LA PAZZIA DELLA PREDICAZIONE

"…… è piaciuto a Dio di salvare i credenti mediante la pazzia della predicazione". (I Corinzi 1:21)

 

Dopo il discorso sull'Areopago di Atene (una delle colline ad Ovest di Atene, consacrata ad Ares dio della guerra. La collina era anche sede del tribunale supremo di Atene. Uno dei membri dell'Areopago: Dionisio "l'areopagita", si convertì proprio in seguito alla predicazione di Paolo); l'apostolo Paolo si reca nella vicina Corinto, facendo tesoro dell'insuccesso dovuto alla sua predicazione basata più su concetti filosofici della religiosità dei greci, che non sull'annuncio dell'Evangelo così come lui stesso l'aveva ricevuto.

Anche se non possiamo dire che ad Atene, sia stato un vero e proprio insuccesso, dato che vi furono alcune conversioni (Atti 17:34); notiamo tuttavia, in Corinto un annuncio totalmente diverso, fondato non su "eccellenza di parole e di sapienza", come egli afferma in I Corinzi 2:1, ma non sapendo altro "fuorchè Gesù Cristo e Lui crocifisso" (I Corinzi 2:2).

Attraverso la propria sapienza, l'umanità non è mai riuscita a conoscere Dio, e Paolo ne fa la sua amara scoperta con i "sapienti" del suo tempo ed in seguito può anche dire "Poiché, visto che nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio con la propria sapienza, è piaciuto a Dio di salvare i credenti mediante la pazzia della predicazione". (I Corinzi 1:21). E' per questo motivo che Paolo concentra il proprio messaggio sul Gesù crocifisso "poiché la parola della croce è pazzia per quelli che periscono; ma per noi che siamo sulla via della salvazione, è la potenza di Dio" (I Corinzi 1:18).

Ma in cosa consiste la pazzia della croce e la sua predicazione?.

Il mondo culturale e religioso di quel tempo anche se a grandi linee, poteva dividersi tra "Greci" e "Giudei". I primi erano depositari di un immenso bagaglio culturale e filosofico; basti pensare solo ad alcuni tra i loro più famosi pensatori e filosofi come Socrate, Platone, Aristotele e tanti altri ancora. Per un mondo impregnato dal pensiero di tali uomini era inconcepibile ed usciva fuori da ogni logica che il problema dell'angoscia interiore dell'uomo e lo scopo ultimo della sua stessa esistenza potessero trovare una risposta nell'annuncio di un uomo che per raggiungere il proprio obbiettivo, abbia dovuto morire inchiodato su di una croce. Ed oltre a questo, rifacendosi alla stessa mitologia greca, pur avendo sentore di dei che assumono sembianze umane, o unendosi con umani generare dei semi-dei o super-uomini, l'idea di tali super-uomini erano da associarsi alle sole straordinarie caratteristiche di forza fisica e di astuzia. Gesù non corrispondeva affatto ai canoni greci di un dio che diventa uomo e che alla forza fisica oppone la forza dell'amore e della mansuetudine e conclude la sua esistenza terrena lasciandosi appendere ad una croce senza opporre la benchè minima resistenza.

Per i Giudei il dilemma era ancora più grande. Se i Giudei contemporanei di Gesù furono delusi da un uomo che si autoproclamava Messia e che predicava l'amore fra gli uomini ed il perdono dei torti subiti dai propri nemici, mentre essi aspettavano (ed aspettano) un Messia che con la forza li avrebbe liberati dal giogo romano; per i contemporanei di Paolo il problema era duplice, a questo si aggiungeva un passo della Parola di Dio che affermava: "Maledetto chiunque è appeso al legno" (Deuteronomio 21:33) (Galati 3:13), e si sa che i Giudei erano fin troppo scrupolosi nell'osservanza della Legge, tanto che lo stesso Gesù dovette riprenderli più volte per la loro scrupolosa ed ipocrita applicazione della Legge che li faceva trascurare principi ben più importanti e passi in cui è mostrato più l'amore di Dio, che la Sua azione punitiva per gli errori del Suo popolo.

Ma allora a chi era rivolta questa predicazione se sia i Gentili, sia i Giudei sembravano esserne esclusi?

Paolo afferma in I Corinzi 1:23-24: "ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia; ma per quelli i quali sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio".

Il Cristo crocifisso rende inutile ogni speculazione filosofica e religiosa sulla sua natura e sul suo messaggio; la strada del cielo è sbarrata dalla croce per costoro, mentre è spalancata per quanti accettano la semplice "pazzia della predicazione" del Cristo crocifisso e la realtà della sua resurrezione.

PAOLO A CON FRONTO CON STOICI ED EPICUREI

Ad Atene, tra coloro che ascoltavano il discorso di Paolo, vi erano anche degli stoici e degli epicurei (Atti 17:18), seguaci di due importanti correnti filosofiche elleniche.

Fondatore dello stoicismo fu Zenone di Cizico nell'isola di Cipro. Nel 314 a.C. era giunto ad Atene, naufrago e povero. Qui trovata in una libreria la vita di Socrate scritta da Senofonte, iniziò a dedicarsi alla filosofia. Dal 304 a.C. iniziò ad insegnare nel Portico Dipinto (o Stoa Pokilè). Il nome stoico fu affibbiato a questi filosofi proprio perché si riunivano nella Stoa o porticato a colonne.

Gli stoici erano panteisti, credevano che l'universo fosse permeato e governato da un dio che aveva creato ogni cosa traendola dal proprio essere. Essi credevano che l'uomo stesso (ed in particolare la sua intelligenza) fosse divino. Mar'Aurelio era convinto di poter giungere alla felicità praticando nell'intimo un culto spirituale. Lo stoico si proponeva di vivere in armonia con l'universo conformando la sua volontà alla Provvidenza; si sforzava di essere autosufficiente e di evitare le passioni. Gli stoici consideravano il suicidio la più alta manifestazione di libertà umana. Professavano agnosticismo e indifferenza riguardo all'immortalità o meno dell'uomo; inoltre credevano che l'anima individuale, alla fine del mondo, fosse destinata ad essere riassorbita nell'anima cosmica. Ciò spiega il loro atteggiamento nei confronti di Paolo di derisione e disinteresse (Atti 17:32).

L'altra tra le principali correnti filosofiche era quella degli epicurei. Epicuro un filosofo greco nativo di Samo fondò nel 310 a.C. a Militene un centro di cura per coloro che soffrivano di nervi o erano affetti da depressione. Epicuro si ispirò alla concezione di Democrito, il quale sosteneva che nel mondo ogni cosa risultava dall'incessante moto di aggregazione e di disgregazione di minuscoli atomi invisibili. Gli dei poi, secondo questo sistema di pensiero, sebbene esistenti, erano ben lungi dalla vita degli uomini della quale si disinteressavano completamente. Quanto agli uomini di conseguenza, dovevano tenersi lontani da ogni superstizione e dalla paura della morte. Epicuro pensò che gli uomini dovessero perseguire la dolcezza e la tranquillità. La vera felicità, secondo Epicuro, consiste in una vita libera dal dolore, da trascorrere in tranquilla oscurità, piena delle gioie dell'amicizia. Gli epicurei non credevano nell'immortalità e consideravano ridicola l'idea della resurrezione. Alla morte, essi credevano che gli atomi che avevano formato una persona si disintegravano semplicemente per poi tornare di nuovo ad unirsi.

In un epitaffio sepolcrale epicureo leggiamo: "io non ero, io ero, io non sono, io non me ne curo". Alcuni epicurei giungevano piuttosto brutalmente a tale conclusione espressa in un altro epitaffio: "mangia, bevi, gioca, tanto finirai qui". Quest'ultima frase ricorda da vicino quella citata da Paolo: "mangiamo e beviamo, poiché domani morremo" (I Corinzi 15:32).

Ciò che ci interessa considerare alla fine di queste brevi considerazioni su due delle maggiori correnti filosofiche greche, e l'atteggiamento e l'affinità con il pensiero moderno e l'atteggiamento della chiesa moderna di cui quella di Corinto è per certi versi figura. Ma soprattutto l'atteggiamento di Paolo dopo il suo viaggio ad Atene. Atti 17:16-34 è un bell'esempio di dialogo con una cultura diversa. Paolo inizia valorizzando l'attesa del mondo pagano per annunciare il Dio provvidente e spirituale, che è creatore dell'universo e signore della storia.

Filosofia storica fondata sulla dialettica di bene e di male, di virtù e vizio, di peccato e redenzione, sulla distinzione degli uomini in oppressori e oppressi, in vincitori e vinti, in potenti e umili. La ricerca di Dio non è impossibile, perché Egli è più vicino di quello che pensiamo. Alla fine dopo una lunga pre-evangelizzazione ecco l'annuncio centrale: la bella e grande notizia di Gesù risorto. Ma questo annuncio, che costringerebbe gli uditori a rivedere le loro idee ed il loro comportamento, è rifiutato come una pazzia. In quella gente sofisticata non c'era un'attesa vera e profonda.

La conclusione non può essere che unica: l'uomo non può con la filosofia (amore per la sapienza) conoscere Iddio. Egli non può fuggire dinanzi alla realtà. La morale umana non riesce a tenere il passo con la tecnologia. La corsa affannosa al successo, il discorso politico ambiguo, il condizionamento dei mass-media, il chiodo fisso del sesso, la morte, sono tutte vie che la nostra generazione percorre nel tentativo di evitare l'incontro con Gesù il Cristo e la "pazzia della predicazione della croce".

Di: Michele Garruto