Caro Presidente,

se mi permetto di scriverLe pubblicamente è perché il sottoscritto non ha, e non ha mai avuto, niente da nascondere nei confronti di nessuno, e tantomeno nei confronti dell'agenzia da Lei presieduta, erede di una gloriosa tradizione che inizia con la SRTO nel 1886, la cui passione porto nel cuore dalla più tenera età. Se mi sono deciso a farlo è perché intendo chiarire alcune cose una volta per tutte, e precisare in primo luogo che la diffamazione portata avanti da vari personaggi del variegato mondo degli appassionati, cui si sono uniti di recente i vertici di un associazione che mi ha sfruttato finché gli ha fatto comodo, non ha alcun fondamento nella realtà dei fatti. Dietro un nome che è stato dileggiato per mero interesse di parte non si nasconde nulla di più di un semplice appassionato che non ha scelto di esserlo ma che, nei suoi primi anni di vita, ha guardato con maggior favore i mezzi pubblici invece di tante altre cose cui poteva al contempo interessarsi.

    Quello stesso appassionato nel 1985 ha cominciato a cercare risposte alle sue domande, e appena quindicenne ha cominciato a vagare per archivi e biblioteche quando certi suoi detrattori forse nemmeno sapevano distinguere un autobus da un autocarro, e a tutt'oggi, nel 2009, è una persona che se ne strafrega altamente dei titoli e dei riconoscimenti, che non si ritiene migliore o peggiore di nessuno, e che nella propria attività di divulgatore non ha mai avuto alcun interesse, personale o pecuniario che fosse. Il sito, anzi, è stata una buona occasione per avviare uno scambio di idee e notizie con altri appassionati, in modo che le pagine fossero il più precise possibile.

    Io non ho purtroppo conoscenza piena di quello che può essere arrivato alle sue orecchie e a quelle di altri funzionari a Lei sottoposti. So vagamente, per sentito dire, che Le è stato fatto credere che io sia autore di sottrazioni nell'archivio aziendale, che sia invidioso nei confronti di qualcuno che è stato chiamato a lavorare in ambito aziendale, ma nessuna delle due cose risponde a verità. Anzitutto, il materiale in mio possesso, che sono disponibile a produrre in qualsiasi momento, può essere contenuto comodamente in un cd-rom formato dvd da 4 Gb, perché si tratta di copie in formato digitale sia di foto che di documenti, e in questa massa il materiale direttamente prodotto da ATAC nella sua storia centenaria è oltretutto minoranza. Prova ne sia, a dimostrazione di quello che scrivo, un file in formato excel che le metto a disposizione, che contiene l'elenco aggiornato del materiale fotografico in mio possesso.

    Come potrà accertare di persona, delle circa 19.400 immagini ad oggi pazientemente classificate (leggi diciannovemilaquattrocento), solo poche centinaia sono di provenienza diretta dall'archivio aziendale, e di nessuna (aziendale o no che sia), possiedo una copia su carta fotografica, fosse anche una riproduzione. Molte le ho scansionate personalmente da numeri del periodico aziendale Vita dell'ATAC che mi sono stati donati da un anziano pensionato, ex filoviere, negli anni '80, nonché da un volume del 1948 che ho recuperato, sempre negli anni '80, da vario materiale destinato dal personale del deposito Vittoria all'immondizia. Due o tre, infine, provengono da volumi editi dall'azienda nell'ultimo ventennio.

    Lo stesso vale per gli ordini di servizio. Anch'essi li possiedo sotto forma di scansioni a suo tempo debitamente autorizzate (come le foto), a chi me le ha passate, e la raccolta, che arriva fino al 1960, è comunque incompleta.

    Se posso essere d'accordo che non sia giusto utilizzare questo materiale senza un preventivo accordo con chi ne esercita ogni diritto legale (ma a nessuna delle mie e-mail è mai stata data una risposta), non posso e non voglio accettare l'idea che si possa sostenere che tale utilizzo sia stato fatto in danno dell'azienda. Il sito tramroma e, più modestamente, la parte da me dedicata agli autobus per ora rimossa, potranno avere tutti i difetti del mondo, ma non arrecano certo un danno d'immagine a un'azienda che, me lo permetta, sembra abbia riscoperto il proprio passato solo per l'interesse materiale di pochi opportunisti. La verità è che l'ATAC degli ultimi quarant'anni se ne è altamente strafregata del suo passato e dei suoi documenti storici. Quando nel 1983 mi fu concesso di dare un occhiata ai locali di Via Baccina, che all'epoca mi interessavano più per il loro legame con la storia della SRTO (il cui nome ancora si legge sull'entrata), il funzionario che mi concesse la fugace visita (durata circa cinque minuti), mi spiegò che l'archivio era un porto di mare dove ognuno si prendeva quello che voleva, e che molto materiale era addirittura finito nell'immondizia per l'ignoranza di chi era incaricato di tenere l'ambiente pulito.

    E' una questione che va quindi addebitata alle precedenti gestioni, delle quali Lei non ha ovviamente responsabilità alcuna ma della quale non può non tenere conto. Io ero allora troppo piccolo per pensare di potermi impelagare in operazioni di sottrazione, e comunque già allora pensavo quello che penso ancora oggi. Dei documenti scritti e fotografici quello che mi interessa è il contenuto, non la forma. Che una foto o un ordine di servizio siano pochi byte sul computer o un pezzo di carta ingiallito dal tempo è per me del tutto indifferente. Anche perché non sono un feticista, non devo (mi perdoni l'irriverenza) andare a farmi le seghe al bagno con la foto del 1901 o l'ordine di servizio del 1946. Sono un ricercatore cosciente e scrupoloso, che è stato ammesso in periodi diversi ad importanti archivi come il Centrale dello Stato e lo Storico Capitolino, che ha trascritto manualmente montagne di documenti senza mai arrecare un danno e, prima ancora, senza mai pensare di portarsi a casa un pezzo di carta senza alcuna utilità pratica ai fini del proprio lavoro di ricercatore.

    In quei primi anni '80, del resto, andavo alla scoperta di tutto un mondo che mi piaceva ma conoscevo ancora poco, non pensavo ai documenti, alle foto e ai cimeli, e ben lo sapeva il personale delle rimesse, che più di una volta mi ha trovato al loro interno perché attirato da vecchi autobus come l'ultimo Fiat 410 OM accantonato nel 1983 a Portonaccio.

    Quanto all'altra questione, la presunta invidia verso una certa persona (di cosa, poi, non è mai stato chiarito), non è assolutamente vero che io abbia mai provato a cercare una qualsiasi assunzione in ATAC. E' una balla, come tante questo tipo ignobile se ne è inventate. Stante le mie condizioni di salute avrei potuto ambire unicamente a un lavoro impiegatizio. Essendo io inabile alla guida (anche del mezzo a due ruote), non avrei mai potuto lavorare in mezzo alle vetture, cominciando una carriera che da autista può portare alle mansioni di capolinea e alla promozione a ispettore. Dal momento che sarebbe stato questo il lavoro che avrei voluto fare qualsiasi illazione al riguardo è completamente destituita di fondamento. L'unico tentativo lo feci coi gestori privati delle linee esternalizzate, che assumevano con la qualifica di controllori anche ragazzini ventenni senza patente, ma non avevo l'unico requisito richiesto della buona raccomandazione.

    Il mio atteggiamento negativo nei confronti della persona in questione non ha alcuna attinenza al suo ruolo aziendale, perché è lo stesso che ho sempre avuto con chi parte dal presupposto che è più bravo degli altri, che ha sempre ragione, che in virtù del fatto che scrive due stronzate su un giornale o ne dice altrettante in televisione è un eletto cui tutti gli altri devono rispetto e venerazione incondizionati. Che in virtù di una posizione lavorativa e di un servilismo alla massima potenza si permette il lusso di sostenere che decide lui chi può fare cultura e chi no, chi può scrivere di storia e chi no, chi è un appassionato e chi no, quasi che fosse "il dittatore liberamente eletto dello stato libero di ATAC". E' un atteggiamento che nasce in tempi lontani, non sospetti si potrebbe dire, quando una precedente gestione aziendale aveva messo in piedi il lecchinaggio a tutti i costi dell'utente (chiamato allora cliente), scaricando sulle spalle del personale tutti i mali del trasporto pubblico romano (e qui, se l'argomento non mi portasse fuori tema, avrei molto piacere di tesserne le lodi, di raccontare come sapevano affrontare i problemi quando l'azienda stava attraversando enormi problemi causa il non ancora avvenuto ricambio del parco rotabile).

    Sono sempre stato rimproverato per questo mio modo di fare, ma se è vero che in tutte le comunità i posti da opportunista e da servile non rimangono mai vacanti, altrettanto vero è che non sono mai riuscito a digerire questa categoria di persone. Anche se fanno pensare di me il contrario io credo nella comunità, e credo che siamo tutti uguali, che non ci sono migliori o peggiori, bravi o cattivi, belli o brutti. Ognuno ha una sua passione personale, coltiva un interesse primario che può essere la rete autobus, la ferrovia Roma Nord, i regolamenti di esercizio delle FS, etc, ed è solo unendo le conoscenze di tutti, favorendo lo scambio delle idee e delle opinioni, che si riesce a fare una vera opera di divulgazione.

    Il lecchinaggio e il servilismo sono i motivi per cui ad un certo punto ho lasciato un'associazione in cui credevo, quella il cui presidente prima mi ha invitato a comporre una certa pubblicazione ed oggi lo nega.

    Questa famosa pubblicazione è il vero motivo che mi ha spinto a indirizzarLe questa lettera. E gliene voglio parlare, caro Presidente, premettendo che io non avevo alcun interesse particolare a che si realizzasse. Il quaderno "L'autobus a Roma - Appunti, immagini, curiosità" doveva uscire nell'ambito di un'opera di divulgazione curata da un associazione che si occupa principalmente di mezzi a motore, e il fatto che sia stato chiesto a me di compilarlo deriva dal fatto che sono stato fino ad oggi l'unico ad aver avviato una divulgazione sistematica in materia di autobus. L'ho concepito come una riduzione all'osso di un precedente manoscritto da me predisposto, il cui testo era pubblicato nel sito che ho rimosso.

    La pubblicazione (che a me era stata richiesta dal famoso Presidente che oggi lo rinnega, ed è stata sostenuta apertamente dal Consigliere che è stato costretto a rinnegarlo), avrebbe dovuto contenere alcune immagini provenienti dall'archivio aziendale, e mi permetta di dubitare che il vero motivo dell'ostilità dell'azienda risieda nel fatto che non c'era l'autorizzazione ad utilizzarle. Le immagini per la pubblicazione cartacea, infatti, erano state scelte tra quelle già pubblicate sul sito (a titolo puramente informativo le do qui un esempio della pubblicazione e uno screen della pagina del sito dove le stesse foto erano già on line), e fa davvero ridere che due persone siano andate a dire in giro che ATAC stava sul chi va là, che appena ricevute le bozze avrebbe controllato se le foto in questione mancavano o meno dall'archivio aziendale.

    Il fatto che il sito mostrasse quali fossero le foto in questione (ed anzi ne conteneva molte di più: in due anni il tempo di effettuare qualsivoglia controllo non è certo mancato), dimostra l'evidente malafede della cosa.

    Ora mi chiedo (e Le chiedo): stanno sul sito e nessuno di ATAC, pur avendone la prerogativa e il potere, in oltre due anni mi impone di rimuoverle; ne utilizzo qualcuna su due noti forum, a scopo puramente didattico (non speculativo), e nessuno di ATAC, sempre avendone la prerogativa e il potere, impone agli amministratori di eliminarle. Perché non va bene se stanno su una pubblicazione di poche pretese che avrebbe dovuto onorarsi della sua presentazione scritta? Perché è stato detto un NO secco quando, alcuni mesi or sono, è stata sottoposta non so a chi in ATAC (se poi è vero, perché oggi ne dubito), e perché succede il finimondo se decido di far vedere le pagine mai uscite ricordando il centenario della delibera di istituzione dell'azienda?

    Converrà con me, caro Presidente, che c'è qualcosa che non quadra. O vanno bene sempre, o non vanno bene mai.

    Io non posso spiegarmi questo diverso modo di vedere le cose, di essere indifferenti a una cosa (il sito), e ostili a un altra (la pubblicazione), e neanche gliene chiedo ragione, perché Lei non ha alcun obbligo di darmi una risposta, ma che si tratti di una manovra portata avanti per mere ragioni di invidia personale è cosa fin troppo ovvia. Lo dimostra il fatto che anche stavolta, come nel caso del libro "Tram e filobus a Roma" (cui ho collaborato in prima persona, motivo per cui il mio nome è presente tra i ringraziamenti: è una soddisfazione che dopo tre decenni di ammirazione degli autori volevo togliermi), si sono puntualmente messe in mezzo persone che non c'entrano, e nessuno si è preso il disturbo di chiedere conto al sottoscritto. Così come nessuno, in fondo, si è mai preso il disturbo di verificare se dietro una semplice opera di divulgazione, a prescindere dalla forma (sito internet, libro, etc), si nascondessero interessi particolari o solo una semplice passione.

    Forse, aggiungo io, perché lo sapete anche a Via Ostiense che, almeno per quanto mi riguarda, tutto nasce dalla passione e non c'è alcun fine speculativo. E forse (ma a me sta bene così, perché è questo il mio scopo e, più in generale, lo scopo della divulgazione), vi fa anche comodo che qualcuno si preoccupi di apparecchiare una tavola dove, quando necessario, l'azienda può servirsi liberamente (ed è stato fatto, con buona pace dei miei detrattori).

    Del resto, se dietro la mia opera di divulgazione ci fosse stato un qualsivoglia interesse pecuniario, o comunque disonesto, le pare, caro Presidente, che certa gente non avrebbe sfruttato la cosa per i propri fini? Lo stesso vale per chi va dicendo che io ho rubato nell'archivio aziendale. Se chi lo dice ne è tanto sicuro perché non va dal magistrato? Perché non espone una denuncia formale? Di cosa hanno paura tutte queste persone? Che non trovando nulla a destra il magistrato possa aver l'idea di andar a cercare a sinistra?

    Di sicuro c'è soltanto l'interesse di chi lavora a costruire un sodalizio elitario, una vera e propria casta che in virtù di qualche rotabile mal restaurato, esposto in una raccolta privata occasionalmente aperta al pubblico e spacciata per museo, vorrebbe assicurarsi l'esclusiva della cultura in questa materia.

    E l'elitarismo non danneggia i singoli, ma la comunità. Dove vince l'elitarismo viene meno uno dei valori più importanti della democrazia e del vivere civile, la libertà di espressione; viene meno la libertà di poter chiedere a chi ne sa di più una cosa anche ingenua (del tipo: perché un autobus va a gasolio e non a benzina), senza il timore di sentirsi rispondere "sei un ignorante"; la libertà di poter scrivere a favore della metro C rivendicando il diritto di non farsi dare del demente; la libertà di poter vivere la propria passione con chi crede nella comunità, nello scambio delle idee, nel sodalizio costruito su quella uguaglianza dei cittadini sancita dalla Costituzione; la libertà di condividere le conoscenze acquisite con altri, per diffondere una vera cultura del trasporto pubblico che, in definitiva, va anche a favore dell'azienda da Lei presieduta.

    Caro Presidente,

mi rendo conto di averla tediata anche troppo. Come già ho scritto non mi aspetto una risposta, ma solo l'ennesimo polverone dei fautori della casta. Lo alzino pure, tanto - e anche questo l'ho già scritto - io non ho niente da nascondere verso nessuno. La mia coscienza è pulita, perché mi arrogo il merito di aver portato alto il nome di ATAC e di averne glorificato la storia quando altri, allo stesso tempo, ne parlavano (e ne parlano), bene o male a seconda di come gli fa comodo.

    Chi le ha scritto è un modesto (in tutti i sensi), ricercatore storico con un interesse specifico per la divulgazione scevra da qualsivoglia interesse, che sa apprezzare, ed anzi appoggia pienamente, l'ammodernamento del trasporto pubblico, e concludo esprimendo l'auspicio di potergliene dar prova, e più in generale di potermi difendere dalla massa di fango che mi è stata gettata addosso da chi non sarebbe mai capace di portare avanti un'opera di ricerca storica e divulgazione, e fa di tutto per distruggere quella di chi non accetta che il proprio lavoro (e due decenni di ricerche storiche pagate di tasca propria), debbano servire a soddisfare una mera voglia di apparire e dover sembrare sempre più bravo degli altri.

    Se anche al peggiore delinquente è garantito il diritto alla difesa, non vedo perché non debba essere garantito anche al sottoscritto.

    Nel chiederLe scusa per il disturbo, voglia accettare i sensi della mia più alta considerazione.

Mauro Di Pietrantonio