1.
Se vuol venir che venga,
Altrimenti la via è preparata
No non sono disperata
Come vorrebbe lui.
2.
E tu credevi, sciocco,
Che io fossi una fraschetta
Di quelle della piazza.
Che non le vuol nessuno ?
3.
Sebbene io non ci pensi
Occhiate non mi mancano:
E se volessi, anche
Quelle di qualche signorone.
4.
Ma io non voglio saperne:
Dei ricconi me ne frego
So io la mia condizione
E come ho da stare. -
5.
Era assai che subodoravo
In te l'ideuzza di farmi lo sgambetto,
Tacevo per paura di eccitare
Ancor più il cervello nella mia testolina.
6.
Ai miei occhi me lo faceva intuire
Quel modo di guardarmi truce ed immusonito:
Sembrava, per davvero, che avessi bevuto:
Litigando ed uscendo dal seminato.
7.
Tu, con me scherzi senpre:
Ma guarda, che tela, accidenti !
Ne filerai assai poca con me -
Generato d'un serpente indemoniato!
8.
E questi tuoi modi rozzi e spiritati,
Mi fanno vivere sempre angosciata,
E l'anima mi tiene aggrovigliata
Che alla fin fine mi farà esplodere.
9.
E dopo che mi avevi instupidita
Pensavi di darmi il benservito ?
Va col diavolo signor faccia da cane,
Ogni passo ti possa far rovinare !
10.
Ah sul serio, per quanto è vero Dio !
Hai tu l'uzzolo di lasciarmi
E con questo gettarmi nell'abisso
E d'affanni farmi schiattare ?
11.
Ah in fede mia ! Se mi lascia
Io per questo piangerò ?
Subito subito, un bel ragazzo,
Assai meglio di te mi troverò.
12.
Va, va allo sprofondo -
Va a quel paese .... pussa via ....
Ti possa il fiato schiattare
E venire il malocchio. -
13.
Guardalo là ! Quel birbante ?
Perchè suo zio Sorre
Gli ha lasciato un pò di campagna,
Vuole tutto quel che vuole lui.
14.
Ed ora che gli ulivi stracarichi
In questa primavera si vede,
D'esser diventato si crede
Il Doge imparruccato.
15.
Fa la ruota, ed arzigogola
Con i suoi "pardêj", "pardêj",
Di calpestarmi per bene i piedi
E strapazzarmi il cuore.
16.
Ma io quel suo fare non intendo,
Questi motteggi non mi piacciono:
Per vivere sempre in pace
Bisogna sapersi amare.
17.
E non andar dietro ad ogni cosa,
E non scaldarsi il capo,
Di una pagliuzza farne una trave,
E stuzzicarsi vicendevolmente.
18.
Secondo lui bisognerebbe
Che io stessi sempre in casa,
E mai un pò di svago
Dovessi prendermi.
19.
E quando poi esco fuori
Di non fermarmi da nessuna parte
Ed incontrando i signori
Di voltarmi e far dietro front;
20.
Ed anche stando in chiesa,
Lui vorrebbe che io stessi
Col fazzolettone sempre in testa
Senza neanche dire - bà -.
21.
Come fanno le bigotte:
Rimediando litigi continui
Semmai di quando in quando
Un damerino mi sta a guardare.
22.
Ma sinchè darai credito
Ad ogni quisquilia che capita
Più di un rospo
Avrai da ingoiare.
23.
Mi dicevano, che vieni da una bella genia,
Che tutto impettito giri come una trottola,
Che porti il berretto alla bulla,
Che invece a me poco importa. -
24.
Senti ragazzo mio, te l'ho detto,
E te lo dico ancora,
Che sempre, ed in ogni momento
Tu sarai il ben mio.
25.
Se la tua voce, sentirò cantare,
Dalla strada, con un filo di voce,
Salterò per vederti alla finestra
E lanciarti dietro un bacin d'amore.
26.
E se di nuovo verrai a trovarmi,
Subito correrò ad incontrarti
Per lungamente baciarti
Sinchè non avrò più fiato.
27.
Tu vedrai che non appena
Aprirai bocca.
I ti dirò: sù abbracciami,
E stringimi al tuo seno.
28.
Ma bisogna, caro il mio bel faccino,
Che dalla testa ti levi
Quella brutta faccia torva di gelosia
Tormento ed ansia del cuore,
29.
Ed allora finalmente saprai,
Che sebbene ero una fanciulla
Subito t'ho trattato con vero amore,
Non appena hai incominciato a farmi la corte.
30.
Allora spalancherai tanto d'occhi,
E dirai, ebbene si, appena la corte
A farle ho incominciato, m'ha dato retta
Subito, Subito mi ha amato.
31.
E con tutte le manfrine
Di mio padre, mia madre, dei miei fratelli
E di tutte le mie sorelle, io mai,
Che ti maltrattassero m'è parso ben fatto.
32.
Dicendogli sul muso chiaro e netto,
Che potranno fare questo e quello
Che sino alla morte ti sarò fedele,
Ch'io voglio te, e se non ho te, nessuno.
33.
E tanto ero consumata e sconvolta,
Che il magone mi veniva sù per gola;
E sarei caduta, se mia madre soltanto,
Col braccio non mi avesse sorretta.
34.
"Figlia mia, - piangendo diceva -
"Abbi pazienza, tutto aggiusteremo
"E nel profondo abisso getteremo
"Questi paraventi, diavoli scatenati.
35.
"Lascia stare; lascia perdere: - con Paron Checco,
"Tuo padre, ci penserò ben io!
"Alla malora ! so far la voce grossa anch'io,
"Alla faccia di chi porta i mustacchi. -
36.
"Accidenti! mi diceva ancora:
"Che vuoi, che vuoi che accada
"Dov'è il timore, che di te si stufi
"Di te, così bella e graziosa.
37.
"E' ben vero che fumo, ne ha da vendere,
"Che è ragazzo, e pur anche benestante,
"Bisogna tenergli lasco il laccio, e nel frattempo
"Con carezze e moine tenerlo ben incastrato.
38.
Ed allorchè è indaffarato a infinocchiarti
di farti credere che è pieno di bei soldoni,
"Tu, fai finta di credere senza rifiuti,
"Col dirgli - vabbene, certo, signorsì, sicuro. -
39.
"Mai, mai non bisogna contrastargli,
"Mollagli il punto se s'incaponisce,
"Sii sorda se molla un peto.
"Ma!...occhio alla passerina! capito!
40.
E neanche tu gli andrai con le mani vuote;
Che oltre a quello che ti potremo dare in dote
Ti sei saputa ben mettere qualcosa da parte,
Andando a lavorare nella fabbrica tabacchi.
41.
Dei bei soldini ...in quella fabbrica benedetta,
Che per Rovigno, e per le nostre ragazze
Son stati la manna del Signore che tutto puote.
Perchè essendo giudiziose e risparmiatrici
42.
Si possono preparare un bel corredo,
Per quando anche per loro verrà
Quella beata ora, che il prete domanderà loro:
- Sei tu contenta? - e loro risponderanno - signorsì ! -
43.
E chi dobbiamo ringraziare di questa cuccagna ?
Diavolina ! il nostro Podestà Dottor Matteo
Campitelli, che ha saputo da bravo figlio
Amoroso del suo paese assai darsi da fare,
44.
Scrivere, ed insistere con quelli di Vienna,
Con quei signoroni che comandavano i monopoli,
Che alla fine ne riportava bandiera vinta.
E che avesse pensato soltanto alle tabacchine?
45.
Signor nò ! ch'altro ancora ci ha fatto avere,
Come sarebbe l'Ospizio a San Pelagio
E l'Acquario dei pesci - Che volete di più
Di quei due palazzi, posti verso la Muccia,
46.
E l'altro a San Gottardo - Il merito chi l'ha avuto
D'averli fatti fare quà, se non lo ha avuto lui ?
Dunque, ragazze, non fatevelo scappare, quando l'incontrate
Un evviva di cuore per lui a squarciagola urlate.
47.
Quando facevo l'amore col tuo signor padre,
M'è capitata la stessa identica cosa:
Con un pò di furberia e piantarelli,
Tanto l'ho rimbecillito da ridurlo come un pulcino.
48.
Bisognava averci visto alle Rogazioni
Sulla mula, ed io in groppa a lui:
Il primo giorno si andava in Palù,
In Saline e a San Tommaso il giorno dietro,
49.
Lui vestito a festa con le gambiere nuove
Il berretto alla bulla ed il giacchetto:
Io, con la gonna rossa, il cappellino
Di paglia, ed al collo il mio cordone d'oro.
50.
E quando la processione si fermava in campagna,
Si tiravano fuori le bisacce
Tegami colmi, e botticelle di buon vino.
Ed allegri sull'erba si mangiava al sacco.
51.
Poi quando tornavamo in paese
Cantando "Salvanò" e "Chirieleleison",
La gente dalle strade, piazze, e dalle finestre
Ci accecava gettandoci sulla testa
52.
Un quantità di papaveri, ginestre ed elicrisi.
Quelle, quelle si, che potevano chiamarsi "Letàgne":
Queste d'adesso son piene di magagne !
Nu bisogna farle se non si vuole che si sappiano in giro.
53.
- E chi ha la rogna in testa se la gratti, -
Diceva mia zia Siora Chiara Gattussa.
Cose, perdinci ! che assai puzzano !
Ma non aggiungiamo pepe, nè sale, nè olio nè aceto.
54.
E tutto a causa di uno schiaffo affibbiato
Da Bastiano Aquilante detto Cirighin,
Rovignese "della mela", che faceva il ciabattino,
E che per i suoi affari a Valle si recava.
55.
In una, dirò, Domenica del mese di Maggio
1761, che si trovava in quel posto là,
Ebbe a che ridire con quelle donne
Vituperandosi e scambiandosi improperi a più non posso.
56.
Signor sì, che proprio in quel momento il Podestà del
luogo,
Che Cesarello si chiamava, sentita la gazzarra,
Si ferma, e senza ascoltar altro, dando ragione
Alla sua gente, a muso duro, minaccia Cirighin
57.
Dicendogli: - Caprone e cornutaccio fottuto,
Te, e tutti i rovignesi, ti farò legare. -
A questi maltrattamenti, Bastiano s'infuria, e accecato dalla rabbia
Gli affibbia un ceffone che lo fa sanguinare
58.
Dal naso. E, aiutami gambetta più in fretta che puoi..
Correndo via da Valle, si precipita in salvo verso Rovigno,
Dove in un batter d'occhi, saputo del comportamento
Tenuto in nostra difesa dal fiero bellimbusto.
59.
A Valle, a tanto smacco, patito dal Podestà
Viene stabilito: che a Rovigno si debba dar fuoco.
Poi han messa da parte l'idea, sbolliti gli ardori.
Solamente alle donne di Valle, che a vendere pane e verdura
60.
Venivano alla mattina, come ancor oggi fanno,
La gento domandava: - E' passata l'arrabbiatura al vostro Podestà
? -
- Ah ! sangue, sangue ! Povero Rovigno rovinato. -
Loro rispondevamo - Mai, mai più del bene avrà. -
61.
E quella profezia passò per tradizione,
Perchè, d'allora fin adesso, le cose finite malamente,
Private che siano, ed ancor più del Comune,
Beh, si dice: la causa di tutto è lo schiaffo d'Aquilante !
62.
Ma io voglio ancora narrarti
Quel che la mia povera nonna mi raccontava:
Ovvero: la buona amicizia che vi era,
Tra le due schiatte, quella dei possidenti e dei contadini.
63.
Bisogna sapere che prima di quella razza di cane
E maledetto anno della carestia,
Si viveva in pace con grande consolazione:
E non come oggigiorno che nulla va per il suo verso.
64.
Nei giorni lavorativi i nostri vestiti col camisaccio
Andavano nei loro campi a badare ai propri lavori;
Invece le domeniche insieme ai possidenti
Vestiti a festa, facevano comunella.
65.
Ma non all'osteria, come la gioventù di oggi;
Ma nelle case di possidenti o contadini
E là, mangiando e bevendo da veri compagnoni
Con cene e e baldorie si godevano le serate.
66.
E dai a far chi poteva di più
A fornire refoschi dolci e moscatello,
E berzemino coi fiocchi, ed altro buon vinello,
E mandorle, nocciole, e "maccaroni" al miele !
67.
E dai !...noi donne tutte sbracciate
A preparargli i manicaretti, che avanzavano sempre
Da rimpinzare anche noi, e che poi finiva
Cul renderci allegre e vivaci, e ben pasciute.
68.
E' vero che il giorno dopo ci toccava
Lavar la biancheria e sfregare il pavimento,
Tutto impiastrato di vino e condimento,
Senza star a contare le cose rotte o andate a male.
69.
Che questi dissipatori, specialmente in ultimo,
E si può immaginare, euforici com'erano
Lasciavano che in quella sera tutto andasse
Alla malora, senza che nessuno se ne curasse.
70.
Un pò, volendo essere giuste, ci si arrabbiava
A vedere alla mattina tutto quello sconquasso,
Ma poi ridevamo mettendo tutto in ordine,
Poichè, la Provvidenza ci aiutava, perchè
71.
Quelli si erano anni belli ! ... Entrate in quantità,
Poche privazioni ed ognuno ci rispettava.
E così "signora madre" ridendo terminava
Di raccontarmi quello che la vecchia nonna le narrava. -
72.
Sicchè dunque, hanno creduto bene
Di tenere un consiglio di famiglia,
Affinchè nessuno abbia da lamentarsi,
Daccordo con i miei parenti,
73.
Ed insieme alle mie zie,
Dopo aver parlato e discusso a lungo,
Che nascesse hanno alla fine lasciato
Tra noi due la bella unione.
74.
Allora la mia contentezza
E' andata alle stelle,
Sola soletta, due candele
In chiesa a Sant'Eufemia,
75.
Madre e patrona di Rovigno,
Son corsa ad accendere,
DicendoLe per questo
Un grazie di tutto cuore.
76.
Perchè quando tu mi sei vicino
Il cuore mi balza in petto,
Il sangue mi pulsa rapido,
Le gambe fanno giacomo-giacomo e non so che dire.
77.
Dunque non mi far più soffrire,
Che ho pianto abbastanza;
Non voglio patire più così
Di quello che ho patito.
78.
Tu sai che sono fragrante
E non emano odori stantii...
Anche tu...ma è un peccato
Il non saperti trattenere.
79.
Perchè quando non sragioni,
E non ti fai salire la mosca al naso,
Certamente, non s'è mai visto
Un giovane migliore di te.
80.
I patimenti e le tristezze
Che come me hai avuto,
Picche ! che buon prò
Farne ci potrà. -
81.
Mio adorato, caro il mio Piero,
Ti domando perdono
Se fuori di me
Con insulti t'ho maltrattato.
82.
Ed in segno d'allegrezza
Che tu mi abbia perdonato,
Di pace un bacio innamorato
Prendi di cuore e di vero amore.
83.
Ed allorchè rimuginando mi torna in mente
Che potrei fare a breve un fantolino
Bello, vivace, ricciuto ed intraprendente ,
Da rassomigliare in tutto e per tutto al mio Pierino.
84.
Trattenermi non mi posso più, e bisogna ch'io rida
In allegria, al pari degli angioletti in paradiso.
Ah, caro ! non vedo l'ora che passi questo mese
E spunti il giorno, che avrò la fede al dito;
85.
Che così, essendo tua moglie
Le pettegole da strada la finiranno
Di provocare, sgolandosi a sbraitare
Sera e mattina: la bella bionda al palo !
La bella bionda al palo !
86.
A questi motteggi, che mi facevano assai incavolare,
Io tacevo, fingendo di non capire l'antifona:
Perchè sicura d'averti a breve per marito,
Come noi ci siamo sempre promessi,
87.
In ultimo sarò io che riderò:
Mostrandogli poi il mio piccolo bambino,
Che spero sarà vivace come una cinciallegra,
Loro, loro, queste rozze pettegole rosicheranno.
88.
Cacchio ! se voglio prenderle un giro,
Cacchio ! se studierò come azzittirle;
Facendo ballare il mio piccino, sbaciucchiandolo
in continuazione, fino a che sentirò i tuoi passi
salire a zompi le scale...
89.
Vienimi, dunque, a trovare: t'aspetto,
Tu sarai il mio coccolo,
Io sarò il tuo bocciolo,
E tutto andrà di bene in meglio. -
90.
E Fiammetta sarà di Piero,
E Piero sarà di Fiammetta,
Che insieme ed in allegria,
Gongolando dalla contentezza,
E la voce a squarciagola,
91.
Da far smuovere il caseggiato,
E volendo e non volendo.
Con bacetti reciproci,
Giorno e notte scoppieremo,
Di cantare a crepapelle;
92.
Presto, prepariamo subito
Fascette e pannolini,
Cuscini e cuffiette,
La culla ed un buon piumino.
93.
Che in questa casa noi avremo
A breve un bel bambino,
Che sarà la cuntentezza
Di Fiammetta e di Pierino
Che sarà la cuntentezza
De Fiammetta e di Pierino.
..........................................................................................................
Rovigno mese di Luglio 1872
(Rivisto e corretto 1882)
|