Il volontario, dopo aver
approfondito le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere il servizio
ospedaliero e aver vagliato le sue reali possibilità:
- Stabilisce con il coordinatore l’orario e il giorno di turno. Si
fa presente che l’orario di servizio è stato stabilito
dall’amministrazione dell’ospedale d’accordo col direttivo dell’AVO: non
è possibile andare quando fa comodo. Scelto il turno, bisogna sempre avvisare se si
vuol cambiarlo o se ci si assenta per qualche tempo. Così come non
è opportuno girare in reparti diversi da quello assegnato o chiedere
favori sfruttando il fatto dell’appartenenza all’AVO.
- In servizio, il volontario porterà il proprio camice bianco sempre
in ordine, col distintivo. E’ assolutamente indispensabile attenersi ad
alcune semplici, ma importanti norme igieniche: non sedersi o appoggiare
effetti personali sui letti e lavarsi accuratamente le mani con acqua e
sapone prima e dopo il servizio.
- Coi sindacati e i delegati di reparto ci si è accordati sul ruolo
dell’AVO: il volontario non sostituisce il personale, men che meno
durante eventuali scioperi, perché non ha né la competenza, né la
professionalità, né la copertura assicurativa in caso di danno.
Sull’operato delle persone che lavorano in corsia (medici, capo sala,
infermiere) non si hanno sufficienti conoscenze della situazione per
permettersi il lusso di criticare. Se qualche cosa non va, lo si faccia
presente al coordinatore.
- Lo spazio riservato all’AVO è lo spazio che in genere l’ammalato
spedalizzato non ha: avere una persona con cui parlare, cui raccontare i
propri crucci, la propria angoscia, i propri timori; una persona calma,
serena, senza fretta, che non ostenta gioielli, vestiti, troppo
appariscenti, che parla poco e mai sguaiatamente, che non è curiosa e sa tenere segrete notizie
e confidenze.
- Il volontario non conosce (né deve indagare) la malattia di cui il
paziente è affetto.
- Bisogna sempre rispettare profondamente la personalità
dell’ammalato e cercare di indovinare i suoi desideri. Non esistono formule precise. Sarà però opportuno non
cominciare mai discorsi che possono essere inopportuni per le convinzioni
politiche o religiose dei degenti. “Ascoltare attentamente” permetterà di
avviare un dialogo sereno e confortante.
- Nessun ammalato deve sentirsi escluso dall’attenzione e cure del
volontario. Quindi nessuna preferenza: un saluto e un sorriso per tutti,
un aiuto ai veramente impediti, un incoraggiamento ai depressi, una
compagnia per i soli, senza dare consigli che spettano al medico o fare
servizi (mettere padelle o cuscini o far camminare ammalati ecc..) senza
l’autorizzazione del personale competente.
- Allora è chiaro che si va in ospedale non per riempire il
proprio tempo libero, ma per metterlo bensì al servizio di persone in
stato di bisogno. Il volontario quindi sarà sempre disponibile alle
esigenze del servizio: non dovrà mai favorire la nascita di gruppi chiusi
all’interno dell’AVO.
- Dopo aver chiarito qual è il nostro ruolo, va sottolineata ancora
la gratuità del servizio. Gratuità non solo sul piano economico, ma
anche sul piano delle
gratificazioni. Difficilmente il volontario si sente dire “grazie”: i
degenti apprezzano molto ciò che fa, ma non sempre riescono ad esternare
la loro riconoscenza. Al volontario deve bastare la coscienza del servizio
reso affinché il malato non si senta “numero” con tutta la sua
problematica e con la possibilità di dire quello che nessuno in ospedale
può o vuole ascoltare da lui.
- E da ultimo il volontario dovrà avere tanta umiltà nel riconoscere
la necessità di aver sempre bisogno di stimolo e di aggiornamento per
poter continuare in questo servizio tanto bello, ma tanto difficile.
Mettere in comune esperienze, soddisfazioni, fallimenti, osservazioni,
proposte, è utile all’Associazione e ad ogni volontario. E’ quindi un
dovere partecipare alle riunioni di gruppo ed alle iniziative di
aggiornamento promosse dall’Associazione.