Medaglia, e Mercato
di Umberto Maria Milizia

 

Se fossimo un critico contestatore "anni sessanta" avremmo titolato Medaglia Contro… chi e che cosa non importava, per sottolineare che la Medaglia potrebbe essere una forma espressiva d'arte alternativa a tante altre che vanno per la maggiore.
Spieghiamoci per non cadere in qualche equivoco: uno dei maggiori difetti del pubblico è essere erroneamente convinto di avere una capacità di giudizio elevata non si sa bene quando e come acquisita. In questa convinzione i più sono spinti da un mercato dell'arte in cui si spacciano operazioni ed opere di basso livello e poco significanti per opere d'arte, complici, naturalmente, proprio noi critici e studiosi.
Chiariamo ancora. L'arte non possiamo definirla esattamente ma certo deve avere almeno una qualità: essere in qualche modo normativa, porsi, cioè, nei confronti del fruitore, in una sfera staccata e superiore, sovrumana o comunque contemplabile come distinta dall'esistenza del suddetto fruitore.
Ma non bisogna essere pessimisti, il fatto stesso che ci sia tanto interesse all'arte e che le mostre attinenti ai grandi del passato ed alle civiltà antiche raccolgano tanto consenso è indubbiamente molto positivo, dimostra che il bisogno d'arte è un bisogno primario, quasi genetico, nel quale l'immaginazione simbolica propria della nostra specie può costruire quel mondo virtuale che, in fondo, è la vera ragione della nostra esistenza perché determina i nostri comportamenti anche se apparentemente irrazionali.
In questo contesto inseriamo il problema dell'arte della medaglia.
Sintetizzando possiamo affermare che la Medaglia è ancora compresa dai più tra le forme espressive artistiche vere e proprie ma che, fondamentalmente, viene considerata sorpassata e non rispondente ai tempi se non in tutto certamente nella maggior parte dei casi. Eppure quasi tutti la considerano un valido mezzo rappresentativo di quei valori che costituiscono i fondamenti della nostra società civile, discussi quanto si vuole ma ancora validi ed indispensabili, valori che sono portati anche dall'arte sorella della moneta.
Il fatto è che nessuno, oggi come oggi, girerebbe più con una medaglia sul petto per non sembrare sorpassato e legato a comportamenti considerati più che altro retorici. Si pensa che la medaglia sia simbolo di azioni esemplari in qualche campo, come le medaglie al valore civile o militare o quelle destinate a ricordare e premiare una vittoria sportiva, ed è vero; ma nessuno poi gira con la medaglia assegnatagli appuntata sul petto, al massimo qualche militare o appartenente alle forze dell'ordine ne porta il nastrino, non più. Questo, sappiamo bene, è solo uno degli aspetti e dei significati che può avere una medaglia, ma in genere il grosso pubblico non va oltre nelle sue considerazioni.
Si dovrebbe far capire che la medaglia è una forma espressiva che non è necessariamente destinata ad essere indossata ma, anzi, risulta maggiormente usufruibile, come opera d'arte, quando viene contemplata ed osservata. La dimensione fisica di una medaglia è sempre relativa e comparabile a quella della mano e ad una distanza di osservazione, quella tipica anche della lettura, in cui solo una persona, o quasi, può entrare in sintonia con l'opera d'arte. Proprio in questo consistono i fattori di debolezza e di forza ad un tempo dell'arte della medaglia come mezzo di comunicazione artistica. Da un lato è il contrario dei grandi mezzi di comunicazione, ma dall'altro risponde a quel bisogno di una dimensione personale, spirituale e fisica assieme, in cui il singolo possa riconoscersi nella propria individualità.
In altre parole la medaglia è un'opera d'arte che ha una dimensione sia etica che fisica che la renderebbe adatta ad una moderna fruizione almeno quanto ogni piccolo oggetto che frequentemente regaliamo o compriamo, dal gioiello, se vogliamo qualcosa da indossare, al soprammobile di cristallo o d'argento se è qualcosa che si vuole destinare ad arricchire un ambiente. Si è condizionati a pensare che una medaglia debba necessariamente avere un valore esemplificativo e morale, senza che si voglia mai guardarla come opera d'arte e basta.
A ciò aggiungiamo la vicinanza tecnica e dimensionale della moneta, alla collezione della quale si rivolgono molti, per di più con una preferenza per l'oro o l'argento come metalli, vicinanza che ha determinato l'applicazione di criteri di valutazione non strettamente artistici nel mercato della medaglia. Ci riferiamo in primo luogo all'idea che una medaglia debba necessariamente essere coniata come una moneta, e non fusa, come si faceva normalmente nel Rinascimento per esempio, cosa che riduce notevolmente le possibilità degli artisti, specie se provenienti dalla gioielleria ma, se ci si pensa bene, non è correlata al risultato artistico dal punto di vista qualitativo. In secondo luogo bisogna staccare la necessità e l'occasione di fare medaglie esclusivamente dalla rappresentazione di valori o memorie particolari; non a caso abbiamo iniziato il nostro breve intervento ricordando che l'arte in se è un valore da curare almeno quanto è ricercato ancora, anche se confusamente, dalla massa.
In altre parole, forse un'arte della medaglia meno "medaglia" e più oggetto-arte è possibile ed auspicabile, senza precludere nessuno dei campi tradizionalmente applicativi. Medaglie di ogni forma e metallo e, soprattutto con soggetti più variati e modalità rappresentative più libere, anche informali se fosse possibile.
Dobbiamo dire che in questo senso già molti artisti si sono cimentati con notevole fantasia, il freno vero viene dal mercato che, già difficile in genere, è condizionato nel caso specifico dalla suddetta genìa dei collezionisti che per [auto]definizione sono piuttosto conservatori, almeno quanto i commercianti, che riservano le cose "strane" alla pittura ed alla scultura; è l'acquirente occasionale quello che andrebbe cercato ed abituato a vedere oltre il solito o meglio, a saper vedere in genere.
Tornando al discorso iniziale, si sono viste migliaia di persone spogliarsi nude e rinunciare alla propria intimità fisica pur di partecipare, in qualche modo, a una dimensione spirituale e artistica oppure concentrare la propria dimensione estetica in oggetti e capi d'abbigliamento "firmati" senza neppure tentare di avvicinarsi a qualche forma di arte minore; ebbene, l'arte della medaglia può rinascere nell'immaginario collettivo forse proprio facendo leva su questo desiderio di raggiungere una sorta piacere artistico personale, da comunicare anche agli altri come completamento ed affermazione della propria personalità.
A questo punto ci sembra inutile disquisire di espressione, tecnica, arte in genere se non si sa cosa si deve fare e, soprattutto, per chi. Questo "per chi" è a sua volta determinato dalla cultura reale del pubblico che, da subito, giudichiamo mediamente molto bassa. Ed è questo pubblico che bisognerebbe rieducare.
Spieghiamoci meglio per non cadere in qualche equivoco: abbiamo detto "cultura reale" perché uno dei maggiori difetti di questo pubblico è essere erroneamente convinto di avere una capacità di giudizio elevata non si sa bene quando e come acquisita, perché senza studio e senza impegno, in genere, non si arriva a nulla. In questa convinzione i più sono spinti da un mercato dell'arte in cui si spacciano operazioni ed opere di basso livello e poco significanti per opere d'arte, complici, naturalmente, proprio noi critici e studiosi.
Si vedono vendere a centinaia di migliaia di Euro o di Dollari, tanto per fare un esempio, pupazzetti del genere di quelli che si mettevano nelle uova di Pasqua, con la differenza di rappresentare donnine ipermaggiorate invece di orsetti; peggio sono quegli artisti che fanno sempre la stessa caricatura di, che so, un ciccione o una cicciona e probabilmente sempre la stessa da quando erano a scuola e sporcavano il diario invece di segnarci i compiti. Chi vuole troverà facilmente i nomi degli artisti che si avvicinano a questi modelli.
Al confronto le operazioni culturali dei Futuristi o dei Dadà, che pure volevano solo divertirsi, sono paragonabili alla Cappella Sistina; ma già da allora si giocava sulla confusione tra l'arte e quelle che erano, e rimasero, ricerche ed operazioni culturali con vari scopi, ma non arte.
Chiariamo ancora. L'arte non possiamo definirla esattamente ma certo deve avere almeno una qualità: essere in qualche modo normativa, porsi, cioè, nei confronti del fruitore, in una sfera staccata e superiore, sovrumana o comunque contemplabile come distinta dall'esistenza del suddetto fruitore. Ora, siamo arrivati ad ammettere che oggi, da più di un secolo, l'opera d'arte può portare in se i propri criteri di lettura, rimanendo staccata, al limite, dall'artista; quello che non va è che troppo spesso si indica come arte ciò che non risponde a nessun criterio cosciente ma è pura ripetizione di immagini il più comuni e volgari possibile, realizzate senza alcuna abilità tecnica, come le semplici elaborazioni computerizzate che i bambini fanno per perdere tempo e non studiare.
E se mancano criteri di lettura e cultura per leggere delle vere opere d'arte, figuriamoci in quale stato morale siano i contenuti che queste opere dovrebbero rappresentare; semplicemente non ci sono o non vanno oltre l'indicare quello che fa parte della vita quotidiana, ma senza alcun risvolto meditativo. Noi non disprezziamo ciò che attiene alla dimensione quotidiana e dell'uomo, anzi, su questa sono state costruite alcune delle opere d'arte più famose, ma sempre trasformandola in qualcosa che interessasse la sfera dei valori e fosse tema di arricchimento interiore.
Un'azione sul grande pubblico è certamente più facile a dirsi che a farsi; ma si osservino quei negozi, e sono tanti, in cui si vende ogni genere di soprammobili e piccoli oggetti, magari orientali, per non dire delle cianfrusaglie dei mercatini e si converrà che un mercato serio è ancora possibile immaginarlo. Questa constatazione unita a quel bisogno d'arte di cui si parlava sopra induce a non essere del tutto pessimisti. Forse potrà essere utile aprirsi di più ai grandi mezzi di comunicazione, troppo snobbati dalla vera cultura, cercando di vincere le resistenze che vengono dai mercanti (falsi uomini di cultura) e dai critici (veri ma prezzolati) che li sostengono. Senza il sostegno finanziario di un mercato si combina poco, formato magari da una clientela scelta e appassionata ma almeno un minimo consistente.
Chi è arrivato sino a qui perdonerà lo sfogo, forse esagerato ma sincero. E teniamo presente che se le medaglie non si portano più, sono sempre oggetti d'arte perfettamente godibili, mostrabili e, perché no, acquistabili e vendibili.