Una storia, tante storie

Quell'anno aveva cambiato il mondo e l'Italia come nessun altro, anche se questo lo avremmo scoperto dopo. Quell'anno, spartiacque tra due ere così vicine e così lontane, quell'anno che aveva battezzato una generazione, ci aveva travolto con i suoi eventi, le sue novità, le sue tragedie. Proprio una tragedia lo aveva inaugurato: la notte dei 15 gennaio un violento terremoto aveva sconvolto la valle dei Belice, nel cuore della Sicilia, facendo 236 vittime e lasciando oltre cinquantamila persone senza una casa, purtroppo per molti anni. Ma altri grandi drammi si erano poi succeduti. Il 4 aprile a Memphis, nel Tennessee, era stato ucciso Martin Luther King, il pastore battista leader per i diritti civili della minoranza nera, scatenando la violenta protesta degli americani di colore. Due mesi più tardi, a Los Angeles, il candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Robert Kennedy, fratello dei defunto presidente John Fitzgerald, era stato a sua volta assassinato. Il 20 agosto i carri armati russi avevano invaso Praga, spegnendo coi sangue la voglia di democrazia della gente di CecosIovacchia. intanto la guerra in Vietnam, la guerra che costava 30 milioni di lire al minuto e centinaia di morti ogni giorno, non ne voleva sapere di cessare, mentre in Biafra migliaia di bambini venivano uccisi dalla fame. Quell'anno - epilogo di un decennio di grandi trasformazioni, miscela di benessere e di crisi, segnato dai Beatles, dai Rolling Stones, dalla minigonna di Mary Quant, dal primo trapianto di cuore - aveva portato anche le rivolte operaie e studentesche, gli scontri con la polizia. In Francia, in Germania, poi anche a Roma, a Milano, a Torino, in tutta Italia.

Si, era stato un anno infuocato: l'anno della protesta, della rivoluzione, del cambiamento. Ma il 1968 era stato anche l'anno dei Giochi Olimpici di Città dei Messico, ì Giochi dell'altura, dei Potere Nero e dei record, che a noi, nati con lo sport nel sangue, immersi nello spirito olimpico a Roma '60, avevano regalato emozioni mai provate prima. In quei 15 giorni d'ottobre la televisione ci aveva portato nelle case e nei bar le immagini di imprese destinate a diventare immortali, di primati leggendari, di nomi che mai più avremmo dimenticato: Bob Beamon coi suo fantascentifico salto a 8.90; jim Hines coi primo "meno 10' sui 100; Tommie Smith con quei 200 favolosi, gelati poi dalla protesta a pugno chiuso sul podio; Al Oerter e il suo poker nel disco mai riuscito prima a nessun altro, in nessun altro sport; Dick Fosbury, e quello stile che avrebbe dato un altro volto al salto in alto. E poi ancora: Lee Evans, Kip Keino, Willie Davenport, Viktor Saneyev, WyorniaThyus, Irena Szewinska-Kirszenstein. Ma anche Beppe Gentile e il suo effimero primato dei mondo nel salto triplo, durato solo 50 minuti, così come Eddy Ottoz e quei bronzo da brivido nei 110 ostacoli. Si, ci eravamo entusiasmati anche per Klaus Dibiasi, oro nei tuffi dalla piattaforma; avevamo gridato per Renzo Sambo e Primo Baran,che col timoniere Bruno Cipolla avevano vinto il "due con" nel canottaggio; avevamo applaudito infine Pierfranco Vianelli, che aveva trionfato tutto solo nella prova in linea di ciclismo, mettendosi alle spalle due fuoriclasse come il danese Mortensen e lo svedese Petterson. Ma le gare di atletica - con tutti quei record, con i drammi nelle gare di fondo e mezzofondo diventate improvvisamente anaerobiche per via degli effetti dell'altura allora poco conosciuti - ci avevano stregato più di qualsiasi altra disciplina. Anche perché, ammettiamolo, noi la regina degli sport l'avevamo nel cuore.

Arriva il 1969. L’attenzione è sempre sul Vietnam che continua a produrre sangue, sugli scontri tra studenti e polizia, sulle bombe in Irlanda dei Nord tra cattolici e protestanti. Poi, il 21 luglio, ecco lo sbarco sulla luna, l'emozione dei secolo, con quell'orma di Neil Armstrong che ci resterà impressa a vita nella memoria. Ma quell'anno, in Italia, è segnato anche dagli scioperi nelle grandi fabbriche dei Nord, dagli attentati sui treni, dalla strage di piazza Fontana. lo sport cerca di dare una valvola di sfogo a questi momenti tragici: il Milan di Rivera, '"pallone d'Oro", si regala la seconda Coppa Campioni, travolgendo l'Ajax di "baby" Crujff, e poi trionfa anche nella coppa Intercontinentale battendo gli argentini dell'Estudiantes; Felice Gimondi vince il suo secondo Giro d'Italia, quello dei "giallo" doping di Merckx a Savona; Paola Pigni migliora il primato dei mondo dei 1500 e,Eddy Ottoz vince l'oro nei 110 ostacoli agli Europei di Atene. Intanto l'eco di Città dei Messico non si è ancora spenta. Quei Giochi hanno lasciato in tutti un ricordo indelebile, spruzzando nell'aria nuovo fermento sportivo e, soprattutto, tanta voglia di atletica. Un altro fatto, tuttavia, concorre alla nascita di quella che, all'inizio, è una sorta di attività ludica fine a se stessa, senza un'organi2zazione societaria, ma che dopo breve tempo si trasformerà in un club di atletica a tutti gli effetti, con tanto di divisa, quadri tecnici e dirigenziali. Nel 1969, infatti, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano varano i Giochi della Gioventù, un'invenzione straordinaria che poi, coi passare degli anni, verrà svilita e maltrattata, perdendo il suo significato e il suo importantissimo messaggio. In passato Rovellasca aveva già conosciuto l'atletica leggera, ma in maniera possiamo dire sporadica, quasi clandestina, sebbene più di un atleta si fosse distinto, soprattutto nelle corse podistiche, anche in ambito regionale e nazionale. Ma i Giochi della Gioventù sono l'occasione per gettare il seme e colpire nel segno: la fase comunale, pubblicizzata coi classico passa parola, attira 76 ragazzini, quasi tutti ignari di cosa voglia dire partire dai blocchi, lanciare un peso, saltare in lungo. Figuriamoci poi se sanno cos'è il tartan, quei nome che comincia ad andare di moda nell'atletica internazionale, perché con quei materiale si iniziano a costruire le piste "vere", dopo gli anni della tennisolite. A Rovellasca manco c'è una pista di atletica, nemmeno in carbonella. A correre, a saltare, a lanciare, si va al parco, il parco Burghé, dove però bisogna aspettare che i bambini abbiano finito di giocare a biglie nella sabbia o che "quelli dei calcio" abbiano terminato le loro scorribande dietro al pallone.

Ai Giochi della Gioventù viene quindi posata la prima pietra dell'Atletica Rovellasca, che all'inizio non si chiama ancora così, in quanto inglobata nello Sport Club Rovellasca 1910. Gli artefici di quei primi vagiti sono Ernesto Crola, Sergio Bianchi ed Enzo Campi. Sono loro che s'inventano l'attività e fanno opera di proselitismo in paese, che indossano contemporaneamente i panni dei dirigenti, dei tecnici, dei giudici, coi megafono in una mano per chiamare i ragazzi e il cronometro nell'altra, pronti a far scattare le lancette per prendere il tempo. Patrizia Bianchi, Milena Pedersini, Marinella Carugo, Miriam Buson, Claudio Turconi, Walter Mendo, Ciro Manzo sono i ragazzi che si segnalano sin dalle prime gare, sia per i loro risultati sia per la passione con cui affrontano gli allenamenti. Patrizia Bianchi è una velocista molto dotata e lo si vede subito. Sui 60 piani è tra le più brave della provincia nella categoria Ragazze: infila una vittoria dietro l'altra e, a fine stagione, sulla pista di San Donato Milanese (che allora chiamavano tutti Metanopoli), conquista un inatteso secondo posto ai campionati regionali, correndo in 8"3. E' sua quindi la prima medaglia importante nella storia dell'Atletica Rovellasca, ma anche negli anni successivi Patrizia si prende belle soddisfazioni. Come a Roma, dodici mesi più tardi, quando è decima assoluta alle finali nazionali dei Giochi della Gioventù. Oppure come nei 1971, quando con 12"8 sui 100 ottiene il minimo per poter partecipare ai campionati italiani Allieve, prima rovellaschese a riuscire nell'impresa. Chi promette bene è anche Flavio Alberio. Fisicamente già ben messo per la sua età, si cimenta con successo nel getto dei peso. C'è anche lui nel 1970 a Roma ' quando la neonata società rovellaschese è presente per la prima volta Con i suoi atleti alla finale nazionale dei Giochi della Gioventù, insieme alle velociste Bianchi e Carugo e alla saltatrice in lungo Pedersini. Quell'anno vince anche il titolo di campione provinciale. Ma il suo modo di concepire l'atletica è un po' disincantato, quasi distaccato. Si, diciamolo, Flavio non ha tanta voglia di alienarsi. Ma intanto questo sport gli entra ugualmente nell'animo, e le soddisfazioni che non è riuscito a cavarsi da atleta se le prenderà più avanti, nei panni di tecnico. Già, sembra uno scherzo: proprio lui che non aveva tanta voglia di alienarsi, diventerà allenatore. E che allenatore...

Il dado è tratto. 1 76 ragazzi che nel 1969 si erano presentati alla fase comunale dei Giochi della Gioventù diventano 92 l'anno dopo, 115 nel '71, 125 nel '72, 140 nel '73, quasi il doppio rispetto all'inizio. A Rovellasca l'amore per l'atletica ci mette un attimo a scoppiare. E non mancano le occasioni, anche fuori dai confini provinciali, per vedere sfrecciare gli atleti in casacca rossobiù davanti a tutti, anche se la pista resta sempre un sogno e per alienarsi ci si deve arrangiare alla bell'e meglio, usando i viali dei paese e il parco Burghé. Il 1972 porta il primo grande risultato. A Roma, il 5 luglio, sulla pedana dei salto in lungo sono di fronte, nella finale nazionale dei Giochi della Gioventù, tutte le migliori speranze italiane. Tra loro c'è anche Elena Viganò e per la quattordicenne di Rovellasca è già una grande soddisfazione essere li’. Ma, una volta in gara, non si accontenta. Elena tira fuori tutta la grinta che la contraddistingue e a Ila fine si mette al collo la medaglia di bronzo, con un balzo a 4.94 che al termine della stagione le varrà anche il sesto posto nelle graduatorie italiane della sua categoria. A Rovellasca si fa festa, ma il brindisi non è certo a base di champagne: non c'è mica tanto da scialare, le trasferte costano, il vestiario pure. Per fortuna c'è Enzo Campì, il ragioniere, ad amministrare il portafoglio e a far quadrare i conti della società. Con il contributo comunale e l'aiuto di pochi sportivi rovellaschesi, alla fine dell'anno si arriva a 200.000 lire, appena sufficienti per le spese di ordinaria amministrazione.

Dei resto sono ancora anni grami. Il 1973 si apre con la svalutazione della lira, poi arriva la guerra arabo-israeliana dei Kippur e i Paesi produttori di petrolio chiudono i rubinetti: con l'austerity tutta l'Italia scopre le targhe alterne e le biciclette. Sono ancora anni caldi, gli effetti dei '68 non sono per niente sopiti. Una bomba in piazza della Loggia a Brescia provoca 8 morti e più di cento feriti, l'attentato al treno Italicus fa 12 vittime. Sono gli anni dei rapimenti, gli anni delle Brigate Rosse, gli anni dei governi che durano il tempo di una stagione. In più ci si mette il terrorismo islamico: dopo la strage all'Olimpiade di Monaco, un attacco all'aeroporto di Fiumicino fa trenta morti. Intanto in Cile il generale Pinochet ribalta il governo Allende e impone la sua terribile dittatura militare. Scoppia lo scandalo Watergate e il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, è costretto a dimettersi. Ma c'è anche una buona notizia: dopo dieci anni e due milioni di morti, cessa ' la guerra nel Vietnam, cosi lontana ma anche così vicina. Lo sport cerca sempre di dare uno sfogo ai problemi e alle tensioni. Per fortuna spesso ci riesce, grazie anche alle imprese di grandi campioni. Felice Gimondi continua a opporsi con ammirevole coraggio allo strapotere del "cannibale" Eddy Merckx e trionfa al Mondiale di Barcellona; Gustavo Thoeni domina nello sci e dietro a lui nasce il mito della valanga azzurra, scatenando negli italiani la voglia di domeniche sulla neve; Adriano Panatta si affaccia nei quartieri nobili dei tennis; Giacomo Agostini infila un titolo mondiale dietro l'altro nel motociclismo; rá basket l'Ignis Varese spopola in Europa. Il 1973 è anche l'anno dei calcio italiano: il Milan vince la battaglia di Salonicco e con un gol di Chiarugi conquista la coppa delle Coppe, anche se poi, nella-"fatal Verona", perde all'ultima giornata uno scudetto già vinto, consegnandolo alla Juve, sconfitta però di misura dall'Ajax nella finale di coppa Campioni. C'è anche una data storica: il 14 novembre un gol di Fabio Capello allo stadio Wembley consegna alla nazionale italiana la prima vittoria sul campo del l'Inghilterra. E l'atletica? L’atletica è illuminata da un'impresa destinata all'eternità. Il 27 giugno, sulla pista dell'Arena di Milano, un ragazzone con i baffi, le basette e i capelli lunghi, figlio di un direttore d'orchestra italiano trasferitosi in Sud Africa, cresciuto a pane e rugby e scopertosi fenomeno quasi per caso, ci regala uno straordinario primato dei mondo. Nella seconda giornata dell'incontro italia-Cecoslovacchia, Marcello Fiasconaro, 24 anni, alla quarta gara sugli 800 di una carriera breve ma accecante come una meteora, si lancia in testa sin dal primo metro per chiudere la sua straripante galoppata solitaria in l'43"7, sei decimi in meno di quanto aveva fatto l'anno prima il campione olimpico Dave Wottle.

Nel suo piccolo il 1973 è un anno storico anche per per l’Atletica Rovellasca, perché si festeggia il primo lustro di vita: è un traguardo importante, la vincita di una scommessa giocata cinque anni prima, tra l'incredulità e lo scetticismo di molti cittadini rovellaschesi, che guardavano sbigottiti quei ragazzini in pantaloncini e canottiera correre per le strade dei paese. Nonostante le difficoltà economiche, la società, stimolata anche dall'ingresso di tanti nuovi atleti, è presente a tutte le principali manifestazioni dei calendario regionale: da Pavia a Metanopoli, dall'Arena al XXV Aprile, non c'è gara in cui i colori rossoblù non siano rappresentati. Il quinto anno di attività vede emergere alcuni elementi di indubbie qualità, a cominciare da Patrizia Rebolini che primeggia nella velocità, arrivando a correre i 60 in 8' netti, tempo di valore nazionale e a tutt'oggi primato sociale. Al termine della stagione, un opuscolo senza troppi fronzoli celebra il quinquennale. Vengono riportati tutti i risultati ottenuti e, con contenuta enfasi, vengono evidenziati alcuni numeri, come i 10 partecipanti alle finali nazionali dei Giochi della Gioventù o i tre terzi posti ai campionati regionali. In ultima pagina il riepilogo delle gare effettuate dice che, nei primi cinque anni, l'atleta che ha preso parte al maggior numero di competizioni è Emanuela Babolin, con 50 presenze, contro le 41 di Tiziano Brenna, le 40 di Milena Pedersini e le 38 di Elena Viganò. Il 1973 rappresenta una sorta di trampolino di lancio per l'Atletica Rovellasca, che l'anno dopo si affilia a ben tre categorie: Ragazzi, Allievi e Juniores. La tappa è obbligata, anche se la pista è sempre una chimera e le attrezzature continuano a scarseggiare. Ma l'entusiasmo è più forte delle difficoltà e le vittorie aggiustano tutto. Il risultato più lampante sono le quattro presenze ai campionati italiani. Antonio Carugati, dopo aver portato la società rossoblù per la prima volta sul gradino più alto dei podio in un campionato regionale, nella rassegna tricolore Allievi coglie un sesto posto ancor più esaltante. Lo junior Franceso Robbiani, a sua volta campione lombardo, è nono nella contesa nazionale, con un po' di rammarico perché se avesse ripetuto il 13.14 di giugno avrebbe conquistato la quinta piazza: si rifarà l'anno dopo, ottenendo proprio il quinto posto. Nel salto in lungo, invece, Elena Viganò è dodicesima, sempre tra le Allieve, anche lei con un po' di rabbia, perché il 5.41 realizzato a metà stagione, che sarà a lungo primato provinciale, le avrebbe regalato il podio. Ma va bene ugualmente, così come va bene il 45"4 della 4xl 00 nei campionati Allievi di staffetta, che non è un tempo da primi posti ma insieme al titolo regionale vinto dal quartetto Ragazzi conferma il buon lavoro svolto nel settore velocità, pur dovendo continuare a correre al buio sul rettilineo di viale Trieste, zig-zagando tra le automobili e le buche, talvolta respingendo gli inseguimenti dei cani; o negli spazi angusti della palestra comunale, intasata di atleti di tutte le specialità; o sull'erba sconnessa dei parco Burghé, con fettucce posticce inchiodate al terreno per distinguere le corsie.

Già, di pista si continua a parlare, ma sono sempre e solo parole. Eppure i numeri e risultati sono eloquenti. Nel 1976 gli atleti tesserati sono oltre 150 e la società partecipa a 73 manifestazioni, ad ogni livello. Il 1976 è anche l'anno in cui ci si stacca dallo Sport Club Rovellasca 1910 e nasce l'Associazione Atletica Leggera Rovellasca. Il consiglio direttivo viene rinnovato e Umberto Carcano diventa presidente, rilevando Bruno Mino Galbusera. Aumentano i tecnici e i dirigenti, molti dei quali genitori degli atleti. Come lo stesso Carcano, il cui figlio Rossano si destreggia bene nella velocità e nel salto in lungo. In provincia quella rossoblù è ormai una delle realtà più importanti, come dimostrano i risultati nel Trofeo Gioventù Lariana, prestigiosa e ambita vetrina dell'atletica giovanile comasca che l'Atletica Rovellasca vince per la prima volta nel 1977, battendo nettamente i "cugini" dei Gs Rovello Porro. Il Trofeo, a carattere biennale, entra dodici mesi dopo nella bacheca della società. Il dominio è ancor più netto, ma non potrebbe essere diversamente. Nel 1978, infatti, gli atleti tesserati sono addirittura 168, le vittorie a livello provinciale non si contano e anche in campo regionale, al cospetto di squadroni come la Pro Patria, la Snia, la Snam e la Riccardi. l'Atletica-Rovellasca fa sentire la propria presenza. Con Elena Cattaneo, ad esempio, che nel lancio dei disco Ragazze vince il titolo lombardo e poi strappa la medaglia d'argento alle finali nazionali di Caorle. Ma anche con Riccardo Lodigiani, a sua volta campione regionale negli 80 ostacoli e quarto nella rassegna nazionale. E' un altro anno d'oro, nel quale muovono i loro primi passi tre ragazzi che faranno presto parlare di se. Sono Emilio Moltrasio, Mauro Re e SergioTaverríti. E anche se per il momento i loro risultati passano ai più inosservati, si capisce che hanno stoffa. E molta, per la verità.

Nel frattempo alcuni dei ragazzi dei '69, quelli che avevano dato vita al nucleo iniziale, entrano nei quadri societari. Siamo alla stagione dei decennale, Umberto Carcano passa il testimone a Italo Zara, mentre Sergio Bianchi ed Ernesto Crola si sono fatti da parte un paio d'anni prima, pur continuando a seguire da lontano le vicende della società. Elena Viganò - sì, proprio lei, la ragazzina che nel 1972 aveva vinto la medaglia di bronzo ai Giochi della Gioventù - è nominata segretaria. Francesco Robbiani - sì, proprio lui, l'autore dei miglior piazzamento rossoblù ai campionati italiani - è uno dei due consiglieri, insieme a Piersavio Cattaneo. E tra gli allenatori, oltre al solito Enzo Campi che funge peraltro da factotum, figurano Flavio Alberio, Ciro Manzo e Corrado Galleani. Com'è volato il tempo, eppure sono già passati dieci anni da quel giorno di primavera, quando la storia ebbe inizio. Cos'è successo nel frattempq? Tanto e poco. I fermenti dei '68 non si sono ancora dissolti dei tutto, l'Italia è sempre alle prese coi terrorismo, il mondo è ancora una polveriera, con guerre e rivolte pronte a scoppiare ovunque. Il 1979 è l'anno dell'invasione sovietica in Afghanistan e questo evento incide anche sullo sport. Come risposta, l'Olimpiade di Mosca viene infatti boicottata dagli Stati Uniti e da altri 57 Paesi, tra cui Germania Occidentale,Canada e Giappone. L’ltalia invece c'è, anche se con la solita decisione a metà: a casa gli atleti militari, niente sfilata, bandiera tricolore e inno di Mameli. Le nostre vittorie sono ugualmente esaltanti. E le emozioni maggiori ci arrivano proprio dalla regina degli sport, che in Italia sta conoscendo il suo momento magico. Sono gli anni di Pietro Mennea, di Sara Simeoni, di Maurizio Damilano, di Gabriella Dorio, di Venanzio Ortis, che hanno già lasciato il segno agli Europei di Praga '78. Mennea ha appena regalato all'italia il suo favoloso 19'72 che resterà per 17 anni primato dei mondo e si presenta a Mosca da grande favorito per l'oro nei 200, non certo perché i neri d'America sono assenti, visto che li batte ovunque. La sua corsa è un capolavoro, un cocktail di emozioni che in 20 secondi passano rapidamente dalla trepidazione alla rassegnazione, dalla speranza all'esultanza, sua e nostra, con quella disperata rimonta negli ultimi 30 metri che ci fa gridare come ossessi ed esplode in un boato quando l'allievo di Vittori supera l'inglese Wells a un metro dal traguardo. Anche Damilano e la Simeoni si mettono al collo la medaglia d'oro, poi Mennea trascina sul podio la 4x400, tanti altri azzurri entrano in finale e in Italia scoppia la voglia di atletica. Dappertutto spuntano come funghi nuove società, il tesseramento conosce un'impennata, dalla Sicilia alla Valle d'Aosta. Naturalmente la Lombardia non è da meno, al punto che nelle campestri regionali si contano anche 3-400 partecipanti per ogni categoria.

Anche l'Atietica Rovellasca conosce fermento. Nel '79 la società aveva raccolto, tra l'altro, un eccellente quarto posto alle finali nazionali dei Giochi della Gioventù grazie alle staffettiste della 4x11 00, Donata Pizzetti, Luisa Ghezzi, Sonia Tarantello e Nadia Radici, vincitrici anche dei campionato lombardo Fidai. Altri due titoli regionali erano entrati nella collezione rossoblu, senza contare naturalmente le innumerevoli vittorie in campo provinciale, ormai diventate consuete al punto da non fare più notizia. Il 1980 è invece un anno sostanzialmente di transizione, preludio a un 1981 esaltante, durante il quale vengono centrati bersagli pi1éstigiosi, forse i più importanti di sempre. Il protagonista numero uno è Emilio Moltrasio, velocista dalle qualità straordinarie su cui Corrado Galleani lavora con bravura e attenzione, e che esplode quasi all'improvviso. Il primo acuto arriva il 28 febbraio a Milano, dove Emilio, che un mese prima ha indossato la prima maglia azzurra della storia rossoblu, finisce secondo nei 60 piani ai campionati italiani juniores indoor, battuto di una manciata di centesimi - udite udite - da un certo StefanoTiffli. Nemmeno quattro mesi più tardi arriva la perla che ancora mancava: il titolo italiano. li 21 giugno, sulla pista di Firenze, due giorni dopo essere diventato maggiorenne, l'allievo di Galleani vola sui 200 e con una curva magistrale rifila distacchi pesanti a tutti, fermando il cronometro a 21 '78, dopo che in semifinale era stato capace di correre in 21 "62: il primo dei battuti arriva a mezzo secondo, un'eternità per una gara di 200 metri. Tre settimane dopo, a Torino, opposto. a tutti i più forti velocisti dei momento (manca solo Mennea), Moltrasio va in finale agli Assoluti sempre nei 200 ed è settimo in 21"63, confermandosi come il giovane più interessante dei panorama nazionale, anche se poi non ha fortuna agli Europei juniores di Utrecht, dove esce in semifinale sulla sua distanza preferita e manca il bronzo nella 4x100 per 4 centesimi. Le soddisfazioni non si fermano comunque a Moltrasio. Il quattordícenne Mauro Re è quinto sugli 80 hs nella rassegna nazionale Ragazzi, dove anche il campione regionale Giovanni Perego va in finale, nel getto dei peso; Nives Barzaghi è sesta sugli 80 alla finale nazionale dei Giochi della Gioventù; il quattrocentista Ruggero Corti indossa a sua volta la maglia della nazionale juniores.

I dirigenti non stanno più nella pelle, ma è anche un'altra bella notizia a renderli felici: finalmente, dopo una lunga attesa, il Comune dà l’okay per la costruzione della tanto agognata pista. Il nuovo impianto viene inaugurato il 24 aprile 1982 ed è forse il giorno più bello della lunga storia rossoblù. Ci vogliono cento vittorie per regalare la stessa emozione a chi ha atteso tanto, combattendo battaglie difficili, superando ostacoli d'ogni tipo. Per l'occasione l'Atietica Rovellasca organizza la fase interprovinciale dei campionato di società e mette in mostra alcuni dei suoi gioielli, a cominciare dall'azzurrino Ruggero Corti, fresco di medaglia d'argento ai Tricolori indoor juniores. U82 dovrebbe essere l'anno della definitiva consacrazione di Moltrasio. Entrato nell'orbita azzurra, viene chiamato a Formia per alienarsi in pianta stabile con il gruppo dei professor Víttori, l'artefice dei successi di Mennea. I duri allenamenti a cui si sottopone quotidianamente, però, non si traducono in progressi. Anzi, Emilio subisce un'involuzione e non riesce a riconfermarsi numero uno tra gli Under 19, proprio mentre al suo fianco esplode Pierfrancesco Pavoni, argento a. sorpresa nella finale dei 100 degli Europei di Atene. Anche se il trionfo della nazionale di Bearzot nel Mundial spagnolo contagia di calcio mezza Italia, Rovellasca resta fedele all'atletica. La pista dà nuovi stimoli a tutti. E i risultati si vedono già nell'83, anno in cui la società, ora presieduta da Enzo Campi, colleziona la bellezza di quindici presenze (sei delle quali in finale) ai campionati italiani individuali e dieci alla finale nazionale dei Giochi della Gioventù. Mauro Re continua a progredire sugli ostacoli, Marco Zanon si affaccia nei quartieri alti dei salto in lungo, Antonella Cozzi si mette in luce nei lanci, mentre nella velocità spunta Sergio Taverriti, che ai campionati italiani Cadetti è secondo negli 80 e poi trascina il quartetto della Lombardia al successo nella 4x100. Moltrasio, che nel frattempo è tornato all'ovile e si è rigenerato dopo il fallimento della cura-Formia, debutta tra i seniores con un buon quinto posto sui 60 agli Assoluti indoor. E' l'anno dei primi campionati mondiali, che si celebrano a Helsinki. Un pensierino alla Finlandia lo fa anche Emilio, ma per entrare in squadra bisogna andar forte agli Assoluti. Questa volta Mennea risponde all'appello. E ci sono anche i nuovi talenti Pavoni, Tilli e Ullo, gli esperti Simionato e Bongiorni, la rivelazione Rho. Strada sbarrata, Moltrasio è ottavo sui 200, pur con il personale (21 "26), e undicesimo sui 100. Si consola però con la convocazione per le Universiadi di Edmonton: è pur sempre la sua prima maglia azzurra assoluta, che onora con un buon quinto posto nella 4xl 00 e con una dignitosa prestazione nei 200. Intanto a lui iniziano a interessarsi diverse società. C'è di mezzo il servizio militare, c'è il sogno olimpico da inseguire, il distacco dall'Atletica Rovellasca, seppur sofferto, appare scontato. Nella primavera dell'84 Emilio passa quindi alle Fiamme Oro, non prima di aver lasciato come ricordo alla società che lo ha lanciato il terzo posto sui 60 agli Assoluti indoor, dietro a Ullo e Tilli. All'aperto, invece, sarà quinto sui 200 e il sogno olimpico, purtroppo, resterà solamente un sogno.

Los Angeles, i Giochi della ripicca, dei contro-boicottaggio: a Mosca era stato l'Occidente a dire no, stavolta la Russia trascina alla diserzione il blocco socialista. Ma gli assenti hanno sempre torto e quando un atleta sale sui gradino più alto del podio ci si dimentica alla svelta di chi non c'era. Così succede quando Alberto Cova domina i 10.000 metri e fa il tris dopo titolo europeo e mondiale, quando Alessandro Andrei lancia il peso più lontano di tutti, quando Gabriella Dorio mette if suo sigillo sui 1500, seppure orfani delle imbattibili russe. L'atletica azzurra conquista anche un argento con Sara Simeoni, oltre a tre bronzi pesanti: quello di Giovanni Evangelisti nel lungo di Lewis e quello dei marciatori Sandro Bellucci e Maurizio Damilano. Cosa di meglio per drogarci di atletica, per stimolare i ragazzi a venire tutti i giorni al campo, per vedere i prati stracolmi di atleti anche con la neve e la pioggia, per riempire le piste il giorno delle gare. Anche a Roveilasca l'effetto Olimpiadi lascia il segno. Gli atleti sono sempre più numerosi e la società continua a mietere successi. Nell'84 Sergio Taverriti si conferma come uno dei più promettenti giovani velocisti italiani, Riccardo Airoldi fa faville nel mezzofor)do, Elena Fiammenghi si fa onore nei 100 ostacoli. E il settore Master raccoglie le prime soddisfazioni, con Angelo Ballerini argento nella marcia ai Tricolori sui 20 km. Ma arriva anche un titolo italiano: lo conquista, nel quadruplo Cadetti, Marco Zanon, che realizza anche la miglior prestazione-italiana di sempre al limite dei 15 anni.

Che rabbia, però: i titoli italiani potrebbero essere addirittura due, se al traguardo dei 110 ostacoli Allievi un misero centesimo di secondo non separasse Mauro Re dal veronese Todeschíni. U.atleta alienato da Flavio Alberio è protagonista di una stagione esaltante, coronata con un 14"2 manuale che eguaglia il primato italiano di categoria.Mauro è un ragazzo un po' timido, però è sorretto da doti fisiche notevoli. Potrebbe primeggiare ovunque, ma tra gli ostacoli si trova più a suo agio e insiste su questa strada.Fa bene, perché negli anni a seguire raccoglierà risultati importanti. Beh, tanto per cominciare nella stagione successiva, seppure al debutto tra gli Juniores, è due volte quarto nella rassegna tricolore di categoria, sia rndoor che all'aperto. Ma nell'86 il titolo dei 110 è suo e con quello arriva anche la maglia azzurra per la prima edizione dei Mondiali juniores: ad Atene si ferma in batteria, ma è già importante essere lì, a restare incantato di fronte a quello che diventerà il numero uno mondiale degli anni 90, il gallese Colin jackson, e ad ammirare da vicino altri futuri fenomeni, tra cui un certo Sotomayor. L'AtIetica Rovellasca sfoggia con orgoglio la maglia azzurra e quella tricolore dei suo campioncino. Peccato che queste gioie cadano proprio nell'anno in cui Moltrasio appende prematuramente le scarpe al chiodo: non ha ancora 23 anni, nell'85 è stato il quarto italiano sui 100 e il sesto sui 200, i tecnici continuano a riporre in lui grandi speranze, anche perché il talento dei ragazzo non si discute. Ma in lui forse brucia ancora l'esperienza negativa di Formia, l'occasione olimpica sfumata. Insomma, gli stimoli vengono meno ed Emilio preferisce concentrarsi di più sugli studi e pensare alla laurea in scienze politiche, anche perché l'azienda di famiglia lo attende al posto di comando al fianco del padre. Dalla manica l’Atletica Rovellasca estrae però contemporaneamente un altro asso della velocità. Classe innata e fisico meraviglioso fatto apposto per correre, Sergio Taverriti è seguito, come Re, da Flavio Aberio. Nelle categorie minori ha una marcia in più: in Lombardia già da cadetto non ha rivali, in Italia è sempre sul podio e anche in maglia azzurra lascia il segno. Il suo giorno dei giorni arriva il 4 ottobre 1987, quando a Grosseto domina i 400 ai campionati italiani juniores, correndo in 47"84 e lasciando il primo degli avversari ad oltre mezzo secondo. Alla fine della gara ha un misto di gioia e di rabbia: con quel tempo, due mesi prima sarebbe entrato tranquillamente in finale agli Europei juniores di Birmingham, dove invece era stato il primo degli esclusi. Le potenzialità di Taverriti sono enormi. Ma anche lui per sfondare, per poter fare atletica a tempo pieno, non può restare in una società di provincia, che continua a vivere di quote sociali e di piccoli aiuti. Dovendo inoltre assolvere agli obblighi di leva, scontato arriva il passaggio a un gruppo sportivo militare, come era già stato per Moltrasio. E anche per Ruggero Corti, finito alle Fiamme Gialle senza avere troppa fortuna sportiva ma se non altro con un posto di lavoro pronto per il futuro. Nell'88, quindi, Taverriti approda nei Carabinieri, dove raggiunge l'amico Re, arrivato nella Beneamata l'anno prima. le strade dei due allievi di Alberio tornano dunque a incontrarsi, tuttavia il loro destino non sarà lo stesso: Mauro continuerà a essere uno dei migliori ostacolisti italiani e avrà modo di cavarsi ancora delle belle soddisfazioni, inseguirà e sfiorerà l'Olimpiade, inseguirà e vincerà il titolo italiano assoluto; Sergio, per vari motivi (non ultimi gli infortuni), scivolerà pian piano nell'anonimato. Succede, fa parte del gioco, nello sport e nella vita. Resta però il ricordo di un atleta che da giovane correva forte. Eccome se correva forte...

1989, vent'anni. Vent'anni dopo Città dei Messico, i Beatles, le contestazioni, gli attentati. Sembra davvero tutta un'altra era. E in effetti lo è. Anche l'Atletica Rovellasca è cambiata tanto. Dei ragazzi dei '69 è rimasto il solo Alberio. Già, proprio lui, quello che non aveva tanta voglia di alienarsi, che sembrava disinteressato all'atietica. Invece è ancora lì, in mezzo ai ragazzi, a spiegare loro/ con la stessa passione e competenza sempre più crescente, come si fa a correre più veloci,a saltare più lontano, a non abbattere gli ostacoli. Nel frattempo l'Atletica Rovellasca si è ritagliata uno spazio importante, anche oltre i confini regionali, e la stessa dirigenza inizia ad avere un certo peso politico in ambito federale. Certo, l'effetto calamita di qualche anno prima, quando la nuova pista aveva attirato frotte di ragazzi, pian piano si dissolve. Il calo demografico ma soprattutto la concorrenza con gli altri sport si fanno sempre più sentire e addio grandi numeri: il reclutamento, anche nei paesi limitrofi, diventa sempre più difficile. Comunque non ci si scoraggia, anche perché si continuano a raccogliere soddisfazioni. A salire in cattedra, oltre agli atleti dei settore Master, ora sono soprattutto le ragazze. Vanessa Maiocchi si mette in evidenza nel lancio dei giavellotto ed è due volte seconda ai campionati italiani Allieve. nel '91 e nel '92. Silvia Alberti, che pure eccelle nel giavellotto, sempre nel '92 stabilisce la miglior prestazione italiana Cadette di tetrathlon. Intanto il salto in lungo rivela una ragazza dalle caviglie esplosive, che subito in molti indicano come la futura primatista italiana. Che Silvia Pelonero abbia grandi doti non ci vuole molto a capirlo, basta vederla saltare. Però è sempre azzardato sbilanciarsi in simili previsioni con i giovani, la strada che porta al successo è lunga, piena di imprevisti. Lo sa bene Alberio, che infatti getta acqua sul fuoco delle aspettative pur sapendo di avere tra le mani un talento. Un talento che a 14 anni salta già a 5.60 e trionfa ai Giochi della Gioventù, a 15 vince il titolo italiano Allieve, a 16 sfiora il record italiano di categoria atterrando a 6.16. 1 suoi exploit stimolano anche le compagne di squadrai. ,Con lei, Silvia Perego, Loredana Sala e Silvia Alberti, l'Atletica Rovellasca conquista il secondo posto ai campionati di società Allieve di prove multiple ed è il miglior risultato di squadra di sempre. Le stesse atlete fanno incetta di titoli regionali, unitamente alle lanciatrici Ilaria Lamparelli e Barbara Moltrasio, alla quattrocentista Isabella Farina, alla marciatrice Daniela Gabaldi. Proprio sul più bello, però, ecco il temuto imprevisto. Durante una seduta in palestra, Silvia s'infortuna seriamente a una caviglia. Per un saltatore le caviglie sono tutto: è come se un tennista si fratturasse un polso o un lanciatore si rompesse una spalla. Si consultano gli specialisti, l'intervento chirurgico appare indispensabile. La decisione, come sempre in questi casi, non , è facile, anche perché non si può sapere a priori come andrà a finire. Comunque si opta per l'operazione. La ripresa è lenta, dura quasi un anno. Silvia finalmente torna a saltare, torna anche a vincere, si laurea campionessa italiana juniores indoor, ma nonostante l'impegno non è più la stessa cosa. Nel frattempo le compagne continuano a farsi onore. L’1 luglio 1995, a Cesenatico, Rossella Farina, ventenne velocista cresciuta nel Triangolo Lariano, è terza nei 100 agli Assoluti e conquista il posto nella staffetta azzurra per i Mondiali di Goteborg. E' la prima volta dell'Atletica Rovellasca nella rassegna iridata, ma Rossella in Svezia non ha fortuna: il quartetto italiano è squalificato per cambio irregolare. -Si consola il mese dopo sulla pista di Pescara vincendo il titolo tricolore Promesse a mani basse, ma li conclude anche la sua breve parentesi con la maglia rossoblù, durata solo una stagione, e passa alla Snam.

Ed eccoci ai giorni nostri. Giorni che continuano a essere carichi di soddisfazioni, di vittorie individuali e di squadra, a tutti i livelli. la presenza rossobIu sul podio più alto nei campionati provinciali e regionali è una costante fissa, oseremmo dire di routine. In pista, ma pure su strada e nei cross. E non solo a livello giovanile. Anche le finali nazionali e le maglie azzurre sono ormai diventate frequenti. A dare maggior soddisfazione sono naturalmente quelle che arrivano in un certo senso inaspettate. Come avviene il 14 giugno '97 a Grosseto, dove Isabella Farina, ragazza di Erba cresciuta nell'Unione Sportiva San Maurizio, tira fuori dal suo repertorio una gara perfetta e va a vincere al fotofinish il titolo italiano juniores dei 400, legittimandolo il mese dopo con il secondo posto nel triangolare under 19 Italia-Spagna-Ungheria e con il decimo agli Assoluti di Milano, dove con 55"66 fa segnare il miglior tempo stagionale della sua categoria. intanto, alle sue spalle, si fanno largo Fabrizio Schembri e Micol Cattaneo. Fabrizio eccelle nel salto in alto, ma anche nel triplo ci sa fare, al punto che gli bastano poche gare per ritrovarsi ai vertici nazionali; Micol, invece, brilla negli ostacoli, nella velocità e nei salti, in virtù di doti fisiche indiscutibili e di un'ottima tecnica. Il 1998 è per entrambi un anno d'oro. Vincono il titolo tricolore Allievi con prestazioni di assoluto valore ed è la prima volta che l'Atletica Rovellasca mette a segno una doppietta in un campionato italiano. Partecipano ai Giochi Mondiali della Gioventù, a Mosca, dove Fabrizio è medaglia d'argento con un gran salto a 2.12. Micol va anche alle Gymnasiadi di Shangai ed entra in finale sempre nei suoi 100 ostacoli.L’inverno sorride ancora ai due "ragazzini terribili", soprattutto a Micol, che si conferma numero uno sugli ostacoli tra le Allieve, vince anche il titolo di pentathlon, poi è finalista agli Assoluti. La stagione all'aperto, che si apre con la miglior prestazione italiana under 17 sui 150, è ancor più esaltante. La ragazza di Rovellasca è quarta in finale nei 100 ostacoli e medaglia d'argento nella 4x100 alle Giornate Olimpiche della Gioventù Europea in Danimarca, partecipa alla prima edizione dei Mondiali under 18 in Polonia, rivince il titolo italiano di categoria. Schembri, dal canto suo, paga un po' lo scotto dei primo anno tra gli juniores, ma nel salto in alto è pur sempre secondo ai campionati italiani indoor e chiude la stagione con un ottimo 2.16, mentre nel triplo centra il minimo per gli Europei di Riga, per i quali, però, non viene convocato. La stagione del trentennale porta poi due titoli italiani juniores per merito della giavellottista Alessia Cattaneo e il bilancio è dunque tra i più brillanti in assoluto nella storia dell'Atletica Rovellasca. Ma il 1999 porta anche uno dei momenti più tristi di questi trent'anni. Il 16 giugno, mentre i suoi compagni sono al campo ad allenarsi per preparare i primi obiettivi importanti, muore improvvisamente a 22 anni Isabella Farina, la ragazza dal bel sorriso e dai lunghi capelli, la ragazza che proprio tre anni prima, alle soglie dell'estate, sotto il sole caldo della Maremma, aveva conosciuto il giorno più bello della sua breve e promettente carriera. La si ricorderà per sempre così, sorridente sul podio di quel campionato italiano vinto a sorpresa, col rumore degli applausi in sottofondo.