadgets anche nelle riviste per adulti, specie quelle per signora, inizialmente più a scopo pubblicitario che per invogliare all'acquisto.
Contemporaneamente stavano avendo un successo sempre maggiore proprio le riviste che si rivolgevano proprio ad un pubblico di collezionisti: orologi, antiquariato, gioielli, treni, soldatini. Le prime offerte di collezione economica sono venute da quest'ultimo settore. Sembra abbastanza ovvio che offrire orologi d'oro o gioielli in abbinamento ad una rivista non è possibile per i costi, figuriamoci poi di mobili antichi, ma un soldatino di pochi centimetri d'altezza, in plastica o in piombo si.
In fondo la maggior parte dei modellisti e dei collezionisti ama perfezionare da se questi prodotti ed ha sempre piacere ad averne di nuovi. Non ci riferiamo solamente ai collezionisti di soldatini, ma a tutti coloro che amano quei generi che vanno sotto il nome di militaria, le collezioni di divise, di armi, gli amanti dei war-games ecc.
Non si tratta di amanti della guerra, anzi… ma di appassionati di storia che hanno fatto del passato la propria passione. Il momento ha coinciso, e non è casuale, con il recupero dell'italianità e del sentimento nazionale, che non era affatto sopito ma semplicemente messo in disparte perché dato per assodato nella nostra cultura.
L'occasione di una più forte unione col resto d'Europa ha evidenziato questo essere italiani un po' in tutti noi, fenomeno di cui si è fatto interprete anche il Capo dello Stato, e non poteva essere altrimenti.
Si sono riscoperte le nostre tradizioni in tutti i campi: militare, artistico, sportivo, letterario ma anche culinario, enologico, ludico.
Non un nazionalismo fine a se stesso, come potrebbe essere per altre nazioni, ma un recupero di tradizioni in fondo mai abbandonate realmente; un nazionalismo di civiltà, come è, si perdoni la ripetizione, nelle tradizioni italiane che cerca nel passato le radici non solo di usanze e modi di essere ma soprattutto dei valori che stanno alla loro origine.
Questa componente di "valori" è quella che sta alla base del fenomeno, come dimostra proprio il fatto che le prime riviste a proporre oggetti in abbinamento da collezionare sono state proprio quelle di contenuto storico.
Naturalmente subentrano anche fattori strettamente personali perché non va dimenticato che il valore di una collezione è proprio nel rapporto di esclusività che il proprietario instaura con gli oggetti collezionati, altrimenti non si spiegherebbe perché tante persone provino piacere a collezionare le stesse identiche cose di altri.
L'importante è che la collezione significhi qualcosa per il collezionista, le altre caratteristiche come la rarità, l'esclusività, la bellezza o il valore materiale sono via via sempre meno importanti. Quello che conta è il significato particolare che il tutto può avere per l'interessato.
Cosi, le collezioni proposte di maggiore successo sono quelle in cui l'acquirente possa trovare anzitutto le radici culturali del proprio ambiente, quelle personali e, come abbiamo detto, quei valori in cui crede; valori magari messi in disparte con un po' di scetticismo ma sempre pronti a riemergere, magari quando si sente l'Inno Nazionale. Siamo sinceri, eravamo tutti in attesa che qualcuno ci chiedesse di cantarlo assieme!
Ai valori più importanti, quelli con la V maiuscola, si unisce il recupero del tempo che fu, dei ricordi dell'infanzia e, spesso, il desiderio inconscio di avere quelle piccole soddisfazioni che ci furono negate. Il trenino, la bambola, l'orologio del nonno con cui non ci fu mai permesso di giocare.
Non mancano, per contro, proposte di collezione più seriose da un punto di vista culturale, come le piccole riproduzioni di capolavori della pittura debitamente incorniciate, tanto per fare un esempio; ed anche in questo caso si fa riferimento sia alla nostra cultura personale che a quella che gli italiani sentono come propria.
Possiamo assicurare che queste collezioni vengono fatte proprio da tutti, indipendentemente dalla classe sociale, anche se non indipendentemente dai mezzi economici e chi può accede direttamente a prodotti di qualità superiore. La cosa è di importanza relativa, perché la differenza culturale tra le classi sociali, il livello di istruzione, è assai ridotto rispetto al passato e certi valori culturali sono ormai comuni a tutti o quasi. Questa, in fondo, è la vera causa del collezionismo di massa
Molte offerte riguardano il mondo del modellismo, ed anche questo è logico, il modellista è una sorta di collezionista perfezionato (non sempre, certo) che vuole agire più in profondità sull'oggetto e, in genere, sente maggiormente i valori di riferimento ai quali rimanda la sua attività.
Per finire non è fuor di luogo dare un'idea del giro di affari e congratularsi con chi ha avuto per primo l'idea, basta la cifra: quasi mezzo miliardo di Euro.

Cenni storici sul collezionismo.

Sin dall'inizio dell'epoca storica, da quando fu inventata qualche forma di scrittura, si ha notizia di collezioni; ricordiamo, tra i più antichi collezionisti, il faraone Amenhotep III che raccoglieva tutti gli oggetti di smalto azzurro che trovasse, ma sappiamo che molti principi dell'antico Egitto fecero importanti collezioni.
Non ci si deve meravigliare che fossero gli appartenenti alle classi sociali più elevate ad avere questo tipo di passatempo, e non solo per l'impegno finanziario richiesto, ma soprattutto perché dotati di quella cultura superiore, che permetteva loro di comprendere meglio il valore di quanto facessero.
Le prime raccolte furono soprattutto d'arte e furono i Romani a dare al collezionismo il volto che, per secoli ed ancora oggi, mantiene. Il collezionismo romano era anche opera di appassionati conoscitori ed attribuiva agli oggetti quei "valori fittizi" che hanno tuttora: la patina, la serie completa, la rarità, l'antichità. Da questi fattori dipende la ricercatezza dell'oggetto e, di conseguenza, il suo valore economico.
Un romano illustre, Marco Agrippa, sostenne per primo la necessità di rendere di godimento pubblico le collezioni d'arte e molti imperatori fecero qualcosa di simile nelle biblioteche spesse volte annesse alle terme.
Anche durante il Medioevo si ha notizia di collezioni e collezionisti, spesse volte connesse agli ex-voto dei principali santuari: croci, salteri, messali e soprattutto reliquiari permettevano ai santi monaci di unire, per così dire, l'utile per la propria anima al dilettevole per la propria cultura.
Con l'Umanesimo, il recupero dell'arte antica e la scoperta di nuove terre e nuove vie commerciali, avere una collezione, d'arte in particolare, divenne quasi un obbligo per le persone di un certo rango. Naturalmente non solo l'arte costituiva le collezioni ma anche, spesso, oggetti curiosi, rari e di valore scientifico.
Il cardinale Federico Cesi, il fondatore dell'Accademia dei Lincei, di fatto fu il primo ad avere una collezione di erbe, piante e reperti di paleontologia rari e preistorici, magari con il consiglio dell'amico Galileo Galilei; peccato che l'inquisizione, non comprendendone lo scopo scientifico, abbia distrutto tutto.
Contemporaneamente nasceva la voglia di poter mostrare a tutti la propria raccolta, voglia che veniva sentita anche come un dovere morale e sociale; nascevano i primi musei in senso moderno. Il primo fu quello Vaticano. Il catalogo dei quadri da cavalletto (cioè facilmente trasportabili) di Andrea Vendramin, a Venezia, è di fatto il primo catalogo illustrato; era scritto in Latino per essere universale ed aveva riprodotte, in disegno, tutte le opere.
Successivamente le collezioni divennero sintesi e sistemazione storica, ma anche ideologica, delle idee culturali dell'epoca. In questo, possiamo dire con un certo orgoglio, il nostro paese fu sempre, ed è, all'avanguardia.
Attualmente le collezioni più importanti sono protette dalla legge e considerate inscindibili, come le singole opere d'arte che le compongono. Lo Stato riconosce il loro valore sociale e culturale ed ai collezionisti un ruolo particolare per la cultura nazionale e anche, a certe condizioni, facilitazioni fiscali.
Per concludere ricordiamo che per essere collezionisti non servono permessi con l'unica eccezione della collezione d'armi antiche e rare.