Sorgiam, perenni Nuvole,
la parvenza svelando agile e rorida,
dall'echeggiante Oceano
padre, ai sublimi vertici dei monti
incoronati d'alberi;
e contempliamo gli ultimi orizzonti,
la sacra terra che nutrica i frutti,
il fragor dei santissimi fiumi,
il fremer cupo dei marini flutti.
Che il sole, infaticato occhio dell'Etere,
sfavilla, cinto d'abbaglianti lumi.
Or via, si scuota il pluvio
vel dalle forme eterne,
ed alla terra volgasi
l'occhio che lungi scerne!
(Aristofane, Le Nuvole, trad. di Ettore Romagnoli)

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Coro di nuvole

Nubi compagne amate,

Col fluido eterno moto

Del vasto altisonante

Ocean genitore

Gravi su in alto ergiamo

Il rugiadoso seno.

E sopra le frondose

Cime degli alti monti

Portiam la fronte altera

Per rimirar da lungi

Di sacro umor bagnata

La terra con i frutti,

E de' veloci fiumi

Il tortuoso corso,

Ed il sonoro orrendo

Moto del mar spumante:

Poiché l'occhio celeste

Sempre s'aggira e splende.

Da noi dunque rimossi

Gli umidi nembi oscuri

Da la magion superna,

Con l'occhio luminoso,

Con immortal sembiante

Risguardiamo la terra.


Aristofane, Le Nuvole, Atto I Scena IV.