BREVE
STORIA DELLA CHIESA DI VALMAGGIORE
di Lorenzo Raspanti
Nel medioevo, in epoca non
definita, sull’altura di Valmaggiore
sorse un piccolo castello fortificato sulla strada dei monti che conduceva in Toscana,
collegata a vista coi castelli di Monte
Battaglia (ruderi restaurati), della Paventa, di Tirli e della Bastia,
tutti sullo stesso crinale, dei quali ultimi restano solo esigue tracce
segnalate sui percorsi del CAI di Imola. Pare che questa via fosse già
conosciuta dagli Etruschi. Le tracce del castello di Valmaggiore sono
individuabili sul tumulo accanto alla chiesa.
Intorno a questo castello
fiorì un minuscolo “comune”, citato la prima volta nel 1265 con “fumanti XVI”
(camini) in un estimo del contado “supra stratam” di Imola a cui giurò fedeltà
l’anno 1292. Nella stessa circostanza, il castello di Osta – su Monte Guasteto,
più in basso – che si rifiutò di giungere, fu distrutto dalle fondamenta dagli
armigeri imolesi.
A quel tempo Valmaggiore
apparteneva a Maghinardo da Susinana, “il lioncel dal nido bianco”; un secolo dopo
era degli Ubaldini, i fieri feudatari del Mugello confinante; poi appartenne
agli Alidosi di Imola, ai Manfredi di Faenza, a Galeazzo Sforza di Milano, a Caterina Sforza, al
Duca Valentino, al Comune di Imola e infine al comune di Fontanelice, nello
Stato della Chiesa, sotto cui rimane fino al 1797 quando, con la Rupubblica
Cisalpina, cessò la sua esistenza di “comune” e fu aggregato direttamente a Fontanelice e più
tardi nel 1817 a Castel del
Rio.
Nel 1472, il commissario
di Imola per conto di Galeazzo Sforza, Nicola di Scipionio, così scriveva al
suo signore di Milano:
“…Valmaggiore è un casteleto de meno importanza cum una turre
in mezzo, posto in cima d’una collina; fa circha homini LX et loro medesimi
hanno guardati dicto fortezza … e gli stanno dentro de nocte tri homini et de
dì uno o dui …”.
Non sappiamo quando il
complesso architettonico di chiesa, campanile e canonica sia sorto, né come
attraverso i secoli sia stato modificato e ampliato fino alle dimensioni che ci
sono pervenute. Alcune relazioni sui beni ecclesiastici della parrocchia del
secolo scorso fanno risalire la prima chiesa – forse una cappella – intorno
all’anno 1000, dedicata a S. Maria Assunta, e ne citano un’altra più in basso
dedicata a S. Giacomo, scomparsa intorno al 1571 di cui rimane il toponimo di
“Chiesuola”. Nelle stesse relazioni si accenna ad una ristrutturazione della
chiesa nel 1828 e al rifacimento dell’altare maggiore e dei due minori laterali
nel 1895.
Il 19
ottobre 1506 Valamggiore vide uno spettacolo mai visto, né prima né dopo,
su questi monti. Gli abitanti delle due valli accorsero quassù per
inginocchiarsi al passaggio del papa Giulio II che proveniva da Palazzuolo sul
Senio ed era incamminato a cacciare i Bentivoglio da Bologna. Il papa – dicono
gli storici – cavalcava una mula bianca sontuosamente bardata, era preceduto da
una “chinea” col SS. Sacramento e una lampada accesa e seguito da cardinali, da
gentiluomini e da una buona scorta armata. Sulla facciata della chiesa ora è
ritornata una lapide a memoria di quell’evento storico.
Questa chiesa, nei secoli,
seguì le sorti del suo castello come luogo di aggregazione religiosa, economica
e sociale dei contadini del comune e fu un costante punto di riferimento per i
viandanti sulle vie insicure dei monti, ai quali poteva offrire asilo e ristoro
in virtù di antichi lasciti della pietà cristiana, rimasti tradizione fino agli
ultimi parroci. Analogamente, in epoca medievale, esistette un “hospitale” a
Cestina nella valle omonima, poco distante. E quando nel ‘500 il castello
scomparve, come quasi tutti i castelli dei nostri monti, la chiesa gli
sopravvisse acquisendo maggiore importanza nella vita del piccolo comune.
Negli archivi della Diocesi di
Imola è conservato l’elenco dei Sacerdoti che ressero questa parrocchia nei
secoli: nell’isolamento culturale di questi monti, essi furono uomini emeriti
nella guida spirituale e materiale del loro popolo. Ne ricordiamo gli ultimi
vicino a noi, la cui memoria è ancora nel cuore di molti:
-
Don Francesco Gardenghi
-
Don Aristide Samorini
-
Don Serafino Donatini.
La chiesa
di Valmaggiore, nei secoli, è stata testimone di tanti eventi storici. I
più drammatici, sicuramente, furono quelli dell’autunno 1944, quando la guerra
portò su questi monti reparti tedeschi, formazioni partigiane e reggimenti
alleati che, dopo combattimenti frammentati su varie quote, si scontrarono
nell’epica battaglia sanguinosissima di Monte Battaglia;
e a Valmaggiore in poche settimane transitarono o sostarono sotto le granate
oltre diecimila uomini, ognuno col suo carico di fatiche, di dolore, d’odio e
di paura. La chiesa, con la sua vasta canonica, per gli uni e per gli altri fu
ricovero, albergo e ospedale. Nella canonica di Valmaggiore – Parroco don
Gardenghi – nei mesi torbidi che precedettero il fronte avevano trovato
generosa accoglienza alcuni giovani imolesi, sfuggiti ai rastrellamenti
tedeschi in città.
La
notte fra il 28 e il 29 settembre qui bivaccarono anche due compagnie di
partigiani della 36° Brigata “Garibaldi” che defluivano verso le retrovie, dopo
gli aspri combattimenti su Monte Battaglia a fianco degli americani per circa
due giorni, un episodio che assunse un altro significato politico e militare.
Nel
censimento del 1951 la parrocchia di Valmaggiore registrò 187 abitanti con 36
famiglie, sparse nei casolari sui versanti del
Santerno e del Senio. Ma nel decennio della rivoluzione industriale che
seguì, qui avvenne un improvviso esodo in massa verso la pianura e la città che
lasciò deserti campi, case e chiese. Così, in pochi anni, la chiesa con la
canonica accanto e le casi dei contadini, lasciate alla totale incuria, furono
aggredite dagli agenti atmosferici e caddero in completa rovina. Verso il 1980
il Corpo Forestale dello Stato portò la strada rotabile fino a Valmaggiore; e
per sicurezza, gli ultimi muri della canonica cadente furono abbattuti.
Oggi,
la risvegliata cultura delle nostre radici, la contemplazione serena di una
natura quasi intatta che porta su questo monte tanti escursionisti, e la
convinzione che ai giovani fa bene l’antico, hanno mosso uomini di buona
volontà al salvataggio dei muri secolari della chiesa di Valmaggiore, ricca di
storia e di memorie, perché vivano ancora come un monumento alla civiltà
contadina e alla Fede semplice degli uomini e delle donne che qui, per secoli,
trovarono conforto e speranza nell’asprezza della loro vita.
Il
recupero delle rovine della chiesa di Valmaggiore
è stato progettato dall’Istituto per il Sostentamento del Clero di Imola con un
piano di massima presentato alla “Soprintendenza dei Beni Ambientali e
Architettonici dell’Emilia” nell’autunno del 1996, che proponeva la
realizzazione di opere finalizzate al ripristino di alcuni elementi strutturali
dell’edificio collabente per salvaguardare il fabbricato dalla rovina totale.
Il progetto approvato dall’Intendenza prevedeva la realizzazione delle opere in
due fasi di intervento.
Il
primo intervento è quello attuato.
Il
secondo è rinviato a quando sarà disponibile un ulteriore copertura
finanziaria. I lavori di primo intervento, terminati nella primavera del 1997,
sono stati eseguiti dalla ditta Paolini di Castel del
Rio con maestranze locali.
Hanno
voluto il recupero dei ruderi di Valmaggiore la chiesa imolese e il suo
Vescovo, Mons. Giuseppe Fagiani, con l’approvazione e l’impegno della
“Soprintendenza dei Beni Ambintali e Architettonici dell’Emilia – Bologna”. Il
Comune di Castel del Rio ha facilitato l’esecuzione del progetto. La Comunità
Montana Valle del Santerno ha curato la strada di accesso a Valmaggiore.