Ricordi semiseri e sparsi del Carnevale romano.

Quest'anno di separazione tra due millenni, non importa che sia l'ultimo del vecchio o il primo del nuovo, è per la città di Roma anche quello di uno dei più importanti giubilei della storia della Chiesa, Anno di meditazione e di penitenza ma anche, come è logico, di festa e di rinnovamento.
A questo proposito viene da chiedersi come i Romani affronteranno, prima della Quaresima, quel Carnevale così famoso, un tempo, che la strada lungo la quale si svolgevano le corse dei cavalli ne ha preso per sempre il nome, il Corso, trasmettendolo poi a tutti i "corsi"del mondo.
Doveva essere uno spettacolo eccitante: si partiva da una delle due estremità, ad esempio Piazza del Popolo, e si voltava tornando indietro a Piazza Venezia. Immaginiamo l'effetto: quando i più veloci si trovavano di fronte i più lenti che ancora venivano sul Corso, in una strada tanto stretta, con i marciapiedi affollati di gente; certo, ogni tanto qualcuno rimaneva schiacciato, ma il divertimento era assicurato! Fino a metà del Settecento c'era pure la strettura dell'Arco Trionfale di Settimio Severo che sbarrava la strada all'altezza di Piazza Colonna dimezzandone la carreggiata, anche qui chi non imboccava bene il fornice centrale aveva un posto prenotato, a tempo indeterminato supponiamo, all'Ospedale di San Giovanni. Il tutto, poi, con la non lieve difficoltà derivante dal fatto che i cavalli erano senza sella, montati "a pelo" (li bbàrberi), come usavano i butteri della Maremma.
Nel secolo scorso un Capitano della cavalleria pontificia, ci sfugge il nome, caricava partendo da Piazza del Popolo con tutti i suoi uomini con le sciabole sguainate e, pare, anche sparando in aria; a Piazza Venezia, mentre davano volta e in piena velocità il detto capitano e tutti i suoi saltavano a terra e rimontavano al volo tra gli applausi della folla; capitava spesso che qualche cavalleggero meno abile rimanesse a terra o frenasse troppo il cavallo prendendosi sopra, letteralmente, in una grande caduta generale, quelli che seguivano. La fortuna dello squadrone fu che quando il comandante ebbe una promozione fu anche destinato ad altro incarico.
Oggi per Via del Corso il massimo che si può vedere di Carnevale sono i bambini che tirano stelle filanti e coriandoli; è vero che c'è chi eccede, ma anche in questo caso ci sembra poca cosa nei confronti delle palle di gesso colorate che si tiravano nei tempi antichi, anche con la fionda, tanto"pe' nu' sbajasse". Dalle finestre e dai balconi, intanto, venivano giù "gavettoni" abbondantissimi sulla folla festante che ballava e giuocava senza freno. Come si può immaginare i birri, come li chiamavano allora, altrimenti detti quelli della "Madama", avevano il loro bel da fare. Per inciso chiariamo che a Roma la Polizia è chiamata "la Madama" perché a Palazzo Madama, attuale sede del Senato, per molto tempo ebbe sede quella che oggi sarebbe la centrale operativa della pubblica sicurezza.
Per distrarre la folla le ronde cercavano di individuare le prostitute che si fossero mascherate, cosa proibita per evitare che circuissero qualche forestiero, e le punivano per strada. La punizione consisteva in alcune bastonate sulle parti posteriori basse, applicate alzando lì per lì le vesti alla malcapitata. Il pubblico si divertiva moltissimo anche perché venivano scelte, come dicono le cronache, le più "culacciute"; si scuserà il termine volgare, ma è quello usato dal cronista e crediamo che renda bene l'idea.
Di rispetto per la dignità dell'individuo o del cittadino, anche se colpevole, neppure a parlarne. Comunque, una volta che fu così punita una signorina che, facendo carriera, era divenuta l'amante di un cardinale, saltò la testa di qualche funzionario.
Anche ai preti ed agli ebrei era proibito mascherarsi, ma ai primi, se lo facevano, non succedeva praticamente nulla, mentre dubitiamo che i secondi avessero come massima aspirazione di voler sembrare dei cristiani. Col trattamento che subivano poi… la caccia all'ebreo era uno dei divertimenti preferiti della plebaglia e si hanno anche notizie, non inorridisca il lettore, di corse organizzate tra ebrei vecchi nudi contro sciancati, anche sotto la pioggia e regolarmente sellati e cavalcati! Anche rotolarli in una botte, come Attilio Regolo, dalla scalinata del Campidoglio era un bel divertimento per la plebaglia.
Forse proprio per sfuggire a simili persecuzioni la comunità ebrea di Roma aveva l'abitudine di pagare i premi di tutti i palii corsi durante gli otto giorni del Carnevale mentre un loro rappresentante si presentava ufficialmente al Senatore di Roma per riceverne altrettanto ufficialmente, in segno di protezione, un calcio nel sedere. In quest'epoca i premi erano ancora dei palli, drappi di stoffa, da cui presero il nome le corse stesse; nel caso specifico quelli offerti dalla comunità ebraica dovevano essere per forza di seta fine.
Il fondo in questa scala di degradazione umana fu raggiunto negli anni in cui il Carnevale iniziava dopo che qualcuno, a Piazza del Popolo, era stato impiccato; quando il malcapitato aveva tirato le cuoia, come si diceva e si dice tuttora, era l'inizio del Carnevale. La folla assisteva già in maschera ed una volta perfino il boia ed i suoi aiutanti si presentarono già vestiti da pulcinelli. Contemporaneamente a Piazza Navona qualcuno era messo sui cavalletti della tortura, possibilmete donne nude, poi, durante il resto del Carnevale, niente più del genere, per non rattristare gli animi.
Molto più divertenti erano i fuochi artificiali, anche se l'abitudine di sparare da Castel Sant'Angelo, coi cannoni, palle di stoffa accese provocava ogni tanto lo sfondamento di qualche tetto un po' debole o un incendio che tutti, però, contribuivano a spegnere. I Romani avevano una vera passione per questi spettacoli, che furono organizzati anche da famosi architetti e scenografi, come Bernini e lo stesso Michelangelo, cui viene attribuita l'invenzione della girandola.
Una curiosità, a questo proposito, è la fontana di fronte Villa Medici: la vasca è un'antica tazza romana e la palla da cui esce l'acqua è un'autentica palla di cannone che la regina Cristina di Svezia volle sparare, per provare un vero cannone, da Castel Sant'Angelo prendendo come bersaglio il portone della villa. Al terzo colpo, dopo aver fatto "forcella", il portone fu centrato; chissà che spasso per gli abitanti essere presi a cannonate!
Si immagini cosa succedeva la notte! Con le strade più buie d'Europa; ancora nel Settecento inoltrato l'opinione pubblica si opponeva alla loro illuminazione, perché tutti volevano divertirsi liberamente ed i monsignori non amavano essere riconosciuti durante le proprie scappatelle. Del resto i Romani, non solo i popolani ma un po' tutti, erano piuttosto vivaci. Quando si eleggeva un nuovo Papa, per esempio, andavano tutti a saccheggiargli la casa, così tanto per divertirsi, solo Donna Olimpia Pamphili, che aveva previsto l'elezione di suo cognato (o aveva brigato per questo) fece svuotare di ogni arredo il palazzo di famiglia a Piazza Navona. Giravano tutti armati, secondo la condizione, di spada o di coltello e, come i "bulli" di Meo Patacca, generalmente bene addestrati all'uso delle armi da fuoco e, soprattutto, della loro arme tradizionale, la fionda.
Le sassaiole scoppiavano spesso per le cause più diverse, specie tra Monticiani, gli abitanti del rione Monti, e Trasteverini, gli abitanti di Trastevere, e spesso ci scappava il morto. Il Carnevale, da questo punto di vista, era una specie di tragua. Un ricordo di questo è nel Meo Patacca di Giuseppe Berneri (1634 - 1700), un poeme in lingua romanesca in dodici canti che racconta come il protagonista, Meo Patacca appunto, essendo uno dei "capotruppa della gente sgherra" organizzi un suo corpo di spedizione per liberare Vienna assediata dai Turchi (siamo nel 1683) di ben 500 uomini divisi in 10 squadre, perfettamente addestrati e tutti armati di coltellaccio, fionda e "schizzetto", il piccolo e maneggevole archibugio, teoricamente da caccia, molto maneggevole ed occultabile che a Roma usavano le… persone per bene per farsi rispettare, visto che, chissà perché, l'autorità di pubblica sicurezza aveva proibito il porto delle "terzaruole", le piccole pistole da tasca usate negli agguati notturni
A proposito degli armamenti e dell'addestramento di questa truppa improvvisata ricordiamo che anche nella realtà agiva in formazioni paramilitari, usata dai nobili per "regolare" gli umori di contadini troppo irrequieti o per difendersi nelle faide familiari. La fionda, poi, non era un'arma secondaria perché usata con precisione notevole e con velocità di ricarica molto superiore a qualunque arma da fuoco, tanto che Meo Patacca si fa ricamare una bandiera con una fionda ed uno schizzetto incrociati, dietro la quale fa manovrare i suoi in ordine chiuso con tre soli giorni di addestramento.
Meo Patacca si trasformò poi da invenzione letteraria in una maschera della commedia popolare da mettere nel Carnevale ma, come avverte il Berneri stesso, i fatti e le feste raccontati nel poema corrispondono veramente agli usi ed ai costumi del popolo romano. Così, come era nella realtà, Meo Patacca ordina feste popolari per tutta la città con i fondi della spedizione sospesa occupandosi anche dell'ordine pubblico e badando che nessuno eccedesse nel corteggiare le ragazze di altri e cose del genere perché le coltellate erano facili.
Molti papi e prelati tentarono, negli anni, di porre fine a questo andazzo vergognoso e, ad essere sinceri, piano piano le forme più violente di queste manifestazioni, gli assalti al ghetto o i saccheggi dei palazzi fatti così, tanto per far chiasso, furono ridotti all'ordine. Sempre per essere obiettivi dobbiamo riportare che gli stranieri notavano come il numero di aggressioni e di omicidi fosse bassissimo anche di notte perché poi, in fondo, il cinismo dei romani è sempre stato più superficiale che reale, e questa è forse la considerazione più giusta e vicina alla realtà. Tutto era molto più pacifico e civile di come le cronache, quasi tutte di stranieri, vogliano far credere; un po' come se noi giudicassimo quel milione di italiani che vanno allo stadio la domenica da quei pochi che finiscono per eccedere e vengono fermati dai Carabinieri. Tanto per non sbagliarsi, comunque, i governi unitari soppressero per sempre il Carnevale Romano.