Se fossimo un critico
contestatore "anni sessanta" avremmo titolato Medaglia
Contro
chi e che cosa non importava, per sottolineare che
la Medaglia potrebbe essere una forma espressiva d'arte alternativa
a tante altre che vanno per la maggiore.
Spieghiamoci per non cadere in qualche equivoco: uno dei maggiori
difetti del pubblico è essere erroneamente convinto di
avere una capacità di giudizio elevata non si sa bene quando
e come acquisita. In questa convinzione i più sono spinti
da un mercato dell'arte in cui si spacciano operazioni ed opere
di basso livello e poco significanti per opere d'arte, complici,
naturalmente, proprio noi critici e studiosi.
Chiariamo ancora. L'arte non possiamo definirla esattamente ma
certo deve avere almeno una qualità: essere in qualche
modo normativa, porsi, cioè, nei confronti del fruitore,
in una sfera staccata e superiore, sovrumana o comunque contemplabile
come distinta dall'esistenza del suddetto fruitore.
Ma non bisogna essere pessimisti, il fatto stesso che ci sia tanto
interesse all'arte e che le mostre attinenti ai grandi del passato
ed alle civiltà antiche raccolgano tanto consenso è
indubbiamente molto positivo, dimostra che il bisogno d'arte è
un bisogno primario, quasi genetico, nel quale l'immaginazione
simbolica propria della nostra specie può costruire quel
mondo virtuale che, in fondo, è la vera ragione della nostra
esistenza perché determina i nostri comportamenti anche
se apparentemente irrazionali.
In questo contesto inseriamo il problema dell'arte della medaglia.
Sintetizzando possiamo affermare che la Medaglia è ancora
compresa dai più tra le forme espressive artistiche vere
e proprie ma che, fondamentalmente, viene considerata sorpassata
e non rispondente ai tempi se non in tutto certamente nella maggior
parte dei casi. Eppure quasi tutti la considerano un valido mezzo
rappresentativo di quei valori che costituiscono i fondamenti
della nostra società civile, discussi quanto si vuole ma
ancora validi ed indispensabili, valori che sono portati anche
dall'arte sorella della moneta.
Il fatto è che nessuno, oggi come oggi, girerebbe più
con una medaglia sul petto per non sembrare sorpassato e legato
a comportamenti considerati più che altro retorici. Si
pensa che la medaglia sia simbolo di azioni esemplari in qualche
campo, come le medaglie al valore civile o militare o quelle destinate
a ricordare e premiare una vittoria sportiva, ed è vero;
ma nessuno poi gira con la medaglia assegnatagli appuntata sul
petto, al massimo qualche militare o appartenente alle forze dell'ordine
ne porta il nastrino, non più. Questo, sappiamo bene, è
solo uno degli aspetti e dei significati che può avere
una medaglia, ma in genere il grosso pubblico non va oltre nelle
sue considerazioni.
Si dovrebbe far capire che la medaglia è una forma espressiva
che non è necessariamente destinata ad essere indossata
ma, anzi, risulta maggiormente usufruibile, come opera d'arte,
quando viene contemplata ed osservata. La dimensione fisica di
una medaglia è sempre relativa e comparabile a quella della
mano e ad una distanza di osservazione, quella tipica anche della
lettura, in cui solo una persona, o quasi, può entrare
in sintonia con l'opera d'arte. Proprio in questo consistono i
fattori di debolezza e di forza ad un tempo dell'arte della medaglia
come mezzo di comunicazione artistica. Da un lato è il
contrario dei grandi mezzi di comunicazione, ma dall'altro risponde
a quel bisogno di una dimensione personale, spirituale e fisica
assieme, in cui il singolo possa riconoscersi nella propria individualità.
In altre parole la medaglia è un'opera d'arte che ha una
dimensione sia etica che fisica che la renderebbe adatta ad una
moderna fruizione almeno quanto ogni piccolo oggetto che frequentemente
regaliamo o compriamo, dal gioiello, se vogliamo qualcosa da indossare,
al soprammobile di cristallo o d'argento se è qualcosa
che si vuole destinare ad arricchire un ambiente. Si è
condizionati a pensare che una medaglia debba necessariamente
avere un valore esemplificativo e morale, senza che si voglia
mai guardarla come opera d'arte e basta.
A ciò aggiungiamo la vicinanza tecnica e dimensionale della
moneta, alla collezione della quale si rivolgono molti, per di
più con una preferenza per l'oro o l'argento come metalli,
vicinanza che ha determinato l'applicazione di criteri di valutazione
non strettamente artistici nel mercato della medaglia. Ci riferiamo
in primo luogo all'idea che una medaglia debba necessariamente
essere coniata come una moneta, e non fusa, come si faceva normalmente
nel Rinascimento per esempio, cosa che riduce notevolmente le
possibilità degli artisti, specie se provenienti dalla
gioielleria ma, se ci si pensa bene, non è correlata al
risultato artistico dal punto di vista qualitativo. In secondo
luogo bisogna staccare la necessità e l'occasione di fare
medaglie esclusivamente dalla rappresentazione di valori o memorie
particolari; non a caso abbiamo iniziato il nostro breve intervento
ricordando che l'arte in se è un valore da curare almeno
quanto è ricercato ancora, anche se confusamente, dalla
massa.
In altre parole, forse un'arte della medaglia meno "medaglia"
e più oggetto-arte è possibile ed auspicabile, senza
precludere nessuno dei campi tradizionalmente applicativi. Medaglie
di ogni forma e metallo e, soprattutto con soggetti più
variati e modalità rappresentative più libere, anche
informali se fosse possibile.
Dobbiamo dire che in questo senso già molti artisti si
sono cimentati con notevole fantasia, il freno vero viene dal
mercato che, già difficile in genere, è condizionato
nel caso specifico dalla suddetta genìa dei collezionisti
che per [auto]definizione sono piuttosto conservatori, almeno
quanto i commercianti, che riservano le cose "strane"
alla pittura ed alla scultura; è l'acquirente occasionale
quello che andrebbe cercato ed abituato a vedere oltre il solito
o meglio, a saper vedere in genere.
Tornando al discorso iniziale, si sono viste migliaia di persone
spogliarsi nude e rinunciare alla propria intimità fisica
pur di partecipare, in qualche modo, a una dimensione spirituale
e artistica oppure concentrare la propria dimensione estetica
in oggetti e capi d'abbigliamento "firmati" senza neppure
tentare di avvicinarsi a qualche forma di arte minore; ebbene,
l'arte della medaglia può rinascere nell'immaginario collettivo
forse proprio facendo leva su questo desiderio di raggiungere
una sorta piacere artistico personale, da comunicare anche agli
altri come completamento ed affermazione della propria personalità.
A questo punto ci sembra inutile disquisire di espressione, tecnica,
arte in genere se non si sa cosa si deve fare e, soprattutto,
per chi. Questo "per chi" è a sua volta determinato
dalla cultura reale del pubblico che, da subito, giudichiamo mediamente
molto bassa. Ed è questo pubblico che bisognerebbe rieducare.
Spieghiamoci meglio per non cadere in qualche equivoco: abbiamo
detto "cultura reale" perché uno dei maggiori
difetti di questo pubblico è essere erroneamente convinto
di avere una capacità di giudizio elevata non si sa bene
quando e come acquisita, perché senza studio e senza impegno,
in genere, non si arriva a nulla. In questa convinzione i più
sono spinti da un mercato dell'arte in cui si spacciano operazioni
ed opere di basso livello e poco significanti per opere d'arte,
complici, naturalmente, proprio noi critici e studiosi.
Si vedono vendere a centinaia di migliaia di Euro o di Dollari,
tanto per fare un esempio, pupazzetti del genere di quelli che
si mettevano nelle uova di Pasqua, con la differenza di rappresentare
donnine ipermaggiorate invece di orsetti; peggio sono quegli artisti
che fanno sempre la stessa caricatura di, che so, un ciccione
o una cicciona e probabilmente sempre la stessa da quando erano
a scuola e sporcavano il diario invece di segnarci i compiti.
Chi vuole troverà facilmente i nomi degli artisti che si
avvicinano a questi modelli.
Al confronto le operazioni culturali dei Futuristi o dei Dadà,
che pure volevano solo divertirsi, sono paragonabili alla Cappella
Sistina; ma già da allora si giocava sulla confusione tra
l'arte e quelle che erano, e rimasero, ricerche ed operazioni
culturali con vari scopi, ma non arte.
Chiariamo ancora. L'arte non possiamo definirla esattamente ma
certo deve avere almeno una qualità: essere in qualche
modo normativa, porsi, cioè, nei confronti del fruitore,
in una sfera staccata e superiore, sovrumana o comunque contemplabile
come distinta dall'esistenza del suddetto fruitore. Ora, siamo
arrivati ad ammettere che oggi, da più di un secolo, l'opera
d'arte può portare in se i propri criteri di lettura, rimanendo
staccata, al limite, dall'artista; quello che non va è
che troppo spesso si indica come arte ciò che non risponde
a nessun criterio cosciente ma è pura ripetizione di immagini
il più comuni e volgari possibile, realizzate senza alcuna
abilità tecnica, come le semplici elaborazioni computerizzate
che i bambini fanno per perdere tempo e non studiare.
E se mancano criteri di lettura e cultura per leggere delle vere
opere d'arte, figuriamoci in quale stato morale siano i contenuti
che queste opere dovrebbero rappresentare; semplicemente non ci
sono o non vanno oltre l'indicare quello che fa parte della vita
quotidiana, ma senza alcun risvolto meditativo. Noi non disprezziamo
ciò che attiene alla dimensione quotidiana e dell'uomo,
anzi, su questa sono state costruite alcune delle opere d'arte
più famose, ma sempre trasformandola in qualcosa che interessasse
la sfera dei valori e fosse tema di arricchimento interiore.
Un'azione sul grande pubblico è certamente più facile
a dirsi che a farsi; ma si osservino quei negozi, e sono tanti,
in cui si vende ogni genere di soprammobili e piccoli oggetti,
magari orientali, per non dire delle cianfrusaglie dei mercatini
e si converrà che un mercato serio è ancora possibile
immaginarlo. Questa constatazione unita a quel bisogno d'arte
di cui si parlava sopra induce a non essere del tutto pessimisti.
Forse potrà essere utile aprirsi di più ai grandi
mezzi di comunicazione, troppo snobbati dalla vera cultura, cercando
di vincere le resistenze che vengono dai mercanti (falsi uomini
di cultura) e dai critici (veri ma prezzolati) che li sostengono.
Senza il sostegno finanziario di un mercato si combina poco, formato
magari da una clientela scelta e appassionata ma almeno un minimo
consistente.
Chi è arrivato sino a qui perdonerà lo sfogo, forse
esagerato ma sincero. E teniamo presente che se le medaglie non
si portano più, sono sempre oggetti d'arte perfettamente
godibili, mostrabili e, perché no, acquistabili e vendibili.