Progettato e strutturato come la colonna sonora di un suo romanzo di fantascienza, scritto nel 1995 e solo parzialmente edito, questo album è forse il punto di arrivo e chiusura di una fase artistica nella carriera di Deca; così come lo era stato “Premonizione Humana” nel 1992.
Aracnis Radiarum ha sofferto indubbiamente di una elaborazione protrattasi oltremodo nel tempo (quasi quattro anni) e inframmezzata da altri progetti e lavori secondari; ma in definitiva raccoglie l’eredità delle ricerche compiute dall’autore in fatto di suoni dal 1994 in poi e torna ad un ideale punto di partenza sovrapponendo una forte componente musicale alle abituali sperimentazioni. Nessun confronto possibile con il precedente “Simbionte”, che è praticamente coevo nella progettazione pur seguendo tutt’altra strada sul piano formale. Piuttosto viene spontaneo attingere ad album come “Phantom” o i due volumi di “Sodoma”, di cui Aracnis Radiarum perfeziona molti aspetti trasformando ostili e dilatati componimenti in una dozzina di tracce talora molto immediate e sicuramente molto descrittive, più che evocative. Di certo Deca ha messo a frutto un’esperienza ormai ventennale senza lasciare nulla al caso e mettendo - come sempre - la sperimentazione al servizio di una fruibilità emotiva accentuata, che sfiora ambientazioni cosmiche e metafisiche senza mai cedere alla tentazione di farsi compiacere. L’album è quasi una rilettura del suo romanzo in chiave visionaria, che vuole narrare senza limitarsi a commentare. Cosa del resto inevitabile, visto che il romanzo pochi lo hanno letto. Il che se da un lato può dare più libertà di respiro all’ascoltatore, dall’altro imbriglia giocoforza la musica in uno schema fatto di sonorità ricorrenti, alternanze di ritmi ora congesti ora blandi, atmosfere più prevedibili del solito.
Ciò non significa comunque che si tratta di un’opera scontata e priva di originalità. Il marchio di fabbrica di Deca resta forte, personale, e l’album ha momenti di grande impatto che mostrano un livello artistico qualitativamente notevole. Tracce come “Autoclone Euscorpius”, “Time Transmitter”, “Extoid”, “Racnis Radiarum” sanno far vibrare a fondo il subconscio e le casse dell’hi-fi. Suono stereofonico ricco di dettagli ambientali, grande pulizia acustica e tanti richiami e autocitazioni - come detto - che non mancano di intrigare i più assidui frequentatori del compositore ligure.
R.R.
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