SCRIVI UNA LETTERA AD UN AMICO LONTANO PARLANDO DELLA
SOCIETA’ IN CUI VIVI.
Cara Alessandra, da qualche
giorno sul mio comodino c’è il tuo scritto: ogni tanto, quando ho bisogno di
riflettere sul mio presente, ti rileggo.
Mi chiedo spesso quali sarebbero
state le tue considerazioni rispetto a questo “quotidiano”, talvolta un po’
confuso, talvolta triste e tragico e talvolta così entusiasmante.
Tu che ti stupivi di fronte ad
un prato che si lisciava al vento come un gattino, come avresti protetto la tua
ingenuità?
Vivo in un tempo intenso,
meraviglioso e caotico, in cui tutto è possibile, in cui, per una come me che si
entusiasma per ogni cosa, risulta tanto difficile scegliere. In questo senso
sento di assomigliarti.
Tu amavi molto il tuo tempo ma
il destino non ha voluto che tu lo potessi vivere fino in fondo ed io,
ricordandoti, mi sento in dovere di assaporare ogni momento e di cogliere il
buono di ogni aspetto.
Questo è molto difficile però,
perché nella società in cui viviamo i cambiamenti avvengono con grande rapidità;
il modo di studiare, di lavorare, di produrre, di comunicare si modifica
continuamente e ciò aumenta l’insicurezza. Alla mia età non si hanno gli
strumenti per decidere e per valutare o semplicemente per protestare.
Parlando con gli adulti capisco
che, fino a qualche decennio fa, la stabilità, anche negativa, di alcuni valori,
delle istituzioni e dei principi educativi, proprio in virtù della loro rigidità
ma anche della loro chiarezza, permetteva ai giovani una protesta netta e
precisa. Questo garantiva loro di identificarsi come soggetto sociale.
Mi spiego, Ale: la famiglia
obbligava a credere? Loro potevano protestare non andando in chiesa; la scuola
imponeva comportamenti rigidi e vuoti? Loro hanno potuto progettare una protesta
organizzata; la politica presentava modelli definiti? O eri bianco o eri rosso o
eri nero o protestavi.
E noi? Come possiamo prendere il
nostro posto noi? Noi che abbiamo poche regole a cui sottostare e pochi modelli
sani da seguire.
Io penso che ci sia una via da
percorrere per poter trovare chiarezza, e sono sicura che saresti d’accordo con
me.
Credo, credo nello studio come
mezzo per crescere e per trovare il proprio posto sociale; credo che sia
necessario accorciare la distanza che ci separa dalle istituzioni: non possiamo
pensare che ci ignorano se per primi le ignoriamo noi; credo che dovremmo
cominciare ad essere protagonisti e non soltanto consumatori: potremmo iniziare
a fare musica e non soltanto andare ai concerti, potremmo diventare dei veri
atleti e non solo dei tifosi; credo che dovremmo coltivare la capacità di
comunicare con gli adulti, in famiglia, tra di noi: sarebbe bello scrivere
lunghe lettere e non soltanto telegrafici messaggi. A te piacerebbe molto, vero?
Solo acquisendo consapevolezza
di ciò che siamo e di tutte le nostre potenzialità possiamo diventare cittadini
veri e affrontare con proposte e soluzioni la complessità della società in cui
viviamo.
Quello che chiedo a me stessa, e
che anche tu avresti sicuramente preteso da te, è di non essere mai mediocre.
Quello che mi auguro, invece, è
di conservare l’incanto.
I tuoi pensieri sul mio comodino
me ne regalano un po’ ogni giorno.
Sorridimi da lassù.
Cecilia