Strana sorte quella di Mastro Zabaglia, molti figurano di conoscerlo ma pochi sanno esattamente cosa abbia fatto. Il fatto è che il nome di un muratore semianalfabeta suona meno altisonante di quello di qualche celebre architetto e questo non è perdonabile a quella specie particolare di ignoranza pretesca e di pseudo-studiosi, e non solo, che ha portato a quel moltiplicarsi smodato di Giotti o Caravaggi, tanto per fare un esempio che ha reso ridicolo il mondo accademico italiano all'estero.
Indice: l'opera; la vita; l'uomo; elenco delle opere; elenco dei papi; note; bibliografia.
Nella Storia di Roma, come del resto in quella di ogni città,
sono molte le figure ed i personaggi oggi praticamente dimenticati
sui quali varrebbe invece la pena di soffermarsi un po' più
a lungo o che andrebbero riscoperti come nel caso di Nicola Zaballi,
meglio conosciuto come Mastro Zabaglia, al quale, circa un secolo
fa, qualcuno ebbe l'idea di dedicare una lunga via nel quartiere
(popolare ovviamente) di Testaccio.
Parlare di un muratore, sia pure geniale, può sembrare
eccessivo, specie se lo si fa, come intenderebbe il sottoscritto,
non per mera curiosità ma per dare un piccolo contributo,
veramente piccolo ma forse utile, a tutti i grandi, se non grandiosi,
piani di recupero dell'Urbe. Costui infatti, ricordato come pratico
inventore di macchine per sollevare e di ingegnose impalcature,
fu incaricato di effettuare operazioni di restauro e consolidamento
che oggi si teme di dover affidare ai più nominati architetti
e che spesso, purtroppo, oltre ad essere molto discusse da un
punto di vista artistico, sono anche fatte tecnicamente male.
In barba ai più celebri nomi dell'architettura egli riuscì
spesso a fare quello che questi avevano dichiarato impossibile,
suscitando vivaci polemiche delle quali ancora nel 1824, nella
seconda edizione a stampa della sua vita, troviamo una notevole
traccia, soprattutto a proposito di una sua nomina ad architetto
di San Pietro da parte di Papa Lambertini riportata come effettiva
dalle cronache del tempo e che il Vanvitelli, uno tra i più
indignati dal fatto, morti sia Zabaglia che Benedetto XIV, si
affrettò a dire fatta per scherzo attribuendosi, nel contempo,
l'invenzione di alcuni tipi di ponteggi fatti proprio da Zabaglia
per la Cupola di San Pietro e simili, forse, a quelli a suo tempo
ideati da Michelangelo, purtroppo per lui il Milizia, testimone
diretto dei fatti, ci ha tramandato la verità. Importante
è anche il fatto che uno dei pregi delle sue macchine,
e non il minore, era quello di costare poco; questo per degli
architetti come Luigi Vanvitelli o Carlo Fontana, che erano anche
grandi appaltatori era senza dubbio un grande difetto.
Si tenga conto, poi, che i Sampietrini (il cui nome indicava allora
tutti i lavoratori addetti alla fabbrica e non i soli operai che
mettevano in opera i lastricati ne, tantomeno, il solo tipo di
pavimentazione della piazza antistante la Basilica) si tramandavano
di generazione in generazione le tecniche e le cognizioni necessarie
non solo alla manutenzione ordinaria della Basilica, ma anche
quelle che li rendevano capaci di operazioni straordinarie e più
complesse, sino alle costruzioni ed ai restauri più arditi;
ciò faceva di loro assai più che dei semplici dipendenti
dell'Amministrazione Apostolica ma una vera e propria corporazione.
Mastro Zabaglia va considerato più come uno dei capi di
questa corporazione che come un muratore e, sempre in quest'ottica,
si puo dare il giusto valore alla sua nomina ad "architetto",
tanto più che nella Roma tra Seicento e Settecento le corporazioni
avevano sempre la loro importanza sia economica che politico rappresentativa.
Certo, il moderno sistema delle imprese e degli appalti, che aveva
permesso nel Cinquecento la ricostruzione della Basilica, aveva
reso obsolete le antiche concezioni del lavoro. Dal punto di vista
storico questo patrimonio tecnologico, anche se basato sull'esperienza
tramandata di generazione in generazione, si perse dopo la rivoluzione
industriale (poco dopo la morte di Zabaglia), quando all'esperienza
si cominciarono a preferire il calcolo matematico e la progettazione.
Metodi forse meno sicuri, all'inizio, dei risultati immediati,
ma suscettibili di sviluppi senza limiti con l'aumentare delle
cognizioni e l'affinamento degli stessi parametri progettuali.
Fra questi sampietrini hanno avuto un qualche nome il figlio di
Nicola, Pietro, un certo Tommaso Albertini ed un Angelo Papaccini
che nel 1824, data di pubblicazione della seconda edizione della
vita di Zabaglia, era da poco defunto e fu preziosa fonte di notizie
dirette.
Si comprende, così, come ancora decenni dopo fosse forte
il desiderio di far conoscere e ristampare i disegni relativi
alle sue opere. La fonte principale di notizie è certamente
l'edizione stampata nel 1743 da Nicolò Pagliarini in Roma,
di un libro con la descrizione di tutti i suoi ponteggi, unitamente
alla descrizione del trasporto dell'Obelisco Vaticano fatta da
Domenico Fontana; questa prima edizione, con testo latino a fronte
(come tutti i libri scientifici) uscì quando ancora Mastro
Zabaglia era vivo e non contiene la sua vita per esteso, mentre
le tavole illustrative sono solamente sei, incise dal Sangermano;
per la redazione si dovette letteralmente tradurre il suo parlare
romanesco in un italiano corretto e più comprensibile.
Nel 1824 fu pubblicata una seconda edizione, per soddisfare le
numerose richieste che venivano dall'estero, di questo volume,
contenente tutta la storia della vita di quest'uomo a cura dell'avvocato
presso la Sacra Rota Mons. Francesco Maria Renazzi che riporta,
con dovizia di particolari e di episodi aneddotici, tutte le invidie
e le malignita che "gli architetti" avevano messo in
giro sul nostro: dal raffronto tra le due edizioni, fatte a più
di ottanta anni l'una dall'altra, ma comunque in tempo perche
il Renazzi potesse consultare gli ultimi testimoni diretti, si
può procedere per una ricostruzione dei fatti discreta,
anche se non esatta. Le tavole incise aumentarono considerevolmente
e vi si possono ritrovare tutti i maggiori incisori ed architetti
del tempo, dal Valadier al Marino e al Vasi; manca solamente Pinelli.
Quella scritta nella prefazione dell'edizione delle opere di
Zabaglia del 1824 da Monsignor Antonio Renazzi è, come
abbiamo già detto, la migliore biografia di Nicola Zabaglia
disponibile. In questa molte notizie furono raccolte tramandate
a voce e con ancora la preoccupazione di non offendere famiglie
di persone dell'epoca dei fatti ma i cui figli e nipoti erano
ancora vivi. Si deve comunque tenere presente che il Renazzi,
come Sostituto Segretario alla Basilica di San Pietro disponeva
certamente di tutta la documentazione necessaria ed anche ammettendo
che buona parte di questa fosse rimasta tra quella portata da
Napoleone a Parigi ed ivi rimasta, anzi, dispersa, egli potè
comunque attingere molte notizie da testimoni diretti almeno di
parte dei fatti come il già citato Papaccini.
Le origini di Nicola sono toscane, non sappiamo quando il padre,
Alessandro, si sia trasferito da Firenze, ma certamente egli nacque
a Roma, nel 1664. Quando Nicola aveva quindici anni ed assai probabilmente
già lavorava come apprendista, Alessandro era uno dei tre
capomastri di San Pietro che comandavano agli altri mastri, detti
"cucchiara" probabilmente dal nome dell'attrezzo usato
ancora oggi per mescolare e dare la malta.
Fu certamente un peccato che il padre non si sia mai curato di
far imparare a Nicola a leggere e a scrivere, anche se Monsignor
Renazzi, il suo biografo, nel commentare il fatto, non lo disapprovava
del tutto, considerando che l'eccesso di istruzione tra gli umili,
come era di moda allora (nel 1824) portava spesso a mali peggiori
del bene che ne poteva derivare, facendo un esplicito e polemico
riferimento alla Rivoluzione Francese. Peraltro, malgrado questa
affermazione non riveli certo una grande apertura mentale, il
Renazzi mostra verso Mastro Zabaglia un'ammirazione sincera e
quasi affettuosa; vale certamente la pena di seguire la biografia
da questi tracciata non solo da un punto di vista scientifico
ma anche da quello aneddotico e curioso.
Con la Toscana Nicola continuò sempre a mantenere un qualche
legame dato che il padre gli aveva lasciato in eredità
dei poderi che davano 20 scudi di rendita annua, una cifra, per
un muratore di quei tempi, discreta.
Nel 1686 Nicola venne assunto per baj 22 e 1/2 al giorno da Antonio
Valerj (tanto poco esperto di arte, pare, quanto lo era in legge)
cui Monsignor Vespignani si era affidato nominandolo Fattor Generale
della Fabbrica di San Pietro; il Valerj fece poi assumere definitivamente
Zabaglia nel 1691 e lo protesse anche dopo che nel 1703 fu nominato
Architetto Soprastante la Fabbrica di San Pietro. Pare evidente
che, ammesso e non concesso che il Valerj non si intendesse d'arte,
sapesse però scegliere con cura i suoi collaboratori tra
i più validi.
Nicola aveva sposato, nel frattempo, una borghigiana (abitante
originaria del rione Borgo), Francesca Zaffiri che gli diede un
figlio e tre figlie per le quali il povero padre dovette faticare
non poco a trovare una buona dote.
Da questo momento in poi la vita di Zabaglia fu tutto un continuo
succedersi di successi, sia lecito dirlo, professionali e le opere
stesse da lui compiute bastano ad attestarlo abbondantemente.
Fu poi protetto da Ludovico Sergardi, nominato Economo Generale
della Fabbrica di San Pietro nel 1713; questi era poeta e pittore,
allievo del Martorelli; di lui sono una serie di satire latine
e la pittura di Porta Romana a Siena, famoso in Europa per le
sue Satire in Latino ed in Volgare, edite con lo pseudonimo di
Quinto Settano e nelle quali ebbe a bersaglio preferito, non si
sa perché, il Gravina. Sergardi fu anche tra i pochi a
fare una notevole carriera nella corte pontificia senza essere
ecclesiastico. Certamente una persona molto sensibile all'arte
e di buona cultura che già si era fatto ammirare a Roma
per una orazione tenuta all'Accademia del Disegno. Quando morì,
nel 1726, al suo posto fu nominato Fabrizio Sinibaldi il quale,
a sua volta, nominò nuovo Ispettore dei Manovali Andrea
Coppola e il nostro Nicola perse molti degli appoggi di cui aveva
goduto sino ad allora. Comunque, evidentemente non si sentiva
troppo vecchio se a 63 anni, il 27 ottobre del 1727 si risposò
con Francesca Ripa. Fu richiamato in seguito a dirigere i lavori
in San Pietro perché i mosaicisti e i muratori non si fidavano
dei ponti del Coppola. L'ultimo Economo della Fabbrica di S. Pietro
sotto il quale lavorò Zabaglia fu Luigi Altoviti Avila,
che ebbe la nomina nel 1745 alla morte del Sinibaldi.
Morì ad 86 anni nel 1750 e fu sepolto nella chiesa di Santa
Maria in Traspontina; riportiamo per esteso la lapide fatta mettere
dai frati Carmelitani che, nel 1883, il Magni non trovò
più, visto che un certo Carmelo, superiore dell'ordine,
aveva da poco fatto rifare tutto il pavimento senza avere alcun
riguardo alla memoria del defunto. Nell'iscrizione sono messe
in evidenza le qualità morali ed intellettuali di un uomo
che, volendo, avrebbe potuto morire se non ricco certamente ben
agiato ma volle rimanere, sino alla fine, solo e soltanto un muratore:
Di questa lapide ci permettiamo di dare qui di seguito una tradutione quasi letterale:
Una figura, Mastro Zabaglia, che ci si delinea come quella
di un brav'uomo, illetterato ma straordinariamente ingegnoso,
che cerca di fare il proprio dovere con quell'attenzione e quella
cura che in ogni tempo sono state di pochi. Fu accompagnato per
tutta la vita da una discreta fama di buon bevitore ma, a parte
qualche piccola sbronza, fu sempre di costumi fondamentalmente
morigerati e, soprattutto, un gran lavoratore; pare che quasi
tutti i suoi guadagni se ne siano andati nelle doti per le tre
figlie. Una personalità simpatica ma piuttosto comune e
che meraviglia ancora oggi quando si esaminano le macchine che
riuscì a costruire. Il metodo seguito era sempre lo stesso:
esaminato il problema, egli realizzava un modello della macchina
in scala, Io collaudava e perfezionava per poi metterlo in opera.
Ancora non troppi anni fa alcuni di questi modelli erano esposti
nei Musei Vaticani, anche se senza indicazione alcuna dell'autore.
Mettendo da parte l'ammirazione per le sue invenzioni e la sua
genialità possiamo notare che l'abitudine di costruire
modelli delle cose da realizzare era pratica usuale sia degli
architetti che dei capi carpentieri sin dal tempo dell'antica
Roma, infatti non c'era la capacità di un serio calcolo
matematico-algebrico, impossibile con la numerazione simbolica
romana. Tale pratica si mantenne (e si mantiene tuttora) anche
dopo che nel corso del Trecento si introdusse il calcolo algebrico
assieme alle cifre arabe. Quando si trattò di consolidare
la cupola michelangiolesca, ad esempio, non partecipò certo
al dibattito tecnico (e tanto meno a quello estetico-artistico),
anche se trovò poi il modo di realizzare le impalcature
necessarie e di mettere in opera i cerchi di ferro necessari.
Zabaglia, perciò, va visto come un carpentiere geniale
che, da un punto di vista operativo, non fece altro che continuare
una pratica che proprio allora stava divenendo secondaria. Quegli
architetti che tanto se l'erano presa per la sua nomina ad "Architetto
di San Pietro" ancora non avevano messo a punto un sistema
di calcolo strutturale che risolvesse i problemi da lui risolti
intuitivamente, ma è chiaro che il futuro era nella loro
direzione come lo erano gli studi dei matematici, a cominciare
da quelli di Leibniz.
Forse Zabaglia non avrebbe avuto modo di esprimersi se non fosse
vissuto nel momento in cui l'Illuminismo si affermava in Europa.
Si pensi che Benedetto XIV lo stimava tanto da fargli avere una
stanza in cui potesse costruire e sperimentare i propri modelli
in pace. Questa stanza esisteva ancora nell'ultimo dopoguerra
ed era creduta un deposito di queste piccole macchine, senza essere
riconnessa al nome di Zabaglia e attualmente non si riesce più
ad avere notizie esatte della fine che queste abbiano fatto. Il
fatto è che mastro Zabaglia corrispondeva pienamente alla
concezione illuminista dell'uomo: le facoltà dell'intelletto
e le doti naturali sono le stesse per tutti e sono le condizioni
ambientali (nascita, educazione, istruzione etc.) a determinare
le differenze; insomma, una specie di quel "buon selvaggio"
di cui il Venerdì di De Foe, che a Londra diventa un perfetto
gentiluomo, è l'esempio più conosciuto e che sarà
poi teorizzato nell'Enciclopedie di d'Alembert e Diderot. Perciò,
pur non potendosi modificare, nella realtà, le condizioni
ambientali oltre una certa misura, il buon governante doveva ricompensare
il merito, la capacita, cioé, del singolo di mettere a
frutto le proprie doti naturali sia fisiche che intellettuali.
Esattamente quello che fecero i vari papi, e particolarmente Benedetto
XIV, con Mastro Zabaglia. Un uomo che il De Caylus, archeologo
ed illuminista, descrisse come "l'homme qui a le plus approchè
des anciens par la simplicitè de ses moyens".
Al di la di tutto questo discorso, comunque, I'esame dell'operato
di Nicola Zabaglia non può che meravigliare ancora oggi
e, forse, più considerando l'estrema economicità,
anche nel numero delle ore lavorative, delle sue macchine che
la loro funzionalita; anzi, pare che economicamente certi interventi
sarebbero meno costosi tuttora fatti da lui che con i mezzi meccanici
attuali.
Diamo ora un breve elenco riassuntivo di tutto l'operato di Mastro
Zabaglia ripreso, anche nella terminologia, dal Renazzi compresa
la storia dell'edizione del libro in cui si volle riassumere la
sua attività (ma le sue cose migliori dovevano ancora essere
fatte), libro interessante, riedito nel 1824 (l'edizione cui ci
riferiamo, come abbiamo già detto, perché più
documentata), in cui non pochi sono gli episodi aneddotici citati
e per la cui redazione si dovette procedere a tradurre in un italiano
corretto la parlata dialettale di questo singolare "maestro"
analfabeta.
1) 1694 - TRASPORTO DELLA PIETRA TOMBALE DI OTTONE III DALLE
GROTTE VATICANE AL BATTISTERO DI SAN PIETRO.
Nel 1694 Giuseppe Pavini si era offerto di trasportare la pietra
al battistero, di cui era stato incaricato C. Fontana ma ruppe
la pietra in tre pezzi ed il 17 marzo dello stesso anno fu ritenuto
colpevole di negligenza, anche se ad Innocenzo XIII bastò
il carcere già patito come pena.
Nicola, testimone dello scempio, se ne eccitò la fantasia
e cominciò a progettare macchine facendone modelli in piccolo;
per due anni fece pratica e quando si trattò di trasportare
la conca ricostruita e le statue bronzee dalla fonderia al Battistero
ne ebbe l'incarico senza difficoltà.
2) 1696 - TRASPORTO DELLE STATUE BRONZEE DEL BATTISTERO DALLA
FONDERIA.
Trasporto di cui ebbe l'incarico assieme a quello del trasporto
della ricostruita conca della tomba di Ottone III.
3) dopo il 1696 - TRASPORTO DI UNA COLONNA DI GRANITO DA PIAZZA
DELLE CORNACCHIE ALLA BASILICA PER FARNE LA SCALINATA DELSAGRATO
Il percorso era lungo oltre due miglia e furono impiegati solamente
sei lavoranti.
4) 1696/1700 - PONTEGGI PER I MOSAICI DEL BATTISTERO.
I ponti erano semplici nella struttura e soprattutto assai economici.
5) 1696/1700 - TRASPORTO DELLA TAZZA DEL CORTILE DEL BELVEDERE SENZA LEVARE L'ARCHIVOLTO AL PORTONE DEL BRAMANTE.
6) 1696/1700 - COSTITUZIONE Dl UNA SQUADRA Dl MANOVALI DETTI
SAMPIETRINI.
Se ne può dedurre che fu Nicola stesso il primo capo dei
Sampietrini. Tra i suoi allievi il primo fu Giuseppe Grassini;
si rammentano anche il nipote Antonio e Tommaso Albertini che
gli successe come capo dei manovali.
Tra di loro era Giovanni Corsini, detto il Campomarino che fu
chiamato a Lisbona per mettere in opera i grandi mosaici colà
mandati da Roma e morì durante la ripulitura del Pantheon
del 1824.
7) prima del 1700 - ALLESTIMENTO DEGLI ARSENALI DETTI DELLE MUNIZIONI CON ARGANI ED ATTREZZI VARI.
8) dopo il 1700 - COSTRUZIONE DELL'ANTENNA PER SOLLEVARE LE
140 STATUE DEL COLONNATO DI PIAZZA SAN PlETRO.
Il lavoro fu eseguito per ordine di Clemente Xl e fu eseguito
in tre mesi; la macchina da lui ideata divenne da allora di uso
comune.
9) 1700/1718 - ALLESTIMENTO DEI PONTI PER FARE I MOSAICI ALLE
CAPPELLE LATERALI IN SAN PIETRO.
Di questi ponti nel 1824 non era piu ricordo.
10) 1700/1718 - ALLESTIMENTO DEI PONTI PER IL COLLOCAMENTO
DELLE 16 STATUE IN STUCCO Dl LORENZO OTTONE NEI 5 ARCONI DELLA
NAVATA MAGGIORE.
Anche di questi ponti nel 1824 non si avevano più i modelli.
11) 1701 - TRAVATA PER LA MESSA IN OPERA DELLA CROCE DELL'OBELISCO
DI SAN PIETRO
La croce fu riparata da Zabaglia nel 1739.
12) prima del 1718 - COSTRUZIONE Dl UNA MACCHINA MOBILE PERCHÉ
LORENZO OTTONE E I SUOI ALLIEVI DECORASSERO DI STUCCHI IL PORTICO.
Gli architetti della Fabbrica di San Pietro si dichiararono incapaci
di imitarlo.
13) 1718 - MACCHINE PER LA COPERTURA A LASTRE DI PIOMBO DELLA
BASILICA DI SAN PIETRO.
L'opera fu intrapresa per ordine di Sergardi; nel 1824 le macchine
erano ancora in uso.
14} dopo il 1718 - PREDISPOSIZIONE DI MACCHINE PER OGNI TIPO
DI INTERVENTO.
Anche quest'opera fu intrapresa per una previdente iniziativa
del Sergardi.
Nicola per l'occasione ebbe assegnata una stanza di cui conservò
l'uso finché visse e che nel 1824 era deposito per le munizioni
di fiaccole, torce e lanternoni; fu in questa stanza che lo ritrasse
il Ghezzi.
Zabaglia, predispose le macchine dopo aver esaminato a fondo ogni
angolo della Basilica.
15) 1718/1721 - IDEAZIONE DEL CARRICULO PER ADORNARE DI PARATO
LA BASILICA DI SAN PIETRO.
La macchina portava una scala che permetteva ai "Festajoli"
di scendere sino all'aggetto dell'architrave, largo due palmi.
16) 1718/1721 - COSTRUZIONE DI UN GRANDE CASTELLO CON RUOTE
STERZANTI PER PULIRE LE PARETI DELLA BASILICA.
Il castello era a più ordini di ponti.
17) prima del 1721 - CLEMENTE XI VISITA UNA ESPOSIZIONE DELLE
MACCHINE DI NICOLA ZABAGLIA ED I CARDINALI DECIDONO DI PUBBLICARNE
LE OPERE.
Il Papa promise a Zabaglia una ricompensa di 50 scudi.
A seguito della decisione dei cardinali6 il Ghezzi eseguì
il ritratto che il Rossi poi incise.
Probalilmente a causa di invidie Mastro Zabaglia dovette insistere
per avere il premio promesso e la pubblicazione dell'opera fu
sospesa e ropresa solamente nel 1743.
18) 1721 - COSTRUZIONE DI DUE PONTI REALI PER I MOSAICI NELLE
CAPPELLE DI SAN MICHELE E SAN SEBASTIANO DELLA BASILICA DI SAN
PIETRO.
19) 1724 - TRASPORTO DEL MARMO ALLO STUDIO DELLO SCULTORE AGOSTINO
CORNACCHINI DI PESCIA.
Il Cornacchini ebbe prima 8000 scudi e poi altri 4000 da Innocenzo
XIII. Il marmo era costato 3000 scudi. Il trasporto fu così
rapido che se ne fece una relazione a stampa con incisioni e si
coniarono delle medaglie. (identificare il percorso sarebbe estremamente
interessante).
20) 1724 - TRASPORTO DEI PUTTI DI FRANCESCO MODERATI, DELLE CONCHE E DELLE ACQUASANTIERE DEI DUE PRIMI PILASTRIDELLA BASILICA.
21) prima del 1726 - PONTI ALL'OBELISCO DI SAN PIETRO PER COLLOCARE
LA BALAUSTRATA ED I FESTONI VOLUTI DAL SERGARDI.
I festoni portavano lo stemma di Innocenzo XIII. La morte a Spoleto,
il 26 novembre, del Sergardi tolse a Zabaglia ogni appoggio. e
gli allievi di G. V. Gravina si scatenarono contro di lui.
22) fine 1726 - PONTI PER I RESTAURI DEI MOSAICI NELLA FACCIATA
DI SAN PAOLO.
I mosaicisti non avevano molta fiducia nei ponti messi in opera
dal Coppola e fecero istanza al Papa perché chiamasse Mastro
Zabaglia.
23) circa 1727 - TRASPORTO DI DUE AFFRESCHI POSTI SUGLI ALTARI
DI SAN PAOLO (La bugia o Anania muore dinanzi a San Pietro e Sant'Andrea
del POMARANCIO e la Presentazione al Tempio del ROMANELLI) SINO
A SANTA MARIA DEGLI ANGELI E COLLOCAZIONE AL LORO POSTO DEI MOSAICI
PORTATI DALLO STUDIO DEI PROFESSORI.
Questi affreschi sono tuttora a Santa Maria degli Angeli.
24) dopo il 1727 - PONTE A TRE PIANI PER IL RESTAURO DEI MOSAICI DELLA TRIBUNA DI SAN PAOLO.
25) 1727/1735 - PONTE SOSPESO PER RESTAURARE GLI STUCCHI DORATI DELLA VOLTA DI SAN PIETRO.
26) dopo il 1735 - TRASPORTO DINANZI A SAN GIOVANNI DI UNA GUGLIA (OBELISCO) TROVATA NEGLI ORTI VATICANI (VILLA LUDOVISI).
27) Dopo il 1735 - TRASPORTO NELLA CAPPELLA FATTA ERIGERE A
SANT'ANDREA CORSINI DAL PAPA IN SAN GIOVANNI DEL MOSAICO DI PIETRO
PAOLO CRISTOFORI DALLO STUDIO DEI MOSAICI.
Ne furono coniate medaglie in oro ed argento.
28) 1735 - TRASPORTO DEL MARTIRIO DI SAN SEBASTIANO DEL DOMENICHINO
DAL SECONDO ALTARE A DESTRA DELLA NAVATA DI SAN PIETRO ALLO STUDIO
DEI MOSAICI.
Evidentemente per farne una copia in mosaico.
29) 1739 - TRE ANNI DOPO LA COPIA FU RICOLLOCATA A POSTO ED
IL DIPINTO TRASPORTATO A SANTA MARIA DEGLI ANGELI.
Il dipinto era in un cerchio di marmi finissimi che rimasero intatti.
30) 7 ottobre 1739 - PONTE PER IL RESTAURO DELLA CROCE DELL'OBELISCO
DI SAN PIETRO.
La croce aveva rotto uno dei ferri di sostegno e stava per cadere.
La croce è alta 10 palmi e collocata al sommo all'altezza
di 184. Il ponte era isolato e l'obelisco stesso faceva da sostegno
centrale e ne vivevano testimoni oculari ancora al tempo del Renazzi.
31) dopo il 1740 (elezione di Benedetto XIV) - CONSIGLI DI
ZABAGLIA PER SPOSTARE LA COLONNA ANTONINA DA PIAZZA MONTECITORIO.
La colonna era stata rinvenuta ai primi del secolo ed era stata
messa in un angolo della Piazza Montecitorio, verso ponente, in
uno sterrato circondata da uno steccato per proteggerla. Attorno
si era formato un letamaio il cui puzzo rendeva l'aria irrespirabile.
Benedetto XIV, sentite le lagnanze dei bottegai mentre passeggiava,
diede ordine che la colonna fosse collocata presso il vicino Palazzo
della Curia Innocenziana, dalla parte verso l'orto della Casa
dei Missionari ed il Palazzo di Montecitorio.
Gli incaricati, diretti da Carlo Fontana, riuscirono solo a far
battere la colonna verso un cantone, ma non a volgerla verso sinistra.
Il mattino dopo un cartello in tre versi chiedeva l'intervento
di Mastro Zabaglia. Questi venne riluttante come A. Sacchi quando
andò a vedere le statue del Bernini a San Pietro e disse
solo: "che non vi son più curli?" (cunei di legno)
e se ne andò, indicando, con questa breve frase, come dovesse
essere condotta l'operazione.
32) 1743 - EDIZIONE DELLE OPERE DI ZABAGLIA PER I TIPI DI PAGLIARINI
E CON LE SPIEGAZIONI DI LELIO COSATTI.
Appena Benedetto XIV fu eletto riprese subito il progetto di Clemente
Xl del 1719 di far stampare tutte le invenzioni di Zabaglia dandone
l'incarico al Cardinal Albani. Dei rami precedentemente incisi
ne furono trovati solamente tre grandi e tre mezzi del Gambucciari;
altri dodici furono fatti sui modelli rimasti di cui uno anche
dal Vasi. Si incisero anche alcune tavole di strumenti usati e
i rami col trasporto dell'Obelisco Vaticano. L'abate Lelio Cosatti
portò in lingua italiana le spiegazioni di Zagaglia e l'abate
N. Salvini, senese, poi docente di Sacri Canoni, ne fece la traduzione
in latino.
Nel 1743 I'opera uscì per i tipi dei fratelli Pagliarini
e con un costo di 2.000 (!) scudi che Benedetto XIV giudicò
impiegati bene come per ornare il Tempio medesimo. Sul frontespizio
era un ritratto di Zabaglia del Ghezzi inciso dal Rossi.
33) fine 1741 - MESSA IN OPERA DEI CERCHI DI FERRO CHE CINGONO
LA CUPOLA DI SAN PIETRO.
Già nei 1742 alcune crepe avevano convalidato le voci che
volevano che la cupola di San Pietro si fosse mossa dopo che Bernini
aveva fatto le lumache (scale a chiocciola) per le logge dei piloni.
L. Vanvitelli fece un primo clamoroso rapporto. Il Boscowich espose
il suo parere in una conferenza del 20 gennaio 1743. Ne scrissero
anche l'abate Revillas, il padre Domenico Santini, crocifero,
e Lelio Cosatti. Prevalse il parere del marchese Giovanni Poleni
che volle cingere la cupola con cinque cerchi di ferro.
Egli fece fare da Zabaglia quattro ponti agli arconi all'interno
ed altri sino al lanternino. Alla fine del 1743 erano pronti i
cerchi per il tamburo e l'ordine attico, l'anno seguente furono
pronti gli altri. Mentre i cerchi erano esposti in piazza il Pontefice
si intrattenne personalmente con Zabaglia raccomandandogli attenzione.
Zabaglia li mise in opera entro il 1744 e ne ebbe un premio.
All'inaugurazione Zabaglia non ebbe difficoltà a dire al
Papa che i cerchi erano asciutti onde questi disse al cardinal
Girolamo Colonna, suo maggiordomo, "Sente Monsignore cosa
dice il nostro Mastro Nicola? Quei cerchi bisogna bagnarglieli
con buon vino, perché li possa tirare su con brio."
La sera stessa il maggiordomo gli mandò una cassa di vino
d'Orvieto.
34) 1745 - TRASPORTO DELLA CAMPANA MAGGIORE DI SAN PIETRO,
INTRONATA, ALLA FONDERIA E SOSTITUZIONE CON UNA NUOVA.
Benedetto XIV fece capire ai cardinali, tramite l'economo Monsignor
Olivieri, che voleva far fondere la campana maggiore di San Pietro
per sostituirla con una più grossa e sonora. I discepoli
di Zabaglia la trasportarono dalla fonderia alla Basilica. Fu
sollevata con due travi tenuti da un traversone con in cima legati
due manovali. Nell'alzare la campana una delle due ventole che
ne impediva l'oscillazione si ruppe senza conseguenze. Quando
la campana fu su i due manovali levarono i cavicchi del pentolone
e la campana andò in sito da sola. Benedetto XIV fece dare
a Zabaglia cento scudi.
35) 1748 - MACCHINA PER L'ESTRAZIONE ED IL TRASPORTO DELL'OBELISCO
DI SERAPOLI, ROTTO IN CINQUE PEZZI, PER IL RESTAURO.
L'obelisco, dedicato al Sole, nel Campo di Marte fungeva anche
da meridiana. Nel principio del 1748 gli Agostiniani della Madonna
del Popolo nel fare abbattere alcune vecchie case presso il palazzo
Conti (nel 1824 sede dell'lmpresa del Gioco del Lotto) riscoprirono
per la terza volta l'obelisco rotto in cinque pezzi. Benedetto
XIV si fece fare molti progetti da architetti ma erano tutti assai
costosi; segretamente, allora, chiamò Zabaglia e gli disse
di trasportare l'obelisco in un luogo detto la Vignaccia donde,
restaurato, sarebbe stato trasportato alla Piazza di Monte Citorio.
Zabaglia chiese solamente legnami, corde e la giornata per ogni
lavorante; "e per voi?", chiese il Papa, "per me
- replicò Zabaglia - mi basta la giornata come ogni altro
lavorante". Benedetto XIV disse che sarebbe spettato a lui
conoscere il merito delle sue fatiche. Illustrarono la macchina
di Zabaglia il Ficoroni ed il Padre Galeotti che ne aveva fatta
fare una vignetta al Barbault nella quale si può vedere
Mastro Zabaglia che dirige i lavori, in piedi su di un pezzo dello
stesso obelisco con l'indicazione: Maestro Nicola Zabaglia Ingeniere
di S. Pietro. Frase che convalida l'effettiva nomina di Zabaglia
ad architetto di San Pietro.
Un architetto andò un giorno a vedere i lavori, concittadino
e protetto già da Clemente XII, invidioso, inveì
che Zabaglia non sarebbe mai riuscito con quella macchina: fu
udito e quando Zabaglia mise in opera la macchina su questo architetto
girò un sonetto firmato CIUMACA CARRETTIERE. Gli architetti
lo attribuirono a persona nota di cui sparlavano, onde uscì
un secondo sonetto contro di loro (purtroppo i nomi degli autori
non sono stati tramandati).
L'estrazione avvenne con grande concorso di popolo. Benedetto
XIV gli regalò molte medaglie d'oro, assegnò cinquecento
scudi di dote alle figlie ciascuna e gli fece trovare a casa molte
casse di vino "nostro" (romano) e toscano.
36) 1750 - PONTI PER IL RESTAURO DI STUCCHI E DORATURE A SAN
PIETRO.
Quelli delle tribune sembrarono agli esperti anche migliori dei
precedenti.
37) 1750 - STACCO DELL'AFFRESCO DEL VOVET NELLA CAPPELLA DEL
CORO.
Lo stacco era già iniziato sotto la sua direzione e l'affresco
doveva essere sostituito con un mosaico nuovo originale di P.
Bianchi. Zabaglia aveva ordinato che non si procedesse senza la
sua opera ma gli operai vollero fare da soli ed il quadro cadde
rompendosi in pezzi irrecuperabili.
38) 1750 - TRASPORTO DELLA PIETÀ DI MICHELANGELO ALL'ATTUALE
CAPPELLA.
Fu questa l'ultima fatica di Zabaglia.
39) Senza data - MODO DI ALLUNGARE E SCORCIARE SCALE.
40) Senza Data - MODO PER TROVARE FESSURE NELLE CONDUTTURE.
Nessuna indicazione sul funzionamento.
41) Senza Data - MODO PER RECUPERARE LE COSE CADUTE IN ACQUA
Nessuna indicazione sul funzionamento.
42) Senza data - GIRARROSTO AD ACQUA A S. AGOSTINO.
Nessuna indicazione sul funzionamento.
43) Senza data - UNA PENTOLA CHE INDICAVA L'ECCESSIVO BOLLORE.
Anche in questo caso non si hanno indicazioni sul funzionamento.
(A causa dei numerosi errori di trascrizione dei nomi compiuti dai biografi di Nicola Zabaglia non si è potuto identificare con sicurezza molti personaggi nominati nelle schede).
1 - CARLO FONTANA (Bruciato, 1634 - Roma, 1714), pronipote
del più famoso Domenico.
11 - Questa notizia è riportata dal Magni e non è
esclusa qualche confusione con la riparazione di questa Croce
del 1739 per la quale fu sempre Zabaglia ad approntare i ponteggi;
poi il merito di questi ponteggi fu attribuito a Carlo Fontana.
13 - LUDOVICO SERGARDI (Siena, 1660 - Spoleto, 1726); firmava
le sue opere poetiche con lo pseudonimo di Quinto Settano.
14 - PIER LEONE GHEZZI (Roma, 1674 - 1755).
- La notizia è in contraddizione con l'altra che vuole
la stanza assegnata da Benedetto XIV. Viste le alterne fortune
di Mastro Zabaglia è possibile che siano entrambe vere
e che Benedetto XIV abbia ripristinato un privilegio precedente.
17 - Esaminando le date di soggiorno a Roma e le attività
svolte dei tanti Rossi della storia dell'arte è probabile
che si tratti di ANDREA ROSSI (DE RUBEIS), incisore veneziano,
a Roma tra il 1727 ed il 1725.
Queste decisioni dei "cardinali" erano fittizie e corrispondevano,
in realtà, alla sola volontà del Papa; si trattava
di un residuo formale di origine medioevale, quando, specialmente
in campo economico ed amministrativo, il potere papale non era
ancora assoluto ma condiviso con i responsabili delle varie comunità
ecclesiatiche e parrocchiali romane. Vedi anche scheda 32.
19 - AGOSTINO CORNACCHINI (Pescia, 1685 - Roma, 1740)
21 - GIAN VINCENZO GRAVINA (Roggiano, 1664 - Roma, 1718). Un errore
di trascrizione o di lettura nella seconda edizione del libro
portò il Magni a confondere lo pseudonimo del Sergardi,
Settano, con il nome di un inesistente poeta di nome Settaro e
ad attribuire l'epiteto con cui questi chiamava il Gravina, Filodemo,
al Sergardi stesso.
23 - CRISTOFORO RONCALLi detto il POMARANCIO (Pomarancio, 1552
- Roma, 1626)
- GIOVANNI FRANCESCO ROMANELLI, detto il RAFFAELLINO (Viterbo,
1610-1662).
- Questi affreschi si trovano sulle pareti laterali del presbiterio
di S. Maria degli Angeli e sono completati dal Battesimo di Gesù,
evidentemente eseguito in situ, di CARLO MARATTA o MARATTI (Camerano,
1625 - Roma, 1713), ancora bambino all'epoca di questi traslochi.
27 - PIETRO PAOLO CRISTOFORI (Roma 1685/1743); aveva il titolo
di Primo Mosaicista di San Pietro.
28 - DOMENICO ZAMPIERI detto il DOMENICHINO (Bologna, 1581 - Napoli,
1641).
31 - La colonna era a sinista guardando l'attuale palazzo del
parlamento. La colonna che si trova nell'omonia e vicina piazza
è di Marc'Aurelio e non di Antonino Pio come indicato erroneamente
dall'iscrizione fatta apporre da Sisto V e come ancora viene indicata
da chi non ne conosce la storia. Riferiamo il sonetto, trovato,
naturalmente, appeso a Pasquino, con cui si invocava l'intervento
del nostro:
Levatemi dal cul tanta canaglia,
Chi vuol ch'io vada al desiato luogo
Faccia venir da me mastro Zabaglia.
32 - ANDREA SACCHI (Nettuno, 1599 - Roma, 1617).
- Si tratta di ALESSANDRO ALBANI, nipote del papa CLEMENTE XI
e fratello minore di ANNIBALE (nel 1743 erano entrambi cardinali),
il committente di Villa Albani sulla via Salaria noché
mecenate e protettore delle arti. Annibale fu anche il promotore
della prima legge che tutelava i beni culturali anche se di proprietà
privata proibendone lo scavo senza autorizzazione; questa legge
fu probabilmente fatta promulgare per impedire al Card. FURIETTI
di continuare i propri scavi a Villa Adriana.
33 - LUIGI VANVITELLI (Napoli, 1700 - Caserta, 1733).
- DOMENICO SANTINI, crocifero; forse si tratta dello stesso architetto
che lavorò nello stesso periodo a Ferrara.
- RUGGIERO GIUSEPPE BOSCOVICH, gesuita (Ragusa di Dalmazia, 1711
- Milano, 1787); il parere fu pubblicato in una relazione con
altri due scenziati meno noti, Le Seur e Jacquier, quest'utimo
dell'ordine dei Minimi.
35 - FRANCESCO DE FICORONI, archeologo (Lugnano, 1664 - Roma,
1747);
- NICOLA GALEOTTI, gesuita non altrimenti noto ma da non confondersi
con il contemporaneo pittore Sebastiano (1676 - 1746);
- JEAN BARBAULT (Parigi 1705 - 1766).
Secondo Renazzi il Ficoroni illustrò la macchina di Zabaglia
ne L'opera de' monumenti Antichi e delle Gemme Letterarie, ed
il Galeotti ne aveva fatta fare una vignetta al Cav. Bandini alla
fine della Prefazione ad uno studio sull'Obelisco. L'errore è
quasi certamente dovuto ad un'errata lettura della firma sull'incisione
nel libro del Ficoroni che sembra effettivamente scritta Ban...Cavl.
Una semplice lente di ingrandimento ha chiarito la questione permettendo
di leggere Barbault. Il dubbio era nato dal fatto che il Bandini
era nato e vissuto a Firenze tra il 1540 ed il 1598.
Riportiamo anche un altro sonetto che potrebbe essere quello citato
da Renazzi e che, dalla somiglianza con quello che invocava Zabaglia
per lo spostamento della Colonna Antonina, dovrebbe avere per
autore o ispiratore Carlo Fontana, che quello spostamento non
era stato capace di fare:
Passai per Campo Marzo e viddi buglia,
E dissi che robb'è tanta canaglia?
Me fu risposto ch'era pe' la guglia
Che facea mette su mastro Zabaglia.
36 - Forse si tratta dei ponti cui si riferisce il Cancellieri
con queste parole: "Videsi con maraviglia, e direi quasi
con orrore, alzarsi dal cornicione a sino tutto il tamburo una
serie immensa di palchi l'uno sull'altro e piegarsi per il concavo
e salire sino al cupolino".
37 - PIETRO BIANCHI detto il Creatura (Roma, 1694 - 1740)).
- SIMON VOUET (Paris, 1590 - 1649).
43 - Il Magni paragona questo dispositivo alle valvole di sicurezza
delle locomotive a vapore.
1655 - ALESSANDRO VII (Fabio Chigi)
1667 - CLEMENTE IX (Giulio Rospigliosi)
1670 - CLEMENTE X (Emilio Altieri)
1676 - INNOCENZO XI (Benedetto Odescalchi)
1689 - ALESSANDRO VIII (Pietro Vito Ottoboni)
1691 - INNOCENZO XII (Antonio Pignatelli)
1700 - CLEMENTE XI (Gian Francesco Albani)
1721 - INNOCENZO XIII (Michelangelo Conti)
1724 - BENEDETTO XIII (Vincenzo Orsini)
1730 - CLEMENTE XII (Lorenzo Corsini)
1740 - BENEDETTO XIV (Prospero Lambertini)
Diamo una breve nota bibliografica su Nicola Zabaglia tralasciando
le semplici citazioni e notando, a titolo di curiosità,
che l'ultima di queste è nella Guida Turistica di Roma
edita a Milano nell'ormai lontano 1925 dal Touring Club Italiano,
dopo
il nulla.
L. SERGARDI, Discorso sopra il nuovo ornato della Guglia di
S. Pietro, Roma 1723.
L. COSATTI, Castelli e Ponti di Maestro Niccola Zabaglia con alcune
ingegnose pratiche e con la descrizione del trasporto dell'Obelisco
Vaticano e di altri del cavaliere Domenico Fontana, con traduzione
latina a fronte, sei tavole disegnate da G. SANGERMANO relative
ad armature per restauri in S. Pietro e un ritratto di P.L. GHEZZI,
per i tipi di N. Pagliarini, Roma 1743; II ed. a cura di F. M.
RENAZZI con biografia e nuove tavole aggiunte di G. BALZAR, F.
DUFLOS, C. FONTANA, A. GUIDUCCI, G. MARINI , F. MAZZONI, P. PILAJA,
G. ROSSI, F. ROSTAGNI, G. SANGERMANO, M. SCHEDE, M. SORELLO, A.
SPECCHI, G. VALADIER, G. VASI, Roma 1824.
BOSCHOVIC JACQUIER LE SEUR, Parere di tre Mattematici sopra i
danni che si sono trovati nella Cupola di S. Pietro sul fine del
1742, Roma 1743.
G. POLENI, Memorie istoriche della gran cupola del tempio vaticano
e de' ristoramenti loro, Padova 1748.
A. C. PH. DE PESTELS DE LÉVIS DE TUBIÈRES COMTE
DE CAYLUS, Recueil d'antiqiutés égiptiennes, étrusques,
grecques, romaines et gauloises, Paris 1752 - 1757.
F. DE FICORONI, N. GALEOTTI, Gemmae antiquae litteraturae; aliaeque
rariores. Accesserunt vetera monumenta eiusdem aetate reperta,
quorum ipse in suis commentariis mentionem fecit. Omnia collecta,
adnotationibus et declarationibus illustrata a P. Nicolao Galeotti,
Roma 1757.
F. MILIZIA, Vita di L. Vanvitelli e Vita di M. Buonarroti in Vite
de' più Celebri Architetti, Roma 1768.
R. FABRONI, Vita di Ludovico Sergardi in Vitae Italicorum, Pisa
1785.
A. CANCELLIERI, Descrizione della Basilica Vaticana, Roma 1788.
A. NIBBY, Roma nell'Anno 1838, Roma 1838.
B. MAGNI, Maestro Niccola Zabaglia in La Scuola Romana, anno I
maggio 1883.
R. DI STEFANO, La Cupola di S. Pietro, Storia della Costruzione
e dei Restauri, Napoli 1963.