Ma Basta!

Basta ed avanza con le scoperte di quadri perduti e poi ritrovati dagli esperti, che si interpellano l’uno con l’altro senza mai contraddirsi a meno che, naturalmente, non ci sia qualche depositario ufficiale della verità.

Basta con la moltiplicazione dei Caravaggio, che non avrebbe mai potuto dipingere tutti quei quadri in due vite, specialmente mentre fuggiva per il Mediterraneo con una condanna a morte ufficiale sul capo ed una non scritta ma ancora più temibile. Sfiora il ridicolo l’attribuzione a lui di un quadro conservato in un importante museo di Roma e quasi uguale ad un altro conservato in un altro museo della stessa città. Non potendosi stabilire nulla, invece di continuare a considerare le due opere di scuola, e non volendo nessuno dei due musei ammette di avere una copia (contemporanea) dell’altro si finito per attribuire tutti e due i quadri al maestro.

Di spostamenti, poi non parliamo, quando vengono attribuiti al maestro, ad es. Michelangelo, opere documentate di un collaboratore, magari per giustificare la spolverata di un gruppo marmoreo costata alcune centinai di migliaia di euro all’Erario.

Basta con l’abitudine di attribuire qualsiasi pittura del Duecento a Duccio. Si parli di bottega, perché in questa lavoravano in tanti.

Basta con le Madonne di Andrea del Sarto truccate come cortigiane, con i van Gogh dipinti da dilettanti e basta definitivamente con l’attribuzione a Giotto del Crocefisso di Rimini, scempiato recentemente di quello che evidentemente non era attribuibile a Giotto dalla volontà di un vescovo desideroso di mettere il proprio stemma sull’altare maggiore.

Proprio da questo Crocefisso comiciò la storia infinita delle attribuzioni, e con un ragionamento di Lionello Venturi assolutamente a-scientifico: è troppo bello per non essere di Giotto. Ragionamento in base al quale si è tentato persino di spostare le poche date certe sulla vita del pittore. Il Crocefisso mostra evidenti caratteristiche più tarde, forse adate ad un’ultima evoluzione più “cortese” del grande fiorentino, ma solo forse, e quelle parti che si è tentato di separare lo sono nell’attribuzione, certo, perché di mano diversa, ma sono certamente state concepite non solo contemporaneamente, ma anche per essere omogenee stilisticamente alla figura centrale. Insomma, non solo il “forse” è d’obbligo, ma anche il “è poco probabile”, in mancanza non solo di documenti certi, ma anche di qualsiasi tradizione.

Di Caravaggio preferiamo non parlare, visto che si sono fatte scoperte sulla sua tecnica pittorica studiando quadri attrubuiti a lui proprio perché corrispondenti a queste scoperte, della serie “il serpente si morde la coda…”.

Non parliamo poi dei van Gogh, depositario della verità dei quali si è autoproclamato un museo di Amsterdam, città nella quale, notoriamente, van Gogh non ha mai dipinto, con il risultato di negare l’appartenenza al grande pittore dell’unico quadro riscoperto e probabilmente attribuibile a lui, ripetiamo probabilmente, perché l’eliminazione di questa parola non sarebbe seria per uno studioso.

Il fatto è che la gente è realmente convinta che anche senza prove documentarie gli esperti possano ritrovare con certezza la paternità di un quadro. Se lo si fa osservare le persone coinvolte potranno sempre ricordare che non hanno mai dato nulla per assolutamente sicuro, il che è vero, ma è altrettanto vero che nelle indicazioni, nei musei o nelle mostre, questi dubbi non sono mai indicati. Semmai si indicano i motivi per una possibile attribuzione, non quelli che ostano.

Perché tutto questo? Prima di tutto per ragioni economiche. Facciamo un esempio. Un quadro di scuola del Seicento può valere (sono cifre casuali) € 100.000, uno di una scuola determinata o di un piccolo autore 1.000.000, ma un probabile Caravaggio vale almeno 10.000.000, con balzi di valore che vanno dal 500 al 5.000%, tanto elevati da rientrare nelle spese di qualsiasi mostra si organizzi con relativa campagna pubblicitaria.

Secondariamente perché il culto della personalità è stato tutt’altro che rimosso dall’immaginario collettivo, anzi, più la società cerca di spersonalizzarci e più si è alla ricerca di qualcosa che rimpiazzi il carattere che non abbiamo ondepercui (bella espressione barocca, vero?) chi riesce a divenire esperto d’arte certificato in qualche modo, che so, con una nomina a sovraintendente o a docente in qualche università, diviene, anzi è anche, automaticamente, esperto di tutto.

Per cui… basta!

Sic scripsit Baraballo

P.S. Non credete ai miracoli ed ai capolavori firmati trovati in fondo ad una sagrestia o, peggio, in un carrettino ed il probabile (solo probabile) ritrovamento dell’ultimo van Gogh è l’eccezione che conferma la regola.