31° ASSEMBLEA REGIONALE AVIS ABRUZZO

"IL NUOVO RUOLO DELL'AVIS ABRUZZO"

Domenica 28 Aprile 2002 - ore 9:00 - Hotel Angizia di Luco dei Marsi

Programma:

A V I S      A B R U Z Z O

RELAZIONE  ALL'ASSEMBLEA  2002

                  Signore e Signori

            Anche quest’anno, in occasione dell’ultima Assemblea alla quale partecipo come Presidente Regionale, ho il gradito compito di portare a voi tutti il saluto del Direttivo Regionale e mio. Un saluto particolarmente sentito quest’anno, dal momento che siamo ospiti della mia Comunale di appartenenza.

            Come di consueto, mi è d’obbligo salutare e ringraziare il Sig. Sindaco – Prof. Orante Venti – e le altre autorità per la presenza con la quale ci onorano in occasione della giornata culminante della nostra vita associativa, oltre naturalmente ai rappresentanti di altre associazioni.

Saluto anche il Presidente Regionale Onorario, l’Avv. Scoponi; il Dott. Spanò., D.S. Regionale e Presidente della Commissione Medica Nazionale dell’AVIS. Ed il nostro Consigliere Nazionale e Presidente Nazionale Dott. Colamartino, oggi presente in rappresentanza della Sede Nazionale.

            Alle Associazioni di sangue abruzzesi i saluti e l’augurio di poter attuare pienamente ciò che in questi anni è stato abbozzato: un coordinamento che, al di fuori dei personalismi e delle appartenenze, possa finalmente operare in un sinergico rapporto nell’esclusivo interesse del settore sanitario di nostra competenza.

In tutti gli anni passati ci sono state tra noi più occasioni di incomprensione che di collaborazione. E forse era inevitabile, dopo il tempo passato ad operare individualmente, in ambiti e con metodi diversi. Ma queste difficoltà possono essere superate, con un atteggiamento costruttivo e partendo da una reciproca e sempre più profonda conoscenza; cercando il dialogo nel rispetto delle proprie radici e tradizioni.

A distanza di tre anni, e sempre in occasione di un’Assemblea elettiva, siamo di nuovo riuniti nella Marsica. In quella Provincia di L’Aquila che rappresenta probabilmente la realtà più variegata e di più difficile gestione d’Abruzzo.

E non solo per le caratteristiche geografiche ed ambientale, già di per sé complicate, ma per la presenza di una varietà di Associazioni di donatori di sangue, espressione evidente di diversità caratteriali e storiche forti e tutt’altro che in declino.

             Basti pensare che, oltre a noi, sono presenti la CRI (con 1 gruppo), il VAS (con 9 gruppi), la FRATRES (con 1 gruppo), oltre al Gruppo Donatori di Carsoli, per rendersi conto dei problemi che si presentano.

In aggiunta ai quali non dobbiamo dimenticare la presenza di due ASL, di cui una (quella in cui opera l’AVIS) comprendente un territorio vasto e composito che spazia dalla Marsica alla Valle Peligna all’Alto Sangro.

             Per tutti questi motivi è da apprezzare il lavoro svolto negli anni dai vari Direttivi Provinciali, che hanno saputo radicarsi nonostante tali difficoltà; e dai Direttivi Comunali che, nonostante evidenti problemi logistici, sono riusciti a crescere in numero e consistenza, ed a dare il loro valido contributo alla raccolta associativa regionale.

             Per concludere, un particolare saluto e ringraziamento permettetemi di farlo agli amici della mia AVIS di Luco, che hanno voluto avermi con loro al termine del mio mandato.

             Come ho avuto occasione di dire anche in altre circostanze, se mi è stata data l’opportunità di arrivare alla Presidenza Regionale è anche grazie al fatto di aver potuto contare su una struttura comunale efficiente, ricca di idee e di voglia di fare, che in tutti questi anni ha saputo mantenere un alto livello di qualità e non solo di quantità.

            Quest’anno è risultato particolarmente complicato stendere una relazione da presentare all’Assemblea, per una serie di motivi che ben si possono comprendere.

Se già proporre il bilancio di un solo anno può creare qualche problema, ancor più lo è chiudere un lungo periodo di lavoro.

Riordinare le idee e rendere conto di quanto fatto nell’arco di sei anni, ricchi di innovazioni (peraltro non sempre positive e facili da assimilare), oltre che di incertezze (sia nuove che di vecchia data) non è stato agevole.

E mi sono reso conto che per lunghi lassi di tempo siamo stati costretti ad operare sulla spinta degli avvenimenti, cercando di far fronte alle situazioni, agli impegni ed alle opportunità che si presentavano, senza aver quasi modo di far mente locale e registrare i fatti nel loro dettaglio.

Ragion per cui ripercorrere questo periodo, rileggere i trascorsi associativi, fare una revisione propositiva del passato, sintetizzare due mandati ed averli come base per formulare qualche indicazione da proporre all’attenzione del nuovo Direttivo, indicare a chi reggerà l’AVIS nel prossimo triennio un percorso di rinnovamento nella continuità, tutto ciò è stato un ulteriore momento di crescita personale.

             Da queste premesse deriva necessariamente anche la forte valenza che viene ad assumere questa Assemblea: e naturalmente le difficoltà che riguardano il taglio da dare alla relazione: di soddisfazione per quanto ottenuto e di entusiasmo per ciò che ci attende o di critica costruttiva e di semplici linee-guida per il domani?

             Molto spesso, riguardo alle difficoltà del nostro Volontariato, ci siamo trovati ad argomentare garbatamente se il bicchiere andava visto mezzo pieno o mezzo vuoto.

Personalmente ho sempre ritenuto che scegliere l’uno o l’altro punto di vista non era dopo tutto molto influente. Dal momento che si tratta solo di un fatto caratteriale, o derivante da sensazioni personali, dal momento che tutti siamo comunque convinti che quel bicchiere si deve cercare di riempirlo. Od almeno, di impedire che si svuoti ulteriormente.

 E che quindi solo l’interesse per l’AVIS ed il comune desiderio di vederla crescere e rafforzarsi ci porta a discutere su quale sia l’approccio più produttivo per risolvere i nostri problemi.

All’atto pratico, l’approccio ideale sarebbe trarre motivi di soddisfazione dalla metà piena del bicchiere, ma nel contempo ricevere dalla metà vuota degli stimoli ancor più forti per proseguire nel fare sempre di più e sempre meglio.

 Anche perché dovremo tener conto degli ulteriori cambiamenti - qualcuno già annunciato - che sappiamo influenzeranno in maniera consistente il compito che attende l’AVIS (in particolare quella Regionale) nel prossimo futuro.

Per questo motivo, oltre che per il fatto che siamo riuniti per sancire il rinnovo dell’Esecutivo e di buona parte del Direttivo, risulta evidente quali saranno le ricadute di quest’Assemblea sul futuro dell’AVIS Regionale.

 L’auspicio di noi tutti, che è poi niente di più che espressione di una indubbia necessità, è che al termine di questa giornata la struttura associativa esca rafforzata.

 Pronta a riprendere il dialogo, con gli altri interlocutori del sistema trasfusionale, da una posizione di assoluta compattezza e maturità; per veder riconosciuto finalmente e pienamente (e non solo a parole) il suo ruolo di Volontariato inteso in primo luogo quale supporto fondamentale dell’attività sanitaria; ma anche quale forza sociale, culturale e formativa importante e tesa a perseguire il doveroso e comune obiettivo di uno sviluppo sempre maggiore del senso civico e della solidarietà, in special modo tra le nuove generazioni.

 Per cui, come sempre, passiamo a verificare punto per punto l’attuale situazione.

 RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

 Nel decennio passato, si è creato un diverso e migliore reciproco rapporto, dovuto forse anche alla comune presa d’atto che le crescenti difficoltà del settore non si potevano affrontare senza un comune impegno degli operatori. Anche se non abbiamo ancora avuto la soddisfazione di poter contare stabilmente su un dialogo che potesse prescindere da situazioni personali e temporanee, rifacendosi essenzialmente a quelli che debbono essere i dettati della logica e delle leggi.

L’AVIS, per le sue dimensioni, per il peso che esercita (ed ancor più per quello che potrebbe esercitare) nel panorama volontaristico nazionale, per la strategicità del settore in cui opera, ha sempre risentito – e probabilmente continuerà a risentire – degli avvenimenti e degli umori politici del paese.

Però, pur riconoscendo questa dipendenza, dobbiamo attivarci per evitare che in futuro si perpetui (pur con i migliori intenti e nel nome del rinnovamento e del miglioramento) un continuo “ritorno al passato”, inteso come ripetersi di situazioni che, creando confusione o sconcerto, contribuiscono di fatto a frenare lo sviluppo del Volontariato.

 Perché non dobbiamo dimenticare che i risultati ottimali (e certo non è ciò che sta avvenendo, almeno finora) si ottengono quando politici e tecnici riescono a dialogare e raccordarsi senza prevaricazioni e senza indebiti sconfinamenti nel campo altrui: il politico decidendo i fini dell’azione sociale, il tecnico decidendo sui mezzi.

 Rimandando perciò a giorni migliori, che si spera sempre siano vicini, l’attuazione di questo momento essenziale per uno sviluppo corretto, ampio e fondato del dono del sangue, dobbiamo constatare che anche il 2001 è da archiviare come un anno di ulteriore transizione e di riflessione.

AUTOSUFFICIENZA REGIONALE

Il calo del 2001, anche se possiamo collegarlo in parte a vari fattori conosciuti, è comunque un campanello d’allarme dopo oltre un decennio di crescita costante.

E su questo dovremmo aprire una seria riflessione in comune, senza attendere che la situazione peggiori ancora e senza sperare che si sistemi da sola.

Anche perchè, dopo anni in cui la crescita di donazioni è stata legata anche ad un aumento dell’I.D., oggi è impensabile puntare solo su una ripresa dello stesso I.D. (come in parte già avviene al Nord).

 C’è stato un momento in cui si è temuto di vedere la raccolta associativa regredire in modo preoccupante, una volta tirate le somme, pur non potendo certo essere soddisfatti di come si è chiuso l’anno, possiamo affermare che nel complesso abbiamo retto discretamente. Anche se si impone insieme cautela ed attenzione nell’analisi del dato riguardante l’impennata degli occasionali, passati dai 700 del 2000 ai 1200 del 2001: per fare dei raffronti, una volta e mezzo quelli del 1994 e quattro volte quelli del 1998.

Cautela, poichè non è uniforme in tutta la regione il contenuto che viene dato a questa voce; e di conseguenza il significato reale di quei valori.

Attenzione, perché non è la prima volta che insistiamo sull’opportunità, nel comune interesse, di definire l’equivoco di fondo che rende possibile non solo il permanere di questo dato, ma addirittura il suo aumento.

E’ risaputo, infatti, che spesso gli occasionali sono la risposta più semplice ed immediata all’assenza di qualsiasi programmazione, sono la possibilità di reperire quanto serve senza perdite di tempo in opera di convincimento degli occasionali stessi a diventare donatore periodico.

Quand’anche non vengano da parte di qualcuno dichiarati indispensabili, a fronte di una presunta incapacità del volontariato di far fronte alle crescenti necessità del servizio sanitario.

Di conseguenza il confine tra le effettive emergenze ed il sistematico “invito” a donare rivolto ai parenti dei malati risulta quanto mai labile. E reso indecifrabile da un rimpallo di responsabilità, tanto facile da attuare quanto difficile da sbrogliare, che porta all’impossibilità di capire da dove parta la “sensibilizzazione”.

E’ ovvio che le emergenze ci sono, e nessuno può negarlo. Ma altrettanto ovvio ed ormai dimostrato è lo scollegamento tra i vari attori del S.T., come anche i ritardi organizzativi della sanità, l’incomprensibile rifiuto a riconoscere la necessità di interventi coordinati, mirati e costanti nella promozione del dono del sangue, e la sistematica decennale mancata attuazione dei dispositivi di legge in merito.

Sinceramente riesce difficile credere che davvero ci possa essere chi, nella sanità, non si renda conto che questo stato di cose non giova a nessuno. E che alla lunga ha innescato un meccanismo perverso che sta contribuendo al regredire del volontariato del sangue e ad un conseguente aumento del ricorso agli occasionali.

Così come è da valutare con altrettanta attenzione l’abbassarsi dell’indice di donazione, che è tornato all’1,49 del 1998. Molteplici sono o potrebbero essere infatti i motivi di questo regresso: rilassamento delle strutture AVIS nell’effettuare la chiamata; risposta meno forte dei donatori alla chiamata stessa; difficoltà nell’organizzazione del S.T.; problemi nell’idoneità dei donatori. Tanto per elencarne alcuni.

Il criterio di operare più salassi su meno persone era, anche in tempi di sereno stabile per il settore trasfusionale, moralmente inaccettabile. Oggi, in aggiunta, diventa estremamente rischioso perfino in termini puramente numerici.

Non è la prima volta che facciamo notare come, oltre alla programmazione dei fabbisogni, sia mancata totalmente anche la programmazione economica da parte delle ASL.

E come nessuno (né a livello centrale né periferico) abbia pianificato degli interventi straordinari a fronte di un rientro dalle importazioni, coinvolgendo le Associazioni in progetti/programmi obiettivo.

Oggi pare che qualche Regione lo stia facendo ma, appunto, qualche; e con metodi ancora da sperimentare sul campo per verificarne la bontà.

RAPPORTI CON LA SEDE NAZIONALE

Hanno indubbiamente risentito, sotto il profilo morale e nervoso, e di conseguenza sotto l’aspetto organizzativo e di coordinamento, delle difficoltà sorte all’epoca del Forum e, più recentemente, dei problemi connessi alla mancata assegnazione dell’organizzazione dell’Assemblea Nazionale.

Si è trattato indubbiamente di due momenti da non sottovalutare, perché hanno evidenziato tutte le difficoltà che si pongono nel gestire un’Associazione come l’AVIS: grande nei numeri, complicata nella sua articolazione territoriale, diversa nelle sue connotazioni regionali (e talvolta addirittura provinciali) per mentalità, interessi operativi, disponibilità economiche, di rapporti umani ed istituzionali.

Oggi però, fortunatamente, possiamo parlarne come di un problema risolto, che fa parte di un momento di storia associativo di cui conservare memoria, ma solo per non ricadere nuovamente negli stessi errori.

Resta invece il punto focale che da quelle vicende è stato evidenziato: come conciliare la volontarietà della nostra azione, l’ampia democraticità della vita associativa con la necessità di codificare comportamenti che garantiscano la piena e visibile operatività della struttura. Visto che, nonostante tutti gli sforzi fatti, ancora non si riesce a portare a livelli almeno adeguati l’informazione e la comunicazione.

Senza alcuna vena polemica, ma esclusivamente come contributo e stimolo per un sempre miglior funzionamento dell’Associazione, è necessaria una più puntuale attenzione a quanto proviene dalla base: siano lamentele, richieste o proposte, hanno tutte diritto di essere vagliate e ricevere una risposta adeguata. Così come è necessario dare risposte celeri e certe su argomenti di peso quali le affiliazioni ed i rapporti economici. O mettere tutti nella condizione di partecipare alla vita associativa: ed a questo proposito, che fine hanno fatto le reiterate richieste di calendarizzare le iniziative nazionali, e di evitare convocazioni con tempi ristretti e magari in concomitanza con altre iniziative, sempre della Nazionale?

Su questi punti ci si dovrebbe soffermare senza pregiudizi e senza prese di posizione acritiche, se si vogliono sciogliere alcuni nodi che da troppo tempo ci trasciniamo dietro e che in certa misura frenano la nostra azione.

RIFORMA DELLO STATUTO ASSOCIATIVO

In proposito non ritengo di dovermi dilungare troppo, sia perché si tratta di argomento specialistico ed ancora aperto, sia perché novità particolari (ad oggi) non ce ne sono.

E’ evidente che un tema così importante per il futuro associativo non poteva passare senza lasciare traccia. Basterebbe ricordare che già lo Statuto del ’94 era nato sulla base di un necessario compromesso tra realtà, interessi locali e prospettive operative troppo diverse tra loro.

Al momento si ha un quadro confuso in cui è mancata un’informazione iniziale alla base che fosse completa, chiara e con tutte le necessarie informazioni (associative, ma soprattutto giuridiche) per assumere una posizione seria e serena.

C’è da tener presente, ad ogni modo, che se il testo da presentare all’Assemblea Nazionale dovesse rimanere fedele – almeno per i punti cardine – alle bozze finora visionate, rimarrà in piedi qualche serio problema per accettarlo. Non per un’opposizione preconcetta, ma per una difesa di certi valori associativi che non possono essere sviliti, nemmeno a parole. Tanto meno nel nome della pur necessaria e tanto attesa riorganizzazione associativa; dal momento che è illusorio confidare su una gestione normativa – corretta, ma per sua natura ovviamente astratta – senza garantire o mantenere la spinta degli ideali che, unici, possono farsi cultura politica associativa.

D’altronde, il semplice fatto che a distanza di oltre un anno dal primo approccio, ancora sia in atto una forte dialettica tra addetti ai lavori su diversi aspetti non certo secondari del documento, dimostra come alcuni punti nel suo impianto complessivo debbano essere rivisti.

Per cui, sinceramente, speriamo che l’incontro programmato a Vasto per i prossimi giorni porti ad una stesura che sia di larga condivisione. Che si trovi, tutti indistintamente, il coraggio di aprirsi alle idee e proposte altrui, magari facendo qualche passo indietro, nell’interesse comune.

Credo che noi in Abruzzo possiamo permetterci di fare questa affermazione, in quanto la volontà di giungere ad un dialogo costruttivo per la risoluzione dei problemi l’abbiamo dimostrato.

Come siamo convinti che c’è un momento, nei rapporti umani, in cui si può o si deve alzare la voce, siamo anche convinti che se ciò accade solo per passione verso la propria causa, senza altri scopi, deve poi venire necessariamente il momento del dialogo, in cui rimettere al centro non i motivi di divisione e di contrasto, ma i valori che ci accomunano e tutto quello che condividiamo. A cominciare da quello che è il valore più fortemente ed unanimemente condiviso: il mantenimento dell’unità dell’AVIS.

Perché indubbiamente l’AVIS non ha bisogno di affrontare altri motivi di attrito interno, anzi.

Proprio il nuovo Statuto e tutto il contesto della riorganizzazione devono essere, di contro, come era negli auspici di tutti fin da Capo Suvero, il motore per una stagione di consolidamento e di rinnovamento nella continuità, per far fronte alle sfide sempre più forti che ci attendono.

Dovremmo, infatti, aver sempre ben presente che la capacità di gestire i momenti difficili (o magari di vera e propria crisi) è sempre stata il banco di prova di ogni consenso; anche di quello volontaristico.

Dentro l’AVIS stiamo vivendo attualmente come volontari uno dei problemi che, fuori dall’AVIS, viviamo come cittadini europei: attuare, mantenere e garantire l’unità nella diversità, appunto gestendo le inevitabili problematiche innescate dalla diversità.

E se nei due mandati trascorsi sono stati affrontati prima i temi più prettamente tecnico-medici e di seguito quelli normativi adesso si dovrebbe finalmente, tra le altre cose, affrontare il problema di come ridistribuire le risorse al nostro interno.

Un punto particolarmente delicato, com’è ovvio, su cui nessuno si è sentito di mettere mano in maniera decisa. Tant’è che anche l’aspetto della solidarietà interna (ad esso strettamente connessa) è stato affrontato timidamente, e solo qualche debole voce si è levata per reclamarlo quale momento cruciale per un riequilibrio ed una crescita armonica dell’Associazione.

Al termine del lungo percorso riorganizzativo, se qualcosa resterà di insoluto, sarà proprio questa occasione perduta per dare un senso compiuto al nostro impegno solidaristico, per attuare una svolta importante nei nostri rapporti interni e per coinvolgere maggiormente le zone carenti (che si possono ampiamente identificare con quelle anche più svantaggiate sotto il profilo economico associativo), aprendo di conseguenza nuovi spazi operativi per il nostro proselitismo.

L’AVIS Abruzzo intende perciò riproporre all’attenzione nazionale, fin dal prossimo incontro sullo Statuto, questo tema che ritiene degno della massima attenzione; oltre che occasione per riaffermare in concreto quella comune appartenenza alla quale tutti indistintamente ci rifacciamo.

SITUAZIONE REGIONALE

Per quanto concerne l’azione della Regionale, abbiamo proseguito sulla strada già intrapresa di dare maggiore visibilità alla struttura, e di conseguenza a tutta l’Associazione, in particolare attraverso proposte di iniziative congiunte con Enti pubblici e privati. Anche se uscire dalle vecchie, tradizionali logiche della semplice richiesta di fondi non è semplice. Servono idee, conoscenza delle opportunità sulle quali puntare, un approccio ai possibili partner che, alle volte è anche personale, ed un impegno non indifferente di proposizione e di convincimento. Per di più, con la difficoltà di agire verso un numero di soggetti che, in una regione come la nostra, è molto limitato: per ragioni contingenti legate al tipo di imprenditoria locale, e per una certa indifferenza purtroppo ancora troppo diffusa.

Ma è anche fuori discussione che questo è, sicuramente, l’unico modo per poterci affrancare da una posizione che per troppo tempo ci ha visti nello scomodo ed antipatico ruolo (che ormai paga sempre meno) di “postulanti”. Superando la fase della ripetuta richiesta di un contributo, ed affermandoci, di contro, come soggetti trainanti ed innovativi, capaci di gestire – non di subire - i cambiamenti. Capaci di confrontarci con un nuovo scenario, creato dalle opportunità apertesi con la legislazione corrente, che non a caso ha portato ad una fioritura di associazioni.

Ed è perciò ancor più antipatico e preoccupante sentir parlare nuovamente di una certa “attenzione” di altri settori del Volontariato nei confronti di presunti privilegi dell’AVIS, colpevole di ricevere troppi fondi pubblici in rapporto all’ammontare totale di quelli destinati al Volontariato.

Visto che si vuol proprio scendere in basso, cominciamo allora con il dare una valore monetario (come avviene in altri paesi) al nostro lavoro, quantifichiamo anche il valore del nostro sangue. E valutiamo anche quanto il nostro Volontariato avrebbe dovuto ottenere, finora, sotto forma di vari supporti operativi, previsti per legge e mai forniti.

C’è stato chi, in un’Assemblea Provinciale, ha affermato che chi oggi si permette di credere nel Volontariato è un sognatore. Riferendosi ovviamente a chi, come i donatori, sono ancora Volontari nel senso più corretto e pieno della parola. Questa amara e reale constatazione deve però darci la spinta per continuare a credere in questo Volontariato; perchè il nostro essere sognatori non è una debolezza: è un atteggiamento forte e di alto spessore morale, che sta a noi far diventare anche un punto di forza.

Dovendo valutare la validità del volontariato sulla base di una scala di valori morali od anche stilando una graduatoria di merito ispirata ad un più banale raffronto costi – benefici per la società, in entrambi i casi un’Associazione come la nostra non avrebbe niente da temere; e semmai risulterebbero scarsi e mortificanti sia i contributi attualmente concessi, come anche l’assenza di un qualsiasi sostegno organizzativo degno di questo nome da parte del pubblico.

Purtroppo, abbiamo visto che: non è che con questi metri viene misurata la validità di un’attività di Volontariato, né l’entità degli interventi di cui avrebbe bisogno.

Ragion per cui resta la necessità, almeno per l’immediato, di attingere alle capacità professionali, culturali, umane che non mancano tra i nostri tanti soci, per essere di stimolo a quanti (Istituzioni, organizzazioni private, CSV…) sono delegati a valutare e sostenere – tra l’altro – anche la promozione del dono del sangue.

Oltre ad attuare economie di scala, applicando anche al volontariato metodi di gestione moderni. A partire da una maggiore aggregazione, quale occasione inoltre per diffondere un più forte senso di appartenenza, e dare più visibilità e forza contrattuale a chi si deve confrontare all’esterno in rappresentanza dell’AVIS.

Ed a proseguire nell’azione di mantenimento o cooptazione negli organismi provinciali e regionale di persone in grado di far decollare finalmente queste strutture nel loro ruolo, ancora incompleto, di coordinamento.

GIOVANI

A ciò si ricollega un altro punto problematico, riguardante l’inserimento dei giovani e la valorizzazione di quanti di loro già operano nei Direttivi, che non ha ancora prodotto i risultati sperati.

E non deve ingannare la nomina di diversi volti nuovi a Presidente Comunale od a cariche Provinciali e Regionali.

La soddisfazione nel vedere nuove forze affacciarsi in posti di responsabilità, il verificare che fortunatamente c’è chi ha il coraggio di cedere il proprio posto a chi potrebbe fare di più e dare nuovo impulso e nuova vitalità alla struttura, non possono comunque far dimenticare che si tratta ancora di situazioni nel complesso episodiche. E che siamo ancora lontani dal poter contare su quell’ampio ricambio dirigenziale e generazionale che da troppi anni andiamo ricercando.

Basti pensare a quanto poche sono le Comunali che possono vantare al loro interno un gruppo giovani, per capire quanto ci sia ancora da lavorare su questo settore vitale per il volontariato.

La regionale è riuscita a dare il proprio contributo, grazie in particolare ad uno sponsor, che ha permesso ai nostri giovani di essere presenti ad entrambe le edizioni delle AVISIADI organizzate finora: in Emilia-Romagna e sulla neve in Trentino.

Ma, al di là di questo tipo di interventi di carattere straordinario, è fuori discussione che spetti prioritariamente alle Comunali attivarsi su questo specifico aspetto di primaria importanza.

Quali siano i motivi che frenano una presenza giovane costante ed ampia in AVIS è stato argomento di discussione, e non solo nel corso dell’anno passato.

E’ un problema che investe indifferentemente l’Abruzzo come tutte le altre regioni e l’AVIS come gran parte del volontariato in tutta Italia, e che deriva come sempre da fattori interni come da altri esterni.

            E se è vero che sui vari fattori esterni (dalle difficoltà del mondo del lavoro ad una certa chiusura di molti giovani verso un impegno convinto e costante nell’associazionismo) poco possiamo influire, dove invece possiamo e dobbiamo incidere è al nostro interno. A cominciare dal cambiare l’atteggiamento mentale di molti dirigenti nei confronti dei giovani.

Invogliando i giovani a prendere parte attiva nella gestione delle nostre strutture, lavorando con pazienza e continuità nel far comprendere loro l’importanza della loro presenza. Ma in modo particolare aiutandoli ad entrare nei meccanismi dell’Associazione e responsabilizzandoli. Sforzandoci di superare anche le difficoltà economiche, che ci impediscono di dare uno sbocco concreto alle loro potenzialità organizzatrici ed alla loro inventiva.

Rendendoci conto dell’insofferenza giovanile ai dibattiti ed alle discussioni bizantine in cui troppo spesso cadiamo, agli antipodi di ciò che un giovane chiede: decisionismo, chiarezza, azione, coerenza.

Per attrarre i giovani serve, tra l’altro, un’AVIS che sappia proporsi e comunicare in maniera moderna ed adeguata. Basti pensare ai nostri incontri, alle cerimonie che seguono un rituale da molti ormai ritenuto anacronistico e soprattutto di scarso impatto promozionale, ma che continua a ripetersi immutato. Senza riuscire a trovare il modo di conciliare il rispetto delle tradizioni con l’esigenza di presentarci all’esterno in una veste più rispondente ai tempi.

Per questo non possiamo compiacerci troppo di quanto fatto finora, ma considerarlo solo l’inizio di un percorso che deve portare ad un ampio ricambio generazionale, inteso come opportunità di rinnovato impegno e di sicura crescita.

Superando l’approccio mentale negativo derivante dalla constatazione che, pur trattandosi di un aspetto essenziale per la nostra Associazione, è anche quello in cui meno immediati sono i risultati e più scarse perciò sono le soddisfazioni nel breve periodo

Altrimenti, riallacciando il discorso giovani a quello dell’allargamento della “mission”, riesce difficile comprendere con quale mentalità e con quali risorse umane saremmo in grado di attuarlo.

RAPPORTO CON I DONATORI

Così come ancora insoluto, e preoccupante, è il non aver centrato l’obiettivo – altrettanto fondamentale - di “fidelizzare” i nostri soci. I continui, ed in alcuni casi allarmanti tassi di ricambio, l’andamento alterno di molte strutture di base, la difficoltà di consolidare nel tempo le realtà esistenti, sono tutti indici di un qualcosa di importante che continua a sfuggirci. Di un malessere, se così vogliamo chiamarlo, che ci impedisce di far metabolizzare il concetto di solidarietà, e di farlo considerare come qualcosa di interiore, di normale e di automatico. Da attuare senza l’ausilio di un continuo, ripetuto stimolo esterno.

La necessità della chiamata dei donatori, i risultati ampiamente positivi che si sono ottenuti laddove l’AVIS ha ritenuto di fare (ed ha potuto fare) un’azione di presenza promozionale diretta, più difficilmente sostenibile da parte delle strutture trasfusionali, dimostrano quanto siano corrette le valutazioni espresse sopra.

Da ciò deriva anche la convinzione, in vario modo riscontrata a tutti i livelli, di dover approfondire la conoscenza del donatore come mezzo importante (anche se certo non l’unico) per ampliare la base associativa e fornirci un valido strumento per centrare il nostro obiettivo strategico dell’autosufficienza.

Su entrambi questi punti – i giovani e la fidelizzazione dei soci - il lavoro concreto deve necessariamente venire dal basso, da chi è presente sul territorio e conosce a fondo la propria realtà sociale ed economica, le tradizioni, gli interessi e la mentalità locali.

Quali sono i settori in cui meglio i giovani del posto possono far fruttare le doti tipiche della loro età. Cosa si aspetta il socio dall’Associazione di cui fa parte, quali gli argomenti che meglio possono penetrare l’indifferenza e la superficialità con cui gran parte delle persone si pone nei confronti della donazione di sangue.

Ma anche le strutture di coordinamento possono fare la loro parte incidendo, anche se non direttamente, comunque con un’azione di stimolo e di propositività verso la base.

RAPPORTI CON GLI ENTI PUBBLICI

Alterne fortune abbiamo avuto nelle iniziative con alcuni Enti pubblici.

Prendendo spunto dal convegno di Quadri, che aveva portato all’attenzione delle Comunità Montane un’ipotesi di loro coinvolgimento nell’organizzazione della raccolta di sangue nelle zone interne, ma che avevano visto un loro scarso interesse, a maggio 2001 abbiamo organizzato (tramite la Provinciale L’Aquila) un Convegno sullo stesso tema a Roccaraso. E vista la forte difficoltà di un loro attivo coinvolgimento, a fine anno abbiamo presentato un progetto che dovrebbe vedere la partecipazione (per quanto d’interesse e competenza) dell’Associazione Regionale delle C.M., delle ASL e dei Medici di Famiglia.

E che inoltre risponderebbe all’esigenza di molti cittadini delle zone interne di poter esercitare quello che (prima ancora e più che un dovere sociale e morale) va considerato come un diritto a poter donare. Oltre a proporsi come ulteriore occasione per dare uno sbocco all’utilizzo concreto e continuo dell’autoemoteca della Comunale di Pescara.

L’attenzione dimostrata in questa prima fase, da parte di qualche Presidente di C.M., di far propria l’iniziativa, è stata incoraggiante e lascia ben sperare per l’avvio in tempi ragionevoli di una fase attuativa.

Più immediato e produttivo, anche perché più semplice, è stato invece il rapporto con l’ARSSA.

La scorsa estate, in seguito ad una nostra richiesta di sostegno e collaborazione, siamo stati ospitati in una manifestazione promozionale itinerante, che ha toccato sei località.

Le sbavature di un’organizzazione da affinare (sia da parte nostra che loro), dovute alla novità dell’iniziativa ed ancor più certe scelte non felici da parte dei Comuni ospitanti, hanno in parte vanificato almeno per noi i previsti ritorni. Restano però i risvolti positivi connessi all’accreditamento presso questo Ente regionale, alla indubbia promozione del nostro Volontariato ed al contributo che ci è stato concesso, a copertura dei costi di un convegno che verrà attuato dal M. Negri Sud e che, per la cifra residua, sarà devoluto a sostegno della ricerca dell’Istituto stesso.

In un recente incontro con la Presidenza ARSSA è emersa inoltre la volontà da parte loro di ripetere per l’anno in corso analoga iniziativa, coinvolgendo più direttamente ed attivamente l’AVIS fin dalla fase organizzativa.

AVIS E SCUOLA

Nei rapporti con il mondo della scuola, abbiamo risentito anche degli ulteriori intralci procuratici dall’introduzione dell’autonomia, con la conseguenza di dover trattare per ogni nostro intervento con i singoli Istituti.

Ed anche l’iniziativa nazionale AVIS-UTET ha prodotto risultati positivi, almeno parzialmente. Mentre a l’Aquila si rimane ancora in attesa di un cenno di riscontro da parte della locale agenzia UTET ed a Pescara è stata riscontrata da tempo l’impossibilità ad avviare una cooperazione, in provincia di Teramo e Chieti si sono potuti attivare contatti con le agenzie e le scuole, ed a Vasto si è tenuta una presentazione del progetto che ha visto coinvolto anche il Comune.

INFORMAZIONE, COMUNICAZIONE E PROMOZIONE

E’ un settore che da sempre, e quasi ovunque anche a livello nazionale, presenta un bilancio in chiaroscuro.

Fondamentalmente, abbiamo continuato a risentire del disinteresse diffuso da parte dell’opinione pubblica. Espressione diretta di disinformazione (alla quale non riusciamo a mettere rimedio), ma anche – purtroppo – di ignoranza reale delle difficoltà esistenti per garantire il necessario approvvigionamento di sangue ed emoderivati.

Chi potrebbe diffondere il nostro messaggio svolgendo nel contempo un’azione di promozione sociale, cioè le radio e TV, si sono mostrate poco sensibili. Per cui è venuto meno l’impatto che la campagna di sensibilizzazione regionale avrebbe potuto avere, visto che i costi per la diffusione degli spot preparati nell’occasione erano impossibili da sostenere. Ed ancor più deludente è stato il verificare nel contempo che in altre regioni ben diverso è il sostegno ricevuto dall’AVIS. E che, non a caso, in quelle regioni, i risultati di tale disponibilità a collaborare e sostenere il Volontariato si vedono. Dimostrando nei fatti una banale verità: che laddove sono in gioco degli interessi sociali, è tutta la società, nelle sue varie componenti, che deve attivarsi nel risolvere il problema.

In questo quadro negativo, ancor più importante è stato il contributo dato alla comunicazione regionale da NotiziAVIS, giunto ormai al suo terzo anno di vita e diventato una pietra di paragone per ogni analoga iniziativa. E sempre più apprezzato per la praticità, la concretezza e la completezza d’informazione.

Agli amici di Chieti ancora una volta un grazie per il loro impegno e l’invito ad accelerare i tempi per la prevista revisione della grafica e delle rubriche.

Ma, a parte queste considerazioni, non dobbiamo trascurare quanto sia importante, per ottenere risultati concreti, l’atteggiamento dei singoli all’interno dell’AVIS.

Non c’è infatti reale prospettiva di comunicazione ed informazione, in mancanza di un forte rispetto reciproco (anche personale) e delle regole. In assenza di giudizi critici autonomi e sereni.

Perché recuperare la concreta essenza del nostro essere volontari; evitando protagonismi, atteggiamenti personalistici e litigiosità gratuite si può e si deve.

Servono solo poche indicazioni: la volontà di applicare le elementari regole che dovrebbero governare ogni civile consesso; il rinunciare ad atteggiamenti preconcetti verso le decisioni o le prese di posizione associative; il mantenere vivo un sano senso critico, evitando di schierarsi sulla base di sensazioni epidermiche che difficilmente rispecchiano la situazione reale; e valutando di contro le conseguenze associative delle nostre prese  di posizione; non vergognarsi di porsi domande e di avere dubbi, per non cadere nel trabocchetto dell’accettazione acritica o della critica non sufficientemente ponderata.

In poche parole, recuperare il vero spirito solidaristico e far attenzione a non ridurre le proprie azioni ad un realismo esasperato, inutile ed alla lunga anche dannoso.

D’altronde, è da tempo ormai che la Sede Nazionale è interessata a ricercare i mezzi più idonei per facilitare il dialogo ed il trasferimento delle idee e delle notizie. Giungendo a ridisegnare l’Associazione non più secondo la classica impostazione verticistica piramidale, ma secondo un assetto reticolare in cui le singole strutture dialogano e si interfacciano, oltre che con il proprio, anche con gli altri livelli.

Un significativo passo in avanti per ammodernare, per limitare al necessario il decisionismo proveniente dall’alto e favorire due aspetti cardine del moderno associazionismo, quali sono appunto la comunicazione e l’informazione.

Per cui, che dire dell’indifferenza con cui è stato accolto questo assetto ed il conseguente abbandono di qualsiasi atteggiamento verticistico?

Perché, di fronte a certe lagnanze riguardo un’eccessiva ingerenza delle strutture superiori che (a dire di alcuni) invaderebbero le autonomie locali, non funziona questo sistema in rete?

Fosse solo pigrizia o scarsa comprensione della realtà, sarebbe anche accettabile. Il dubbio è che si tratti dell’ulteriore conferma di una presa di posizione tesa ad una difesa esasperata del proprio ambito operativo.

Senza rendersi conto che si tratta della classica azione di retroguardia, combattuta contro un’evoluzione naturale dei rapporti associativi; e che insistere ad arroccarsi su posizioni comunali in un mondo proiettato verso l’abbattimento progressivo delle barriere nazionali è non solo miope, ma del tutto fuori dal tempo e dalla storia.

Sia chiaro che non è così ovunque, ma il fatto che tale atteggiamento mentale sussista, anche limitatamente, deve spronarci ad un intervento deciso per spiegare – a chi si ostina in tali situazioni - le ragioni per cui esso si configura, nel lungo periodo, come un fallimento annunciato.

Nell’applicazione di questo rapporto a rete, che peraltro in una realtà limitata numericamente come la nostra, è sempre esistito, rientra anche l’assistenza che la Segreteria Regionale ha fornito per l’iscrizione delle Comunali al Registro Regionale del Volontariato, attivandosi direttamente presso Uffici del Registro e Regione.

Ed a questo proposito, alle strutture (ancora troppe) che ancora non risultano iscritte voglio solo ricordare una volta ancora che l’erogazione di contributi da parte di enti pubblici è illegittima se manca tale iscrizione.

E sinceramente, più che indisporre, lascia perplessi che ci sia ancora, nonostante gli sforzi e le insistenze del passato, chi ritiene di non compiere un passo previsto per legge che non comporta alcun sacrificio o difficoltà

INTERASSOCIATIVO REGIONALE

Di particolare impatto è stata anche nel 2001 la presenza della Regionale nell’Interassociativo, per completare nei tempi dovuti gli impegni a fronte di un finanziamento dell’Assessorato alla Sanità alle Associazioni di donatori per la promozione e l’informatizzazione, ottenuto negli anni scorsi grazie all’interessamento del Dr. Colamartino. E grazie al quale, per la prima volta, si è riusciti a far incontrare e dialogare le molteplici anime del volontariato del sangue regionale.

Sul fronte della promozione è stato dato alle stampe un manifesto (per la cronaca, un vecchio manifesto AVIS); sono stati creati uno spot per la TV ed uno per la radio (dei cui deludenti seguiti abbiamo già detto); è stato organizzato un concorso scolastico per la creazione di un nuovo manifesto, conclusosi con la premiazione dei vincitori presso il Seminario di Chieti, da parte dell’Assessore alla Sanità. Il tutto superando gli inevitabili inconvenienti che si verificano in questo genere di collaborazioni. Questa notevole mole di attività ha comportato un lavoro supplementare a carico praticamente della sola segreteria regionale AVIS che, da capofila, è diventata all’atto pratico l’unica a gestire gli avvenimenti.

Mentre l’informatizzazione, come molti di voi già sanno, ha comportato un importante ritorno per le nostre strutture in termini di attrezzature e disponibilità di nuovi mezzi per le nostre campagne di sensibilizzazione al dono del sangue. A breve ci sarà da affrontare anche l’impegno di mettere in rete i poli informatici associativi, potenziando le nostre capacità di comunicazione e permettendo un’informazione capillare ed in tempo reale su tutto il territorio regionale. Ma questo risultato, pur di forte e positivo impatto associativo, sarà in larga misura vanificato se non verranno risolte le carenze del settore pubblico.

E giustamente la responsabile del Servizio Trasfusionale ha lamentato che non è stata ancora raggiunta la finalità più pregnante del finanziamento, che non era la semplice fornitura di computer alle Associazioni, ma appunto la creazione di una efficace rete di comunicazione tra Volontariato e Sanità Regionale.

RAPPORTI CON LE A.S.L.

Riguardo al confronto con le ASL, bisogna purtroppo dire che praticamente non ci sono stati progressi di una qualche consistenza.

·        Iniziative per il raggiungimento dell’autosufficienza

·        Uniformità di comportamenti del Servizio Trasfusionale in regione

·         Compensazione di sangue tra ASL

Sono rimasti tutti sul tappeto, inalterati, ed anche per l’anno in corso non ci sono segnali di un qualche cambiamento in positivo

Così come anche per quanto concerne la firma delle Convenzioni con le ASL. Ad oggi, con la Convenzione Regionale in scadenza, ben quattro ASL ancora non l’hanno recepita.

Forse le ASL stesse non se ne rendono conto, ma dovrebbero essere portate a riflettere su questo loro atteggiamento miope, riduttivo ed involutivo, che penalizza le nostre capacità propositive e costruttive senza essere di contro di alcun utilità al S.T.R.

Benchè i rapporti tra AVIS ed operatori trasfusionisti si siano mantenuti complessivamente ad un ottimo livello, la mancanza di quell’importante strumento di governo locale del sistema trasfusionale, qual’è la Convenzione, non può certo essere ignorata.

E ritengo sia evidente che il persistere di un’assenza di coordinamento tra ASL e Volontariato (ma anche all’interno delle stesse ASL) può produrre solo ulteriori problemi e difficoltà al S.T. e ritorni negativi per i volontari, con concreti rischi di un pernicioso irrigidimento delle parti.

Unica possibilità concreta resta pertanto l’instaurarsi di un circolo virtuoso nei nostri rapporti, in cui tutti (nessuno escluso) faranno la propria parte.

Stesso discorso vale per la programmazione regionale dei fabbisogni di emocomponenti ed emoderivati.

Il lavoro del CTS, che avrebbe dovuto affrontarlo, è rimasto bloccata per tutto il 2001, ufficialmente a causa del gran numero di domande di riconoscimento del danno biologico provocato negli anni ‘80 e ‘90 causa emoderivati infetti, che hanno impegnato a fondo gli uffici regionali interessati.

Impegno tuttora in corso, complicato anche da un ulteriore avvicendamento del responsabile del Settore Trasfusionale della Regione.

Di certo, ciò comporta per noi la necessità di riallacciare a distanza di un paio d’anni la necessaria reciproca conoscenza. Ma la nuova dirigenza regionale non mancherà certo di attivarsi opportunamente in questa direzione, nell’ottica di giungere a ricostruire quei rapporti di piena fiducia e collaborazione indispensabili per una gestione soddisfacente di un campo così delicato, settoriale ed articolato come quello del sangue.

Ma questi argomenti, per quanto pesanti, non bastano a giustificare l’assenza di ogni sia pur elementare base di programmazione, dopo dodici anni dall’entrata in vigore della 107/90.

La colpa è infatti da ricercare ancora una volta prevalentemente nel disinteresse e nell’incapacità, da parte di troppi diretti interessati, di comprendere i motivi ed i modi della programmazione.

Per cui, a dare un quadro chiaro dell’attuale situazione, bisognerebbe e basterebbe riprendere quanto detto nel 2001, quando abbiamo parlato di:

“problemi creati da una dicotomia insistente tra il mondo del volontariato (con le sua realtà di ogni giorno, le sue necessità, le leggi vigenti che dovrebbero farlo prosperare) ed i vertici delle ASL, indifferenti alle leggi stesse, sordi alle nostre legittime richieste, per nulla preoccupati delle nostre rimostranze nei confronti di un atteggiamento si direbbe di latente insofferenza verso quelli che continuano ad esser chiamati “partner privilegiati del SSR”.

Tutto da verificare è anche l’aspetto riguardante la qualità del servizio offerto dal S.T. regionale, dal momento che anche gli interventi ispettivi per verificarne l’adeguamento ai requisiti di legge, fermi da anni dopo la prima serie di visite, sono ulteriormente slittati nel tempo.

Così come niente possiamo dire su un altro punto delicato sotto l’aspetto morale ed etico, riguardante la quantità di sacche che, per vari motivi, vanno perdute. Visto il fermo totale dell’attività del CTS, al quale prima accennavo, non sappiamo se l’impegno programmatico preso a suo tempo di ridurre rapidamente tali perdite a livelli fisiologici sia stato mantenuto, e se la situazione sia o no migliorata rispetto al 2000.

Ma le inadeguatezze, le inefficienze, i ritardi del servizio pubblico non ci deve far dimenticare che di qualche colpa anche noi dobbiamo fare ammenda. A cominciare dalla chiamata dei donatori e dalla consegna degli elenchi aggiornati dei soci, che non ovunque vengono fatte.

Certo, si potrà obiettare che dopotutto si tratta pur sempre di colpe lievi e che poco vanno ad aggiungere ai reali problemi di cui giornalmente dobbiamo occuparci. Ma proprio perchè si tratta di disposizioni di legge alle quali non è certo complicato ottemperare, e poichè ci proponiamo legittimamente come forza trainante del volontariato del sangue, non dovrebbero esserci remore a porci in condizione di confrontare con chiunque da una posizione di forza derivante dalla piena correttezza del nostro operato.

Così come ancora una volta devo riproporre quelli che sono stati argomenti di forte disagio nel corso degli anni, sui quali in buona parte basterebbe riprendere quanto evidenziato nella relazione 2001.

·        Centri di Servizio: senza soffermarci su Teramo, che ha sempre dato prova di buon funzionamento, l’unico miglioramento si è avuto nei rapporti con il CSV di Pescara. Dopo un avvio lento e tormentato, come abbiamo avuto occasione di lamentare, grazie ai rapporti personali che si sono sempre mantenuti su un livello di cordialità, si cominciano a vedere i primi risultati positivi. A fine anno scorso è stato programmato e poi attuato un corso di formazione da tenere a Penne ed un altro corso è in programma a breve nell’area Pescara Ovest.

Il CSV di Chieti è ad oggi del tutto assente, mentre quello di L’Aquila continua ad ignorare le richieste di dialogo che partono dalla nostra Provinciale. Ed insiste nel proporsi direttamente, e solo a parte delle Comunali, ingenerando confusione ed alimentando qualche indebito atteggiamento da protagonista di alcune nostre strutture.

·        Consorzio interregionale per la lavorazione del plasma: dato il nostro contributo marginale (in termini quantitativi), non possiamo pensare di incidere molto nelle decisioni di carattere generale. Vorremmo però poter partecipare alle riunioni, ricevendo i relativi avvisi con margini di tempo adeguati oltre ad O.d.G. e documentazione da esaminare preliminarmente. Altrimenti con quale mandato e con che cognizione di causa andremmo a discutere?

·        Raccolta periferica: pur con molte difficoltà, ormai superate, nello scorso anno ha svolto la consueta importante opera di promozione e di sostegno a diverse Comunali disagiate dell’interno. A Pescasseroli, nell’Alto Sangro ed in diversi altri Comuni dell’aquilano, ha dimostrato di essere una valida integrazione della raccolta presso i posti di prelievo fissi. E quando ottiene successo anche in località distanti pochi chilometri dal più vicino centro di raccolta, ci dà ulteriore conferma di quella richiesta di comodità e di risparmio di tempo, indicate da molti donatori come punti qualificanti del settore trasfusionale.

·        Dipartimenti: a distanza di anni dall’emanazione del Piano Sangue e Plasma Regionale 1999-2001, che ne prevedeva l’istituzione, e senza ritornare su un altro argomento storico di queste relazioni annuali, non c’è alcuna novità in merito.

·        Centri trasfusionali: sulle loro carenze e sulla mancata ripetizione dei controlli abbiamo già detto altre volte.

Ma c’è anche da dire su varie lagnanze relative a comportamenti del personale (tanto limitati quanto antipatici) che fanno sentire il donatore come “non desiderato” o come “fornitore subalterno” della sanità. Costoro dovrebbero ricordare che hanno a che fare con persone sane, che non sono certo nella necessità di chiedere assistenza, ma al contrario si presentano di loro spontanea volontà per dare assistenza.

Così come da dire c’è anche sull’aspetto logistico: ad iniziare dalla banale considerazione che servirebbero ovunque ambienti accoglienti ed anche orari più elastici. Non dimentichiamo i risultati dell’indagine svolta dalla Croce Rossa Internazionale sui giovani e la donazione, dalla quale è emersa una forte richiesta degli intervistati in merito alla necessità di un comportamento corretto del personale trasfusionale e di poter donare in modo pratico e facile.

·        Spostamento donatori: si sono ripetute le richieste in merito, anche se più ridotte di numero; ma non vorremmo che tale riduzione fosse uno dei motivi dell’aumento per l’aumento degli occasionali di cui abbiamo trattato in precedenza.

E tale argomento si riallaccia inevitabilmente anche a quello riguardante l’operatività, ancora largamente incompleta, del CRCC.

·        Centro Trasfusionale di Pescara: la Provinciale Pescara ha avuto più di un incontro con i responsabili per cercare di ricondurli ad adottare comportamenti più consoni ai comuni scopi. Nonostante le dichiarazioni di massima fatte, dobbiamo purtroppo riscontrare che ancora non è cambiato niente. In merito, la Regionale ha ritenuto di non intervenire direttamente, anche per evitare di alzare il tono già aspro della polemica. Ed ora, ovviamente, qualora non ci fossero a breve positivi sviluppi, spetterà al Direttivo entrante trarre le conclusioni e decidere sul da farsi.

·        Centro Raccolta di Castel di Sangro: vive una situazione di stabile precarietà, fornendo ai donatori della zona un servizio quanto mai saltuario (apertura due giorni al mese) e precario (personale assente senza preavviso, orari non sempre rispettati). Dando corpo a quelli che erano i timori già all’atto della sua inaugurazione nemmeno due anni fa.

·        S. Omero: stessa situazione di cui sopra con in più, per S. Omero, l’aggravante di locali assolutamente inadeguati come tipologia ed ubicazione.

·        Casoli: ha evidenziato analoghi problemi, anche se in misura minore.

·        Ortona: ha vissuto, ed in parte continua a vivere, una situazione di forte disagio per carenza di personale e per recenti comportamenti del personale assolutamente censurabili sotto il profilo anche di un minimo e reciproco rispetto personale. Se pensiamo che si penalizza fortemente una struttura ospedaliera alla quale fa capo una delle nostre migliori Comunali, mentre a pochi chilometri e nell’ambito della stessa ASL l’ospedale di Chieti importa sangue da fuori Regione, non sorprendiamoci se a qualcuno viene da pensare quanto interessi realmente il nostro Volontariato

·        Centro Trasfusionale di Avezzano: vive un momento di confusione organizzativa e di calo della qualità del servizio, sulle cui responsabilità ci sono le consuete ed inutili versioni contrastanti. Con la conseguenza che, mentre da altre parti si pensa di aprire il S.T. anche qualche domenica ed a Penne due pomeriggi alla settimana, ad Avezzano da oltre un anno è stata abolita l’apertura mensile domenicale.

·        Protocollo gestione donatori: dopo le critiche da più parti alzatesi in merito ai tempi di sospensione dalla donazione, esagerati rispetto alle possibilità diagnostiche oggi disponibili, speriamo che alla scadenza biennale del decreto ci sia un ripensamento ed un aggiustamento che eviti ingiuste penalizzazioni dei donatori.

I motivi di disagio e di contenzioso, come si può notare, se proprio non aumentano nemmeno diminuiscono. In un momento in cui ci sarebbe bisogno di concentrare tutte le energie nel far fronte alla sempre crescente richiesta di sangue, con un’azione sinergica tanto più necessaria in quanto il calo donatori e donazioni in atto da qualche anno a livello nazionale non è certo di buon auspicio per il futuro, anche per quello della nostra regione.

Ora, per una valutazione più puntuale della situazione associativa, diamo di seguito la consueta tabella riassuntiva:

PROVINCIE

SANGUE

PLASMA

AFERESI

TOTALE

SOCI

Coll

Totale soci

Ind. Don.

L’AQUILA

3533

372

35

3940

2548

55

2603

1,27

CHIETI

6871

561

144

7576

4483

84

4567

1,67

PESCARA

4288

525

46

4859

2754

103

2857

1,77

TERAMO

2042

269

23

2334

1789

86

1875

1,30

TOTALE

16734

1727

248

18709

11554

328

11882

1,62

rilevazioni  Istat  1991                  residenti  Regione Abruzzo  1.280.425

anni:

1992

1993

1994

1995 

1996

1997

1998

1999

2000

2001

Sezioni

55

58

61

62

68

71

73

71

77

79

soci emeriti  coll.

46

180

127

142

204

158

658

457

459

328

soci:

8470

9193

9304

10101

10677

11013

11443

11144

11772

11554

don. occasionali

1444

1646

627

710

764

268

311

279

542

1191

donaz plasma

 

-

-

-

645

608

839

1541

1612

1727

donaz. Piastrine

-

-

-

-

222

297

209

385

298

248

donaz. Sangue

-

-

-

-

14608

15513

16034

16059

17164

15543

Tot. donazioni:

11578

11689

12508

13529

15205

16686

17378

17965

19074

18709

autoemoteca

588

392

427

324

289

305

258

277

365

257

indice donazione

1,37

1,27

1,34

1,34

1,42

1,52

1,49

1,61

1,62

1,62

Risulta chiaramente un andamento negativo generalizzato, su cui riesce difficile spendere per ora molte altre parole oltre a quanto già detto.

Per la Provinciale L’Aquila, fin dallo scorso anno avevamo individuato dei segnali di disagio, sperando si trattasse di una crisi passeggera. Così non è stato e, sicuramente, hanno influito sul bilancio negativo sia i problemi incontrati dall’autoemoteca che la chiusura domenicale mensile del C.T. di Avezzano.

Mentre la Provinciale Chieti e la Provinciale Pescara non lasciavano presagire questa improvvisa inversione di tendenza. E per questo risulta ancor più preoccupante il calo riscontrato.

La Provinciale Teramo infine, pur chiudendo in negativo, ha praticamente mantenuto i numeri dell’anno precedente e confermato delle posizioni che si mantengono stabili ormai da molti anni.

Che le ragioni di questo risultato imprevisto vadano ricercate prima di tutto al di fuori dell’AVIS, è dimostrato anche dall’andamento della vita associativa e delle Assemblee Provinciali.

Le problematiche emerse sono risultate largamente condivise nelle Provinciali, pur con diverse sfumature, sensazioni e gradi di priorità.

Le Assemblee Provinciali sono state partecipate, con molti interventi, con dibattiti appassionati ma nel contempo concreti, propositivi e documentati. Ed hanno dimostrato che il livello di preparazione, la capacità di analizzare le situazioni, individuare i punti critici e proporre soluzioni è ben diversa e di più alto profilo anche solo rispetto a pochi anni or sono.

Ne è uscita chiaramente l’immagine di una struttura provinciale che va ulteriormente rafforzata e rilanciata nel suo indispensabile ruolo di coordinamento della base e di cerniera con la regionale.

Quello che dalla tabella non si può evincere, è invece il consueto lavoro messo in atto dalle Comunali. Elencare tutte le iniziative che sono state poste in essere è impossibile.

Ciò di cui va dato loro atto è sempre, anno dopo anno, questa grande capacità di inventiva e di organizzazione.

E di ottenere i risultati migliori non tanto attraverso iniziative eclatanti, quanto tramite un molto più modesto ma efficace passaparola; tramite l’esempio e l’affermazione di un impegno sociale di cui si fanno promotori in prima persona.

A riaffermare la dignità e la funzionalità di questo semplice sistema ci sono i risultati negativi di tante iniziative (intraprese da altre associazioni), rivelatesi costose quanto improduttive. E comunque scarsamente redditizie, vista la loro complessità. Ma c’è in special modo il dato fornito dal raffronto delle percentuali di donatori nei Comuni di varia dimensione, laddove si riscontra che sistematicamente le maggiori consistenze numeriche si hanno nei piccoli Comuni, dove logicamente più semplice ed immediato è il contatto diretto ed il ritorno promozionale derivante dall’esempio di chi già dona.

Anche per questo, come Regionale, abbiamo sempre cercato di dare ai rapporti interni all’Associazione un’impronta informale, tramite momenti d’incontro che non fossero solo quelli istituzionali e di conseguenza saltuari.

Abbiamo cercato di essere presenti sul territorio, come lo sono le AVIS, perché far veramente parte di un’Associazione significa partecipare e farsi carico, per le proprie competenze, di quanto sul territorio avviene.

E com’è inevitabile, saremo stati presenti più in qualche zona, meno in altre. Spero tutti abbiano compreso che non l’abbiamo fatto per cattiva volontà o per disinteresse, ma solo in funzione degli impegni già assunti o più semplicemente delle occasioni che si sono presentate.

Altrettanto inevitabile è anche che non tutte le singole esperienze sono state positive. Ma alla fine restano sempre e solo i ricordi più belli ed il lavoro svolto.

Il resto va dimenticato e messo nel conto della varietà di esperienza che la vita riserva a tutti.

Ed oggi, chiudendo questa appagante esperienza, voglio ricordare solo i rapporti di sincera amicizia che da questi incontri sono derivati. Permettendoci di operare, con la reciproca conoscenza e fiducia, con serenità ed efficienza.

Avviandomi a concludere, vorrei ringraziare quanti mi hanno reso possibile lavorare al meglio in questi sei anni.

Non poterli nominare uno ad uno mi sembra riduttivo. Ma poiché non è possibile fare altrimenti, per tutti voglio nominare e ringraziare Antonio Palombaro.

E’ stato Segretario e Consigliere; è stato la memoria storica della Regionale e grazie a lui tante situazioni critiche si sono ricucite.

Soprattutto è stato semplicemente un amico.

Per il futuro, invece, non voglio entrare in consigli o dettagli operativi. Non per disimpegnarmi, ma solo perchè i problemi più pressanti sono presenti purtroppo da lunga data, ed anche quest’anno sono stati puntualmente indicati.

Ragion per cui, essendo ben noti a tutti, posso solo formulare il sincero augurio che il Direttivo che verrà eletto oggi sappia mantenere la necessaria continuità d’azione.

E sappia affrontare i tanti punti in sospeso seguendo le giuste priorità d’intervento, portando a compimento quanto non è stato fatto finora. Serviranno la presenza e l’appoggio di tutti coloro che ritengono di poter prestare all’AVIS capacità personali e professionali, indipendentemente dall’aspetto formale di ricoprire o meno cariche od incarichi. Perché sempre più in futuro peserà la forza delle idee.

Così come servirà naturalmente che i futuri Consiglieri mettano fin da subito in preventivo la disponibilità a sacrificare costantemente parte del loro tempo per l’Associazione.

Ma mi auguro anche che non vada smarrita la nostra identità, che anzi deve fondersi in quella che dovrà essere la visibilità dell’AVIS.

Perché, se è vero che l’identità è qualcosa che dobbiamo essere noi – come soci – a sentire e condividere, la visibilità è ciò che riusciamo a comunicare all’esterno.

E’ come facciamo percepire dagli altri la nostra identità.

E’, come potete ben rendervi conto, qualcosa di essenzialmente strategico per l’AVIS prima ancora che comunicativo.

E’ la capacità di dare spazio al proprio ruolo ed ai risultati ottenuti, oltre che saper comunicare nel modo più efficace.

Se sapremo far questo, l’AVIS riuscirà finalmente a ricoprire stabilmente il suo ruolo essenziale e trainante nel mondo del Volontariato.

                        Grazie, e buon lavoro a tutti.